Il racconto di Kevin Colleoni sul fatto che Laura Martinelli abbia capovolto le abitudini alimentari della BikeExchange-Jayco in cui è approdata quest’anno non ci ha stupito affatto. La nutrizionista veneta, richiamata dal team manager Brent Copeland con cui aveva lavorato nei primi anni del Team Bahrain-Merida, aveva esattamente questa missione. Mettere ordine. E fare in modo che ciascun atleta possa tirare fuori il meglio da sé anche grazie al miglior regime alimentare.
«Laura ha stravolto tutto – ha detto Colleoni – in senso buono ovviamente. Credo che sarà difficile starci dentro soprattutto per gli australiani. Ha dato un’impostazione più rigida. C’era l’abitudine di un buffet in cui tutti prendevano quel che volevano, adesso ognuno ha il suo pasto in base al consumo calorico, al tipo di corsa, al dispendio energetico. Inizialmente magari è difficile prendere il ritmo, ma sono sicuro che alla lunga darà ottimi risultati».
Area performance
Come ha lavorato Laura Martinelli per arrivare alla sua rivoluzione? E in che modo si lavora per assumere un ruolo così importante in una squadra in cui si è appena arrivati?
«Premettiamo – sorride, perché lei sorride sempre – che non è un ruolo convenzionale, ma nel ciclismo piuttosto moderno. Non esistono ambiti definiti, per cui va interpretato. I primi passi che ho fatto perciò sono state le relazioni con i vari dipartimenti coinvolti nella performance. Medici, sto lavorando sin dall’inizio spalla a spalla con Matteo Beltemacchi. Preparatori. Direttori sportivi. Poi ho cominciato anche a pensare alla logistica dei cuochi, che sono ben cinque, ma per questo ci si interfaccia con l’amministrazione».
Capito tutto, nessuno basta a se stesso e tutti collaborano per lo stesso fine. Così anche il nutrizionista va a incasellarsi nel mosaico: il quadro finale è il miglior ambiente affinché l’atleta possa esprimere il suo potenziale.
Prima dunque bisogna conoscersi?
Ci si presenta di persona, anche per capire le modalità di comunicazione della squadra. Non sono tutte uguali. Ho cercato di capire come erano abituati per entrare nel loro meccanismo. Mi piace partire da quello che c’è già. Si parte da lì e si va ad aggiustare. Non si tira una linea per ricominciare da zero.
Quindi si può anche non cambiare?
Esatto. Se la squadra ha abitudini che funzionano, non servono rivoluzioni. Ci sono molti modi per ottenere lo stesso risultato, bisogna essere elastici e coglierli. Di solito i custodi di queste abitudini sono i massaggiatori. Per cui si parte da loro. Ho avuto poco tempo, ma volevo essere pronta per il primo ritiro.
Poco tempo?
Mi piace iniziare la stagione avendo almeno l’80 per cento dei protocolli pronti. In questo modo, vedendo tutto insieme, abbiamo potuto approvare le strategie di preparazione e di nutrizione, per renderle operative da gennaio. Il grosso del lavoro, il segreto della riuscita sta nella programmazione, cercando di prevedere il più possibile.
Il nutrizionista sta a casa e manda in giro le tabelle?
Per come lavoro io, si tratta di un ruolo sul campo. Bisogna dare indicazioni pratiche che devono essere prese nel modo giusto. Sul campo, stando a contatto con gli atleti e avendo i riscontri di tutti i settori coinvolti, hai modo di rifinire rapidamente il tuo lavoro.
Anche per far passare al meglio i concetti, probabilmente…
Con Brent si lavora bene, ha capito le varie sfaccettature del discorso. Ma in tanti casi è un lavoro non ben compreso, che per molti serve soltanto per tenere il peso forma. Brent è un passo avanti, in questa squadra le richieste spaziano in ogni ambito della nutrizione e della supplementazione. Si torna a pianificare. C’è tantissimo lavoro, pur con l’aiuto dei cuochi.
Abbiamo parlato con Mirko Sut della Trek-Segafredo di come le teorie diventino menù, ma chi è ad esempio che in squadra si preoccupa di fare la spesa?
A parte farla praticamente, sta a me curare i rapporti con i fornitori di prodotti e la loro formulazione, se si tratta di integratori: e qui si sconfina nella chimica farmaceutica. Allo stesso modo mi occupo del lavoro e della logistica dei cuochi. Poi ovviamente c’è il lavoro individuale con i corridori. E siccome questa è l’ultima fase, si capisce perché tutto il resto debba essere anticipato. E non stupitevi se mi troverete a lavorare fino alle due di notte. Soprattutto all’inizio è così.
Parlano della tua rivoluzione, come ti hanno accolto in squadra?
Con un’apertura meravigliosa. Abbiamo cominciato con 12 ore di meeting, abbiamo messo in chiaro tutto quello che si poteva chiarire e ho ricevuto ottimo supporto.
Quindi non c’è solo la nutrizione: fai tutto da sola?
No, per fortuna ci sarà una ragazza che mi darà una mano, Carmen Pérez Ruiz, allo stesso modo in cui alla Bahrain avevo Moschetti che si preoccupava di contattare i vari hotel e di tutta la parte amministrativa. Un aspetto molto positivo di lavorare con Brent è che, fidandosi, mi ha dato carta bianca. Per cui potrò fare i miei programmi nel segno della massima flessibilità, anche per seguire il lavoro a casa. E poi c’è un’altra cosa…
Quale?
Gestirò anche la squadra femminile!
Sorride, la immaginiamo che si rimbocca le maniche e riparte. E’ tanto lavoro, probabilmente ben oltre quello fatto fino allo scorso anno con la Novo Nordisk, ma quando a spingerti è una passione esagerata come la sua, anche quando si è stanchi non si vede l’ora di rimettersi al lavoro. Rivoluzione o no, i corridori sono fortunati ad averla incontrata sulla loro strada. Lei e tutti quelli che, come lei, ci mettono studio e cuore.