I cent’anni della Forti e Veloci di Trento non potevano passare con le parole del comunicato e le foto della festa. Era il 1925 quando la squadra venne fondata, come fa a essere ancora qua a sfornare corridori come i fratelli Bais, Samuele Rivi, Magagnotti e Fedrizzi? Di mezzo c’è la storia del ciclismo, che poi è quella d’Italia. E così, quando ci siamo resi conto che c’è ancora in azione qualcuno che conobbe i primi fondatori, non abbiamo resistito alla tentazione di calarci in un racconto che per molte pagine sarà in bianco e nero. Lui si chiama Fulvio Valle, attualmente presidente onorario della squadra, ha 81 anni (nella foto di apertura è con l’attuale presidente Alessandro Groff).
«Sono stato in questa società per 57 anni – dice – e quando nel 1965 venne fatto il quarantennale, in quella foto fatta in Piazza Duomo c’erano forse tutti i fondatori del 1925. Io sono entrato tre anni dopo, ma li ho conosciuti. Uno che ha fatto il Giro d’Italia, Guido Janeselli che era del 1902. Lo stesso Dario Widmann, che era del 1905. Eppure sono fiero di dire che lo spirito di oggi, anche se completamente diverso nei concetti, ricalca lo spirito della fondazione».




La svolta epocale del 2019
Racconta di essere entrato nella Forti e Veloci a 24 anni nel 1968, anno di nascita di chi scrive questo articolo, e questo dà ancora di più il senso della profondità della storia. Dice di aver visto passare tre presidenti prima che venisse il suo turno e poi di averlo dovuto fare ancora quando morì Silvano Dusevich. E poi ridendo aggiunge che non si possono raccontare cent’anni di storia in pochi minuti: anni di risultati eclatanti e anche di difficoltà e scarsi riscontri.
«La società è molto attiva – dice – in fondo è sempre uguale. Nell’aprile del 2019 è scomparso il mio presidente, Silvano Dusevich, che era un vero filantropo. Era una persona che godeva nel dare alla società, nel senso schietto. Erano un tutt’uno. In quel momento ci siamo ritrovati e ci siamo guardati intorno. Nel direttivo c’erano dei personaggi storici, però si capiva che fosse arrivato il tempo di dare una sterzata. Diciamo che quei saggi di allora ci sono ancora oggi, quando c’è da dare una mano per organizzare una gara. Ma quel giorno c’è stata una svolta epocale, perché sono entrate delle persone giovani, persone super preparate, anche professionisti che hanno dato un’impronta completamente moderna».






Gli ostacoli del presente
Il nuovo direttivo è composto da una varietà di persone che hanno consentito la svolta. Sono venute due vittorie consecutive alla Coppa d’Oro con Magagnotti e Brandon Fedrizzi. Edoardo Caresia ha vinto il campionato italiano a Boario.
«Eppure tutti loro – precisa Valle – credono nei colori della squadra. Non tanto al rosso e al blu che ci distingue da sempre, parlo dei valori che dal 1925 a oggi ci hanno consentito di tenere in piedi la società, nonostante oggi fare ciclismo anche a livello giovanile sia tutto fuorché facile. La burocrazia e gli impegni finanziari stanno facendo chiudere tantissime società. Possiamo girarci attorno finché vogliamo, ma ci sono esempi eclatanti dalla Zalf Fior alla Giorgi: ci rendiamo conto che qualcosa non funziona più? Noi proviamo a tenere duro e magari i ragazzini questo non lo capiscono. Non riescono a cogliere appieno i valori, loro vedono che ci sono i direttori sportivi preparati. Abbiamo Claudio Caldonazzi, direttore sportivo degli allievi negli ultimi 30 anni, che è conosciuto e stimato in tutta Italia.
«I ragazzi vedono che c’è questa attività e magari non si chiedono perché mai devono andare a correre sempre più spesso fuori regione. Il fatto è che in Trentino non c’è più calendario, mentre fino a dieci anni fa, si litigava per inserire la propria gara di allievi. Noi grazie all’organizzazione che ci siamo dati, riusciamo a fronteggiare bene la situazione, pur avendo mantenuto lo spirito iniziale».





La vittoria non è tutto
C’è un passaggio nel racconto di Fulvio Valle che lascia il segno più di altri. Il Forti e Veloci Trento vince, ma la vittoria non è tutto e sarebbe profondamente sbagliato sostenerlo occupandosi di ragazzi fino agli allievi.
«Vincere la Coppa d’Oro – dice – è il massimo. Partono da Borgo in 400, poi la prima salita dopo Levico li dimezza e il finale è meraviglioso. L’abbiamo vinta, abbiamo fatto dei piazzamenti, ma non vorrei che queste mie parole facessero pensare che per stare in piedi bisogna vincere. Assolutamente no! Abbiamo passato periodi dove la china era davvero bassa e in quel momento probabilmente è stata la forza della società a farci continuare. E questa forza c’è anche adesso con Alessandro Groff presidente, che ha dato slancio ulteriore. Tutto con lo stesso spirito costruttivo nel senso dell’appartenenza ai colori sociali. Forse per questo ci siamo da cent’anni…».