«Yevgeniy Fedorov è sempre stato forte. Lo era da quando era ancora un ragazzino». Alexandre Shefer è una delle persone che meglio conosce il neo campione del mondo under 23. Il direttore sportivo dell’Astana Qazaqstan è kazako come Fedorov. E’ stato un corridore coriaceo come Fedorov e come lui è arrivato in Europa piuttosto giovane.
Ma non solo Shefer conosce bene Fedorov. Anche Moreno Nicoletti può aprirci “il libro” di questo ragazzo. Moreno è il suo procuratore e nella sua scuderia ha già altri atleti di quel team e quella Nazione. Con il loro aiuto scopriamo meglio questo interessante atleta, che non ha l’aspetto di essere una meteora. E lo facciamo da un punto di vista più tecnico con il diesse e da un punto di vista più umano con il manager.
Parola a Shefer
«Yevgeniy – racconta Shefer – è davvero un ottimo corridore, ma ancora non ha espresso tutte le sue potenzialità. Non è uno scalatore, chiaramente, visto che è alto quasi due metri, ma è un eccellente passista. Uno da classiche del Belgio per capirci. E infatti già quest’anno lo abbiamo portato lassù per fare qualcosa, ma veniva dai campionati asiatici (vinti a crono, ndr) e il suo avvicinamento non è stato dei migliori. Però sono convinto che in futuro possa fare bene in quelle corse».
Shefer racconta di un corridore e di un ragazzo tranquillo e… grezzo. «Grezzo – spiega – nel senso che ancora non è formato del tutto dal punto di vista dei muscoli. Non è definito. Ha una grande fisico ma sul quale deve ancora lavorare parecchio».
Numeri importanti
Fedorov è figlio del progetto sportivo del Kazakhstan. Sappiamo che il governo kazako, grazie soprattutto a Vinokourov (primo campione olimpico del Paese asiatico), ha investito non poco nel ciclismo. E Yevgeniy mostrando un certo piglio nelle corse locali e buone doti fisiche, finì presto nell’orbita della nazionale. Vinse il campionato kazako juniores e le Olimpiadi giovanili in Brasile. Quindi approdò alla Vino-Astana Motors, la continental dello stesso team manager dell’Astana. Una prosecuzione naturale.
«Sin da junior ha dimostrato di essere un ottimo passista – riprende Shefer – fece già dei numeri nelle corse in quella categoria. Vinse delle gare andando via da solo in pianura. Un po’ come fece in Malesia (Tour de Langkawi) due anni fa, prima vittoria da pro’: 50 chilometri di fuga da solo».
In realtà quel giorno Fedorov non era da solo. Erano in due, ma il secondo era un thailandese dal nome impronunciabile – Boonratanathanakorn – che non fu in grado di dargli cambi.
«Vista anche la sua altezza si è mostrato sempre un ottimo cronoman. A Wollongong puntavamo molto sulla cronometro. Noi volevamo fargli fare quella degli under 23. E’ lì che lo avevamo iscritto, ma una volta laggiù i giudici ci hanno detto che non avrebbe potuto competere in quella categoria in quanto aveva vinto la cronometro dei campionati asiatici elite. Pertanto ha fatto la crono con i pro’.
«In generale – dice con tono soddisfatto Shefer – per noi è un orgoglio vedere Fedorov con quella maglia. E’ il secondo campione mondiale del Kazakhstan in dieci anni. Prima di lui Lutsenko, e sapete cosa possa significare tutto ciò per un Paese come il nostro? Tantissimo. E’ frutto di un bel lavoro di lungo termine. Fedorov è stato portato alla Vuelta proprio per preparare il mondiale».
Parola a Nicoletti
Yevgeniy Fedorov, viene dalla zona di Almaty, la capitale economica del Kakakhstan. Si trova nella zona centro orientale del Paese, più verso la Cina dunque. I grattacieli s’innalzano improvvisi dalla steppa, su un terreno pianeggiante o composto di dolci colline. Questo è quello che ci si potrebbe aspettare immaginandosi lo scenario.
«Fedorov viene da Almaty – racconta Nicoletti – come un po’ tutti i corridori kazaki. Ha una famiglia che sta bene o comunque normale: i genitori lavorano entrambi. Suo papà mi sembra sia impiegato in banca, a differenza di altri come Lutsenko per esempio che da piccolo ha sofferto tantissimo, per lui c’è stata un’infanzia più lineare. Quindi si è giocato le sue carte. Mi dicono avesse questa forte passione per il ciclismo. Provarono a fargli fare un po’ di atletica, ma la bici era scritta nel suo Dna.
«Io non lo conoscevo, ma due anni fa Manuele Boaro, “mio” corridore, mi fa: “Guarda Moreno che c’è questo ragazzo della squadra di Vinokourov che ha un motore pazzesco. Va forte”. A quel punto chiamo Lutsenko, altro mio atleta. Gli chiedo informazioni e lui mi risponde: “Moreno, lui buono cavallo”. Poi “Luts” mi ha detto anche che era molto giovane e che ogni tanto non s’impegnava al massimo.
«E così sono entrato in contatto con Fedorov. Lutsenko (e ogni tanto Pronsky) facevano da traduttori perché Yevgeniy non parla nulla oltre il russo».
E ora l’inglese
«Posso dire – continua Nicoletti – di aver incontrato un ragazzo rispettoso, educato, fortissimo. Ha dei valori pazzeschi. Solo che i kazaki lo hanno buttato subito nella mischia dei pro’, nonostante avesse solo 20 anni. Ma lui non è una novità. L’anno scorso, se ricordate, fu davanti anche nel mondiale di Leuven.
«Lutsenko lo ha un po’ preso sotto la sua ala. E’ andato a vivere a Benidorm in Spagna dove appunto risiede Alexey. Nell’ultimo anno e mezzo gli è stato vicino. Si allenano insieme, lo ha aiutato a inserirsi nel mondo europeo perché veniva da una realtà molto diversa».
Nicoletti racconta di un atleta volenteroso. Al primo ritiro sul Teide, nonostante la sua stazza, 193 centimetri per 80 chili, si impegnava moltissimo. E anche in virtù dei risultati in allenamento era stato selezionato per andare al Tour. E’ stato il Covid a cambiare i programmi e a dirottarlo sulla Vuelta. Quando si dice il destino: magari se non avesse preso il Coronavirus non avrebbe vinto la maglia iridata.
«Fedorov – continua Nicoletti – ha capito che ha un grande potenziale, ma anche che deve allenarsi bene. Vuole fare il corridore e ha capito che per farlo deve impegnarsi.
«Prima del mondiale mi aveva detto: “Sto bene, sto bene… domani faccio il possibile”. Poi mi sveglio alle 5 del mattino e lo trovo là davanti che battaglia. Cade, rientra con facilità… Pensavo avesse sprecato troppo e invece… Ragazzo bravo, ma se imparasse l’inglese sarebbe bravissimo!»