Philippe Gilbert che si allontana con i figli accanto – uno che porta il trofeo e l’altro con i fiori – è la sintesi perfetta della giornata e di una carriera eccezionale. Monaco, le quattro del pomeriggio lungo il Boulevard Albert 1er, davanti a yacht immensi e sguardi incuriositi, dove si è appena conclusa la gara dei professionisti a margine di un evento che, come nelle domeniche di paese, ha proposto chiacchiere e incontri. Ha vinto il belga della Lotto Soudal, all’ultima corsa. Mentre la carovana di Beking 2022 si disperde alla spicciolata, il belga firma autografi e concede gli ultimi sorrisi.
«Adesso finalmente – dice – mi rendo conto che è finita. Vivo a Monaco da 13 anni e chiudere qui resterà un bel souvenir. Avevo vinto già la prova cronometrata del mattino, ma vincere la kermesse con tutti i corridori che c’erano e il loro livello ha un sapore diverso. Ma al di là di questo, credo che Beking sia un bel progetto, per quello che vuole portare nella società. Il ciclismo professionistico qui non è famoso come in Belgio, dobbiamo fare in modo che lo diventi, affinché i bambini di oggi fra 15 anni possano essere i nuovi professionisti».
Il grande show
Se uno show come questo lo avessero organizzato in Italia, ci sarebbe stato il mondo. Ci sono quasi tutti i professionisti che qui risiedono e altri come Covi e Troia che sono venuti per partecipare. Poi ci sono tutti i team manager delle squadre WorldTour, perché l’UCI ha spostato qui il suo meeting annuale.
«E’ quella bella riunione che si fa sempre a novembre – scherza Brent Copeland della Bike Exchange-Jayco – quando hai chiuso il budget e loro fanno le sorprese di regolamenti cambiati e cose del genere».
Il manager sudafricano sorride rassegnato, ma è un fatto che a certe sorprese non corrispondano mai prese di posizioni di segno opposto da parte delle squadre. Sono arrivate così promozioni e retrocessioni e tutti quei cambiamenti di cui i corridori pagano il prezzo.
Szmyd per caso
A camminare sulla banchina c’è anche Sylwester Szmyd, preparatore della Bora-Hansgrohe, ma lui non è qui per la gara né per il meeting dell’UCI.
«Abito là dietro – dice – vivevo qui da corridore e poi anche quando ho smesso. Guardate quanti campioni, davvero se lo avessero fatto in Toscana non ci sarebbe stato abbastanza spazio per il pubblico».
Ne approfittiamo per chiedergli di Giovanni Aleotti, sapendo che lo allena lui.
«Intanto prepariamo il debutto in Australia – dice – e poi speriamo di vederlo bene anche nelle classiche. Quest’anno è migliorato tanto, nonostante abbia avuto tanti stop. Al Sibiu Tour andava davvero fortissimo. Anche a Quebec. Gli ho detto di aspettare, perché quella è una corsa da un solo colpo. Invece si è messo a scattare e alla fine si è spento…».
Formolo e il trasloco
Pogacar è saltato fuori dal nulla assieme alla compagna. E’ tipo di poche parole. Sfila sorridendo con i bambini. Firma e posa, ma di base preferisce starsene per i fatti suoi.
«Stamattina è andato in bici – dice Formolo, raggiunto a Monaco dai suoceri – tanti si sono allenati e sono venuti fuori per il criterium».
Il veronese dice di aver firmato il contratto per il nuovo anno, anche se l’annuncio non è stato ancora fatto. Poi racconta di essere in pieno trasloco, perché l’appartamento in cui vivrà fino al 30 novembre è stato venduto.
I corridori sono mediamente tutti in affitto, solo pochi – Sagan fra loro – hanno scelto di comprare la casa in cui abitano. Peter è seduto su un cassone a parlare con Ermanno Leonardi di Specialized Italia e intanto con lo sguardo segue suo figlio Marlon che cammina accanto alla mamma. Nel corso della mattinata, Peter girava sul percorso portandolo sul tubo orizzontale.
Il ciclismo italiano
Pozzato ha corso al mattino nella prova a squadre fra corridori e amatori. Con lui dopo un po’ che si parla, il discorso finisce sul ciclismo italiano. Si ragiona di Giro U23 e Giro Donne, di Giro d’Italia e di Argentin e la sua posizione è la più interessante fra quelle sentite finora.
«Bisogna ripartire dai bambini – dice – copiare quello che hanno fatto nel tennis o in Francia col ciclismo. Il professionismo basta a se stesso, ma se vedo che a Vicenza gli juniores si sono dimezzati e al Sud non c’è più niente, comincio a preoccuparmi. Invece qui, al posto di fare sistema e unirsi, ognuno difende il proprio orto e pensa solo a fare la sua fortuna».
Uomini, non solo atleti
Accanto c’è Roman Kreuziger che riporta la sua esperienza in Repubblica Ceca, dove il numero di allievi e juniores nella sua Academy è in calo.
«Il bello – dice – è che bisogna discutere con i genitori per imporre che i ragazzi prima devono finire la scuola. Noi diamo bici, maglie, caschi… Diamo tutto, ma non vogliamo produrre solo degli atleti, vogliamo far crescere i ragazzi. Non voglio che fra cinque anni quegli stessi genitori vengano a dirmi che per colpa della bici i figli hanno smesso di studiare e adesso non sanno cosa fare».
Roglic e i bimbi
«Adesso smetteranno di chiederci quando ci sposiamo», sorride Elena Cecchini accanto a Elia Viviani. Accanto c’è Lizzie Deignan, con la figlia Orla attaccata alla gamba e l’ultimo arrivato Shea in braccio. Lei indossa già la tenuta della Trek-Segafredo, pronta a rientrare in gruppo.
E’ il giorno dei bambini. Un gruppo è arrivato da Forano, in provincia di Rieti. Altri sono figli di corridori e vivono qui. Scriccioli guerrieri, vestiti con le maglie dei corridori a frullare sui pedali su andature per loro forsennate.
«La prima cosa che bisogna insegnare ai bambini – dice Roglic – è il rispetto reciproco, poi c’è l’osservanza delle regole. Una giusta educazione è il solo modo perché diventino adulti consapevoli. Mi dispiace non correre, Beking è il modo migliore per unire la passione per la bici e l’impegno per gli altri».
Fra il pubblico, spinto sulla sedia da Manuel Quinziato, si riconosce anche Samuele Manfredi, che i suoi sogni di bambino ha dovuto rivederli e adesso ha scelto di dedicarsi alla hand bike, per dare sfogo a quella voglia di agonismo che l’incidente del 2018 gli ha portato via.
I due Principi
Il via alla gara dei pro’ ha voluto darlo ancora una volta il Principe Alberto, mentre in mattinata al villaggio di partenza si è fatta vedere sua sorella Stephanie, in jeans e un cappottino grigio. La sensazione è che Monaco apprezzi, ma non ami essere disturbata troppo.
La gente si è affacciata dalle balaustre, ha guardato e poi ha proseguito nella sua domenica calda in riva al mare che annuncia il Natale negli stand del villaggio in costruzione davanti al porto. Matteo Trentin saluta, a capo di un periodo che lo ha visto organizzatore al pari di sua moglie Claudia che ora dal palco ringrazia in francese e poi inglese.
Solidarietà e accorgimenti
Le iscrizioni degli amatori che al mattino hanno corso la prova a crono con i campioni saranno devolute per le due associazioni dichiarate alla partenza, per il resto si spera che gli sponsor coprano tutte le spese di un evento che ha ampi margini, ma forse potrebbe cercare una formula più incisiva. Splendido lo sforzo degli organizzatori, ma si può lavorare ancora (ad esempio) per coinvolgere il pubblico e portarlo tra gli stand della piccola fiera. I campioni non mancano: quelli a Monaco sono una garanzia.
«La mattina quando devo allenarmi – dice Battistella – basta mettersi sotto casa e aspettare il primo gruppetto che passa. Le strade sono spettacolari, la compagnia anche…».