«Dopo una prima parte di stagione movimentata che lo ha visto affrontare l’intera campagna delle classiche – recita il comunicato della Quick Step-Alpha Vinyl del 15 agosto – Kasper Asgreen è stato coinvolto in un brutto incidente al Tour de Suisse, che ha messo in dubbio la sua partecipazione al Tour de France. Lo stress della caduta e i successivi tentativi di prepararsi per il Tour hanno purtroppo portato Kasper a sviluppare una sindrome da stanchezza, il che significa che il suo corpo non si sta più riprendendo da sforzi anche di bassa intensità. E’ stato quindi deciso che smetterà di correre per il resto di questa stagione e si prenderà un periodo di recupero, prima di concentrarsi sulla preparazione per il 2023».
Una sindrome contro corrente
Notizie che danno da pensare. Come è possibile, ci siamo chiesti, che in questa epoca di preparazioni personalizzate e infallibili, un atleta di vertice di una squadra di vertice cada nella sindrome da stanchezza? Di cosa si tratta? Ha a che fare con l’overtraining? Asgreen ha sfidato i migliori alle classiche, poi è andato al Tour, ma si è fermato dopo l’ottava tappa.
Serve un dottore, la parola sindrome non lascia spazio a dubbi. E il dottore è Massimo Besnati, medico di lungo corso fra club e maglia azzurra, che quest’anno segue le nazionali giovanili. E’ stato agli europei di Anadia ed è in partenza per i mondiali juniores su pista a Tel Aviv. Il momento storico non è dei migliori per volare laggiù, ma il ciclismo non si ferma.
Dottore, cominciamo dall’inizio: cos’è questa sindrome?
Esiste in letteratura, si chiama sindrome da fatica cronica e viene studiata e descritta con maggior attenzione da un paio d’anni. Compare con sintomi ben precisi, anche senza grosse cause scatenanti. Non è un overtraining, che di questi tempi è cosa rara, vista la precisione degli allenamenti e preparatori che difficilmente sbagliano
Ci ha anticipato: le avremmo chiesto proprio questo. Come si fa a caderci vista la precisione delle preparazioni?
Parto dal presupposto che questi scienziati conoscano bene il loro lavoro. Tuttavia vanno su tabelle, cui ognuno risponde diversamente. A norma vengono considerate le abitudini di vita e i carichi di lavoro, ma siamo certi che accada sempre? Quello che vedo è che l’UCI aumenta i giorni di gara, le squadre portano i corridori a farne un numero spesso molto elevato e alla fine ti presti al… gioco di sindromi come questa. Serve più tempo per recuperare e per allenarsi. Servirebbe fare meno corse. La cura per la sindrome da fatica cronica è il riposo, non ci sono alternative. Se Asgreen ci ha corso sopra, capisco bene che lo abbiano fermato.
L’incidente in Svizzera, la rincorsa della forma e poi il crac…
Inseguire la forma in poco tempo è uno dei fattori scatenanti. Semplicemente perché il fisico non regge certi ritmi. I fattori ambientali possono incidere, il caldo ad esempio. In teoria hai tutto quello che serve per integrare, ma se il caldo perdura e non hai saldato il conto con il tuo fisico, non vai più avanti.
Saldato il conto?
Non esiste una gradazione di questa malattia, perché è molto soggettiva. Evidentemente il caso di Asgreen è piuttosto serio. Si arriva a determinarne la gravità proponendo una serie di domande su sonno e alimentazione, ad esempio. I parametri bioumorali sono molto variabili. Però è chiaro che se sei in debito di condizione e non hai una grande salute, è dannoso lavorare come se non ci fossero problemi. Il corpo non è in equilibrio e si peggiorano le cose.
Come si arriva alla diagnosi di questa sindrome?
Fai una serie di esami del sangue e magari viene fuori che i valori sono nella norma. Solo che l’atleta ha dolori muscolari, crampi, dorme male e allora ti viene il dubbio. Così verifichi che in bici i battiti non salgono e dopo un quarto dell’allenamento sei stanco come se l’avessi finito. L’errore di tanti è correre dietro al recupero e al rientro in tempo brevi, perché sono ancora in debito.
Par di capire che fermarsi subito permetta di rientrare prima.
Esatto. Se ti fermi dopo i primi segni e recuperi, allora è tutto più rapido. Come la mononucleosi, che di per sé sarebbe poca cosa. Sapete invece quanti atleti se la portano dietro per mesi? Cavendish è l’emblema, lui si è trascinato per un anno e mezzo. Ripartono. I valori sono ancora sballati. E non capiscono che devono fermarsi, altrimenti non recuperano.
Fermarsi è tuttavia un verbo impopolare, visto il numero delle gare e la necessità di fare punti…
Ma è necessario. Si dovrebbe dare una regolata al calendario, in modo da permettere ai corridori di recuperare. Le corse sono belle lo stesso, anzi forse lo sono di più. Adesso ci sono in giro 4-5 corridori hors categorie, che sembrano non doversi fermare mai. Può darsi che la specie si stia evolvendo, può darsi che siano davvero superuomini. Però starei attento, spesso in certi problemi si cade dando per scontato di essere invincibili.