La pioggia scende incessante e silenziosa sui tetti delle case, dall’altra parte della cornetta risponde Riccardo Verza. Il corridore della Zalf Euromobil Désirée Fior scambia due brevi battute sul maltempo e inizia a raccontare. Sabato, ad Acqui Terme, ha vinto una bella corsa, arrivando sulla linea di arrivo insieme al suo compagno, ed amico, Simone Raccani. Riccardo è nato nel 1997, ed il 22 di agosto compirà 25 anni. Se si pensa ai tempi a cui siamo abituati fa strano vedere un ragazzo della sua età fra gli elite.
Una vittoria divisa
«Siamo una categoria a rischio estinzione – dice con un mezzo sorriso Riccardo – di elite in gruppo siamo rimasti davvero in pochi. Molte squadre ne fanno volentieri a meno, ora la “moda” è quella di cercare giovani promettenti da portare subito tra i professionisti. E’ anche per questo motivo che in realtà sabato, andando verso l’arrivo insieme a Raccani gli ho detto che avrei preferito vincesse lui. E’ un 2001, un terzo anno, ero consapevole di quanto sarebbe stato importante vincere per lui. Sicuramente sarebbe stato più importante per lui che per me, ha più possibilità di passare professionista. Allo stesso tempo, però, lui insisteva nel voler farmi passare per primo. Così abbiamo deciso di smettere di pedalare e lasciare al fato la decisione finale».
Una questione di cuore
Il racconto della vittoria lo rallegra, ma allo stesso tempo la voce di Riccardo si fa un po’ pesante. Allora viste le sue parole verrebbe da chiedere con quale spirito riesca ad allenarsi e correre al meglio, sapendo che le porte del professionismo, ormai, sembrano quasi chiuse.
«Alla fine della scorsa stagione avevo in mente di smettere – ci rivela – avevo ottenuto dei buoni risultati ma nessuna chiamata. Un po’ ci speravo, ed anche la squadra era convinta che qualcosa si sarebbe mosso. Invece nulla, calma piatta. Ero andato forte. Tre vittorie e da giugno a ottobre non sono mai uscito dalla top ten. Ho parlato a lungo con Gianni Faresin e lui mi ha convinto a provarci ancora, per un’ultima volta. Crede molto in me, poi la Zalf è una delle poche squadre che cura ancora la categoria elite, siamo 4 in squadra. Gianni ci prende molto in considerazione ed abbiamo un ruolo importante anche in corsa, spesso prendiamo decisioni quando la situazione lo richiede».
L’esperienza conta
«Credo ancora di poter passare, sono convinto di poter fare bene, ho visto al Giro di Sicilia che in fondo la gamba c’è. Lì abbiamo lavorato molto per Raccani che è riuscito a piazzarsi 14° nella classifica generale, un bel risultato per un continental. In corsa avevo un po’ il compito di stargli accanto, di pilotarlo, ricordargli di mangiare, cosa non semplice quando sei a tutta e super concentrato sulla corsa. Il livello dei professionisti non lo vedo tanto lontano dal mio, poi è ovvio che vincere il Giro di Sicilia è una cosa difficile se non impossibile. Ma in gruppo sto bene, le fughe le centro, poi correre costantemente con i pro’ ti fa crescere tanto se sei maturo abbastanza».
Uno spiraglio aperto
Sono molti i corridori elite che vanno forte ma che per un motivo o per l’altro non riescono a passare, ci viene in mente Lucca, Zurlo, compagno di squadra di Riccardo. Ma una domanda è lecita, C’è mai stato un momento in cui Verza è stato vicino a passare professionista?
«L’anno che sono stato più vicino a realizzare il mio sogno è stato quando ero nella continental Kometa, nel 2020 c’era nell’aria che si sarebbe fatta la professional, ma purtroppo non sono riuscito ad entrarci. L’anno scorso sono andato forte ma è anche vero che ha chiuso la Vini Zabù, quindi c’erano meno posti per passare tra i pro’. Quest’anno la Corratec probabilmente farà la professional e poi c’è l’idea della squadra di Cassani, di cui però non si sa nulla».
Solidarietà tra elite
Gli elite, come dicevamo, sono pochi e ogni anno diminuiscono, ed anche a fronte di buoni risultati non ci sono concrete possibilità di passare.
«Tra noi parliamo, tramite i social o anche quando ci troviamo alle corse. Siamo amici, d’altronde se non ci sosteniamo neanche tra di noi diventa davvero tosta. In Italia c’è anche un po’ la considerazione che puoi correre con le continental solamente da giovane. Invece, all’estero c’è una mentalità più aperta, penso a Fortin che corre con la Maloja Pushbikers che è una continental. Da noi però un corridore di 30 anni che corre tra i dilettanti verrebbe visto in malo modo. Penso che, soprattutto all’estero, ci siano le possibilità di correre e di mettersi in mostra anche in gare minori come il Tour of Rhodes. D’altronde è inutile lamentarsi, se un corridore vuole diventare professionista prima o poi deve correre con la gente più grande ed imparare».