Buja è un “parco giochi” per allenarsi. Se da un paesino così piccolo a cavallo tra le colline e le montagne del Friuli Venezia Giulia vengono due corridori tanto forti un motivo ci sarà. E sì, perché dopo Alessandro De Marchi l’altro gioiellino, anzi “gioiellone”, di casa si chiama Jonathan Milan.
Forte su strada, fenomeno su pista, Jonathan è un altro prodotto di quella fucina che è il Cycling Team Friuli di Roberto Bressan. Dopo aver concluso gli europei su pista in Bulgaria, Milan ha ripreso ad allenarsi, proprio sulle sue strade. Per ora ancora è tranquillo e di tanto in tanto va anche ad aiutare papà Flavio (ex corridore) nella sua azienda di arredamento di interni ed esterni.
Milan sta per iniziare la sua prima stagione da professionista, o meglio, nel WorldTour. Dal 1° gennaio sarà ufficialmente un corridore della Bahrain Victorious.
Jonathan, come è andata la trattativa con la Bahrain?
Contrariamente a quel che si possa pensare ho firmato a fine stagione, dopo il Giro d’Italia. Abbiamo iniziato a parlare durante il Giro U23. Ho incontrato Rod Ellingworth (ex manager del team, ndr) al via della tappa di Udine.
Ma quindi la voce del triennale che ti aveva offerto la Ineos-Grenadiers era vera o no?
Con loro avevo parlato in modo informale, tramite Cioni, nella prima parte dell’anno, ma non c’è mai stata un’offerta formale.
“Capitolo Hellingworth”, spiegaci bene questa situazione particolare. E’ lo stesso che ti ha voluto e poi è tornato alla Ineos-Grenadiers. Lì è di casa, è il “genio” della pista inglese… Questo destabilizza le tue scelte?
In effetti mi ha un po’ spiazzato e mi sono mancate le parole, anche perché era stato lui a tendermi la mano. Aveva un progetto tutto per me. Ha cambiato, ma sinceramente neanche voglio sapere perché. Io con lui non ho più parlato. La squadra vuol crescere, crede in me, ha ambizioni e mi sta dando il 100% di fiducia. Mi hanno parlato di manubri 3D, di materiali. Vogliono dimostrare che potranno raggiungere gli obiettivi stabiliti anche senza di lui.
Cosa prevedeva quel progetto di cui parlavi?
Era, è, di seguirmi per le Olimpiadi. Di supportarmi nella preparazione di questo obiettivo e negli anni a venire anche di specializzarmi nelle cronometro e nelle classiche d’inizio stagione. Insomma esaltare le mie caratteristiche.
Ti hanno già dato un programma?
Farò qualche piccola classica al Nord e altre corse, ma tutto sarà finalizzato e deciso in base alle Olimpiadi. Mi hanno detto che farò molte crono e quindi parteciperò a brevi corse a tappe dove ce ne saranno.
Ti hanno chiesto anche se hai una corsa dei sogni?
Sì e io gli detto la Roubaix! Ne avrei tante, ma se devo scegliere dico quella. E poi mi piacciono tanto la Sanremo e la Strade Bianche.
Farai le (brevi) corse a tappe e qualcuna ne hai già fatta: hai sentito beneficio?
Ho fatto il Giro U23 e anche quello di Slovacchia, ma mi sono ritirato alla seconda tappa per caduta. Dopo il San Juan ad inizio stagione in Argentina ho sentito dei benefici, ma dopo il Giro U23 non proprio. Sì, l’ho finito in crescendo, ma la settimana successiva ero davvero stanco, tanto che al campionato italiano non riuscivo a tenere il ritmo.
Al San Juan hai corso con la maglia azzurra. Eravate quasi tutti pistard e c’era anche Filippo Ganna del quale sei l’erede naturale. Che rapporto hai con lui? Ti dà consigli?
Si parla prima, dopo e durante la corsa, commentiamo come è andata. Quella in Argentina è stata la mia prima corsa di alto livello e certi giorni ho visto le stelle! Come nella tappa del vento che arrivava in salita. Io mi sono staccato prima dei ventagli, proprio su uno scollinamento. A spezzare sono stati Pippo e Leonardo Basso. Penso che per fare quelle cose servano gambe, ma anche esperienza ed occhio. Non solo devi saperle farle, ma devi anche farle nel momento giusto. Comunque con Pippo parliamo di un po’ di tutto, soprattutto nei ritiri in pista. Per esempio quando facciamo le prove del quartetto mi dice di cambiare salendo di più o di meno.
In cosa vi somigliate e in cosa no?
Non credo che ci somigliamo poi così tanto. Lui è più un passista scalatore, io più un passista velocista. In comune abbiamo solo il fatto di essere passisti. La mia idea è sfruttare questo mio spunto veloce. Sapete, al Giro U23 la tappa in volata l’ho vinta con questa ruota, la Zonda (ruota da allenamento di Campagnolo, ndr), perché avevo forato e mi hanno montato questa appunto…
Quali sono state le tue prime impressioni della Bahrain?
Ho incontrato lo staff ad Udine in occasione del Giro. Fu proprio Rod a presentarmi. Ma per ora non ho avuto troppi contatti. Faremo un ritiro dal 10 al 26 gennaio e poi un altro a febbraio, ma non so le date. Sarà incastrato tra le corse.
Come te la cavi con la lingua?
L’inglese lo capisco molto bene, ma lo parlo un po’ meno bene. Su alcuni termini più specifici faccio fatica. Per fortuna che mio papà ha dei parenti in Canada, a Toronto, e un paio di anni fa ho passato lì un mese intero. Questo mi ha aiutato molto.
E della nuova bici che sensazioni hai?
Ho scelto la Merida Reacto (poteva optare anche per la Scultura, ndr) perché è quella più adatta alle mie caratteristiche. E’ una bici veloce, chiaramente con freno a disco, ideale per allenarsi quando faccio gli sprint e la per la pianura, visto che ne farò molta. Devo ancora sistemare il manubrio. E’ un po’ alto, devo togliere degli spessori. Lo farò al CTF Lab.
Ma è vero che già l’hai graffiata?
Ah, ah, ah… vero! Ma non sono stato io. E cavolo, io sono maniacale per queste cose. Quando l’ho tirata fuori dallo scatolone ho trovato un graffio e ho pensato: ecco qua, subito la prima multa. Ma è davvero un segno “stupido”, piccolo, nella parte bassa.