Daniele Brambilla Dorelan

Daniele e la vita di un medico al Giro d’Italia

16.05.2021
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Quest’anno Nino Daniele, medico della TrekSegafredo, non è al Giro, lasciando spazio a un suo collega, ma presto tornerà in carovana, magari per il Tour. Da tanti anni ormai è chiamato a girare il mondo al seguito delle squadre ciclistiche e nel corso della sua carriera ne ha viste davvero di tutti i colori.

Daniele soprattutto conosce bene quale sia la vita del medico al Giro: «C’è da lavorare tutti i giorni h24, è una faticaccia vera perché sai di avere una grande responsabilità: molti pensano che dobbiamo seguire solo gli 8 corridori ma non è così, un team al Giro è un gruppo composito, che vanta almeno 30 persone e tutti si rivolgono a te per qualsiasi problema, non ci sono solo gli eventuali incidenti…».

Il medico è chiamato a gestire il lavoro di massaggiatori, osteopati e delle altre figure?

La loro routine è già stabilita in precedenza e sanno bene quel che devono fare. E’ chiaro che per qualsiasi necessità dobbiamo essere pronti, anche solo per un consulto, per coordinare tutti gli interventi.

Daniele Nizzolo 2018
Nino Daniele insieme a Giacomo Nizzolo ai tempi della sua permanenza alla Trek, anno 2018
Daniele Nizzolo 2018
Nino Daniele insieme a Nizzolo ai temi della Trek, anno 2018
Qual è stato il Giro più difficile che hai affrontato?

Difficile dirlo perché ogni edizione ha avuto le sue peculiarità, ogni giornata può riservare belle o brutte sorprese. Pensandoci mi viene in mente l’edizione del 2005: eravamo alla Discovery Channel con Savoldelli capitano, che poi vinse, ma non parlava inglese. Quindi feci tutto il Giro sull’ammiraglia a fare da interprete. Lavorai più da traduttore che da medico…

Le condizioni peggiori nelle quali hai lavorato?

Ricordo un anno che ci fu pioggia e cattivo tempo per quasi tutta la corsa e col passare dei giorni insorsero malattie respiratorie nei corridori. Con il clima freddo che si prolunga per più giornate, c’è il rischio che si ammali qualcuno e diventa difficile andare avanti. Eppure sapendo gestire la situazione riuscimmo ad evitare l’insorgere di bronchiti. Non dimentichiamo che siamo in presenza di ragazzi giovani, sani.

Il timore maggiore?

Risposta semplice: le cadute. Siamo in ansia tutti i giorni che succeda l’imponderabile, basta un nonnulla e possono accadere guai seri, anche gravissimi. Quando Weylandt è caduto io c’ero, il primo corridore a seguirlo era uno della mia squadra, sarebbe bastato un attimo e il destino avrebbe potuto colpire lui. Infatti fu subito sentito come testimone e ricordo che dovetti scrivere la sua testimonianza sul mio Pc. Oppure una vicenda ben più recente, la rovinosa caduta di Jakobsen in Polonia, uno dei 7 che lo seguivano era della Trek. Le cadute sono la cosa peggiore che possa avvenire, ogni volta abbiamo un sussulto al cuore.