Il mondo nuovo di Verre tra campioni e staff giganti

19.02.2022
6 min
Salva

«E’ tutto un altro mondo, tutta un’altra organizzazione nella squadra, tutto un altro modo di correre e di stare in gruppo». Alessandro Verre ci racconta il suo approccio con il circus dei professionisti e del professionismo. Un mondo che in qualche modo lo ha già rapito.

Il lucano è passato nella fila dell’Arkea-Samsic e ci racconta questi primi passi con entusiasmo. Lo stesso che aveva ai tempi della Colpack-Ballan, anche se con la sua timidezza magari non lo dava a vedere.

Verre (maglia lunga nera) alla Comunitat Valenciana 1969, la sua prima gara da pro’ con l’Arkea-Samsic
Verre (maglia lunga nera) alla Comunitat Valenciana 1969, la sua prima gara da pro’ con l’Arkea-Samsic

Gruppo più rispettoso

«Il modo di correre rispetto ai dilettanti è molto più tranquillo – spiega Verre – in gruppo c’è più rispetto. Ognuno di noi ha un ruolo assegnato prima del via e sa quello che deve fare. Tra dilettanti anche se si fa la riunione prima di partire c’è chi cerca un po’ il risultato, c’è sempre qualcuno che fa il furbo.

«E poi c’è proprio più rispetto tra avversari. Per esempio, quando c’è un ostacolo tutti lo chiamano, tutti lo segnalano. Aumenta la sicurezza e c’è una certa solidarietà in merito».

L’Arkea-Samsic ha già lasciato un po’ di spazio a Verre. E’ accaduto nella tappa del Mont Bouquet all’Etoile di Besseges, nonostante il capitano Connor Swift fosse messo bene in classifica. Eppure questa possibilità di potersi giocare le sue carte così presto non ha sorpreso del tutto Alessandro.

«Me lo aspettavo sì e no – confida Verre – In ritiro avevo visto che stavo bene, ma non sapevo quali fossero i miei limiti, specie in corsa. Però mi ero reso conto che avevo tutt’altra gamba rispetto a quando ero a casa. Lo sentivo quando si alzava il ritmo e rientravo in hotel in buone condizioni. Sarà che stando a casa da solo un po’ mi “finivo” in allenamento. In ritiro invece ci si alterna in testa, a volte si molla un po’».

Alessandro stremato all’arrivo di Le Mont Bouquet all’Etoile de Besseges (foto Instagram – F. Machabert)
Alessandro stremato all’arrivo di Le Mont Bouquet all’Etoile de Besseges (foto Instagram – F. Machabert)

Piedi per terra

Alessandro si è concentrato molto su se stesso. Ha fatto spesso il confronto con le sensazioni rispetto all’anno precedente. E queste sensazioni erano buone. Ma alla Comunitat Valenciana 1969 in cui c’erano molte squadre WorldTour la fatica si è fatta sentire.

«Eh sì – racconta Verre – è cambiata la musica con tante squadre WorldTour in gara. Però è anche vero che essendo noi una professional avevamo meno responsabilità di fare la corsa. Il lavoro spettava ad altri, tuttavia bisognava cercare di fare risultato lo stesso».

Verre ha fatto il suo. Non ha mancato le consegne dategli dal team e in gruppo ci stava benone. E questi sono segnali molto importanti. Segnali che danno fiducia al corridore e al team nei confronti del ragazzo. Magari pensando anche a convocazioni per gare più prestigiose che non erano in programma.

Verre (maglia Colpack-Ballan) durante l’ultimo ritiro ha sentito ottime sensazioni e ha capito di essere sulla strada buona (foto Instagram)
Verre (maglia Colpack-Ballan) durante l’ultimo ritiro ha sentito ottime sensazioni e ha capito di essere sulla strada buona (foto Instagram)

Voglia di Giro

In questi giorni si parla del probabile forfait dell’Arkea-Samsic al Giro d’Italia. Un Giro che piaceva moltissimo a Verre con la settima tappa che passava davanti l’uscio di casa sua. Fare il Giro nell’anno in cui diventi pro’ è un piccolo sogno. E forse un sogno dovrà rimanere.

«Quello che so su questo argomento l’ho letto dai giornali e dai siti – dice Verre – all’interno del team non ne abbiamo parlato. Se lo vorrei fare? Certo che sì! I francesi non so, loro tirano tutti a fare il Tour, ma tutti gli altri ragazzi sono certo vorrebbero facessimo il Giro. Se ci saremo o no, sinceramente non so rispondere a questa domanda».

Ragionando dunque su quel che c’è di concreto rivedremo Verre all’Ardeche e a Laigueglia, che tra l’altro disputò anche lo scorso anno con la Colpack-Ballan.

«Andiamo per gradi comunque. Già nelle ultime gare ero un po’ affaticato, non stavo benissimo. Non ci sono ancora del tutto abituato a fare tante corse e a questa nuova vita. Ormai torno a casa tre giorni e poi riparto».

Già in Colpack-Ballan Alessandro gestiva con cura il pasto di recupero dopogara. Eccolo al Val d’Aosta 2021
Già in Colpack-Ballan Alessandro gestiva con cura il pasto di recupero dopogara. Eccolo al Val d’Aosta 2021

Cuoco, coach e nutrizionista

Torniamo al viaggio del neopro’. Delle sue “scoperte”. Verre riprende il discorso dell’organizzazione così curata. Racconta di quanto tutto sia ben strutturato e ogni cosa ponderata.

«La programmazione della giornata è sempre ben cadenzata e definita – dice il lucano – Il programma arriva già la sera prima e poi in corsa ognuno sa già cosa deve fare, più o meno. Anche il dopocorsa è deciso: i trasferimenti, le navette per dirigersi agli aeroporti, il cibo…

«A Besseges per la prima volta abbiamo avuto il cuoco con il camion cucina al seguito. E i nutrizionisti e i medici che ci seguivano passo passo. Siamo controllati su tutto. Cose che ero abituato a vedere in tv e che mi sono ritrovato a vivere in prima persona.

«Il nutrizionista ci fa un piano strategico personalizzato per l’intera giornata, dalla colazione al pranzo, dalla corsa al dopocorsa per il recupero, coi famosi 6 grammi di carboidrati per chilo a corridore. La mattina dopo ci pesano e ci fanno la plicometria per vedere le variazioni col passare dei giorni di gara».

A livello di alimentazione Verre fa un bel paragone. In linea di massima si gestisce nello stesso modo, ma in corsa, dice, mangia più rice cake.

«Il dopo corsa è molto simile a quel che mangiavo da under 23. Ci sono anche le caramelle gommose! La cosa con la quale stiamo ancora facendo delle prove semmai è la colazione con il porridge e l’avena, ma io sono più da pasta! Mi riempie di più e anche in corsa sento una gamba diversa, più piena.

«In squadra abbiamo la fortuna di avere a tavola anche l’olio extravergine italiano, anche se io comunque mi adatto abbastanza e non ho mai avuto problemi con il cibo e con il peso. Ho notato invece che i francesi utilizzano moltissimo il burro. Quello che per noi è pane e olio, per loro è pane e burro».

Verre (classe 2001) ha firmato questa estate con l’Arkea-Samsic (foto Instagram – F. Machabert)
Verre (classe 2001) ha firmato questa estate con l’Arkea-Samsic (foto Instagram – F. Machabert)

Affacciato sui campioni

Il sogno di Alessandro Verre è appena partito. Il ragazzo di Marsicovetere piano piano si sta affacciando sempre di più nel mondo dei grandi. Si tratta di acquisire sicurezza, fare e rifare, provare, sbagliare, capire. In una parola: esperienza. E a proposito di affacciarsi…

«In queste prime gare – racconta Verre – eravamo nello stesso hotel della Ineos-Grenadiers. Dalla finestra ho visto Ganna e Carapaz e mi sono detto: cavolo, sono a correre con loro. Mi sono emozionato. Poi in corsa per fortuna sono stato più tranquillo e tutto è stato più “normale”.

«Ma c’è una cosa che mi ha colpito. Un giorno, dopo che è partita la fuga, in testa al gruppo si è fatto il “barrage” e anche io sono andato davanti. Mi sono spostato su un lato e sono capitato vicino a Trentin e lui mi ha fatto: “Allora, giovane, com’è? Come ti sembra?”. “Eh – ho sospirato – è un altro mondo”, gli ho detto. E lui si è fatto una risata».