«Mi fa sorridere che mi chiedi questa cosa – dice Hendrik Werner, coach alla Bora-Hansgrohe – perché l’abbiamo notata anche noi…».
E’ passata una settimana dalla fine del Giro e grazie a Sylwester Szmyd siamo arrivati al preparatore di Jai Hindley, con qualche curiosità a proposito dell’australiano e del suo modo di pedalare. E così per rompere il ghiaccio, siamo partiti dalla grande agilità della maglia rosa in salita. Così ogni santo giorno, fino alla bordata sul Passo Fedaia.
«Hindley non è mai andato tanto agile in salita – sorride ancora Werner – tutt’altro. Lui di solito usa rapporti troppo lunghi. Non ci abbiamo lavorato, perciò quando lo incontrerò e avremo tempo per parlare, gli chiederò se l’ha notato anche lui».
Dalla Sunweb alla Bora
Werner è del 1983 e risponde dalla Spagna. E’ arrivato alla Bora-Hansgrohe quando ne è uscito Patxi Vila, in precedenza era al Team Sunweb, dove ebbe modo di conoscere Hindley, pur non essendone l’allenatore. Quando poi l’australiano è approdato al team tedesco, è parso naturale affidarlo a lui. Jai ha vinto il Giro d’Italia e per un po’ il gruppo si è disperso per recuperare le energie. Il momento di ripartire verrà, ma per ora non se ne parla.
«Abbiamo vissuto giorni di super stress – dice Werner – super fatica, super pressione mediatica. Di colpo niente è più stato normale. Ora Jai si sta godendo due settimane di vacanze, in cui immagino ci siano anche dei festeggiamenti. A un certo punto però dovrà tirare una riga e fare i conti con questa stanchezza. Perciò, in attesa di affrontare il tema, confermo che il suo prossimo obiettivo è la Vuelta e non dovrebbero esserci cambi nell’avvicinamento e nella preparazione».
Credevi che sarebbe tornato ai suoi livelli top?
Ne abbiamo parlato molto all’inizio di questa stagione. Gli abbiamo chiesto di descriversi e ci ha parlato del suo anno duro, non certo un anno da ottava meraviglia. Però i test hanno parlato subito di un ottimo recupero e di un ragazzo con la testa da corridore vero. Era dispiaciuto per aver perso il 2021 e la sensazione è stata subito che avesse bisogno di un ambiente come questo. Poi abbiamo cominciato a lavorare. Corsa dopo corsa, tappa dopo tappa, mi sono reso conto che migliorasse costantemente. In più, è stato il solo in squadra a non essersi preso il Covid e ad aver lavorato con continuità dall’inverno, che è stato buono, fino alla Liegi.
Come ti spieghi questo nuovo colpo di pedale così agile?
Se non è stato qualcosa di spontaneo, devo pensare che ci sia arrivato col ragionamento e abbia pensato di dover salvare la gamba. Davvero glielo chiederò. Mi viene il dubbio che neanche lui se ne sia accorto (sorride, ndr).
Hai imparato qualcosa di nuovo su di lui nelle tre settimane del Giro?
Lo conoscevo già bene, avevo solo il dubbio che dopo il 2020 potesse mancargli un po’ di convinzione. Mi ha colpito con quanta determinazione abbia trasformato quella delusione in coraggio. In ammiraglia scherzavamo spesso su cosa servisse per arrivare in rosa a Verona e ha sempre risposto da leader. Sapeva di dover guadagnare.
Ha aspettato il Fedaia per farlo…
Nel momento in cui ha dato tutto, ha trovato il feeling giusto e si è ripagato di tutto il lavoro fatto. A Torino ha assecondato il piano della squadra con una sicurezza nuova.
Credi che Hindley abbia imparato qualcosa di nuovo su… Hindley?
Sì e no. Dopo la Liegi abbiamo parlato di arrivare in Ungheria come leader e lui sapeva di essere pronto per farlo. Restava il dubbio se riuscisse a crescere col passare dei giorni. Parlava da giorni della Marmolada: era il solo posto in cui prendere la maglia rosa. Sapeva di dover cogliere ogni opportunità, ma quella l’aveva cerchiata di rosso. Sapeva che lassù, quel giorno, avrebbe guadagnato tempo.
Secondo Pozzovivo era prevedibile che crescesse così nella terza settimana.
Bello che lo dica un corridore così esperto. Jai ha trovato fiducia e recupero, confermando quel che avevamo visto in ritiro. Abbiamo fatto dei test incrementali e anche se lui non era quello capace di fare gli sforzi più lunghi, nel ripeterli era quello che recuperava meglio. La terza settimana è il suo terreno.
La decisione di attaccare sul Fedaia è stata dettata dalla voglia di non rischiare a crono I passi avanti nella crono ci sono stati: 28° a Budapest, 15° (senza rischiare) a Verona
Cioni non è certo che Hindley avrebbe vinto il Giro se fosse partito con 3 secondi da Carapaz.
Avrei voluto vederlo fare quella crono con i 3 secondi di ritardo. Avrebbe avuto tanto da perdere e di sicuro il ricordo del 2020 quando perse la rosa da Tao Geoghegan Hart sarebbe stato più ingombrante. Sono certo che sia migliorato a crono, ma non si può dire come sarebbe finita nella terza settimana. Per questo abbiamo deciso che avrebbe dovuto attaccare. C’erano tante teorie, ma era meglio guadagnare prima della crono. Quanto al ritardo di Verona da Carapaz, direi che in discesa non ha voluto rischiare nulla. Facendo le curve piano, è arrivato 15°. Se avesse tirato, poteva essere 7°-8°. Non sono affatto sicuro che Carapaz avrebbe fatto meglio.
Alla Vuelta sarà super osservato.
Può fare bene, ma è chiaro che ci saranno delle aspettative e sarà un privilegio lavorare con lui per sostenerle. Tornerà in altura, come dopo il Catalunya. A primavera ebbe la prima settimana in cui era affaticato e ha dovuto recuperare, mentre i compagni erano già brillanti. Poi ha ingranato anche lui. E’ stato il solo caso in cui non si sia adattato bene all’altura, altrimenti ha ottime reazioni. Vediamo come starà dopo le vacanze e valuteremo il suo percorso attraverso l’estate.