Attilio Viviani si appresta ad affrontare una stagione molto importante, una di quelle che potrebbe dare una svolta alla sua carriera. E’ arrivato al Team Corratec e qui se non ha le chiavi in mano, poco ci manca. Ed è la prima volta da quando è pro’.
Il veronese, fratello d’arte, viene da due esperienze importanti, una addirittura nel WorldTour. Ha infatti corso in Francia con la Cofidis e in Belgio con la Bingoal Pauwels. Ora riparte “da casa”. Lo scorso anno ha anche sfiorato la vittoria. A 26 anni è ora di esplodere. E i presupposti ci sono tutti.
Attilio, torni a correre in Italia: cosa ti sei portato dietro da questa esperienza all’estero?
Tantissimo, sia dal punto di vista tecnico che di altro, come aver imparato lingue. E questa cosa me la ritrovo anche qui. Ci sono alcuni ragazzi che non parlano benissimo l’italiano, lo impareranno strada facendo come ho fatto io alla Cofidis con il francese. In questo modo anche loro trovano sempre un appoggio in me per qualsiasi domanda o dubbio che hanno. E credetemi è una cosa importante.
E poi ci sono gli aspetti più tecnici…
Mi porto dietro le esperienze in Cofidis, le vittorie con loro nel 2021 aiutando Elia in un calendario totalmente WorldTour. Lì ho perso forse l’occasione di fare risultati, ma ho colto in pieno l’occasione di fare esperienza dalla A alla Z, perché nel WorldTour devi essere sempre pronto. Come corridore quindi sono cresciuto tantissimo. E l’anno scorso alla Bingoal ho imparato a correre meglio in Belgio. E lì ci sono corse che mi piacciono un sacco e adatte. Anche da lì ho portato via un bel bagaglio di esperienza perché si va nella patria del ciclismo. Non solo ci corri ogni giorno…
Ma ci vivi proprio…
Esatto. Non vai su quella volta o due per questa o quella classica. Lo vivi nella quotidianità.
Attilio, parli con estrema maturità. Evidentemente è una caratteristica di famiglia! Ora sei alla Corratec, squadra giovane, più “familiare”, ma questo ambiente ti dà anche delle responsabilità e ti può far crescere. Qui non sei uno dei tanti: come vivi tutto ciò?
Me la sento eccome. E infatti ho accettato subito ad occhi chiusi questa proposta proprio perché è quello che voglio. Voglio esprimere innanzitutto le mie potenzialità e tornare ad essere quello che vince. Io e la Corratec ci sposiamo alla perfezione. Poi so bene che da questa intervista alla strada c’è tanto lavoro tutto deve andare bene. Ma io e la squadra abbiamo stessi stimoli e stessi sogni.
Tuo fratello ti ha dato consigli anche su questo aspetto?
Mio fratello mi dà consigli ogni giorno. Sappiamo il professionista che è, quello che ha fatto, quello che ha passato – perché tanti magari non sanno quello che affronta ogni volta ma io sì – e se sono il corridore che sono è anche grazie a quello che mi dice lui. Elia è una strada da seguire. Ma bisogna anche capire quando arriva il momento di staccarsi, perché io sono io e lui è lui.
Pensa se il prossimo anno vi ritrovate alla Sanremo da rivali!
Intanto – ride Viviani – fino allo scollinamento del Poggio, se lo scolliniamo davanti, saremo amici… quasi fratelli! Penso che mamma, il nostro altro fratello, papà e tutti quanti a casa sarebbero contentissimi. E da lì quello che viene… viene. Non si scollina mica in tanti sul Poggio. Poi siamo tutti e due veloci… Scherzi a parte, la Sanremo è il sogno di tutti gli italiani veloci, anche se in queste ultime edizioni piace di più anche agli scalatori, vedi Pogacar, e per noi velocisti si fa più dura. Però la Sanremo resta sempre quella vinta da Petacchi o da Pozzato, che anticipa nel finale su un gruppetto folto. E questo non ti limita in partenza, anche se sei un velocista.
Che rapporto hai con la salita?
E’ dura! Si sale sempre più forte negli ultimi anni. Soprattutto dal post pandemia c’è stato un incremento del livello da parte di tutti. Incredibile. E ci si lavora tanto. Da come vanno le corse lo sprinter da 80 chili non ci sarà più. Ma da una parte tutto ciò va a vantaggio dei velocisti leggeri come me o come Elia.
Cosa significa: “ci si lavora tanto”?
Per vincere una volata la prima cosa che devi fare è disputarla! Quindi devi superare le salite e anche benino, poi la volata ce l’hai e chiaramente continui a curarla. Ma non sai quanti uomini hai, chi ti può aiutare… Non c’è più il treno di una volta dove c’erano omoni da 80 chili che si mettevano in fila. Contro Cavendish non è mai facile vincere, ma in quel periodo vinceva tutto, anche per il treno che aveva. Quindi ci adattiamo e ci alleniamo anche per questo. Come dicevo prima non bisogna partire per una Sanremo già sconfitti.
Qual è il tuo programma di gare?
Adesso inizio dall’Argentina, poi quasi sicuramente andrò in Turchia ad Antalya. Anche per questo ho già una buona forma e ho fatto delle velocizzazioni in pista in questi ultimi giorni. E le ho fatte non solo per il meteo. Ci chiudevamo in pista anche col sole perché cercavamo brillantezza. Voglio partire bene.
Cosa ti aspetti dalla Vuelta a San Juan?
Vado in Argentina con delle belle aspettative. Prendo quello che viene, ma puntiamo abbastanza in alto. E’ importante partire bene. Ne parlavamo anche con Serge (Parsani, ndr): troveremo tante squadre WorldTour che non si nasconderanno perché partire bene è importante anche per loro. Significa che tutto va subito meglio, nel team non si litiga mai… Poi da lì, andando ad Antalya, dove il livello è un attimo più basso, spero davvero di fare bene, anche se vincere non è mai facile.
Dal punto di vista tecnico come ti stai trovando? La vostra Corratec sembra bella filante, ideale per gli sprinter….
Ed è anche abbastanza leggera. E’ una bici scorrevole. Poi in allenamento non hai mai la possibilità di provarla ad alte velocità, ma nei giorni di Montecatini con doppie file anche a 50 all’ora, senti che la bici va. Ti sostiene bene e questo nel ciclismo d’oggi conta un sacco.
Hai parlato di doppie file, quindi avete provato anche i treni?
Diciamo che siamo tutti giovani, ma ci conosciamo da tempo. Dalla Valle lo conosco dai tempi della Colpack, idem Tivani che abitava a Padova e certe volte ci allenavamo insieme. Konychev ha un’ottima esperienza, anche perché ha guidato velocisti di prima fascia fino all’altro giorno. Come dicevo nel ciclismo d’oggi non c’è più un vero treno e vedremo come organizzarci di corsa in corsa. Ma ormai 18-19 squadre su 20 non ce l’hanno. Per questo è importante che già ci conosciamo e continueremo a conoscerci in ogni minimo dettaglio.