«Vengo da una stagione difficile e il primo obiettivo era recuperare. Recuperare la salute». Alessandro Covi ci porta subito nel cuore dell’intervista. Come sta lavorando il Puma di Taino? Cosa possiamo attenderci alla sua quinta stagione da professionista? Una stagione molto importante.
Covi ha iniziato il suo anno agonistico in Australia. Tanta fatica, ma di certo meglio dei tre “DNF” delle ultime gare a cui aveva preso parte nel 2023. Era solo la prima parte di settembre e da allora lo stacco è stato lungo per il corridore della Uae Emirates.
Adesso come stai?
Dopo la scorsa stagione ho staccato un mese e mezzo. Ma ci voleva. Mi è servito per recuperare bene (mononucleosi, ndr) e ho visto gli effetti. Ho passato un gran bell’inverno. Senza intoppi. Certo, non ho lavorato sull’intensità e infatti sono partito un po’ più piano rispetto agli altri anni, ma ad ogni giorno di gara sento di fare uno step. Nelle ultime corse sono tornato ad avere sensazioni che non provavo da un po’.
Voi corridori spesso parlate di queste sensazioni, prova a farcele capire anche a noi…
Era quasi un anno, dal Laigueglia scorso, che non provavo certe sensazioni, poi appunto mi sono ammalato: influenze varie e mononucleosi. Le sensazioni: in gruppo c’è sempre qualcuno che come inizia la vera corsa, è il primo a staccarsi. Ebbene, io ero tra quelli. Ero lì che spingevo, ma niente. Mentalmente era dura da accettare. In queste ultime gare invece vedo che non sono più tra loro. Vedo che quando esplode la corsa e gli altri iniziano a faticare, io sono ancora pimpante, fresco. E questo mi fa dire: «Inizio a stare bene allora». E mi consente di aiutare la squadra, cosa che comunque facevo anche quando stavo male, ma in un altro modo.
Qual è il menù della tua stagione?
E’ un programma stravolto rispetto agli anni, in cui lavoravo per essere al top al Giro d’Italia, in supporto ai capitani e per qualche mia occasione. Quest’anno sarà una stagione fortemente improntata sulle classiche. Farò la Sanremo, il Fiandre, l’Amstel, la Liegi. Più in là: Giro d’Ungheria, di Slovenia, di Austria. Poi ancora, nel finale di stagione, le classiche italiane, Plouay… Niente grandi Giri.
Ti dispiace di non fare un grande Giro? Come vivi questa cosa?
Non è una bocciatura da parte del team, anzi… Non mi fanno fare il Giro perché con Tadej (Pogacar, ndr) avrei dovuto tirare 21 tappe su 21, mentre mi danno la possibilità di andare forte in altre occasioni, molte delle quali proprio durante i grandi Giri. Penso all’Ungheria durante il Giro d’Italia. Al Giro d’Austria nel periodo estivo. A Plouay quando c’è la Vuelta. Io mi sarei anche messo volentieri a disposizione di Tadej, tanto più al Giro che sappiamo cosa rappresenti per un italiano, ma ho accettato di buon grado il programma della squadra.
Messa così in effetti le occasioni per te non mancano…
Guardate, proprio parlando con Matxin, abbiamo visto come oltre la Sanremo non avessi fatto classiche importanti di primavera, che tra l’altro sarebbero le corse per me. Che fai, dopo la Sanremo se punti a fare un buon Giro, non vai in altura? In questo modo la squadra mi lascia il mese di aprile per correre. E anche maggio. E ciò mi consente di preparare bene corse come il Giro di Slovenia o il campionato italiano.
Punti alle classiche, ma sei partito più lentamente: come farai a trovare la condizione top? Dopo queste prime corse prevedi uno stop per fare intensità a casa?
In realtà ho un calendario talmente intenso che forse da qui in poi non farò neanche un giorno di allenamento (intenso o di carico s’intende, ndr). Farò la gamba con le gare e vedendo l’andamento credo di essere sulla strada giusta. No, non sono preoccupato della forma. L’importante è che non ci siano intoppi. Il ritmo gara non te lo dà nessun allenamento. Ho già corso in Australia e alla Valenciana. Ora mi aspettano quelle in Portogallo, poi Murcia, Andalucia, Tirreno. Poi ancora le classiche.
Tanti giorni di corsa. Alla fine ne farai di più che se avessi fatto un grande Giro!
Più o meno siamo lì. Di certo farò più gare e per questo sarà importante il recupero tra una corsa e l’altra. Parlavate di allenamento, qui l’importante è non andare in over training piuttosto.
E’ anche in virtù di queste tante gare che hai fatto tanta base e non l’intensità, come dicevi all’inizio?
No, quello era legato al recupero dopo la scorsa stagione con la mononucleosi. Dopo la malattia non bisognava mettere stress al fisico. Vero, in Australia ho fatto parecchia fatica, ma sentivo che era una fatica buona, giusta.
Alessandro, sei giovane, ma non sei più il ragazzino del gruppo visto i nuovi arrivi. Che ne pensi?
Eh, lo vedo, lo vedo! Ormai quasi mi guardano come un esempio e non più come il giovane. Ma mi piace. Mi reputo un uomo squadra e se loro fanno con me come io ho fatto con Diego (Ulissi, ndr), va benissimo. Anche se sono giovane, anch’io posso trasmettere quel che ho imparato.
Sei più tu che chiedi ad Ulissi, o comunque agli esperti, o i ragazzi che chiedono a te? Insomma come sei messo in questa bilancia?
Io ascolto sempre i consigli di Diego e dei più esperti, ma s’impara da tutti, anche dallo staff e dai più giovani. Specialmente oggi. Vedi questi ragazzini che passano e sanno tutto. Parlano solo di alimentazione e allenamenti, quindi capisci che non ci sono margini di errore e che ogni cosa può esserti utile.