Marta Cavalli, quale futuro? Un viaggio fra mille domande

06.09.2025
8 min
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MISANO ADRIATICO – Alle 12 ci aspetta Marta Cavalli allo stand di Prologo, con cui ha collaborato a lungo. L’atleta cremonese è a un passo dall’ultima corsa di stagione, il Tour de l’Ardeche. Il 2025 è stato l’anno del ritorno in gruppo, quando neppure lei credeva di meritarsi un posto. La giornata è calda, ma all’ombra si sta ancora bene e il momento va bene per fare quattro chiacchiere in libertà, spaziando dalla sua storia a quello che si sta muovendo sotto il cielo del ciclismo femminile. In tanti anni di incontri e interviste, raramente si è raggiunta la profondità di quando davanti c’è lei.

«E’ stata una stagione particolare – dice – che ha avuto il suo lato positivo, perché non mi aspettavo niente. L’avrei presa come fosse arrivata. E’ iniziata bene, meglio delle mie aspettative. Ripartivo da zero, dall’infortunio dell’anno scorso, e la costruzione della forma fisica è stata graduale. A differenza di tutti gli inverni, dove a un certo punto mi ammalavo perché facevo troppo, non ho avuto delle interruzioni quindi sono arrivata alle classiche bene e senza chiedere troppo al mio corpo. E’ stato un crescendo, con gli occhi puntati sul ritiro in altura che mi avrebbe aiutato a migliorare la condizione, ma qualcosa non è andato secondo il piano».

Abbiamo incontrato Marta Cavalli allo stand Prologo dell’Italian Bike Festival
Abbiamo incontrato Marta Cavalli allo stand Prologo dell’Italian Bike Festival
Che cosa?

Subito dopo l’altura sono andata in Svizzera e sono tornata un po’ malata e da lì non ho più recuperato, infatti ai campionati italiani non stavo benissimo. Al Giro ho fatto fatica sin dalle prime tappe e mi è spiaciuto veramente tanto doverlo abbandonare. Di conseguenza le cose non sono andate bene per il Tour, che sembrava una corsa troppo ambiziosa per la quale non ero pronta. Non mi sentivo di prendere la responsabilità di un posto in squadra e non essere al livello che avrei voluto. Quindi mi sono concentrata di più sulla preparazione. E adesso mi trovo con l’ultima gara della stagione, l’Ardeche. Ho dei bei ricordi dagli anni scorsi, quindi vediamo di fare qualcosa di buono e poi ci sarà tempo per pensare. Devo fare dei ragionamenti. Pensare un po’ e vedere cosa chiedermi e cosa aspettarmi per il prossimo anno. Adesso come adesso non lo so, vorrei solo concludere la stagione e prendere del tempo per estraniarmi e valutare quello che è stato.

Ti piace ancora il mondo delle corse, l’allenamento, l’adrenalina?

Diciamo che dopo un po’ di anni inizia ad essere la stessa cosa, la stessa routine, c’è sicuramente meno entusiasmo. La sensazione degli ultimi anni di non riuscire, di dover spingere di più ma non riuscirci mi sta mettendo alla prova. Il ciclismo è cambiato, è diventato tutto migliore e io sento di essere rimasta indietro. Mi sembra di essere sempre in rincorsa. Rincorro la mia miglior condizione, ma so che in questo momento la mia miglior condizione non è più sufficiente, quindi vedremo.

Marta Cavalli ha riscoperto il gusto di correre grazie al Team PicNic, che le ha permesso un rientro graduale
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Si è fermato tutto con l’incidente del Tour 2022?

Lì c’è stata una brusca interruzione che non mi aspettavo e mi ha dato la scossa. Quasi come se mi avesse fatto crescere, uscire dalla sfrontatezza della gioventù. Mi ha dato qualcosa su cui riflettere sul fatto che si rischia tanto. Ho riconquistato fiducia, ma da lì è stato sempre più facile perderla. Ci sono stati altri infortuni, è stato un rincarare la dose. Mi hanno cambiato come atleta, ma anche come persona.

Come è stato assistere da fuori alla vittoria di Ferrand Prevot al Tour?

Avevo un piccolo sentore, perché lo capisci quando un’atleta è tanto concentrata. Dai messaggi che cerca di far trasparire sui social, per esempio. So che lei è un atleta forte e determinata, soprattutto l’ha dimostrato quando anni fa ha vinto tutti e tre i mondiali in un anno. Non è una cosa facile. Poi penso che anche lei abbia avuto un momento difficile, poi è riuscita a rivincere e a ritrovare la serenità. Me la ricordo benissimo alla Sanremo, poi molto bene alla Roubaix. E lì ho iniziato a pensare che facesse sul serio anche su strada. Quando poi ho visto tutte le storie della preparazione in altura per il Tour, ho pensato che avrebbe potuto davvero scuotere le gerarchie del gruppo.

Il Giro è stato un momento difficile per Cavalli, ritirata alla 4ª tappa
Il Giro è stato un momento difficile per Cavalli, ritirata alla 4ª tappa
Sentire quei commenti sul suo peso cosa ti ha fatto pensare? Addirittura Marlene Reusser si augurava che lei non vincesse…

Tifare che uno non vinca non mi è mai piaciuto. Ognuno nella propria vita sceglie cosa è giusto e cosa è sbagliato. C’è chi fa scelte di un tipo, chi fa scelte di un altro e vanno tutte rispettate, così come le idee e le opinioni. Non credo sia giusto giudicare quanto fatto da altri. Lo dico perché tante volte ho ricevuto giudizi su quello che facevo io, ma alla fine ognuno si prende la responsabilità per se stesso. Con l’attenzione che c’è adesso nelle squadre, credo che non sia stato fatto niente di troppo pericoloso. Sono d’accordo con l’altra sponda della corrente, perché noi atlete veicoliamo un messaggio. Però mi sembra che siano state prese le dovute precauzioni.

Quindi un limite esiste?

E’ giusto perdere peso, è giusto prepararsi. Questo definisce anche la mentalità e la determinazione di un atleta, la sua serietà. Se è sotto controllo di un medico non fa niente di sbagliato, anche perché poi ha fatto il suo periodo di riposo, di recupero e preparazione. L’importante è non finire in giri negativi, di cui risente la salute. Ci si prende cura della sicurezza per quanto riguarda caschi e attrezzature, si deve prendere molto a cuore anche la sicurezza fisica e della salute. Perché finito il ciclismo, poi c’è un’altra vita da affrontare. Ed è quello che sto facendo. Dopo anni in cui ho tirato la corda, adesso ho capito che è meglio lasciare un po’, mollare ogni tanto. E dire: «Okay, però per la Marta del futuro cosa è meglio? Continuare ad allenarsi forte o fare un passo indietro, riposare, recuperare e guadagnare di freschezza, di tranquillità e di poterlo spendere da altre parti?».

Tour de l’Ardeche 2023, l’ultima vittoria di Cavalli, che precede Erica Magnaldi e Anastasyia Kolesava
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Si può dire, estremizzandola molto, che si smette di essere atleti a quel livello estremo quando si comincia a pensare al dopo?

Sì, certo. Quando sei fuori dal loop di essere sempre a gas aperto, inizi a dirti che forse sta arrivando un cambiamento. Ho iniziato a prendermi più cura di me. Mi rendo conto che anni fa andavo a tutta d’estate, inverno, in pista e strada. Poi inizi a capire che non puoi reggere quei ritmi e inizi a centellinare energie. Poi anche centellinarle non è più sufficiente. Cambiano le generazioni, arrivano altri più nuovi, con più forza.

Voler fare tutto accorcia le carriere?

Sicuramente. Sono anni che spingo, spingo, spingo. Invece ogni tanto ci sta prendersi un anno più tranquillo. Ora guardo un po’ fuori dalla mia bolla. Per quello mi è piaciuto quest’anno. Smettere dopo l’anno scorso sarebbe stata un’interruzione brutta e brusca, che mi avrebbe fatto lasciare con dei brutti ricordi. Non mi sarebbe piaciuto.

Che cosa ti ha convinto a riprovarci?

Tante persone, la squadra in primis. Mi hanno preso sotto braccio senza pressione e mi hanno invitata al primo ritiro, poi al secondo, poi mi hanno proposto di fare le prime gare e mi sono ritrovata con il numero sulla schiena. Non l’avrei mai detto, per questo non so che cosa avverrà nel futuro. Però ho avuto la soddisfazione di aver superato la paura. Gradualmente sono riuscita a godermi una nuova opportunità ed è stato bello. Ho vissuto sul lato umano le mie compagne, mentre prima ero più concentrata su di me. Anni di corse ne ho, quindi magari non mi sono resa utile in corsa, ma ho potuto dare dei consigli con l’esperienza che ho messo insieme. Mi ha fatto piacere condividerla.

Cavalli ha scoperto il gusto di mettersi a disposizione delle compagna: qui con Ciabocco
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Quindi ti è piaciuto di avere il numero sulla schiena?

Sì, ma proprio non me lo aspettavo. Per me era un no categorico e invece pian piano ci ho provato, l’ho vissuto, me la sono anche goduta. Mi è piaciuto, ha portato fuori una parte di me e spero di averla trasmessa. Spero che sia stata utile alle ragazze giovani della squadra, a cui auguro un bel futuro perché lo sport dà tante soddisfazioni. Sono convinta che se anche uno non arriva al top, è importante che abbia dato il massimo per se stesso. Di questo mi sono resa conto e ho imparato che lo sport non è solo eccellere, vincere ed essere perfetti. Esiste anche uno sport agonistico in cui hai dato il massimo. Sai quanto c’è voluto per arrivare lì. Non importa se le altre persone non lo sanno, ma è importante che tu sia convinto di aver fatto tutto quello che potevi. Mi rendo conto che negli anni ho fatto anche cose che io in prima persona magari non avrei mai fatto perché per me non erano essenziali. Però in quel momento per arrivare là serviva e sforzandomi l’ho fatto.

Hai davanti due porte. Cosa potrebbe convincerti a continuare?

A volte si va avanti per abitudine, ma a me quell’abitudine non è mai piaciuta. Per me deve esserci il vero fuoco dentro. Quando il fuoco si spegne, puoi tenerlo acceso soffiando, però sai che il grande falò non tornerà. Però il fatto di aver trovato un modo per essere di supporto e godersi ancora questo mondo potrebbe essere una spinta per continuare. Veramente, voglio vedere come va questa gara. Ho fatto delle buone settimane di allenamento, mi sono goduta paesaggi differenti. E’ una gara che mi piace, le mie compagne continuano a credere in me ed è bello. Mi piace così e poi vedremo…