CREMA – Siamo all’interno di un velodromo storico del nostro panorama, ovvero il Velodromo Pierino Baffi (padre di Adriano Baffi, ex corridore e ora direttore sportivo alla Lidl-Trek) di Crema. Ristrutturato e rimesso a nuovo, l’anello è da considerare anche una sorta di impianto polifunzionale dedicato alla comunità, non tanto per le attività che si svolgono al suo interno, ma per la promozione e valorizzazione (soprattutto) dell’attività giovanile.
Un anello con base in cemento, un impianto scoperto con un’area verde al centro che può essere adattata in base alle necessità. La pista ha una lunghezza di 329,25 metri. Abbiamo incontrato Graziano Fumarola, presidente del Consorzio di Gestione Pista a Crema, di fatto la società che raggruppa tutte le ASD del territorio ed ha il compito primario di gestire l’impianto.
Il Velodromo Pierino Baffi è in centro cittàIl Velodromo Pierino Baffi è in centro città
Cosa rappresenta il Velodromo Pierino Baffi?
E’ il simbolo dell’interpretazione del valore della comunità, perché il velodromo è un bene di tutti. E’ ovvio che si rivolge principalmente ai ciclisti, o meglio, a quelle società che fanno promozione giovanile nel ciclismo, ma il nostro impianto vive e resta vivo anche grazie ad una serie di iniziative extra ciclismo.
Quando ha ripreso vita?
Così come lo vediamo adesso, a dicembre del 2023. Nel momento immediatamente successivo all’inaugurazione sono iniziate le attività ed i corsi di avviamento allo sport per i giovanissimi.
Graziano Fumarola è il presidente del Consorzio di Gestione Pista a CremaGraziano Fumarola è il presidente del Consorzio di Gestione Pista a Crema
Una struttura versatile, ma c’è un punto di forza che vale la pena sottolineare?
E’ un velodromo dove possono entrare tutte le fasce di utenza. Quando è stato ristrutturato si è voluto mantenere una fascia di riposo, o di respiro, quella arancione, molto ampia e questo fattore permette l’ingresso a tutti. Questo ci permette di portare al suo interno anche i bambini, ovviamente c’è sempre l’occhio attento di tecnici laureati in scienze motorie.
Quindi gli allenatori sono tutti laureati?
Sì ed è una nostra scelta. Non solo, perché anche in questa direzione abbiamo coinvolto una serie di giovani che riescono ad interagire con i bambini, con i ragazzini nel modo adeguato. Non viene denigrato o fatto passare in secondo piano il lavoro svolto da chi ora è in pensione, oppure ha raggiunto una certa età, ma semplicemente viene data l’opportunità anche ai giovani tecnici di crescere. I piccoli corridori di oggi sono i campioni del futuro. I giovani tecnici di oggi sono i tecnici di successo di domani.
Gli atleti del Team Equa, non di rado, si allenano nell’impianto di Crema (foto Fumarola)I tecnici che partecipano alle attività del velodromo sono laureati in scienze motorie (foto Fumarola)Gli atleti del Team Equa, non di rado, si allenano nell’impianto di Crema (foto Fumarola)I tecnici che partecipano alle attività del velodromo sono laureati in scienze motorie (foto Fumarola)
Con quale modalità viene aperto il velodromo?
Il programma di base prevede quattro giorni a settimana di apertura. Tre sono dedicati alle categorie agonistiche, uno ogni settimana è dedicato ai giovanissimi. A questo programma di base si aggiungono gli eventi di promozione ed eventuali aperture straordinarie. Inutile sottolineare che il sogno nel cassetto è quello di riportare l’impianto alle competizioni. Ci stiamo lavorando e penso anche al ciclocross come veicolo di promozione.
La categorie amatoriali e gli utenti comuni possono entrare?
Per ora no, ma stiamo lavorando anche in questa direzione per aprire il velodromo al pubblico comune, seguendo la filosofia di un bene a disposizione della società. Le difficoltà della chiusura attuale verso gli amatori sono legate alle responsabilità in caso di incidente.
In termini di gestione, quale è la parte più complicata da affrontare?
Il velodromo deve vivere, deve essere utilizzato. Ad oggi la parte complicata è la gestione delle responsabilità, la sicurezza e la gestione di eventuali infortuni. Paradossalmente non è la manutenzione, come si potrebbe immaginare.
Il prato al centro è predisposto anche per altre discipline (foto Fumarola)Le zone di ristoro, gli spogliatoi e l’officina sono adiacenti (ma esterni) alla pistaIl prato al centro è predisposto anche per altre discipline (foto Fumarola)Le zone di ristoro, gli spogliatoi e l’officina sono adiacenti (ma esterni) alla pista
Per quanto riguarda i costi?
Non più di tanto, nel senso che abbiamo la fortuna di essere pienamente supportati dall’Amministrazione Comunale. Certamente siamo attenti a far collimare il tutto, ma quando la politica è propositiva, tutto è più semplice, a tutti i livelli. La proposizione dell’amministrazione comunale ci ha permesso di attivare anche una serie di iniziative, una su tutte, dare in gestione il punto di ristoro alla Cooperativa Sociale La Casa del Pellegrino, allargando ancor di più il coinvolgimento giovanile ed il percorso di crescita dei ragazzi.
Gli azzurri si sono mostrati uniti, ma con poche gambe e alla fine gli altri sono andati più forte. I crampi di Bettiol. E la scelta di non correre il Tour
Dal 12 al 16 febbraio si svolgeranno i campionati europei su pista. Uno dei principali motivi d’interesse dell’edizione di quest’anno è il suo teatro, il nuovissimo velodromo di Zolder inaugurato nello scorso giugno. Siamo in Belgio, ma l’impianto è un orgoglio di tutta una regione, il Limburgo, in condominio fra Belgio e Olanda. Tanto è vero che questa è solo la prima di una lunga serie di eventi.
A capo della sua organizzazione c’è una vecchia conoscenza del ciclismo internazionale, Marc Wauters. Professionista per oltre 15 anni con all’attivo anche una tappa del Tour e una Parigi-Tours, dal 2009 diesse della Lotto, Wauters è nativo di Hasselt, nel cuore del Limburgo belga e ha sempre avuto a cuore l’affermazione del suo territorio, vera patria delle due ruote. A lui spetta il compito di fare gli onori di casa parlando di come il velodromo s’inserisce e dà nuovo impulso alla sua tradizione.
Marc Wauters è del 23 febbraio 1969. E’ diesse della Lotto dal 2009 ed è responsabile del velodromo del LimburgoMarc Wauters è del 23 febbraio 1969. E’ diesse della Lotto dal 2009 ed è responsabile del velodromo del Limburgo
Quando è nato il tuo impegno con il velodromo del Limburgo?
Il mio sogno è iniziato nel 2005. Parlo di sogno non a caso. Sono stato un professionista per 16 anni e al via della mia ultima stagione ho partecipato alla prima 6 Giorni. Non avevo mai corso su pista, ricordo che ero accoppiato a Tom Boonen, lui campione del mondo e io campione belga a cronometro. Non avevo mai guidato su pista, mi allenai al mattino e alla sera ero già in gara. Ricordo che quell’impianto dove eravamo mi lasciava perplesso, non c’era neanche uno spazio centrale ricavato, stanze interne per adeguati spogliatoi e così via. Pensai che c’era bisogno di qualcosa di nuovo, diverso. Pensai che c’era bisogno di un velodromo nuovo, uno spazio per i giovani, per il futuro. Meno di due anni fa il sogno ha iniziato a concretizzarsi.
Come lo hai pensato?
Non è stato facile, tanto è vero che il progetto è cambiato almeno tre volte. Dal 2015 abbiamo iniziato a metterci mano, ma non riuscivamo mai a trovare una quadra. Volevamo fare le cose in grande, poi l’Uci ha aperto una porta per il mondiale su pista nel 2028, ancora da assegnare e l’occasione era ghiotta per poter proporre il Limburgo come suo teatro. Quindici mesi fa era tutto pronto, abbiamo apposto gli ultimi ritocchi e inaugurato l’impianto a giugno, poi abbiamo fatto le nostre richieste per grandi eventi a cominciare dai prossimi europei. Deve essere un impianto polifunzionale, tanto è vero che si presta anche agli eventi di Bmx e nel 2027 ospiterà gli europei di questa disciplina. Ha tutti i servizi e può ospitare grandi numeri di spettatori, essendo utile quindi anche per altre manifestazioni come partite di basket e concerti.
L’impianto può ospitare vari eventi, legati non solo al ciclismo o allo sport in genereL’impianto può ospitare vari eventi, legati non solo al ciclismo o allo sport in genere
Come riesci a conciliare questi impegni con quelli con la Lotto?
Io sono il responsabile del ciclismo del circuito, masono anche il direttore sportivo del team. Quindi lavoro a tempo pieno per quasi tutto il tempo. Ho una vita frenetica, questo è certo… Ma con l’impegno si riesce a tenere dietro a tutto, poi lavoro con ottimi staff dei quali mi fido.
Ho letto che sono già previsti più eventi internazionali. State pensando anche ad altre attività come una 6 Giorni e altro per tenerlo impegnato anche d’inverno?
No, per le 6 Giorni, penso che il livello sia troppo alto. Inizierò ora con i campionati europei, poi vedremo. Abbiamo già avuto l’edizione del 2028, poi i mondiali juniores del 2026, gli europei di categoria l’anno successivo insieme alla rassegna di bmx. Puntiamo ai mondiali, vedremo. In Belgio ci sono già cinque 6 Giorni, è un’attività che ha più tradizione nella zona di Gand, lì c’è da oltre 100 anni. Non è facile organizzare una 6 Giorni, oltretutto ci sono pochi specialisti e pochi corridori che investono il loro tempo invernale su pista. Senza considerare l’esborso di denaro, le tante persone necessarie per la sua organizzazione. Il gioco non vale la candela. L’europeo è più semplice, ha risalto, è alla nostra portata per allestire un’edizione di grande livello. Andiamo per gradi, magari tra 10 anni la penserò diversamente e la 6 Giorni sarà fattibile.
In carriera Wauters ha vinto 22 corse, qui il successo ad Anversa nella tappa del Tour del 2001In carriera Wauters ha vinto 22 corse, qui il successo ad Anversa nella tappa del Tour del 2001
La costruzione dell’impianto è legata anche alla volontà di dare nuovo impulso al settore della pista in Belgio?
Sicuramente. Noi abbiamo già impianti in Belgio, un paio, questo è il terzo e deve diventare un centro per la preparazione dei ragazzi. Già ora abbiamo tanta attività, tanti giovani che vengono ad allenarsi qui, su una pista con i crismi olimpici. Abbiamo pensato anche di mettere bici a noleggio, per far abituare i ragazzi alla pratica soprattutto del Bmx perché parte tutto da quello. Da noi ci si può avvicinare al ciclismo a costi molto popolari, è questo uno dei motivi dell’esistenza di questo impianto. Ho una buona sensazione al riguardo.
E’ una pista veloce?
Certamente, abbiamo lavorato molto per questo. Già nei primissimi mesi di attività abbiamo visto la realizzazione di due record nazionali, sul chilometro e nell’inseguimento femminili. Ottenuti su questa pista, il che dimostra che è molto veloce. Io spero che qui si possa realizzare anche un record mondiale.
La pista è già frequentatissima per allenamenti e si è dimostrata molto veloceLa pista è già frequentatissima per allenamenti e si è dimostrata molto veloce
Zolder era una località famosa per gli sport motoristici. Ora, tra il velodromo e la gara di ciclocross, ha cambiato la sua tradizione o La gente locale ama sempre più le auto?
Bella domanda. La società sta cambiando, ma me ne sono accorto già anni fa, quando ancora la Formula Uno era di casa. Uno dei primi atti dopo la fine della mia attività ciclistica è stata la creazione di una scuola di ciclismo, nel 2007, perché se ne sentiva il bisogno. Le nuove generazioni cercavano qualcosa di diverso dalla tradizione motoristica locale. E’ bello vedere ora così tanta gente che viene a pedalare qui e nei dintorni, tra l’altro l’impianto ha le luci ed è aperto anche alla sera, vi organizziamo attività tre volte a settimana. E a volte abbiamo più di 500 ciclisti sulla pista di quattro chilometri intorno all’impianto. Poi c’è il ciclocross. Una discilpina che ha una grande tradizione. Qui il ciclismo ormai è di casa, ha soppiantato la passione per i motori.
La prossima settimana iniziano gli europei: gli spettatori che cosa troveranno?
Per me è una grande occasione e siamo molto emozionati. Spero che la gente della regione qui venga in massa. Per il fine settimana siamo già vicini al sold out, speriamo che venga tanta gente anche negli altri giorni. Anche ai mondiali su strada avviene questo, tutti presenti nel weekend, poi gli altri giorni si riempiono alla fine. Ma i segnali che ci arrivano sono molto positivi e io spero che le prestazioni siano all’altezza. Non nascondo che spero tanto in un primato mondiale, darebbe un’impronta al velodromo.
Zolder è già da anni teatro di una delle principali corse del ciclocross internazionaleZolder è già da anni teatro di una delle principali corse del ciclocross internazionale
Ultima domanda legata alla Lotto: che cosa ti aspetti da questa nuova stagione?
Noi stiamo lavorando soprattutto pensando alle classiche. Abbiamo il campione belga (Arnaud De Lie, ndr), spero che possa far bene su percorsi che gli si adattano. Ha imparato dai suoi errori, penso che possa far meglio dello scorso anno. La nostra è una squadra molto giovane. Dobbiamo lavorare duro per raccogliere più punti possibile e rientrare nel WorldTour. Ci faremo trovare pronti.
Si torna a parlare del velodromo di Spresiano e se ne parla in maniera molto promettente, considerando la necessità sempre più impellente di un nuovo impianto per il ciclismo su pista che possa affiancare Montichiari e che possa soprattutto ospitare grandi eventi. Ma nei piani, l’impianto sarà molto di più e soprattutto sarà molto più utilizzabile rispetto alle iniziali prospettive.
Il nuovo progetto legato all’impianto prevede il suo utilizzo per molti sport, in primis ciclismo e atleticaIl nuovo progetto legato all’impianto prevede il suo utilizzo per molti sport, in primis ciclismo e atletica
Una storia iniziata negli anni Ottanta
Facciamo un passo indietro. Del velodromo trevigiano si parla da molti anni, addirittura dall’inizio degli anni Ottanta, ma in concreto si deve attendere il 1999 quando viene ufficializzato il progetto. Nel 2007 la costruzione dell’impianto entra nella Finanziaria di allora con 27 milioni di euro. Si dovrebbe costruire nell’area della Dogana, ma nel frattempo una cordata con a capo Remo Mosole inizia a proporre Spresiano in alternativa a un’altra proposta relativa a San Vendemiano.
La scelta arriva nel 2014 e Spresiano è la prescelta. Si scatena una battaglia amministrativa, ma la decisione del Consiglio della Fci non cambia. Appalto alla milanese Pessina Costruzioni, i lavori iniziano nel luglio 2018, a settembre la posa della prima pietra alla presenza di Malagò e dell’allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giorgetti. Lavori preventivati in 18 mesi, ma poi arriva la crisi finanziaria dell’azienda e il congelamento dell’opera. Siamo nell’agosto 2019, tutto si ferma e col tempo non se ne parla più.
Marco Della Pietra, sindaco di Spresiano dal 31 maggio 2015, ha preso in mano la vicenda velodromoMarco Della Pietra, sindaco di Spresiano dal 31 maggio 2015, ha preso in mano la vicenda velodromo
Prorpetari dell’impianto fra 70 anni
Qual è allora la novità? In realtà sono tante. A smuovere le acque è direttamente il Comune di Spresiano che s’intesta la realizzazione dell’impianto e va a caccia di fondi. Partendo dai buoni uffici del Sindaco MarcoDella Pietra con il Governo, ottenendo 28 milioni di euro dal Ministero dello Sport. La Regione ha poi stilato un contratto di mutuo con l’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale (ICSC) per un ulteriore investimento che si aggiunge all’altro mutuo chiesto dal Comune. Nel frattempo Mosole ha concesso a titolo gratuito la proprietà del terreno al Comune che diventerà proprietario diretto dell’impianto fra 70 anni.
Da una parte si dovrà rimettere mano a quanto è stato fatto, considerando che sono passati anni, ma dall’altro si tratta di lavorare su un progetto completamente nuovo, che entusiasma lo stesso Della Pietra.
«Inizialmente -spiega – l’impianto doveva essere solo per il ciclismo, invece l’idea è farne un impianto multisportivo, che ad esempio potrà ospitare rassegne internazionali di pattinaggio artistico ma soprattutto l’atletica indoor, un’altra disciplina che ha necessità di un nuovo impianto di grande richiamo. L’impianto potrà ospitare anche sport di squadra come basket, volley, hockey a rotelle, dove però nel territorio ci sono già altri impianti disponibili».
Remo Mosole, storico dirigente trevigiano ha ceduto il terreno a titolo gratuitoRemo Mosole, storico dirigente trevigiano ha ceduto il terreno a titolo gratuito
Un beneficio per il territorio
Il rilancio dell’idea ha trovato terreno fertile nel territorio: «La cittadinanza è decisamente contenta, apprezzando il fatto che il Comune si sia esposto in prima persona e anzi ne abbia fatto un proprio cavallo di battaglia e questo a prescindere dagli schieramenti politici. Noi però non dobbiamo pensare solamente all’impianto di per sé: bisogna costruire anche tutte le infrastrutture, ad esempio la strada che costerà 1,5 milioni di euro per collegare l’impianto, poi abbiamo pensato anche a una palestra da 400 metri quadrati. Si tratta di un grosso investimento, che però abbiamo calcolato sarà ammortizzato in breve tempo dal punto di vista dell’economia locale».
Su questo argomento le idee del Sindaco sono molto chiare: «Spresiano diverrà il centro per grandi eventi, non solo sportivi e quindi poterà tanta gente in città ma anche in tutto il territorio circostante. Ne beneficeranno strutture logistiche, ristoranti, luoghi culturali… Chi vive nel mondo della bici sa che le distanze sono un fattore relativo e quando hai un luogo accentrante come può essere un velodromo ben utilizzato, è tutta la zona, in questo caso la Marca, a poterne godere».
I lavori per la costruzione si sono fermati nel 2019. La ripresa è prevista nella seconda parte del nuovo annoI lavori per la costruzione si sono fermati nel 2019. La ripresa è prevista nella seconda parte del nuovo anno
Ora la palla passa alla Fci
Della Pietra ha già nella testa un calendario fino alla realizzazione del progetto: «Intanto dobbiamo attendere la nomina del presidente della Fci, ma so che un impianto è un bene per il ciclismo italiano e quindi chiunque sarà eletto penso sarà più che favorevole ad appoggiarci. Toccherà alla Federazione indire il bando per l’appalto dei lavori, ma considerato quel che già c’è, io penso che se si parte a settembre, nel 2027 potrebbe esserci la consegna definitiva dell’impianto. L’importante è che la Fci faccia la gara d’appalto nella maniera più corretta, in modo da non avere poi ricorsi. Tra l’altro, ci tengo a sottolinearlo, a questo progetto concorrono Governo e Regione con grande attenzione e la sua realizzazione è completamente al di fuori dei fondi appartenenti al PNRR. I soldi ci sono, ora non resta che spenderli presto e bene».
L'edizione olimpica di Tokyo fu super anche per un velodromo velocissimo. Che condizioni incontreranno gli atleti a Parigi? Scopriamo l'impianto a cinque cerchi
Accanto a Francesco Pancani nel velodromo di Parigi c'era Pierangelo Vignati. Lo conoscete? Gli abbiamo chiesto di riportrci a quei giorni col suo sguardo
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In procinto di partire per le Paralimpiadi, che commenterà su Rai Sport accanto a Stefano Rizzato, Pierangelo Vignati ci riporta con il suo racconto agli eccitanti giorni in pista di Parigi 2024. Li ha vissuto ugualmente in cabina RAI accanto a Francesco Pancani. Vignati, ex atleta emiliano classe 1970, dopo qualche trascorso da atleta normodotato, ha partecipato e vinto l’oro nell’inseguimento individuale alle Paralimpiadi di Sydney del 2000. Il suo reclutamento in RAI risale agli scorsi mondiali di Glasgow. Pancani aveva bisogno di un supporto per commentare il quartetto, gli mise una cuffia e lo mise alla prova. Test superato in modo brillante, al punto da portarlo a Parigi.
Che cosa ha visto Vignati nei giorni della pista? Quali sono stati gli episodi più stimolanti da raccontare? Gli abbiamo proposto di riportarci laggiù e lo abbiamo sommerso di domande. Ecco le sue risposte.
Pancani e Vignati, la coppia RAI per la pista olimpica. Alle Paralimpiadi arriverà Stefano RizzatoPancani e Vignati, la coppia RAI per la pista olimpica. Alle Paralimpiadi arriverà Stefano Rizzato
Pierangelo, come è stato seguire le Olimpiadi in pista? Faticoso, emozionante..
Entrambe. Faticoso perché ti devi preparare e ti devi ricordare le cose. Devi essere anche fortunato di alloggiare nella parte giusta. C’è chi ogni giorno faceva 45 minuti per andare in velodromo, noi con la Rai eravamo a pochi metri e questo ci ha aiutato molto. Con le Paralimpiadi sarà diverso. Saremo in centro a Parigi, quindi lontani dalla pista e anche dai luoghi in cui si correranno le prove su strada, che non saranno gli stessi. E’ stato emozionante, invece, perché è stata la mia prima Olimpiade. Sono stati un’emozione proprio il contesto e il ruolo che mi hanno cucito addosso. Stare accanto a Pancani rende tutto più semplice, ti mette in condizione di dare il 110% senza che te ne renda conto.
Il commento tecnico di una gara su strada può essere lento per lunghi tratti, invece le gare in pista durano poco: quanta concentrazione serve per accorgersi di tutto?
Fa parte anche quello della fatica della pista. E’ quasi come correrla. Nella mia storia, nonostante la mia disabilità dalla nascita, ho avuto la fortuna di correre in pista sia con i normodotati e poi con i paralimpici. In più sono sempre stato uno molto curioso e attento. So perfettamente che quando vai a vedere una madison non la guardi dall’interno della pista, ma da fuori per avere una visione completa, quindi sugli spalti sei in una posizione privilegiata. Certo, non abbiamo citato la caduta dei tedeschi, l’unica cosa che non abbiamo colto, ma il resto l’abbiamo beccato tutto, soprattutto la conta dei giri. Chi fa la madison deve sapere dove si trova, guardare il suo compagno, guardare il tabellone e guardare come si sta sviluppando la gara. E anche lì quando fai una telecronaca, devi guardare queste cose. Devi avere sotto occhio il tabellone, il punteggio e capire dove è il compagno, per capire quando parte lo sprint finale.
Come te la sei cavata?
Sono stato col profilo molto basso dal punto di vista tecnico, perché mi è stato detto di cercare di far capire più che altro come si sviluppavano le gare. Spiegare a chi non le ha mai viste come funziona e come si decidono. Cos’è l’americana, l’omnium, l’inseguimento a squadre. Come funzionano, le dinamiche, tutta la tattica. E devo dire che chi mi ha ascoltato, non essendo del ciclismo, mi ha detto di aver capito. Non è tanto per il complimento, ma sono contento perché abbiamo raccontato tutto in modo chiaro. Pancani e Rizzato sono bravissimi. Stefano è giovane ed è molto computerizzato, ma è veramente una macchina da guerra. Il suo è il nuovo modo di fare giornalismo in tv, è veramente preparato e meticoloso in tutto e per tutto. Pancani è un archivio storico vivente. Ha il suo librone, prende appunti, segna tutto. Sono due diversi tipi di giornalismo, però entrambi ottengono lo stesso risultato in due modi differenti.
E’ il 6 agosto, Ganna, Consonni e Milan completano l’inseguimento a squadre che vale il bronzoMarco Ganne e Flavio Milan, padri ex atleti dei due giganti azzurriE’ il 6 agosto, Ganna, Consonni e Milan completano l’inseguimento a squadre che vale il bronzoMarco Ganne e Flavio Milan, padri ex atleti dei due giganti azzurri
Avevate spesso contatti con il box azzurro?
Per scelta ho lasciato tranquillo Marco Villa. Ho parlato di più con Ivan Quaranta, perché ho corso con lui. Ho cercato di carpire un po’ di informazioni da Diego Bragato, ma da quella parte c’era un silenzio assordante. Villa ha deciso di tenere un velo di segretezza su quello che stavano facendo. Ha fatto una riunione e ha detto che tutte le decisioni sarebbero dovute rimanere riservate.
Vedendoli da lì, si capiva che il quartetto non fosse quello di Tokyo e avesse qualcosina in meno?
Sì. Più che si è capito che gli altri avessero qualcosa di più. Non eravamo gli stessi di Tokyo, però quel bronzo vale quanto l’oro. Ci hanno abituati a vincere e fare il record del mondo, però il bronzo tre anni dopo è una grande conferma. E’ un bronzo che pesa, calcolando anche le dinamiche. Nelle qualifiche non mi sono piaciuti. In semifinale non mi sono piaciuti per nulla, addirittura pensavo che non passassero. C’è stata troppa confusione nel giro e 200 metri di Consonni e secondo me non se lo aspettavano. Invece nella finale del bronzo, anche se Consonni ha fatto la stessa cosa, il quartetto è stato più fluido e si è visto che stava funzionando. Tanto che poi i danesi si sono disgregati. Quando ho visto luce prima del terzo danese, ho capito che era andata. Consonni a quel punto non lo staccavano neanche se gli tiravano una badilata sui denti...
Simone è stato eroico in quel frangente e quando è ripartito dopo la caduta.
E ricordatevi che la madison erano 50 chilometri corsi a più di 60 di media. Alla fine, quando volavano via, era per l’esaurimento delle forze. Sembrava che svenissero, al punto che tutti sapevano che cosa avrebbero fatto i portoghesi e glielo hanno lasciato fare indisturbati. Non ne avevano per provare a tenerli.
Cambio sbagliato, Consonni è caduto, ma riparte con la rabbia in volto. Per Vignati una foto da mostrare ai giovaniCambio sbagliato, Consonni è caduto, ma riparte con la rabbia in volto. Per Vignati una foto da mostrare ai giovani
L’Italia ha pagato la caduta, ma è stata una caduta che abbiamo provocato noi. Se ne è parlato poco.
All’inizio pensavo che si fosse proprio toccato con Elia. Invece poi nel rallenty, ho visto che la caduta è avvenuta proprio durante il cambio. Simone andava troppo piano in quel momento. E poi con i manubri stretti che hanno ora, a volte cambiano tenendo la mano sotto e non sopra (foto di apertura, ndr). La mano sopra permette di avere un controllo più stabile della bici, con la mano sotto rischi di perderla. Questo è un aspetto che va considerato.
In più la caduta c’è stata in una fase piuttosto concitata…
Mancavano 26-27 giri dalla fine e in postazione ci siamo guardati e abbiamo temuto che avessero perso tutto. C’è stato un momento di panico, non si capiva più nulla. C’erano i neozelandesi all’attacco e per fortuna, non so per quale motivo o per quale santo in paradiso, hanno mollato. Se avessero insistito, saremmo arrivati quarti. In quel momento sono partiti i portoghesi che hanno fatto lo sprint e conquistato il giro. Bravi loro. Noi ce la siamo giocata bene.
Visto che faccia Consonni quando è ripartito?
Abbiamo visto tutti la foto, che è bellissima. Bisognerebbe farla vedere ai giovanissimi per spiegare cosa vuol dire la grinta in bicicletta. A quel punto non sapevamo che botta avesse preso e cosa potesse accadere. L’unico errore probabilmente è stato il cambio per l’ultimo sprint. Hanno cambiato troppo tardi, hanno rischiato perché è naturale che la dovesse fare Elia. Forse se avessero cambiato prima, sarebbe rimasto agganciato ai primi e a quel punto avrebbe potuto cercare di vincere l’ultimo sprint.
Il 9 agosto 2024, Guazzini e Consonni sono diventate campionesse olimpiche della madisonIl 9 agosto 2024, Guazzini e Consonni sono diventate campionesse olimpiche della madison
Invece Vignati come ha vissuto l’oro di Guazzini e Consonni?
E’ stato esaltante, la gara perfetta: la dimostrazione che avere coraggio premia. Solo due squadre hanno conquistato il giro: l’Italia e l’Australia. Le nostre sono uscite da sole, hanno conquistato il giro e hanno iniziato a fare poi la gara. Però restava un po’ di dubbio. Adesso cosa succederà? Hanno consumato troppo? Hanno chiesto troppo? Si staccheranno? Capita spesso che vai a prendere il giro e poi non riesci più a stare agganciato. Queste ragazze invece hanno dimostrato un grande coraggio, che poi è stato veramente premiato. Ed è bello perché è una medaglia che valorizza tutto il resto. La spedizione del ciclismo, compreso il Ganna nella crono, torna a casa con un oro, due argenti e un bronzo. Assolutamente un grande bilancio.
Davide Cassani ha seguito il Giro da una moto Rai e ha potuto così osservare gli azzurri per Tokyo. Una lista di 8-9 nomi da cui presto uscirà la squadra
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Ieri sono iniziate le Olimpiadi di Parigi anche su pista, al velodromo di Saint-Quentin-en-Yvelines o Velodromo Nazionale, visto che è la sede della Federazione ciclistica francese. La speranza italiana è concentrata soprattutto sui quartetti, ma non solo ovviamente. Certo è che dopo le prestazioni di Tokyo e il primato mondiale, da Ganna e compagni ci si aspetta moltissimo.
Ma stavolta non parliamo tanto dei ragazzi quanto piuttosto del velodromo stesso. Per grandi prestazioni serve anche un “campo gara” che possa proporre condizioni eccellenti. L’equazione sarebbe sin troppo facile: una pista, un posto al chiuso, uguali prestazioni ripetibili. Un po’ come succede in una piscina… per dire. In realtà non è proprio è così. Ci sono molti fattori esterni. Fattori che riguardano la struttura stessa del “campo” di gara.
Pensiamo per esempio alla super pedana dei salti in lungo e triplo agli Europei di atletica di Roma e ora quella “meno performante” di Parigi. Non sempre un campo di gara standard è poi davvero così uguale.
Il Velodromo di Saint-Quentin-en-Yvelines o Velodromo Nazionale sorge ad Ovest di Parigi. E’ stato costruito nel 2014Il Velodromo di Saint-Quentin-en-Yvelines o Velodromo Nazionale sorge ad Ovest di Parigi. E’ stato costruito nel 2014
Da Tokyo a Parigi
Quindi che prestazione possiamo aspettarci dal Velodromo olimpico? A Tokyo di record ne abbiamo visti molti, uno su tutti: quello del quartetto azzurro con quel memorabile 3’42”032, un primato che in questi anni nessuno ha neanche avvicinato. E’ vero anche che gli studi aerodinamici hanno fatto passi da gigante e oltre alla pista, si è visto quanto il vestiario conti di più, lo stesso vale per i caschi e per le bici. E anche per le preparazioni e alimentazione.
Ma questi sono altri fattori. Concentriamoci sulla pista.
Quali sono quindi le condizioni che rendono veloce una pista piuttosto che un’altra? Le principali sono quattro: la superficie, l’altitudine, la temperatura interna e, sembra assurdo visto che si è al coperto, anche il meteo esterno, pressione e in parte l’umidità.
E’ noto infatti che quanto più bassa è la pressione atmosferica, tanto minore è la densità dell’aria e migliore è la penetrazione nella stessa da parte dei corridori. Solitamente la pressione dell’atmosfera va di pari passo con l’altitudine (più è alta la quota, minore è la colonna d’aria sulla testa, minore è la pressione), ma anche con l’umidità. Un’aria umida è meno densa di quella secca. E infine conta anche la temperatura. Più è alta e meno è densa, posto che poi oltre un certo limite (solitamente i 21-23 gradi) diventa controproducente per il rendimento del corpo umano.
E infatti di solito i velodromi sono tenuti a questa temperatura. Ricordate quanta ricerca ci fu per il Record dell’Ora di Pippo Ganna?
Queste condizioni ambientali erano tutte presenti a Tokyo nel velodromo di Izu, per quella tempesta tropicale che coinvolse il Giappone in quei giorni. A Parigi nei prossimi giorni sia l’umidità che la pressione sono date in aumento. E’ un bene nel primo caso (anche se poi è costante all’interno del velodromo), un male nel secondo.
Curve ad ampio raggio e rettilinei corti: ottimo per il quartettoCurve ad ampio raggio e rettilinei corti: ottimo per il quartetto
Rettilinei corti
L’anello di Saint-Quentin-en-Yvelines è da 250 metri, su legno di abete siberiano. E’ stato costruito nel 2014, ma il parquet è stato rifatto a maggio e questo non è un punto a favore di eventuali record. Il legno vecchio infatti risulta più scorrevole, ma per il Giochi tutto doveva essere alla perfezione.
Dalla Francia assicurano che è comunque velocissimo.
Mentre è un punto a favore la forma dell’anello. I due rettilinei infatti sono relativamente corti e questo consente di mantenere la velocità in modo leggermente più semplice e, nel caso del quartetto, anche la compattezza del treno.
In più nonostante sia un anello “corto” è largo 8 metri, quindi le sponde consentono di salire abbastanza in alto. Tanto per fare un paragone con l’Izu di Tokyo la pista era larga 7,60 metri quindi si poteva salire circa 40 centimetri in meno. Tuttavia è anche vero che l’inclinazione delle curve era di 45°, un grado in più del Saint-Quentin-en-Yvelines che è di 44°. Il raggio di curva è di 23 metri, quindi abbastanza ampio e dovrebbe risultare più fluido per le specialità di endurance e dell’inseguimento a squadre.
Il velodromo francese ha ospitato i mondiali su pista del 2015 e del 2022. Ospita ben 5.000 spettatoriIl velodromo francese ha ospitato i mondiali su pista del 2015 e del 2022. Ospita ben 5.000 spettatori
Pista fluida
Énergies & Services è l’azienda responsabile del velodromo, da anni è a guardia della pista al fine di renderla sempre performante. Ogni mattina vengono controllate la temperatura e l’umidità, prima e dopo ogni corsa. La precisione dello stato del parquet è talmente elevata che la pista viene monitorata costantemente. Inoltre viene eventualmente corretta la regolazione dei cunei tra il terreno e le travi di sostegno, che a seconda dell’essiccazione del legno e delle vibrazioni si muovono, in modo impercettibile, ma si muovono.
Insomma, forse non ci sarà un uragano come a Tokyo a rendere la pressione perfetta, ma gli altri ingredienti ci sono tutti. La pista è scorrevole e gli atleti sono soddisfatti. Chiudiamo con una frase di qualche tempo fa di Gregory Bauge, ex pistard francese e oggi tecnico dei “galletti”, nove volte campione del mondo nella velocità e plurimedagliato olimpico: «Questa pista è un tavolo da biliardo: è ampia e fluida. Su alcuni tracciati si avvertono degli strappi tra i rettilinei e le curve, ma su questo anello niente!».
Villa, nella sua disamina dei mondiali juniores, aveva preso spunto per ribadire come il nostro movimento su pista, nel suo cammino verso Parigi 2024, sconti il fatto di non avere un velodromo disponibile per organizzare gare internazionali. Montichiari grazie a una deroga è a disposizione per gli allenamenti della nazionale, ma questo non basta perché per gli azzurri mancano in questo modo occasioni di confronto.
Le parole del cittì azzurro hanno messo il dito su una piaga molto ampia: qual è la situazione degli impianti in Italia? Di Montichiari si è detto, ma da tempo si parla dei lavori di Spresiano, a un certo punto bloccati e oggetto di forti polemiche. Poi ci sono varie città che a parole si dichiarano disponibili per approntare impianti, ma qual è la realtà? Noi siamo voluti andare direttamente alla fonte per analizzare il problema, trovando disponibilità massima nel presidente della Fci Cordiano Dagnoni, chiamato a dare risposte reali, rifuggendo dal politichese.
L’impianto di Montichiari, sede degli allenamenti della nazionale ma interdetto alle gareL’impianto di Montichiari, sede degli allenamenti della nazionale ma interdetto alle gare
Presidente, partiamo da Montichiari e dalle parole di Villa…
La storia dell’impianto lombardo è nota a tutti, Montichiari paga vicissitudini lontane nel tempo che avevano portato anche al suo sequestro, mettendo in grave difficoltà tutto il settore. Ora è autorizzato il suo utilizzo solo per le varie nazionali, ma dobbiamo muoverci per risolvere la situazione e lo stiamo facendo.
Come?
La Regione Lombardia ha stabilito un importante contributo economico per procedere a lavori di messa a norma, esattamente come avviene per le case, quando bisogna adeguare impianti elettrici, idraulici e quant’altro. Nel nostro caso ci sono adempimenti da fare e si è cominciato con il rifacimento delle balaustre che è già in corso. Il programma di lavori prevede la messa a norma dell’impianto d’illuminazione, antincendio, antisismico, fra 15 giorni inizieranno anche lavori nei locali sottostanti che per fortuna non riguardano l’attività dei ragazzi sulla pista.
C’è una tempistica?
Quando i lavori sopra nominati saranno conclusi dovremo avere la certificazione di prevenzione incendi e con essa, penso che per l’inizio del 2024 potremo accogliere a Montichiari le scuole ciclismo e gli amatori. A seguire dovremmo avere l’autorizzazione alla presenza di pubblico e a quel punto potremo anche organizzare gare. Dico la verità, avrei voluto che tutto ciò fosse anticipato per poter allestire anche l’attività invernale a Montichiari, spero che almeno in conclusione della stagione si possa far qualcosa.
Parte del progetto sulla pista di Spresiano, che potrebbe ospitare fino a 2.500 spettatoriParte del progetto sulla pista di Spresiano, che potrebbe ospitare fino a 2.500 spettatori
Pensa che comunque ci sarà possibilità di allestire qualche evento prima di Parigi 2024?
Io credo che almeno un paio di occasioni ci saranno, chiaramente trovando accordi anche con l’Uci e date compatibili nel calendario, ma io ci terrei anche che i prossimi campionati italiani si possano svolgere a Montichiari, su un impianto completamente a norma e con le caratteristiche utili per testare i ragazzi in vista dei Giochi. Gareggiare all’aperto, su piste in legno non è certo la stessa cosa. Ma c’è anche altro in ballo…
Ossia?
Tramite i fondi del PNRR, avremo a disposizione 3-4 milioni per costruire nelle adiacenze del velodromo una struttura con foresteria, mensa, studio medico. Potremo così avere il primo Centro di Preparazione Olimpica anche per il ciclismo e questo sarà un enorme passo in avanti.
Si parla di far svolgere a Spresiano le gare di pattinaggio dei Giochi Invernali 2026, completando i lavoriSi parla di far svolgere a Spresiano le gare di pattinaggio dei Giochi Invernali 2026, completando i lavori
Qual è la situazione di Spresiano?
Qui andiamo a toccare note dolenti. La situazione economica italiana non induce all’ottimismo. Venendo allo specifico, per completare i lavori servono almeno 15 milioni: il Comune di Spresiano con un enorme sforzo è pronto a garantirne 5, il resto dovrebbe metterlo il Governo. Noi abbiamo avuto rassicurazioni in merito, ma è davanti agli occhi di tutti come si sta procedendo con tagli in ogni campo e abbiamo timore che i tempi si allunghino ulteriormente e di molto.
Il vostro referente presso il Governo, per portare avanti le vostre istanze per un impianto che avrebbe un grande peso specifico, è il Ministro dello Sport Abodi?
Il ministro sa bene la situazione, ma non può fare molto essendo un dicastero senza portafoglio. Le “chiavi” della vicenda in questo caso le ha il Ministro dell’Economia Giorgetti, chiaramente Abodi si è fatto carico delle nostre aspettative ed esigenze, anche perché avere Spresiano sarebbe molto importante proprio nell’ottica di allestire eventi. Montichiari al massimo può ospitare 1.000 spettatori, a Spresiano potrebbero accoglierne già 2.500…
La pista da bmx di Garlate, un esempio che Dagnoni vuole esportare nel Centro-SudLa pista da bmx di Garlate, un esempio che Dagnoni vuole esportare nel Centro-Sud
Ci sono altri progetti in cantiere?
Da quando sono diventato presidente mi sono state proposte molte idee, alcune molto interessanti. Ma dove c’è l’area disponibile non ci sono i fondi, dove ci sono i soldi non c’è lo spazio, magari ci sono gli investitori ma non c’è un progetto adeguato… Con il presidente del Coni Malagò ne abbiamo parlato, l’importanza di avere impianti su pista sarebbe strategica anche per il discorso sicurezza.
Proprio a tal proposito, ok i velodromi, ma che cosa si può fare per fornire ai genitori impianti più a misura di bambino, come bike park di mtb o impianti per la bmx?
Su questo tema ho intenzione di muovermi soprattutto con i presidenti dei comitati regionali, in particolare con quelli al Sud, per trovare spazi e andare a colmare una lacuna, quella degli impianti di Bmx, ormai storica. Sono costruzioni che hanno costi molto contenuti, se si vuole allestire qualcosa per dare sicurezza ai bambini e soprattutto ai genitori, che così potrebbero portarli come si fa con le piscine. Mi viene sempre in mente l’esperienza di Radaelli, campione del mondo junior: si allena a Garlate, dove non c’era la rampa di partenza (che è la parte che costa di più). I responsabili della società hanno costruito una rampa artigianale con riporti di terra ed è stata più che sufficiente. Vediamo quel che si potrà fare, la strada per un ciclismo più sicuro passa anche da qui.
Ecco la nuova 895 Vitesse, un concentrato di velocità pronto a essere domato nei velodromi di tutto il mondo. L’ultima arrivata in casa Look punta in alto e lo fa partendo da ciò che sa fare meglio da 30 anni a questa parte. Utilizzando la fibra di carbonio.
La costruzione monoblocco ad alto modulo è orientata senza mezzi termini verso l’efficienza aerodinamica. Tecnicità e storia si fondono e mettono alla luce uno dei modelli più performanti prodotti dall’azienda francese ad un prezzo contenuto.
Il suo habitat naturale è il parquet della pista grazie anche alle ruote CORIMA WS1 in carbonio Il suo habitat naturale è il parquet della pista grazie anche alle ruote CORIMA WS1 in carbonio
Rigida e veloce
La 895 Vitesse è un vero e proprio bolide. Per la progettazione, l’ispirazione è arrivata dal modello T20 e dalla 875 Madison. In particolare dal primo è stata presa in prestito la forcella e combinata con l’attacco manubrio integrato e rotativo Carbon Track, disponibile in 18 misure diverse (da 55 a 140 mm). Questo particolare infatti consente un montaggio estremamente preciso, indipendentemente dalla posizione e dallo stile di guida del ciclista.
Il movimento centrale BSA da 68 millimetri è rigido per il massimo trasferimento di potenza. A differenza dal modello T20, non presenta la guarnitura ZED. Questo significa che può essere montato con qualsiasi guarnitura da pista sul mercato per la massima versatilità. Le ruote sono le CORIMA WS1in carbonio disponibili nelle misure 32, 47 e 58 mm.
L’attacco manubrio integrato e rotativo Carbon Track si adatta a qualunque stile di guida grazie 18 differenti misure
Il tubo sella è completamente integrato per migliorare ulteriormente le prestazioni aerodinamiche
L’attacco manubrio integrato e rotativo Carbon Track si adatta a qualunque stile di guida grazie 18 differenti misure
Il tubo sella è completamente integrato per migliorare ulteriormente le prestazioni aerodinamiche
Aerodinamica
L’aerodinamica è studiata per estrarre velocità pura da ogni pedalata. Il design aggressivo si sviluppa tramitetubi sovradimensionati e accuratamente profilati per avvolgere la ruota posteriore per ridurre la resistenza al minimo assoluto. Il tubo sella è completamente integrato per migliorare ulteriormente le prestazioni aerodinamiche.
La fibra di carbonio utilizzata è di fascia alta. Il 20% di carbonio HM (alto modulo) viene utilizzato per ottenere la rigidità necessaria per l’uso in pista. Nel complesso, una bici versatile come la895 è il 15% più rigida di un telaio per bici da strada. Il carbonio IM (modulo intermedio 65%) e il carbonio HR (alta resistenza, 15%) completano questa composizione per fornire al telaio una resistenza ottimaanche quando è sottoposto alle peggiori sollecitazioni durante competizioni.
Côte d’Azur è un riferimento alle caratteristiche linee che pennellano il parquet dei velodromi
Pro Team Black Mat è la colorazione ispirata alle grafiche che decorano le bici degli atleti olimpici
Côte d’Azur è un riferimento alle caratteristiche linee che pennellano il parquet dei velodromi
Pro Team Black Mat è la colorazione ispirata alle grafiche che decorano le bici degli atleti olimpici
Omaggio alla pista
I colori per questo modello sono due, Côte d’Azur e Pro Team Black Mat. Il primo è un chiaro omaggio ai colori della pista con il nero di sfondo graffiato dalle linee che caratterizzano i velodromi. Il secondo è l’iconica combinazione a scacchi dei colori Look. Il telaio è disponibile in quattro taglie (XS, S, M e L). Il prezzo è di 3790 euro.
Il velodromo iridato sembra una discoteca. Si accende e si spegne a seconda dei temporali che si alternano agli squarci di sole su Roubaix. E lo stesso vale per i suoi colori. I grandi finestroni fanno da “interruttore” a questo stadio del ciclismo. Nonostante le restrizioni indotte dal Covid (incredibili anche per noi giornalisti, sembra di essere tornati un anno indietro), la gente non manca sugli spalti.
Ogni volta che scende in pista un francese il tifo si esalta. Ieri però ci siamo esaltati noi con Martina Fidanza. La bergamasca ha vinto l’oro nello scratch, la “gara in linea” della pista. Si parte tutte insieme, 15 chilometri e chi arriva prima vince.
Parte lo Scratch femminile, la Fidanza è già davanti alla balaustra, un segno del destino…
Velodromo pieno sin dal le sessioni del mattino
Parte lo Scratch femminile, la Fidanza è già davanti alla balaustra, un segno del destino…
Velodromo pieno sin dal le sessioni del mattino
Fuga da lontano
E come ha vinto, Martina! Fossimo stati su strada potremmo parlare di un attacco solitario a 50 chilometri dal traguardo. E dire che nel clan azzurro avevano tutt’altre idee.
«Vero – ci dice una raffreddata neoiridata – l’idea era di fare e di vivere una gara tranquilla e puntare tutto sulla volata finale, magari anche partendo lunghe per non restare nel caos. Comunque di fare una gara molto più tranquilla a lineare. Poi però a cinque giri dal temine si è aperto un buco e quando sono passata davanti al nostro box Salvoldi mi ha detto di andare. E io l’ho ascoltato.
«Se mi ero accorta del buco? Certo, solo che sapete… cinque giri non sono pochi! Ero un po’ indecisa. Ma dopo la voce di Dino ci ho provato. Ed è andata bene».
In corsa Martina ha sempre gestito con lucidità ogni situazioneIn corsa Martina ha sempre gestito con lucidità ogni situazione
Obiettivo ben calibrato
Ed è stato un trionfo. Per due giri sembrava una scena irreale. Sembrava quasi che dietro ne mancassero venti di giri. Anche le altre sono rimaste sorprese: e adesso? Chi va a chiudere? Si sono dette… Ma è bastato il tempo di fare questi pensieri che Martina ormai era scappata. Bella spianata, compatta, potente sulla sua bici. Forse la migliore Martina di sempre.
«Sì – conferma la Fidanza – credo proprio di sì: la migliore di sempre. Ho avuto davvero delle belle sensazioni in corsa e fuori, soprattutto per questo periodo di fine stagione. Questo era il grande obiettivo dell’anno. Ci abbiamo lavorato molto. Abbiamo lavorato per arrivarci al top e ci siamo riusciti. Anche se adesso ho un po’ di raffreddore. Mi è arrivato questa notte. Già ieri mattina sentivo un po’ di mal di gola, ma è andata bene. Comunque non fa niente. L’importante è tenere duro fino a stasera.
«Com’è stato il feeling con la pista? All’inizio non un granché. Questo anello ha rettilinei molto lunghi e curve strette rispetto alle altre piste. E – aggiunge dopo una breve pausa – non è il massimo per i quartetti».
Martina taglia il traguardo esultando. Alle sue spalle l’olandese Van der Duin e l’americana ValenteMartina taglia il traguardo esultando. Alle sue spalle l’olandese Van der Duin e l’americana Valente
Verso il quartetto
Quartetti: eh già perché non è finita affatto. Tra poche, pochissime ore, la Fidanza tornerà sul parquet francese per la finale dell’inseguimento a squadre. Ed è lecito attendersi ancora qualcosa d’importante. Un quartetto che comincia a diventare di peso internazionale. C’è anche la Balsamo (e dovrebbero esserci la Consonni e la Alzini, la Paternoster ha l’eliminazione in serata). E se è vero che i nomi contano quasi come le gambe…
Martina tuttavia è super serena. «Ah sì, sì – ride – dopo un oro mondiale sono tranquillissima e rilassata! Ma darò il massimo. In ogni caso sarà un quartetto particolare con questa pista. Ci abbiamo messo un po’ per abituarci, soprattutto con i cambi. In qualche modo vanno anticipati, non devi andare troppo in alto e il cambio stesso deve essere invece un po’ più ampio (come a dire più lungo, ndr)».
Noi però ancora abbiamo la testa a ieri. Al momento in cui Martina Fidanza accelera, le altre si guardano e il buco si apre. Un capolavoro tecnico-tattico. E ancora oggi qui in velodromo si parla solo quell’istate. Anche i colleghi stranieri, cidanno una pacca sulle spalle e ci ricordano di ieri: «Che brava Martina!». E i francesi hanno applaudito, anche se non era una delle loro…