Scorrendo vari social, chi più e chi meno si sarà certamente accorto di corridori appesi a insolite corde (in apertura Davide Formolo) nello studio di Michele Del Gallo, fisioterapista del UAE Team Emirates, mimando il gesto della pedalata. In qualche modo, anche se con approccio forse autodidatta, gli stessi esercizi messi in atto da Brambilla e mostrati nell’articolo di qualche giorno fa.
Per capire meglio di cosa si tratti ci siamo perciò rivolti direttamente a Michele, trovando un varco nella sua agenda così indaffarata da risultare ormai impenetrabile. Perciò, dopo una serie di battute sul lavoro che ci incalza, siamo entrati nel vivo della questione.
Di cosa si tratta?
Si chiama Redcord, corda rossa. Un sistema norvegese che si può usare in due modalità. Una per intervenire sulle catene miofasciali (strutture costituite da anelli muscolari e tessuto connettivale che realizzano in modo concreto lo schema posturale dell’individuo, ndr) e una per agire sulla muscolatura profonda.
A cosa serve?
La gamba spinge sul pedale ed è il braccio della potenza. Il fulcro di questa leva è il trocantere, quindi il bacino. Se il quadricipite spinge 1.000 watt, usiamo numeri a caso, bisogna che il fulcro lo supporti, perché se si muove avviene una dispersione e magari di watt al pedale ne arrivano 800. In passato si agiva per aumentare la forza, mentre adesso gli atleti sono più affusolati, proprio perché fanno lavori di stabilizzazione.
Che cosa significa?
Inutile avere la carrozzeria forte e il telaio debole, meglio rinforzare il telaio e poi ragionare sulla carrozzeria. Se lavori solo sulla forza, aumenti la massa, aumenti il peso, aumenti il fabbisogno calorico e perdi ogni beneficio. Allora ha senso fare questi lavori qui.
Lavorare sul core si sta diffondendo parecchio…
E’ una vera esplosione, perché si riesce ad isolare la muscolatura profonda e a farla lavorare nel modo giusto. Per cui si fanno dei test per capire quale catena miofasciale potrebbe trarne maggior beneficio. Sottolineiamo che non è un metodo per aumentare la forza, ma al contrario dona vantaggi a livello neuromotorio.
Come si capisce se una catena ha più bisogno di un’altra?
Vengono messe a paragone e si verifica come il corpo sia in grado di svolgere certi esercizi. In alcune foto avrete visto che alcuni atleti hanno degli elastici per scaricare il bacino. Chi è capace di svolgere il lavoro senza elastici, non ha bisogno di questo lavoro. Se una catena è più forte dell’altra, si creano torsioni e disagi.
Casi frequenti?
Ci sono corridori che convivono con il dolore, che dopo tanto lavoro iniziano a stringere i denti. La bici è simmetrica al millimetro, il corpo umano no. Alcuni sono perfetti, ma si tratta di esemplari rari. L’equilibrio corporeo può essere alterato da vari fattori, dalle cadute a disordini emotivi. Se li guardi da dietro mentre pedalano, ti accorgi che difficilmente le gambe fanno movimenti identici. E dopo 20 tappe di un Giro, certe problematiche affiorano.
Ci sono spesso movimenti irregolari…
Come ad esempio, la piccola rotazione del ginocchio quando la gamba viene su. Quella potrebbe dipendere dalla mancanza di controllo. Il vantaggio sta in questi dettagli e nel fatto che si riesce ad eliminare qualche dolore di schiena e ad ottimizzare l’uso della forza.
Dov’è il vantaggio del Redcord?
Soprattutto nell’instabilità, la situazione in cui il cervello riceve l’input di gestire la determinata parte del corpo. E poi riesci a dosare l’esercizio. Tanti preparatori danno esercizi senza considerare che i corridori sono agonisti, per cui l’esercizio lo fanno comunque, magari però dando fondo a tutte le risorse. Così invece si riescono a svolgere nel rispetto degli obiettivi che si hanno.
Ci sono casi di lavoro che non si dosa?
Il Plank ad esempio. Lavorano tutti i distretti muscolari, ma spesso costa troppo impegno e non è producente, perché per farlo l’atleta utilizza tutto quello che ha. Inoltre RedCord funziona perché essendo un esercizio statico, riesci a stimolare la muscolatura profonda, quella che regola l’equilibrio. Se fosse più dinamico, ricorrerei a quella superficiale, preposta al movimento, che però non incide sul core.
Da quanto tempo si lavora in questo senso?
David Bombeke, il massaggiatore di Evans, era la figura di riferimento per il Belgio e faceva questi lavori quando Cadel ancora correva. Io vi faccio ricorso da 4 anni. E’ un nuovo approccio, la frontiera di questi tempi. Riuscire a limare qualcosa per tirare fuori tutto il potenziale, dopo anni in cui ci si è concentrati solo sulla potenza e sulla rigidità della bici…