Dopo tre giorni a Brunico in una spa con Elena Cecchini, rilassandosi, mangiando e bevendo del buon vino, Elia Viviani è tornato a Monaco. E in attesa che con la prossima si concluda la quarta settimana senza bici, il veronese della Cofidis ha… sbobinato l’ultima stagione, cercando le responsabilità della prima volta senza vittorie da quando è nato.
«Non fare gli europei in pista – dice – è stata una buona idea, avrei avuto più dubbi che altro. Nel 2020 ho fatto 70 giorni di gare. Magari ti viene la voglia di recuperare qualcosa, ma non sarebbe stato intelligente farlo».
Come procede il debriefing?
Ci stiamo confrontando su cosa non è andato, con il team e anche con me. Bisogna essere obiettivi e capire perché non avessi nelle gambe quel che cercavo.
Villa dice che è stata la mancanza dei lavori in pista.
Ci sta che abbia ragione. La regolarità in pista e i lavori ad alto lattato nelle gambe sarebbero serviti. Li abbiamo fatti dopo il Tour, ma ormai era tardi ed è stato un inseguire. Da questo inverno in avanti ci sarà molta più pista nei miei allenamenti. Farò un primo mese su strada, poi inizierò delle sedute di tre giorni a Montichiari.
Per forza fino a Montichiari?
In Francia c’è il velodromo di Hyeres, che però è semi-coperto. Allora, tanto vale andare a Montichiari per tre giorni e poi tornare a casa per lavorare su strada. Farò le cose con semplicità, senza cercare la luna. L’errore quest’anno potrebbe essere stato causato dalla Sanremo.
Vale a dire?
E’ la corsa dei miei sogni. Per vincerla il velocista deve superare bene le salite. In più c’era il percorso del Tour, che anche nelle tappe cosiddette piatte, aveva mille salitelle. Così, anziché andare in pista, ho puntato su Livigno. Mi ha sempre fatto bene. Però probabilmente ho privilegiato resistenza e salita a scapito della brillantezza. Ricordate cosa avevo detto alla ripresa?
Che non erano ammessi errori?
Dissi che chi arrivava alla ripresa un po’ indietro era spacciato. Non credo alla sfortuna o a una stagione maledetta: quelli che hanno vinto sono gli unici ad aver lavorato giusto. A parziale discolpa, c’è il fatto che non ero mai restato così a lungo senza correre e che ho sempre odiato l’indoor cycling, i rulli.
Come è fatta la settimana di Elia fra strada e pista?
Ragioniamo da lunedì a domenica. E siccome la pista è quella in cui si fatica di più, soprattutto a inizio stagione, diciamo che i tre giorni di Montichiari vanno da lunedì a mercoledì. Per cui, viaggiando da Monaco il lunedì mattina, immaginiamo cinque sessioni di lavoro, ogni sessione mezza giornata.
Primo giorno.
Lunedì pomeriggio. Si parte piano, è il ritorno in pista. Si gira dietro moto e poi si fanno tanti sprint lanciati. Di solito ci sono Villa, oppure Fabio Masotti e Diego Bragato. Non bisogna sovraccaricare le gambe. Per cui si usa la bici da corsa a punti.
Secondo giorno.
Martedì mattina. Prima si fa riscaldamento, quello c’è sempre. Poi faccio 20 partenze da fermo, in cinque serie da quattro. Ed è un carico che fa esplodere le gambe. Si fanno in piedi. Da seduto. Per mezzo giro. Per un giro intero. Usiamo la bici del quartetto, con rapporti che inizialmente sono il 60×16-17. E poi aumentando con il 60×14-13-12 che poi sono i rapporti con cui facciamo i lavori di forza.
E il pomeriggio?
Bisogna recuperare e metabolizzare gli sforzi del mattino. Per cui si fa velocizzazione e poi magari lavori con il quartetto per 4-5.000 metri a pedalate da gara, ma con rapporti più agili.
Siamo arrivati a mercoledì.
Si fanno lavori di forza lanciati. Di solito 4-5.000 metri con il 60×12 al 90% del ritmo gara. Mentre il pomeriggio, tenendo conto del fatto che poi dovrò guidare, uso la bici della corsa a punti e faccio una mezz’ora di americana, perché il meccanismo del cambio va comunque allenato.
Tre giorni belli tosti, niente da dire. E il giovedì sei di nuovo a casa?
Ed è un bel giorno di riposo. Si fa al massimo il giro caffè, un paio d’ore. Che poi adesso i bar sono chiusi…
Cosa fai il venerdì?
Tre o quattro ore su strada, aggiungendo 5 volate lanciate nell’ultima ora. Sforzi di 15 secondi e se non c’è la moto da cui lanciarmi, cerco strade che scendono leggermente.
Ecco il weekend. Sabato…
Lavori brevi in salita, tipo le ripetute 40-20 o uno dei tantissimi lavori che si possono fare. Ma visto che la forza l’ho fatta bene in pista, su strada non carico troppo. Tenete conto però che non vado in pista se prima non ho raggiunto un certo livello.
Caro Elia, non resta che la domenica.
In cui faccio cinque ore con un po’ di salite, guardando il panorama. Solo ore e resistenza. Arrivo a sette ore solo se c’è da preparare una classica.
Dopo quanto tempo ti ritrovi nelle gambe i frutti di quei… lavoracci?
Un paio di mesi. Se faccio dicembre e gennaio, me li ritrovo a febbraio-marzo.
Quella brillantezza ti è mancata su strada?
Fa parte della nostra analisi. Puoi fare il picco a 110 pedalate, come a 125 che ovviamente è meglio. Ma se resti in piedi fino a 117 e poi ti siedi, ovvio che qualcosa manca e perdi lo spunto.
Fin qui, dunque, la parte atletica. Ma il file è ancora pesante, per cui vale la pena spezzarlo. Nell’articolo correlato, si parlerà dunque di come siano cambiate le posizioni in sella dai giorni di Rio e delle scelte per la stagione che viene.