«Avete trasformato una situazione negativa – dice Marina Romoli – in una altamente positiva. Magari non avreste mai avuto la possibilità di correre tutti e tre insieme in nazionale. Ti fa capire quanto conta non perdere se stessi e i propri valori, il crederci sempre. Perché nel momento in cui qualcuno ti dà un’opportunità, sei pronto a coglierla. Non eri solo, eri con dei compagni spinti dalla stessa motivazione».
Prosegue il racconto dell’incontro iniziato ieri fra Marina Romoli e Giovanni Carboni. Lo scopo è capire in che modo la delusione, la frustrazione e anche la rabbia per la chiusura della Gazprom sia diventata motivazione per tirare fuori il meglio e cambiare in modo permanente atteggiamento (in apertura, Christian Scaroni sul traguardo dei tricolori di Alberobello, chiusi al 9° posto).
«E’ stata proprio questa la differenza – risponde Carboni – con Malucelli ci cercavamo per allenarci, lui a Forlì e io a Fano. E tante volte ci dicevamo: per fortuna siamo usciti insieme, perché se ero a casa da solo, oggi non ce la facevo a fare questo allenamento. Ci siamo sostenuti a vicenda ed è stato questo che stringe e rafforza un rapporto non solo di squadra, ma di amicizia che ormai si è creato con tutti».
Una lezione di vita
ROMOLI: «Il rapporto umano è alla base. E poi vivevate le stesse situazioni, per cui non c’era nemmeno bisogno di dirsi le cose e di lamentarsi. Attraversavate tutti lo stesso momento difficile. E poi avete condiviso anche tutto il dopo, perché siete andati tutti forte. C’è un messaggio che si può tirare fuori da tutto questo?».
CARBONI: «Si è creata una condizione che ci ha permesso di tirare fuori il meglio di noi. Da soli non ce l’avremmo mai fatta. Difficile trovare un altro messaggio. Quello che ho capito di me stesso è che sono molto determinato. A un certo punto non trovavo squadra, le cose non andavano e ho pensato che se nessuno mi voleva, forse non ero all’altezza di essere un professionista. La cosa che mi ha cambiato è stata la determinazione di mettere quel punto dopo il Sicilia. Trovare delle cose da fare in un determinato periodo di tempo, per capire bene chi fossi. Non sono un fenomeno, ma di fenomeni in gruppo ce ne sono pochissimi. Ora ho la consapevolezza che con il lavoro e il modo giusto di lavorare posso arrivare pronto a una gara. Questa situazione mi ha insegnato tanto».
ROMOLI: «Sei maturato, ti senti più forte?».
CARBONI: «Dicevo ai ragazzi: trovatemi una situazione peggiore di questa. Non abbiamo colpe e nonostante tutto, siamo messi così. Se usciamo da questa storia qua, voglio vedere come ce la giochiamo nei prossimi anni».
Le persone più dei soldi
bici.PRO: «In cinque anni da professionista, eri mai stato così determinato, oppure quando le cose vanno bene si dà tutto per scontato e si diventa come i corridori di quel direttore sportivo?».
CARBONI: «Negli ultimi due anni avevo perso stimolo. In questa situazione mi sono ritrovato come da neoprofessionista, quando avevo un sacco di voglia di mettermi in gioco e convinzione in quello che facevo. Gli ultimi due anni sono stati difficili e mi sono messo in discussione anche io. Invece quando ho vinto mi sono ritrovato come da dilettante e i primi tempi da pro’, quando ho vestito la maglia di miglior giovane nel 2019. Ho ritrovato quelle sensazioni, il crederci prima del fare. Andare a letto la sera e avere la tranquillità che il giorno dopo sarebbe successo qualcosa di buono. Perché tanto quando vai forte, le cose te le senti».
ROMOLI: «Sarà vero che bisogna perdersi per ritrovarsi? Sei ripartito da zero, in qualche modo. Ma ascoltandoti e conoscendo un po’ la tua storia degli ultimi anni, non pensi che per arrivare a quello stato di grazia in cui ti sembra che tutto vada al rallentatore e tu sei lucidissimo o capisci d’istinto se la fuga sia giusta, non serva aver fatto 200 corse, ma avere dei compagni di cui ti fidi e qualcuno a livello tecnico che crede in te? Alla fine Bennati e la nazionale credevano in te e allo stesso tempo avevi dei compagni di cui ti fidavi altamente. Il resto contava anche poco…».
CARBONI: «E’ l’analisi giusta. Questa cosa qua nasceva dall’esperienza fatta con la Gazprom in ritiro. Io in quella squadra mi sono sentito coinvolto. Sentivo che il direttore sportivo e il preparatore facevano le cose perché ci credevano. Eravamo sul Teide e facevamo una cosa perché ci credevamo. Nessuno di noi era un fenomeno, a parte forse Zakarin per i suoi trascorsi. Eppure credevano in noi e questa cosa qua me la sono portata avanti anche se si è sfasciato tutto. Ho capito quello che serve per stare bene, quali sono le cose che ti servono. E ho capito che le persone fanno la differenza, più dei soldi».
ROMOLI: «Le persone contano più dei soldi. Possono anche darti 100 mila euro, ma se poi ti distruggono psicologicamente, li butti via. Ti fai del male, non corri bene, rischi gli infortuni, ti ammali».
Le occasioni
bici.PRO: «Questa determinazione, aver vissuto questa esperienza riuscirà a trasformarti? Ci sarà un nuovo Carboni che sia più continuo e mantenga questo livello?».
CARBONI: «Dentro di me non mi pongo nemmeno la domanda. Questa cosa mi ha fatto crescere. Non è stata tanto la rabbia che mi ha mosso nella preparazione, quanto la determinazione. La rabbia in gara c’è stata e mi ha fatto dare quel qualcosa in più che puoi non avere in certi momenti. Però mi ha fatto crescere in generale. A mio parere, ma penso che sia così per tutti noi, superare una situazione come questa ti fa crescere e ti dà delle consapevolezze in più».
ROMOLI: «Si vede che sei più forte. Sicuramente la paura è una cosa importante e tu l’hai trasformata in consapevolezza di poter riuscire. Se riesci a controllare una situazione così, ti sei già trasformato anche come corridore».
CARBONI: «Ho cambiato anche il modo di vedere le cose. Prima magari ingigantivo problemi che non lo meritavano. All’italiano ho bucato prima del penultimo strappo ed è andato tutto per aria. In altri tempi mi sarei abbattuto, domenica sera invece sono andato a dormire sereno, perché tanto non era dipeso da me. In certe occasioni puoi insistere quando vuoi, ma ci sono fattori che non puoi controllare. L’unico giorno in cui è andato tutto bene, è stato alla Adriatica Ionica Race, nella tappa di Brisighella che ho vinto».
ROMOLI: «Certo se non ti fosse arrivata la chiamata della nazionale, la botta sarebbe stata forte: in quel caso lo psicologo sarebbe stato utile. Perché mette parole che aiutano a metabolizzare le situazioni. Ce la puoi fare anche da solo, puoi galleggiare. Ma quando arriva l’onda troppo alta, lo psicologo lancia il salvagente. C’è pregiudizio. In realtà è come quando hai mal di schiena e vai dal fisioterapista. E’ l’ascolto disinteressato di una persona che ha gli strumenti per aiutarti…».
CARBONI: «Se la nazionale non ci faceva correre, eravamo messi davvero male. Quello è stato il primo e più grande aiuto concreto. Senza quello, eravamo finiti. Mi rendo conto quanto mi manchi il correre. In gara mi manca l’occhio. Quando all’italiano è andata via la fuga dei quattro, era indietro. Ho rimontato, poi Nibali ha fatto il buco per Battistella, come ha spiegato poi in un post, e io mi sono trovato spaesato. Mentre in altri anni, magari dopo aver corso il Giro, mi sarei mosso in automatico. La stessa caduta alla Adriatica Ionica nella tappa di Sirolo, è venuta per la troppa frenesia di fare. C’era ancora un po’ di insicurezza».
ROMOLI: «Serve sempre la fortuna, ma se ti fai trovare pronto quando ti danno una possibilità, come quella che vi ha dato Bennati, allora hai svoltato. I campioni fanno questo: sono pronti nel momento in cui si crea la possibilità».