GAND (Belgio) – Metti una sera un vecchia Colnago con i colori della Mapei. «Bella – pensiamo noi – un classico. Una “botta” di puri anni ’90. Chissà di chi sarà?». Ebbene apparteneva al misterioso ospite di una delle super serate passate al velodromo Kuipke, per la Sei Giorni. Quando poi lo speaker ha dato le tre opzioni su chi fosse questo personaggio, vista quella bici non c’erano più dubbi. Il personaggio misterioso era Johann Museeuw.
Un’improbabile tutina gialla, un casco in testa e tre giri di pista tra due ali di folla già in delirio. Museeuw ha avuto due grandi eredi, Tom Boonen, prima, e Wout Van Aert, adesso. E avendo noi vissuto da vicino Boonen e ancora di più Van Aert è facile capire perché tanto calore anche per Johan.
Emozioni calde
Il campione belga è sempre sul pezzo. Tra l’altro gli facevamo le domande in francese e lui ci rispondeva in italiano. «Amo sempre l’Italia», ci ha detto Museeuw. Segno che tanti anni in Mapei qualcosa hanno lasciato… oltre alle bacheche piene di trofei s’intende!
«Dopo 25 anni ho rimesso piede su una pista. Il che è molto strano! Come è strana questa uniforme… che mi fa sudare tantissimo. La gente viene per la gara (la Sei Giorni di Gand, ndr), per divertirsi e per scoprire il personaggio misterioso.
«Dopo tanti anni fa piacere questo calore del pubblico. Non è vero che un ex corridore non sente niente in certe situazioni».
Oggi il più applaudito in Belgio è Van Aert. Ormai lo abbiamo appurato nelle tante trasferte fatte in questa terra.
«Beh – dice Museeuw – Wout è un grande corridore, ma non c’è solo lui in quanto a calore. Anche Remco Evenepoel è un atleta importantissimo e amato. In questo momento in Belgio abbiamo grandi corridori per il futuro. Meno male che voi non li avete e li abbiamo noi! Qui siamo a posto per i prossimi dieci anni».
Van Aert, rischio rosa
Con Museeuw abbiamo parlato proprio del corridore della Jumbo-Visma. In quei giorni Van Aert aveva detto di voler fare, e bene, il Giro d’Italia. Senza contare che aveva anche annunciato la sua assenza ai mondiali di cross seguita qualche giorno dopo anche da quella alla Sanremo. In Belgio non si parlava d’altro, almeno in ambito sportivo.
«L’idea della classifica al Giro – spiega perplesso Museeuw – per me è un po’ difficile per Van Aert. Quando puoi vincere il Fiandre o la Roubaix, puntare alla corsa rosa è molto rischioso. In classiche di quel genere lui ha nove possibilità su dieci di vincere, mentre di vincere il Giro ne ha cinque su dieci. Io non ho mai vinto la Sanremo, per esempio, ci ho provato, ho fatto tre volte secondo. Ma Sanremo e Giro sono due cose differenti. Se ho vinto il Fiandre, punto ancora al Fiandre».
Il discorso di Museeuw è chiaro: insistere laddove si può vincere. Ci sentiamo di dire che è anche un po’ una mentalità figlia di quegli anni. Anni in cui la specializzazione era massima, ma di certo non è da biasimare da un punto di vista prettamente tecnico.
Hautacam galeotto
L’idea di sacrificare troppo le classiche non convince dunque l’iridato di Lugano 1996.
«Se puoi vincere dalla Sanremo alla Liegi, passando per Fiandre e Roubaix, e forse tutti e cinque i monumenti, per me non devi cambiare le tue caratteristiche. Ma io sono vecchio!».
E’ voce più che comune che il tarlo della classifica sia entrato nella testa di Van Aert durante lo scorso Tour de France. In particolare quando verso Hautacam mise in difficoltà persino Pogacar, per di più dopo aver tirato come un folle per chilometri e giorni interi. Quel giorno Wout giunse terzo sul traguardo pirenaico.
«Che lui abbia fatto un Tour eccezionale è vero – prosegue Museeuw – Van Aert ha contribuito tantissimo al successo di Vingegaard, ma non vuol dire che può vincere il Giro o il Tour. E’ un’altra cosa fare classifica. Però è vero anche che ha un grande motore e vediamo a maggio cosa potrà fare. Per me comunque questa cosa è “pericolosa”».
Ciclismo e cappuccino
Museeuw è stato un campionissimo delle classiche. Specie quelle delle pietre. Tre Fiandre, tre Roubaix, un mondiale. Su 50 partenze nelle classiche monumento solo cinque ritiri. Lui è davvero il classico “fiammingone” e proprio per questo il ciclismo ce l’aveva e ce l’ha ancora dentro. Tanto è vero che segue moltissimo le corse. Ed è anche un accompagnatore cicloturistico: viene spesso in Italia.
«Cosa mi piace di questo ciclismo di oggi? Che vanno forte dall’inizio alla fine. Sono davvero dei fenomeni. E’ tutto un altro modo di correre rispetto a noi. Le gare sono divertenti.
«I corridori di oggi mi piacciono praticamente tutti. Okay i fenomeni, come Pogacar, Alaphilippe, Van der Poel, ma apprezzo anche i giovani corridori. Oggi i ragazzi hanno un bel carattere. E io seguo il ciclismo alla tv, con un cappuccino e un pezzo di torta… così è meno dura che pedalare!».