Che fine ha fatto la Marta Cavalli del 2022? Nelle interviste lette finora, ha sempre parlato di risalita e della necessità di sbloccarsi. Però a un certo punto le domande sono state più delle risposte e così siamo tornati da lei con tutti i nostri dubbi, anche per capire in che modo la stia vivendo. Perché alle gambe magari basta girare, ma la testa come la tieni a bada quando di colpo fai fatica a riconoscerti nelle foto che ti ritraggono?
Cara Marta, abbiamo perso il filo della tua stagione. Quando siamo venuti da te all’inizio dell’anno sembrava che andasse tutto bene e poi di colpo c’è stata questa frenata. Come va adesso?
Va meglio, diciamo. Di preciso, non so neanch’io spiegare cosa sia successo. Sicuramente quest’inverno abbiamo fatto il massimo per recuperare e prepararsi al massimo. Invece in UAE non ho avuto grandi sensazioni e all’Het Nieuwsblad si è confermato quello che avevamo già visto. Così abbiamo deciso di fare il punto della situazione a casa, di recuperare, riprendere una preparazione leggermente diversa. Non tutti gli anni sono uguali, quindi non si può riproporre sempre lo stesso schema, così abbiamo detto: «Okay, vediamo di aggiustare i punti che in questo momento ci sembrano carenti». E da lì abbiamo ripreso a costruire nuovamente dalle basi.
Che cosa ha comportato?
Ho perso il lavoro specifico e il ritmo di gara. E ovviamente, avendo saltato una grande fetta della prima parte di stagione, non ho avuto l’occasione di rientrare in forma grazie alle gare. Sono stata catapultata in una stagione già iniziata, con atlete in forma che avevano una forza clamorosa e l’abitudine a quel tipo di sforzi. Mi sono ritrovata indietro e si è trattato di accettare la situazione, considerandola parte di un processo di recupero che sta richiedendo più tempo.
Perché?
Non so bene perché questa grande botte perda acqua. Sono andata a correre la Vuelta, perché un grande Giro è l’occasione per mettere fatica nelle gambe e migliorare giorno dopo giorno. Mi sono trovata abbastanza bene. Non posso dire di aver avuto le sensazioni dell’anno scorso, ma allo stesso tempo neanche le peggiori di inizio stagione.
Come convivi con questa situazione?
Sto cercando di accettarla. Non tutte le annate sono uguali e spero che questa diventi una buona lezione per me e per il mio preparatore, in modo da creare uno storico di quello che sto facendo, con cui capire ancora meglio come rispondo agli stimoli e a determinati allenamenti. Quindi, anche se i risultati non arrivano, cerco di mantenere una mentalità positiva.
Si è capito se tutto questo dipenda dalla caduta del Tour o da un difetto di preparazione?
Sicuramente non aver corso da luglio a febbraio ha influito, potrei essere arrivata con una preparazione incompleta. Non so se la caduta abbia cambiato qualcosa. Il corpo si assesta in base ai colpi, attua degli adattamenti che magari non percepiamo, ma si fanno sentire a livello biomeccanico o fisiologico. Io credo sia questione di tempo. Dopo una prima parte in cui è stato abbastanza difficile per me accettarlo, adesso corro con più serenità, rincorrendo il livello dell’anno scorso.
Andavi davvero forte…
Dopo la primavera, avevo grande fiducia in me. Sapevo qual era il mio livello, quanto e cosa potevo fare. Magari c’era la giornata che stavo bene e quella un po’ meno, per cui potevo fare il numero oppure essere comunque competitiva, invece mi sono ritrovata a vagare nel limbo di chi si stacca dopo un paio di salite e a livello motivazionale non è stato facile. Però, grazie alla Vuelta e alle tappe più impegnative, sto tornando a costruire questa fiducia in me stessa.
A un certo punto ci è venuto il sospetto che, volendo puntare tutto su Giro e Tour, tu abbia scelto volutamente una prima parte più lenta…
No, il ragionamento non è mai stato questo. Volevo partire subito forte e riconfermare la scorsa stagione. A questo punto però, visto che la partenza è andata male, è meglio gestirsi e poi esplodere nella seconda parte dell’anno. I grandi obiettivi ora sono due: i campionati italiani su un percorso che mi piace molto, poi il Giro. Successivamente dovrei far rotta sul Tour de France.
Le sensazioni in corsa sono migliorate?
Sì, in modo sensibile. In corsa sono un’altra persona. La squadra ha aiutato tanto. Hanno messo le mani in avanti per tener lontani tutti i malcontenti, i giornalisti troppo invadenti, le televisioni. Il loro interesse principale è che io recuperi in serenità con i miei tempi e il mio staff. Hanno creato una bolla di sicurezza intorno a me, in cui non abbia la tensione di dovermi ripetere. L’hanno accettato prima di me. E infatti sono stata molto contenta di essere andata in Spagna, perché abbiamo creato veramente un grande gruppo di lavoro.
Cos’aveva di speciale?
Ho potuto aiutare la mia compagna Evita Muzic, che è giovane ed ha avuto per la prima volta la squadra a disposizione. Per me è stato veramente appagante esserci, anche non al 100 per cento, perché io sento che non sono al massimo. Potrei fare di più, essere più competitiva, però in questo momento qualcosa me lo impedisce.
Cos’hai nella testa quando sei da sola e pensi a Vollering, Realini e le ragazze che stanno uscendo?
Mi fa rabbia perché l’anno scorso ero lì a giocarmela, invece quest’anno devo stare riguardata e calibrare le mie cartucce col contagocce. Si tratta di aspettare. Per ora vado al massimo con quello che ho, sperando di arrivare più in alto col lavoro.
Si corre per trovare la gamba?
E per rimanere sempre sul pezzo e motivati, anche se non si è al top. Mastico questo mondo perché si percepiscono aspetti che perderei di vista se dovessi allontanarmi per fare una preparazione troppo lunga. E’ importante andare a correre, perché vedo come si muovono gli altri tatticamente e sono lezioni che entrano in testa. Faccio una salita a tutta e non sono tra le prime, però intanto mi riabituo a soffrire. Così il giorno che avrò la gamba, soffrirò allo stesso modo, ma sarò là davanti a giocarmela.
Cosa farai da qui al campionato italiano?
Andrò in ritiro, ma sarà un lungo ritiro “home made”. Non ho intenzione di fare altura e nessun tipo di ritiro specifico, perché sono stata via già parecchio. Preferisco non allontanarmi ancora, farò un ritiro a casa Cavalli, grazie a mia sorella e al mio fidanzato che sono fisioterapisti. Ho il cuoco che è mia mamma, l’autista per il dietro motore che è mio papà. Ho tutto il supporto che mi serve. Ho la mia palestra di fiducia, quindi l’avvicinamento sarà molto tranquillo. Mi concentrerò su me stessa, senza avere distrazioni dall’esterno. Sarà un percorso interessante, una riscoperta, sperando di avere finalmente dei buoni riscontri.