Davide De Pretto è uscito dal campionato europeo under 23 con una medaglia di bronzo al collo (in apertura sul podio di Anadia con Engelhardt che ha vinto e Mathias Vacek). Un bel risultato per lui che si accoda a quanto di buono fatto vedere in questa stagione alla Zalf Euromobil Désirée Fior. Abbiamo raccontato del suo “ritorno” a casa, nel cuore del Veneto. I risultati e le prestazioni messe in fila da Davide fanno riflettere. Nel suo primo anno tra gli under 23, alla Beltrami TSA, ha avuto qualche difficoltà in più. Con Gianni Faresin cerchiamo di capire dove e come hanno lavorato per rispolverare il talento di De Pretto.
Gianni, forse il calendario così ricco di corse con i pro’ era un po’ audace per un primo anno?
Potrebbe essere una bella motivazione, ora si cerca di affrettare i tempi di maturazione dei ragazzi, ma questo non porta sempre buone situazioni. Un primo anno ha tante difficoltà: la scuola, l’approccio ad una categoria diversa…
Insomma non è sempre un vantaggio gareggiare ad un più alto livello.
Non lo è per forza, un ragazzo così giovane è anche più fragile mentalmente rispetto ad uno più grande o ad un professionista. Se si fa un salto del genere e si va forte problemi magari non ce ne sono, quando invece inizi a fare fatica il morale scende sotto terra e lì è un problema.
Perché?
Mah, se ci pensate la testa nello sport è un fattore fondamentale. Se un atleta è motivato e pronto a correre, anche se non è al cento per cento tira fuori la prestazione. Invece, se sei demoralizzato, sai che farai fatica, che probabilmente ti ritirerai e perdi il 30 per cento delle tue qualità atletiche. Perché non sarai motivato e pronto a soffrire.
Se guardiamo allo scorso anno le gare non finite da De Pretto sono molte, soprattutto quelle con i professionisti.
Le gare dei professionisti tatticamente sono un po’ più semplici rispetto a quelle dei dilettanti, diciamo che sono più facili da controllare. Negli under 23 c’è tanta incertezza e molte variabili frutto del caso. Ovvio che poi tra i professionisti si vada ad una velocità più alta e che fa male. E se sei un ragazzo di primo anno la soffri molto.
Avete fatto qualche lavoro psicologico con De Pretto?
No, devo dire che facendo tutta la preparazione con noi non ne ha avuto bisogno. Siamo partiti a lavorare bene e con costanza da gennaio, facendo i carichi corretti e distribuendo bene gli allenamenti. Dalla mia esperienza posso dire che ho imparato una cosa: l’importante è partire bene e farlo dalla base. Già da questo inverno Davide ha preso più consapevolezza, per il semplice fatto di confrontarsi giorno per giorno con i suoi compagni e vedendo che aveva il loro ritmo e riusciva a lavorare bene.
Quest’anno non ha ancora fatto gare con i professionisti…
Vero, non è il nostro obiettivo. Abbiamo un buon gruppo di under con i quali abbiamo fatto tutte le gare internazionali e non solo. Correre con i pari età è allenante già di suo, ultimamente tra gli under 23 si va forte. Basti vedere i francesi della Groupama.
Quando avete deciso che avreste portato alla Zalf De Pretto?
Era un giovane molto interessante anche da junior, lui poi abita nella nostra zona, ed ora che è qui con noi si allena in gruppo, il che è molto importante. Non è arrivato prima da noi perché c’è una regola che vieta ad una squadra italiana di prendere più di tre corridori con più di 35 punti nel ranking. E’ un sistema fatto per dividere meglio gli atleti e non creare squilibri tra regioni o tra squadre, ma è abbastanza penalizzante per i ragazzi. Dopo un anno però, un corridore può andare dove vuole e così De Pretto è tornato vicino a casa.
Come mai non è stato selezionato subito dalla Zalf?
Lo seguivo anche nei campionati giovanili, essendo molto forte anche nel ciclocross era un nome di spicco. Il suo mancato approccio da noi è stato anche una causa fortuita. Mi sono allontanato dalla Zalf per un anno e al mio ritorno erano stati contattati altri atleti. E Davide era già in accordo con altre squadre che lo avevano cercato.