Nel viaggio di bici.PRO fra i produttori delle bici del WorldTour, entra oggi in scena il marchio Cervélo, che a livello mondiale è detenuto dall’olandese Pon Holdings, mentre in Italia viene distribuito da Focus Italia Group e nel 2021 equipaggia la Jumbo-Visma.
Con il nostro zaino pieno di domande, abbiamo seguito il link fino alla scrivania di Raffaele Crippa, Brand Manager di Focus Italia Group, che per cominciare ci ha raccontato che cosa abbia significato per la sede italiana l’avvento della holding.
«In parole molto semplici – sorride Crippa – ci ha permesso di avere più ossigeno. La testa è rimasta italiana e indipendente, idem la struttura commerciale. Siamo passati dall’essere una Srl a una Spa e questo ci ha consentito di mettere i piedi sulle giuste pietre».
Che cosa è successo invece da queste parti a cavallo del lockdown?
In Focus Italia Group ragioniamo per anno fiscale e per stagionalità, che inizia dal primo settembre. A quella scadenza eravamo in crescita e abbiamo chiuso positivamente anche l’anno fiscale, nulla lasciava pensare al disastro in arrivo. Durante il lockdown siamo stati attivi con decine di call con i nostri rivenditori sul territorio, per parlare di mercato e fornire una forma di supporto psicologico. Proprio durante quegli incontri, sono usciti spunti che si sarebbero rivelati utili nel periodo successivo. Contemporaneamente, il management ha fatto scelte lungimiranti.
Di che tipo?
Abbiamo spinto sugli acquisti, correndo un bel rischio, ma procurando un quantitativo ragguardevole di biciclette, che ancora oggi continuiamo a spedire. L’ultimo flusso ci sarà a marzo. C’è stato un piccolo rimbalzo dei costi, a causa dei ritardi nelle consegne, ma abbiamo guadagnato quote di mercato. Per cui, il primo punto che ha funzionato sono stati quei contatti con i dealer.
Quindi c’è un secondo punto?
Il congelamento totale di tutti i crediti. Per 5 mesi abbiamo assorbito e rinviato i crediti e questo ha permesso al volano di continuare a girare e ci ha portato tanta gratitudine. E’ stato un esborso importante, non è stato semplice, ma ci ha dato tanto.
In che modo siete stati accanto ai rivenditori?
Sono state fatte circa 60 call, con pochi dealer per volta perché non fossero dispersive, e abbiamo specificato le azioni che avremmo messo in atto. Abbiamo parlato dei prodotti che sarebbero arrivati e assortito dei pacchetti di bici in base alle necessità del mercato e a quello che potevamo offrire. In più alla riapertura, abbiamo fatto degli accordi con Santander Bank, che ha varato dei finanziamenti a interesse zero per l’acquisto della bicicletta. Quindi con la sospensione dei debiti, i pacchetti e i finanziamenti su misura, i dealer ci hanno detto grazie e hanno ripreso a lavorare.
In che senso avete offerto supporto psicologico?
L’aspetto importante di quelle call è che si è sviluppato un rapporto umano che prima non c’era mai stato. Onestamente non eravamo neanche convintissimi di quello che dicevamo, eravamo rinchiusi senza una sola prospettiva. Per cui ci siamo messi la maschera in faccia e siamo andati alla guerra. Quelle chiamate sono servite anche solo per chiedere come stessero. Alcune col groppo in gola, perché magari ti parlavano di qualche parente morto in casa o dei camion con le bare in strada.
Quando si è capito che stava cambiando?
Il primo segnale c’è stato durante una chiamata con Focus dalla Germania in cui ci hanno mostrato i loro fatturati di fine marzo. Erano numeri mostruosi, mentre noi eravamo indicati ancora come gli untori d’Europa.
Come hanno risposto i dealer a questa vostra vicinanza?
Ho il magone a pensarci e la cosa incredibile è che quando il mondo è ripartito, ben più di un cliente che chiedeva altre bici, ci diceva: «Fate voi». Questo atteggiamento mi ha stupito e confermato che avevano seminato bene. E a partire da maggio abbiamo cominciato a straconsegnare. Ma al di là dei numeri, ci siamo sentiti considerati quasi come loro soci.
Quali bici si sono vendute di più?
Tutte. Il bonus bici ha accelerato il segmento sotto i 1.000 euro e lavorando con quei famosi pacchetti, il dealer ha potuto selezionare quello di cui aveva bisogno con fiducia ed elasticità.
Pensi che l’onda continuerà a crescere?
Siamo fortemente convinti che il mercato sia esploso e che sulle ali dell’entusiasmo tutti abbiano voluto andare in bicicletta. E’ il solo sport che puoi fare, per cui lo zoccolo duro è aumentato e altri nuovi sono arrivati. Diciamo, facendo dei numeri a caso, che siamo passati da 100 a 150. E se ci sarà una contrazione, si passerà a 120. Ma sempre più del livello pre lockdown.
Pensate anche voi quindi che ci sia un pubblico diverso?
Il mondo di chi ha scoperto la bici si è aperto. Si è avvicinata gente che non andava in bici e che non è per nulla legata all’agonismo. Se gli agonisti e gli amatori sono stati fermi senza eventi, è arrivata una valanga di utenti che porterà a un cambiamento culturale. Nei primi mesi post Covid, il nostro trend sarà slegarci dall’agonismo. Se prima si cercava di sostenere eventi legati in qualche modo alla competizione, oggi siamo abbastanza sicuri che non sia più così necessario. La comunicazione si andrà spostando verso l’outdoor e la vita all’aria aperta, un mercato ancora vergine.
Scusa, ma allora che senso ha continuare a sponsorizzare un team WorldTour?
Il gruppo vuole rilanciare il marchio Cervélo, per tutto lo storico e il suo prestigio nel corsa, su pista e nel triathlon. Avere il Team Jumbo è una bella medaglia da portare sul petto, sperando di poter ben figurare. Il professionismo è come la Formula Uno per lo sviluppo delle auto di serie. Ad oggi è comunque un investimento sul prodotto, consapevoli che il comparto sportivo è rimasto invariato e sono cresciuti segmenti nuovi.
Che cosa significa allora mollare l’agonismo?
Il brand Cervélo va in cerca di rilancio. L’agonismo che si pensa di mollare è quello della sponsorizzazione agli eventi. E’ meglio organizzare qualcosa da soli per sostenere i nostri dealer, come tanti altri marchi hanno già iniziato a fare negli anni addietro. Ho in testa il nostro evento Santa Cruz in Val di Sole l’anno scorso. Le persone andavano via contente di essere state insieme. L’evento privato è più controllabile e fa superare il concetto di fiera, che con l’avvento dei social perde interesse. Ad oggi non c’è più motivo di andare ai vari saloni, non ne abbiamo più bisogno. C’è una nuova linea e non ci si può fermare proprio adesso.
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