«Parlare di Olimpiadi? Per me è sempre bellissimo, è la vittoria che ricordo con più piacere tanto che ad agosto tornerò in Grecia per celebrare con un’avventura cicloturistica i miei vent’anni dall’oro di Atene». L’argomento a cinque cerchi solletica sempre Paolo Bettini, che ha vissuto l’esperienza a cinque cerchi sia da corridore che da commissario tecnico e non si tira indietro nel tracciare un profilo di quel che ci attende.
Quando Bettini ha gareggiato nella prova olimpica, nel 2000-2004 e 2008, la squadra italiana era composta da 5 elementi: «Ma non è che in 5 riesci a controllare la gara – dice – non potevi allora e ancor meno adesso che le nazionali al massimo possono averne 4 e noi non siamo tra queste. Allora poi il percorso era leggermente ridotto, 225-230 chilometri contro i 270 di oggi. E’ normale che, alle Olimpiadi ancor più che nelle altre gare titolate, vadano così a innescarsi quei legami non scritti, dipendenti dal club di appartenenza ma anche da comuni interessi perché, non va mai dimenticato, ai Giochi vincono in 3, non uno solo».
Che cosa si deve fare allora in una gara così sui generis?
Se non puoi controllarla, devi cercare soluzioni per risparmiare energie. Ricordo che quando corremmo a Londra eravamo io e Rebellin le punte e io avevo il compito di marcare Valverde. Si scelgono gli uomini sui quali fare la corsa oppure si cerca di mandare qualcuno dei tuoi in fuga in modo da non dover tirare. Ma ragioniamo di gare che avevano 5 uomini e nelle quali si cercava una collaborazione. Ora, con 4, è praticamente impossibile.
Noi addirittura ne avremo 3…
Il lavoro di Bennati è difficilissimo, io lo so bene, eppure paradossalmente in questo caso è più facile. Mi spiego: non si applicano i criteri che valgono per mondiali o europei. Esistono logiche completamente differenti. Intanto perché la rosa dalla quale pescare devi sceglierla molto tempo prima, a inizio anno per far fare le visite mediche ai ragazzi e per presentare la relazione alla Federazione che dovrà girarla al Coni. E’ questo che dirige.
Come giudichi allora le voci che vogliono Viviani nel trio per garantirgli un posto nella delegazione su pista?
E’ una scelta che rientra proprio in quelle regole diverse dal solito. Faccio un esempio per assurdo: Bennati può convocare Bettini e Paolini, ma questi due non vanno d’accordo (in realtà siamo amicissimi, ma è per far capire). Il cittì decide di puntare su uno dei due: questo potrebbe farlo se si trattasse di un mondiale, ma ai Giochi devono andare gli uomini più medagliabili a prescindere. Per questo dico che il lavoro di Bennati per certi versi è più semplice, perché certe scelte sono vincolate.
Non pensi sia una situazione un po’ triste?
Paghiamo il difficile momento che il ciclismo italiano sta vivendo, è giusto per certi versi pensare ad altre specialità dove ci sono concrete possibilità. Viviani ha belle carte da giocare su pista, un secondo uomo Bennati deve selezionarlo pensando alla cronometro da affiancare a Ganna, di fatto gli resta un solo corridore. Sono ragionamenti che tanti tifosi, i “cittì da tastiera” non conoscono, ma quando si parla, si critica il cittì, bisognerebbe ricordarsene…
La gara olimpica di quest’anno si preannuncia però un po’ diversa dalle edizioni precedenti, nel senso che al via si presenteranno corridori che non hanno paura di fare una gara “uomo contro uomo”…
E’ vero, al via ci saranno corridori che sono talmente forti al punto da poter fare la corsa per conto proprio, da cercare la soluzione di forza anche a 80 chilometri dal traguardo. Noi partiamo apparentemente senza grandi ambizioni, quasi per far numero.
Perché dici “apparentemente”?
Perché io un’idea me la sono fatta ed è legata al nome di Alberto Bettiol. E’ sicuramente il corridore italiano più strutturato per affrontare una corsa simile e se indovina la giornata giusta, fisicamente e mentalmente, potrebbe anche essere uno di quelli che a 80 chilometri dal traguardo, se e quando la gara esplode, è lì a giocarsi le sue carte. La differenza con i Van Der Poel e Pogacar (senza dimenticare quelli che sono ancora in infermeria per cadute, il resto dei “magnifici sei”) è che quelli sono sempre nella condizione per fare la corsa in quella maniera, per il toscano serve che una serie di circostanze combaci, ci sia quasi una congiunzione astrale favorevole…