Giro d’Italia 2020, prima tappa a cronometro Monreale-Palermo. Uno dei corridori più attesi si trova sulla rampa, pronto a scattare: è Giovanni Visconti…
Trenta secondi al via
Aspetto in sella alla mia bici da crono. Chiudo gli occhi per concentrarmi, mancano pochi secondi al via della tappa nella mia terra. Non sento più le voci delle persone che mi circondano, il tempo si congela e, inevitabilmente, mille ricordi iniziano a riaffiorare…
Suona la campanella di scuola, esco velocemente per arrivare il prima possibile a casa, alla Molara, una borgata ai piedi di Monreale. Mentre mangio mi metto il completino, le scarpette, il casco, afferro la bici e vado via. Ad aspettarmi c’è l’altro Visconti, mio cugino Agostino, ogni volta che mi alleno con lui devo andare a tutta, non si può pedalare sotto i 30 all’ora. E’ veramente forte e ho fatto tanti, forse anche troppi, secondi posti in volata dietro di lui; quel 27 aprile (1996), davanti la mia scuola elementare, a 300 metri da casa a Borgo Molara, che soddisfazione quando sono riuscito a mettergli la ruota davanti!
Un tifoso urla: «Forza Visconti!»
La voce di un tifoso rompe la bolla dei ricordi in cui ero immerso e mi riporta ad oggi. Ripenso al Giovanni ragazzino e a quanti sacrifici ha dovuto fare. La mattina andavo a correre a piedi, poi andavo in mountain bike e concludevo l’allenamento con la piscina e la palestra. La fatica e le rinunce che ho dovuto fare non tutti i ragazzi sarebbero riusciti ad affrontarle.
Da piccolo ho escluso ogni forma di divertimento dalla mia vita, esisteva solo la bicicletta. Pensandoci non conosco un locale a Palermo, non so cosa significhi divertirsi in questa città. Eppure non cambierei nulla del mio passato. E’ proprio grazie a tutti questi sacrifici se oggi sono un professionista, se oggi sono qui, pronto ad iniziare il mio undicesimo Giro d’Italia a trentasette anni.
Per la seconda volta ho la fortuna di partecipare alla Corsa Rosa con partenza dalla Sicilia, ma il fatto di poter partire, oggi, dai luoghi in cui ho messo le basi mi fa venire i brividi.
Il silenzio di mio padre
Penso a mio padre e a quanto, in silenzio, sia orgoglioso ed emozionato. Questi sono i luoghi dove mi faceva allenare, speranzoso di vedermi un giorno tra i professionisti e devo riconoscergli che i miei sacrifici sono anche i suoi. Abbiamo condiviso tanti momenti e ha sempre creduto tanto in me, anche quando pensavo di non potercela fare. Lui, con il suo carattere forte da vero palermitano, mi spronava affinché uscisse il meglio di me: riuscendoci. E per lui, far vedere che suo figlio, a differenza di come molti pensano, è ancora competitivo… è motivo di grande orgoglio.
Il siciliano Giovanni Visconti
Sono legato a questi posti, ma non perché mi hanno dato qualcosa o mi hanno facilitato in qualcosa; il sudore versato su questa terra è tutta roba mia, ma sono inevitabilmente legato alla mia isola perché mi ha fatto crescere e mi ha insegnato il vero sacrificio, dal momento che per riuscire ad emergere, noi siciliani, dobbiamo impegnarci molto più degli altri. La Toscana mi ha lanciato nel mondo del professionismo, mi ha dato la mia famiglia, la considero la mia terra di adozione, ma io mi sento siciliano a tutti gli effetti e mi piace, anzi, esigo essere chiamato “ il siciliano Giovanni Visconti”.
Apro gli occhi, una mano davanti a me fa il conto alla rovescia con le dita. Cinque, quattro…
E’ arrivato il momento, respiro profondamente, guardo davanti a me focalizzando la strada. Questa crono non è adatta alle mie caratteristiche, ma sono nella mia terra e darò tutto me stesso per onorare le strade su cui da bambino ho tanto lottato.
Tre, due, uno… inizia la mia corsa. Sarà un’apnea, tra i tanti ricordi.