Stanchezza: è uno dei temi che emerge da questo mondiale. Specialmente per chi è andato alle Olimpiadi. Da Tokyo a Roubaix, tre mesi scarsi in cui non è stato facile gestire muscoli e testa.
Noi ne abbiamo notata davvero tanta in generale, non solo negli azzurri. E adesso capiamo meglio perché gli australiani non sono venuti o perché i terribili danesi dell’inseguimento a squadre hanno schierato un solo big su quattro.
Con Diego Bragato, del Centro Studi della Federazione e colonna portante dello staff tecnico di Marco Villa, parliamo di stanchezza dunque, ma anche di azzurri e di come hanno gestito questi tre mesi.


Stagione infinita
Una stanchezza che si faceva palese in particolare negli atleti che finivano il loro mondiale. Quando rientravano dal parquet si distinguevano subito quelli che ancora dovevano gareggiare e quelli che invece avevano finito. Gli occhi dei secondi erano diversi: spenti, sfiniti. Finiti gli obiettivi, finite le energie.
Forse noi non ci rendiamo conto, ma per gli atleti del settore endurance, che fanno anche strada, questa è stata una stagione massacrante, sia dal punto di vista mentale che fisico.
Milan dopo la sua prova faceva fatica a tenere gli occhi aperti. E lui stesso se ne è reso conto. «Anche a Tokyo ero in questo stato, ma la gioia della vittoria mi ha tenuto su. Sono cotto, adesso inizia finalmente l’off season anche per me».


Pippo? Umano!
E per questa analisi si parte proprio dall’inaspettata eliminazione di capitan Filippo Ganna. L’inseguimento ormai, che sia individuale o a squadre, è casa sua.
«La stagione è stata lunga in effetti – spiega Bragato – e si è fatta sentire anche per Filippo, sia mentalmente che fisicamente. E ci sta. Abbiamo vinto una storica medaglia col quartetto e da ieri dobbiamo accettare che anche lui è umano. E va bene, anzi lo apprezziamo ancora di più».
Filippo ha parlato di 70 e passa giorni di gara, di gambe che non c’erano più. «Non ne avevo per una partenza a blocco. Ti senti sottotono e anche con la testa poi vai via».


Da Tokyo a Roubaix
Gestire gli atleti da Tokyo a Roubaix ha richiesto una certa attenzione. I tempi tra i due eventi non erano né così lunghi per ripartire “da zero”, né corti per continuare a tirare. Di mezzo poi c’era la stagione su strada che ha continuato a richiedere i suoi impegni.
«Se è stato difficilissimo portare gli atleti pronti alle Olimpiadi – dice Bragato – portarli qui ai mondiali è stato facile, tra virgolette facile, perché l’hanno voluto loro. Far bene ai mondiali è un impegno che ci siamo, anzi che si sono presi i ragazzi subito dopo l’Olimpiade. Hanno parlato con Villa e gli hanno detto: Marco andiamo a prenderci il mondiale. E con il volere da parte da loro poi è stato tutto più facile. Però abbiamo dovuto centellinare ogni energia».


Discorso diverso per Viviani
«Viviani stava bene – spiega Diego – Si è visto anche durante lo scratch ma quella è una gara di situazione. A sbagliare è un attimo. Basta che in quel momento hai messo la ruota all’interno anziché all’esterno e la gara va… a prescindere da quanta ne hai.
«Quando stai bene e le cose vanno nel senso giusto, vinci anche su strada. Raccogli i risultati e la fatica non si fa sentire. Io ho seguito Elia sia su strada che su pista. Lui ha sempre detto che l’obiettivo era la pista, aveva l’Olimpiade in testa. Io allora gli dicevo: vedrai che dopo Tokyo farai bene anche su strada. La brillantezza che ti dà la pista te la ritrovi». E così è andata: Viviani dopo i Giochi ha vinto quattro corse».


La forza del gruppo
Ma dove la stanchezza impone un muro, si può arrivare a dama con altre vie.
«Allenando bene le forze e lavorando soprattutto sul concetto del gruppo – rilancia Bragato – I ragazzi si sono automotivati per arrivare qua e poter prendersi questo titolo nel quartetto. Parecchi anni fa si sono guardati in faccia e si sono presi un impegno, quasi una missione direi. In questi giorni ne abbiamo parlato spesso: anni fa ci guardavamo e speravamo nel decimo più, decimo meno per entrare nei primi otto agli Europei. Adesso siamo campioni mondiali».
Però tutto ciò ha rischiato di vacillare. Il fatto di mollare dopo le Olimpiadi, il cui avvicinamento di fatto è durato due anni a causa del Covid, poteva starci. Una stanchezza mentale giustificata. E qualcuno infatti era un po’ uscito dai binari.
«Però sono stati proprio i ragazzi a dire: andiamo al mondiale a far bene – continua Bragato – Io ho dovuto “solo” mettere giù un programma di lavoro. Sarebbe stato difficile se dopo i Giochi avessero mollato completamente, cosa che un po’ stava succedendo all’Europeo. Ma forse anche grazie a quel risultato Villa è stato molto bravo a rimetterli in carreggiata e a tenerli motivati».
Si sa però che c’è stato anche uno “sfogo” di Pippo in merito a questo calo di tensione. Uno sfogo che dopo le dichiarazioni di ieri sera comprendiamo ancora di più. «Io sono venuto qui per vincere il quartetto con i ragazzi e perché ce lo siamo detti tutti insieme – ha detto Ganna dopo il bronzo – altrimenti per me andava bene così: Olimpiadi, mondiale a crono, altre medaglie… L’inseguimento l’ho fatto solo perché Villa mi ha iscritto in quanto campione del mondo uscente».
«Sì, sì – riprende Bragato – la maturità dell’atleta a 360 gradi la vedi anche da questo. Pippo ha notato che tra i suoi compagni c’era un calo di tensione e sapendo che adesso la sua voce conta, ha parlato con i termini giusti per far sì che tutti tornassero ad onorare l’impegno che si erano presi. Comunque già ci aveva pensato Villa, perché il leader del gruppo è lui».


Reparto donne
Anche le donne sono andate bene. Bragato le segue in modo più marginale, ma qualcosa ci può dire…
«Abbiamo tirato giù un programma simile. Ma con le donne io ho un ruolo di jolly. Faccio parte del Centro Studi e con Salvoldi ho collaborato più marginalmente. Sì, gli abbiamo dato supporto scientifico in base ai test e alle analisi di alcuni dati, ma Dino ha il suo staff. Uno staff che ha lavorato molto bene e ha permesso alle ragazze di arrivare ad un secondo posto nel quartetto che è un segnale stupendo per la crescita di quel gruppo».
Due ori, Fidanza e Paternoster, un argento nel quartetto e un bronzo nell’Omnium con la Balsamo. Elisa anche era sfinita ieri sera. Non come Milan, ma quasi… Anche lei ha parlato di stanchezza. Di stagione lunga nella quale ha dovuto inserire come Ganna anche l’obiettivo iridato su strada dopo Tokyo.
«Per questo mondiale – conclude la Balsamo – mi sono dovuta reinventare. La stagione olimpica è molto più impegnativa». In pratica ha raccolto le ultime energie. I reduci di Tokyo non sono stati brillantissimi. Il picco di forma non era lo stesso. Ma con la classe… ci si arriva.