Uc Monaco, crogiuolo di corridori da tutta Europa

19.12.2022
5 min
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Montecarlo non è solo la residenza di molti dei più affermati professionisti, dal punto di vista ciclistico il Principato si sta mettendo in luce anche attraverso una società giovanile, l’Uc Monaco che agisce nel campo delle formazioni juniores e under 23 e che in questo contesto ha affrontato tutte le principali gare del calendario Uci. In questo caso non sono tanto i risultati a spiccare, seppur interessanti nel massimo contesto internazionale, quanto l’esperienza in sé per ragazzi in via di maturazione, ciclistica, ma soprattutto umana.

La prima cosa che salta agli occhi è che nel team non c’è alcun ragazzo monegasco e un solo francese, Jacques Robbins. In compenso ci sono due italiani in un contesto che più internazionale non si può, con 11 corridori di ben 8 nazioni differenti. Se Simone Alassio è un nuovo acquisto, Tommaso Tessiore è al suo secondo anno e attraverso di lui entriamo in casa dell’Uc Monaco scoprendo una realtà molto interessante.

Quel che colpisce è che siamo di fronte a una sorta di piccola comune multietnica, dove i ragazzi sono chiamati alla completa autogestione: «Viviamo insieme in appartamenti con gruppi da 3 o 4. Facciamo colazione insieme, poi si esce per l’allenamento, individuale o di gruppo in base a quel che si deve fare, nel pomeriggio si studia e si fanno le faccende domestiche, rispettando sempre i turni. Magari chi ha avuto sedute di allenamento pesanti viene sostituito e recupererà il suo turno a favore di un compagno».

Tommaso Tessiore è nato il 19 gennaio 2003 a Ivrea. E’ al suo secondo anno a Monaco
Tommaso Tessiore è nato il 19 gennaio 2003 a Ivrea. E’ al suo secondo anno a Monaco
Sembra una sorta di Grande Fratello in piccolo, senza però nomination…

Per certi versi è così, ma quel che conta è che davvero viviamo insieme, cementiamo la nostra unione nella vita quotidiana e questo si riverbera nelle gare, dove corriamo veramente come una squadra, aiutando chi quel giorno ha la gamba o le caratteristiche per ottenere un risultato. Credo che sia questo il privilegio maggiore, l’insegnamento che stiamo apprendendo in questa bellissima esperienza. Inoltre è favoloso condividere culture e idiomi diversi, è qualcosa che ti fa crescere. Nel giorno di riposo magari si esce tutti insieme anche solo per un caffè al bar, ma ha un valore di socialità enorme.

Come sei arrivato a loro?

Io correvo nella società della mia famiglia, la Cicli Tessiore di Ivrea. Avendo qualche buon risultato al primo anno junior, sono arrivato al team monegasco tramite contatti. Purtroppo la mia prima stagione non è stata molto fortunata, una frattura e un virus hanno inficiato un po’ i risultati, ma dal punto di vista ciclistico credo di essere migliorato tanto.

Il team monegasco con la nazionale ucraina. Il legame fra loro è molto forte
Il team monegasco con la nazionale ucraina. Il legame fra loro è molto forte
Dove siete posizionati con i vostri appartamenti?

Siamo un po’ fuori Monaco, a una decina di chilometri, ma è già territorio francese. Per essere in città abbiamo 10 chilometri in discesa che sono sempre un bell’allenamento, tecnico quando si va e di forza quando si torna. Il bello comunque è che da queste parti si trovano sempre tracciati diversi e questo è utilissimo per tutti i lavori che bisogna fare. A me piace anche il fatto che l’Italia sia a breve distanza, ogni tanto mi piace tornare verso casa, scambiare due parole in italiano.

C’è qualcuno tra di voi che spicca maggiormente per risultati?

Diciamo che siamo tutti abbastanza livellati, il migliore probabilmente è Maksym Bilyi, campione ucraino U23 nel 2021. Quest’anno non ha potuto difendere il titolo per le note vicende, viene da Mykolaiv e la guerra anche se da lontano l’ha molto toccato.

Come sono i rapporti con i vostri direttori sportivi?

Loro vengono un paio di volte a settimana, per seguirci nei nostri allenamenti lunghi e portarci la spesa settimanale (anche questo fa un po’ Grande Fratello…). Poi ci danno le indicazioni per le gare da fare ed è sempre un calendario molto impegnativo. Magari non abbiamo ancora ottenuto grandi risultati, ma correre le gare più competitive e qualificate è la maniera migliore per crescere.

Simone Alassio, nato il 25 marzo 2004. Il suo miglior risultato è stato il 2° posto a Givoletto nel 2021
Simone Alassio, nato il 25 marzo 2004. Il suo miglior risultato è stato il 2° posto a Givoletto nel 2021

Alassio: lo studio e l’avventura

Dal 2023 in squadra ci sarà un altro italiano, Simone Alassio, proveniente da un piccolo paese dell’entroterra imperiese. La sua esperienza sarà però un po’ diversa da quella di Tessiore, almeno inizialmente: «Devo completare il mio ciclo di studi, a giugno avrò gli esami di maturità da geometra e siamo d’accordo con il team che fino ad allora rimarrò a casa per studiare, poi d’estate sarò più presente e magari mi trasferirò».

Tu come sei arrivato al team monegasco?

E’ stato il mio allenatore alla Ciclistica Bordighera a convincermi a fare quest’esperienza dopo aver preso contatti con il team. Ho firmato per due anni proprio perché voglio provarci fino in fondo, ma dopo aver raggiunto il traguardo del diploma scolastico, poi mi concentrerò sul ciclismo.

Alassio con la maglia ligure al Lunigiana 2021. Un’esperienza conclusa purtroppo anzitempo
Alassio con la maglia ligure al Lunigiana 2021. Un’esperienza conclusa purtroppo anzitempo
Che tipo di corridore sei?

Penso di essere abbastanza completo, ma con ampi margini di miglioramento. Mi piacciono i percorsi mossi e credo di poter crescere con l’aumentare dei chilometri. Quest’anno ho fatto molti piazzamenti dall’11° al 20° posto, diciamo che mi è mancata la punta di rendimento, ma considerando che ho preso anche il covid posso dirmi soddisfatto.

Il passaggio all’Uc Monaco rappresenta un salto importante, sei preoccupato?

Da un lato forse sì, perché so che saranno tutte gare di altissimo valore, ma dall’altro è anche uno stimolo, ho sempre sognato di poter correre gare internazionali. Questa è una grande opportunità per fare nuove esperienze e crescere, andare fuori dall’Italia credo che sarà davvero un bene. Nel periodo di Natale affronterò il primo breve ritiro con i nuovi compagni di squadra, avrò modo di conoscerli e non vedo l’ora…

Nasce una squadra ucraina: la sua storia da raccontare

03.12.2022
4 min
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Da una tragedia può nascere una cosa buona. La tragedia è la guerra in Ucraina, la cosa buona è la squadra che sta prendendo vita. Una squadra, la Ukraine Cycling Academy, di ragazzi ucraini che sono già da noi in Italia, più precisamente sulle sponde del Lago d’Iseo. Pedalare, essere corridori… possono continuare a sperare. E possono farlo grazie anche all’aiuto di Yan Pastuschenko.

Yan non è poi così più grande di loro ed è un biker professionista. Vestiva i colori della Cicli Taddei e passerà allo ZeroZero Team. E’ lui uno dei tre factotum di questo team: allenamenti, logistica, ricerca degli sponsor…

Yan, raccontaci di questo progetto. Come nasce?

Il tutto nasce da una vecchia squadra continental ucraina, la Eurocar Grawe Ukraine che per i motivi che conosciamo, la guerra, è sparita. Gli sponsor si sono tirati indietro. In Ucraina poi non c’è più un giro per certe iniziative. Nell’ultimo anno abbiamo portato quei corridori in Italia e aggiunto forze nuove.

Dove vi trovate?

In Lombardia e più precisamente ad Iseo. Siamo qui da sette mesi. Abbiamo portato fuori dai confini ucraini diversi ragazzi. Stiamo in una casa, ma ne stiamo cercando una più grande. Stiamo cercando di partire, ma non è facile. Stiamo cercando degli sponsor, del sostegno. Per ora ci hanno dato una mano Limar, FSA-Vision, Nalini, ProAction. Stiamo comprando 14 bici da Cicli Bettoni, un negozio di Lovere, nel bergamasco. Alfio Bettoni, il direttore di questo negozio, aveva delle bici a noleggio. Queste bici gli stanno rientrando. Ci fa un super prezzo e le prendiamo. Prendiamo ciò che possiamo.

Qual è il vostro scopo?

Far uscire dall’Ucraina più corridori possibile, per salvarli prima di tutto. Poi per allenarli, farli crescere e fargli fare delle esperienze all’estero. In tal senso anche l’UCI ci sta aiutando. Per esempio ci ha dato le ammiraglie. Ammiraglie svizzere.

L’UCI?

Sì, di fatto noi siamo la nazionale ucraina. Ma siamo anche una squadra di club, così da poterci mettere degli sponsor. In Italia correremo come squadra, all’estero come nazionale ucraina. L’UCI è d’accordo. 

I ragazzi durante una delle loro camminate in montagna
I ragazzi durante una delle loro camminate in montagna
Qual è il tuo ruolo? Sei il team manager?

Diciamo di sì. Ho 26 anni, sono un biker professionista. Io vivo in Toscana. A portare avanti la squadra siamo in tre: un meccanico, il presidente ed io. Di più non saremmo in grado. 

E come fai a seguirli se sei in Toscana?

Eh, non è facile. Infatti faccio la spola. Vado su 3-4 giorni. Li seguo, poi torno giù e dopo qualche giorno riparto. Gli do una mano per gli allenamenti, camminate in montagna, palestra, logistica… Non è facile stare in casa. Questi ragazzi dormono, mangiano, pedalano, ma hanno le famiglie, le fidanzate a casa e sono isolati, staccati da loro.

Yan, sei giovanissimo, come mai ti sei ritrovato in questa storia e ricopri un ruolo così importante?

Perché qualche tempo fa mi chiamò Oleksiy Kasyanov, l’attuale presidente. Lui è stato un buon corridore, ha corso anche in Italia e in Cina. Sapendo che ero in Italia, mi ha chiesto un piccolo aiuto, ma io gli ho detto che avrei potuto fare qualcosa di più. Allora lui mi ha detto: «Okay, ma io non posso pagarti!». Ho risposto che non faceva nulla. Qui c’è da aiutare altri ragazzi.

La maglia del team da cui il gruppo trae origine (foto Miche)
La maglia del team da cui il gruppo trae origine (foto Miche)
Però per avere dei rapporti con l’UCI qualcuno vi avrà anche aiutato. Magari la vostra Federazione…

Noi siamo in stretti rapporti con Andrey Grivko, che è il presidente della Federazione ciclistica ucraina. Lui non figura in nessuna carta, lavora in ombra, ma ci sentiamo tutte le sere. Siamo sempre al telefono. Andrey ci aiuta tanto, ma lui… non altri. Perché il Ministero dello sport ucraino non è proprio limpidissimo, diciamo così. Da loro non è arrivato un rimborso, un sostegno. Grivko è andato all’UCI, gli ha raccontato del nostro progetto e dei nostri piani e l’UCI ha deciso di aiutarci. Con le ammiraglie, come abbiamo visto, ma anche con i test ai corridori, con il poter correre all’estero, con l’ospitarci nella loro sede di tanto in tanto.

Che squadra dunque state cercando di allestire?

Di fatto sono due squadre: una juniores e una under 23. Quella juniores per adesso conta otto ragazzi, ma a breve dovrebbero arrivarne una decina dall’Ucraina. Mentre gli under 23 sono sei. Ma vorremmo aggiungere anche qualche italiano, pensiamo cinque ragazzi: un po’ perché siamo in Italia e un po’ perché senza italiani non vai troppo lontano.

Ci sono anche alcuni dei ragazzi che erano a L’Aquila?

Sì, per ora due. Ma magari ne arriveranno altri da lì.

Che dire Yan, un grosso in bocca al lupo a tutti voi!

Crepi il lupo. Noi ce la metteremo tutta e se qualcuno volesse aiutarci… è il benvenuto!

Callegarin in Ucraina, diario di un viaggio nell’anima

05.04.2022
8 min
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Un post su Facebook il 3 aprile, quasi a mezzanotte, mentre eravamo ancora ebbri del Fiandre. Scrive Daniele Callegarin, ex corridore e da sei anni autista del pullman Vittoria, presenza fissa in nazionale e capace spesso di parole magiche.

«Il bene si fa ma non si dice. E certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca. Non scriverò quindi dei circa tremilatrecento chilometri percorsi in tre giorni, dei trecentotrentanove pacchi contenenti aiuti umanitari, medicinali, farmaci consegnati in terra di guerra, delle tre donne con i relativi figli accompagnate in strutture in Italia. Ma scriverò del weekend in cui ci sarebbe dovuto esser stato il compleanno di Alyce & Grace e che invece il regalo lo hanno fatto loro a me. Permettere tutto questo».

Il carico è completo. Il viaggio è nato coinvolgendo varie associazioni. Callegarin è il quinto da sinistra
Il carico è completo, si può partire. Callegarin è il quinto da sinistra

Una telefonata all’improvviso

Like e commenti, poi la sensazione che servisse altro. Un racconto, ecco cosa. Perché certe storie ti si attaccano addosso e per fortuna non riesci a soffiarle via. E forse perché l’immagine del pullman Vittoria sulla strada per Leopoli dà un’altra concretezza a quel continuo viaggiare. “Calle” risponde e a distanza di giorni ha la voce che ancora trema.

«Ero alla Tre Valli di mountain bike sabato mattina – dice – quando mi ha chiamato Diega Tosatto, del marketing Vittoria. L’azienda voleva fare di più rispetto alla raccolta fondi e ha lanciato la sfida di usare i mezzi del Servizio Corse. Appena ho ricevuto la sua chiamata, ingenuamente o forse egoisticamente, ho subito detto di sì. Senza neppure chiedere a mia moglie Jasmine. L’ho vissuto come la possibilità di fare qualcosa di concreto».

Alla spedizione hanno partecipato anche Andrea Valesini dell’Eco di Bergamo, Diega Tosatto e Marina, interprete ucraina
C’erano anche Andrea Valesini dell’Eco di Bergamo, Diega Tosatto e Marina, interprete ucraina

L’operazione Leopoli

In sintesi. Vittoria si è mobilitata per l’Ucraina, cambiando anche i colori del logo. Ma non basta. L’amministratore delegato Stijn Vriends vuole fare di più ed è così che la sfida viene raccolta. Elena Novikova, ultracyclist che è stata ambassador dell’azienda, ha raccolto 30 scatole di farmaci da far arrivare al velodromo di Kiev. Si contattano varie associazioni: l’obiettivo è raggiungere Leopoli, facendolo in sicurezza e senza peccare di presunzione. Poi anche garantire un futuro alle persone che arriveranno in Italia.

Si va con il pullman. Quello che ha fatto mondiali ed europei con la nazionale e che alla Coppi e Bartali è stato dato in uso al Team DSM. Quel «cazzo di pullman», come lo chiamano in azienda, perché è vecchio, grosso, consuma tanto e sta sempre in mezzo.

Ma torniamo da Callegarin, cercando di non commuoverci quando la sua voce inciamperà nelle parole. La sensazione, poi confermata dai fatti, è che capiterà spesso…

Hai detto subito di sì, perché?

Mi portavo addosso da anni un carico emotivo notevole e questa forse è la prima volta che posso esprimerlo. Quando sono nate Alyce e Grace, c’è stata una persona che ha fatto la scelta di salvare Grace e ha cercato di rianimarla nonostante non avesse il battito e fosse clinicamente morta. E’ rimasta per 20 minuti senza ossigeno e battito, eppure quel medico scelse di provarci e oggi Grace sta benissimo. Non è attaccata a macchinari, gioca, salta e ci insegna a vivere e sorridere (la voce si strozza, ndr). Per questo mi sono sentito di restituire in maniera concreta quell’aiuto. Io so solo guidare un pullman, non sono un dottore, ma quello che abbiamo fatto mi ha reso contento.

Ugualmente un bel rischio…

Sono state le azioni di persone responsabili, senza che nulla sia stato improvvisato. Stavamo andando in territorio di guerra a scoprire che le cose che vediamo ogni giorno nei telegiornali ci sono davvero. Sapevamo del rischio, ma eravamo tutti felici di poter salvare anche solo una vita. Alla fine abbiamo riportato indietro tre donne e cinque bambini. Una bambina si è fermata a Padova dove riceverà le cure per la sua malattia. La madre ha detto una frase toccante: «La guerra si è trasformata in qualcosa di stupendo». Se fosse rimasta là, non avrebbe ricevuto le cure necessarie. E’ stata una frase forte e inaspettata.

L’adesivo dice che il pullman trasporta aiuti umanitari: per passare la frontiera è necessario
L’adesivo dice che il pullman trasporta aiuti umanitari: per passare la frontiera è necessario
Perciò, sabato la telefonata e poi?

Siamo partiti il mercoledì, facendo raccolta di materiali in tre punti diversi. A Milano abbiamo preso 349 pacchi di aiuti umanitari. Poi i 30 pacchi di medicinali raccolti dalla Novikova per Kiev. Infine a Montebelluna abbiamo preso 3.000 euro in aiuti raccolti da un’altra associazione vicina a Diega. Un viaggio complicato, perché usavamo un mezzo aziendale, perché l’Ucraina ha leggi diverse che in periodo di guerra sono più stringenti. E perché con il pullman cambiano le regole doganali. Complicato e pericoloso. Il primo ritrovo a Gorizia, da cui saremmo partiti la mattina dopo.

C’eravate solo voi con il vostro pullman?

Siamo andati con la carovana organizzata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Abbiamo viaggiato tutto il venerdì fino al confine tra Polonia e Ucraina e la mattina dopo, alle 4 eravamo già in dogana, ma siamo passati alle 9, dopo cinque ore.

Foto della partenza verso l’Ucraina. Il momento merita una foto. In qualche modo si fa la storia
Foto della partenza verso l’Ucraina. Il momento merita una foto. In qualche modo si fa la storia
Che scenari hai trovato?

Gelidi. Già il meteo lassù è duro. Siamo stati per un’ora giù dal pullman per i controlli e ci tremavano le gambe dal freddo. Addirittura in certi momenti nevicava. Si percepiva la tensione, sembrava davvero di essere in un film. E poi c’erano i checkpoint, fatti dalla gente comune con ogni mezzo possibile. Mitragliatori e cavalli di frisia. Alla dogana avevano il kalashnikov, non come in aeroporto che al massimo hanno una pistola o la trasmittente. Emotivamente è stato davvero tosto. Pensi: allora i kalashnikov esistono davvero! Siamo entrati alle 9 del mattino e ne siamo usciti all’una di notte. Non volevamo prendere nessun rischio più del dovuto.

Avete scaricato tutto?

Elena Novikova ha fatto arrivare una persona di fiducia, che ha caricato i farmaci ed è partita verso Kiev: 600 chilometri. I pacchi di Montebelluna li abbiamo affidati a un autotrasportatore. Il resto l’abbiamo scaricato a Leopoli.

Con Callegarin, Diega Tosatto e l’interprete c’è anche Francesco Villa: missione compiuta, si può ripartire
Con Callegarin, Diega Tosatto e l’interprete c’è anche Francesco Villa: missione compiuta, si può ripartire
Che esperienza è stata?

Non mi ha tolto niente, ma in compenso mi ha dato tanto. Il più ricco alla fine sono stato io. Questo non vuol dire che tutti adesso debbano andare, ma mi rendo conto che è come il principio di Archimede. Più fai e più ti torna indietro. Più spingi verso il basso e più ti torna fuori. Non voglio sembrare un eroe, ma ho avuto questa opportunità e l’ho colta.

Hai davvero accettato senza dire nulla a tua moglie?

Mi rendo conto di aver sposato una donna eccezionale. Abbiamo un grado di comprensione e vicinanza che mi permette di prendere queste decisioni. Parliamo la stessa lingua, quella del ciclismo. Altrimenti già il lavoro che faccio sarebbe difficile da sopportare. Torno a casa sempre stanco e pronto per un’altra valigia. A tutti noi piace viaggiare, ma quando rientriamo siamo sfiniti e mai presenti totalmente (si ferma, sta piangendo, ndr).

Arrivati a Leopoli, si scaricano i medicinali di Elena Novikova, che ripartono per Kiev
Arrivati a Leopoli, si scaricano i medicinali di Elena Novikova, che ripartono per Kiev
Calle, piantala…

Eh, ma io sono così. Da fuori si conosce il “Calle”, ma sotto c’è anche Daniele. E in questo viaggio sono riuscito a tirarlo fuori. Jasmine aveva già organizzato la festa per il compleanno delle bambine e il fatto di lasciarmi andare l’ho visto come il loro regalo per me. Ma non è tutta farina del mio sacco, dietro c’è un’organizzazione che merita tanti più riconoscimenti. Non ero solo su quel pullman. C’era Francesco Villa, lo conoscete…

Altro storico autista di quel pullman.

Ce lo ha portato lui in Vittoria, era la migliore persona che potesse venire. Quando Diega ha chiesto che avessimo la seconda guida, ho subito pensato a lui e Cecco ha accettato subito. Poi c’era Diega, appunto, un redattore dell’Eco di Bergamo e Andrea, un Dottore del Sorriso che lavora con i bambini ed è stato utile lungo i 1.600 chilometri del rientro. Sono state 20 ore di viaggio. E quando la sera siamo rientrati in Vittoria, ci sono stati molti abbracci e molte lacrime. Ho accompagnato i campioni. Su quel pullman c’è stato Ganna quando ha vinto i suoi mondiali, abbiamo vinto cinque europei su sei che sono stati disputati. Ci sono stati tanti personaggi di spicco ed è bello quando si lavora tutti per un obiettivo e si vince. Ma fra tutte le trasferte che ho fatto, questa per me è stata la più bella. Mi riempie di orgoglio che lo abbiamo fatto con «quel cazzo di pullman».

Per il ritorno sul pullman Vittoria viaggiano anche tre mamme e i loro bambini
E per il ritorno sul pullman Vittoria viaggiano anche tre mamme e i loro bambini
Lo chiamano davvero così?

Praticamente tutti. Perché è ingombrante e fa fumo. Ma io a quel pullman devo tutto. Grazie a lui mi hanno assunto, ho potuto prendere un mutuo, comprare la casa e poi sono venute Alyce e Grace. Mi inorgoglisce che sia stato capace di fare quel viaggio, come il vecchio cavallo con la testa bassa accanto al suo cowboy. Ora è entrato in un’altra dimensione.

Una fortuna aver letto quel post, una fortuna che ci siano in giro persone così e aziende che nei momenti opportuni mostrino anche la giusta compassione. Un’altra valigia nel frattempo è già pronta, il prossimo impegno di Daniele sarà il Tour of the Alps, poi Tour de Romandie, la Coppa del mondo di Mtb in Germania poi quella in Repubblica Ceca e via andare. Ma siamo certi che questi ricordi gli resteranno per sempre cuciti nell’anima.

Vittoria in prima fila per il popolo ucraino

29.03.2022
3 min
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Da oltre un mese la guerra è tornata prepotentemente nelle nostre vite, riportando indietro l’orologio della storia al secolo scorso. Le immagini di distruzione e sofferenza che arrivano dall’Ucraina sembrano appartenere ad un periodo che ritenevamo ormai lontano dalla nostra quotidianità. Associazioni umanitarie, ma anche singoli individui, si sono mobilitati fin da subito per cercare di portare un aiuto alla popolazione ucraina così duramente colpita. Anche nel mondo del ciclismo c’è chi ha deciso di attivarsi per fare qualcosa di concreto. Stiamo parlando di Vittoria Group, uno dei principali produttori al mondo di pneumatici alto di gamma per biciclette.

Il pullman, le ammiraglie e le biciclette (messe in palio) di Vittoria Group, che siamo abituati a vedere alle corse
Il pullman, le ammiraglie e le biciclette messe in palio da Vittoria Group

I dipendenti primi donatori

In una fase così delicata servono aiuti tangibili e soprattutto immediati. Per questo motivo l’azienda di Brembate in provincia di Bergamo ha lanciato al suo interno una “raccolta ore”, con lo scopo di aiutare la popolazione ucraina martoriata dalla guerra. Tutti i dipendenti del Gruppo Vittoria hanno così devoluto ore del proprio lavoro in beneficienza. Per massimizzare l’impatto dell’iniziativa, l’azienda ha deciso di versare il doppio di quanto devoluto da ogni dipendente. Si è così arrivati nel mese di marzo a complessive 500 ore di lavoro il cui equivalente in denaro sarà devoluto ad enti benefici operativi in Ucraina.

In aggiunta all’iniziativa della raccolta ore, Vittoria sta già programmando altre attività con lo scopo di raccogliere fondi e portare aiuto in modo sempre più concreto.

Un’altra collaborazione importante è quella fatta con 3T per una bici dedicata all’Ucraina
Un’altra collaborazione importante è quella fatta con 3T per una bici dedicata all’Ucraina

Altre iniziative importanti

Il Gruppo Vittoria non si è però fermato all’iniziativa promossa in stretta sinergia con i propri dipendenti. Fin da subito ha deciso di cambiare il logo del proprio marchio sui social media con i colori della bandiera ucraina. Oltre a questo gesto simbolico, sono state intraprese ulteriori iniziative per dimostrare vicinanza e supporto alla popolazione ucraina.

Una di queste è la collaborazione con l’azienda 3T per la fornitura di una versione speciale di pneumatici gravel Vittoria Terreno Dry, personalizzati con i colori della bandiera ucraina. Questi saranno montati su una bicicletta in edizione speciale 3T dedicata all’Ucraina. Si tratta del modello Exploro RaceMax. I proventi della vendita di questa bicicletta, unica e in tiratura limitata, saranno completamente devoluti a favore del popolo ucraino

Stijn Vriends, Presidente e CEO di Vittoria Group
Stijn Vriends, Presidente e CEO di Vittoria Group

Le bici del servizio corse

Dei giorni scorsi è una nuova iniziativa che questa volte coinvolge il Servizio Corse Vittoria, la squadra di meccanici che fornisce assistenza tecnica neutrale ai corridori nelle principali competizioni ciclistiche in tutto il mondo. L’azienda ha deciso di mettere in palio 3 delle sue biciclette. Si tratta di Pinarello Dogma K 65.1 con telaio in carbonio, equipaggiate con gruppo Shimano Ultegra 11 velocità, ruote Qurano 46 in carbonio e tubolari Corsa in cotone. Le biciclette sono disponibili rispettivamente in taglia 51, 54 e 55. I proventi della raccolta fondi saranno devoluti alla onlus bergamasca Soleterre.

Stijn Vriends, Presidente e CEO di Vittoria Group ha sintetizzato con queste parole le tante iniziative messe in atto dalla propria azienda in favore della popolazione ucraina: «In Vittoria – ha detto – crediamo nella forza della libertà. Ora più che mai, sentiamo l’esigenza di difendere questo diritto fondamentale. Continueremo a fare sentire la nostra voce: Ride bikes, not tanks!». Guidate biciclette, non carri armati…

Vittoria

Ucraina Kulyk 2022

Kulyk, Popovych e altre storie di una guerra assurda

11.03.2022
6 min
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Per molti il nome di Alexander Kulyk è solo uno dei tanti, troppi morti della insensata guerra che si sta combattendo in Ucraina. Per chi è un po’ addentro al ciclismo no, non è un nome qualsiasi e la sua scomparsa è l’ultimo capitolo di una storia davvero particolare, che forse aggiunge un tassello alla follia di questo conflitto.

C’è una ragione per cui la sua scomparsa è stata particolarmente sentita: l’Ucraina è un Paese profondamente legato al ciclismo. Innanzitutto per la sua conformazione geografica, completamente pianeggiante. Poi per la conseguente diffusione di bici nel suo territorio, per un utilizzo sociale prima ancora che agonistico. Lo stesso presidente Volodymyr Zelenski è un grande appassionato di ciclismo. Una delle prime interviste che ha rilasciato, quando i media tenevano a raccontare la storia di un attore e produttore televisivo ritrovatosi non senza sorpresa a guidare il Paese, è stata in sella in palestra durante lo spinning.

In Ucraina, dove da qualche anno era stato cancellato il locale Giro in attesa di poterlo rilanciare in una situazione sociale più tranquilla, non mancavano comunque gare regolarmente iscritte nel calendario Uci, soprattutto nella regione di Kiev, alle quali prendevano regolarmente parte corridori russi come delle altre repubbliche ex sovietiche e dei Paesi occidentali.

Kulyk 2022
L’unica foto in Rete di Alexander Kulyk, Cittì ucraino morto a 65 anni
Kulyk 2022
L’unica foto in Rete di Alexander Kulyk, Cittì ucraino morto a 65 anni

Kulyk, ex tecnico sovietico e russo

Kulyk era un personaggio molto conosciuto nel suo Paese, non solo perché padre di Andriy Kulyk, ex campione nazionale. Sin da giovane Alexander aveva preferito la carriera di tecnico, subito coinvolto più dalla possibilità di insegnare che da quella agonistica. Il suo curriculum si è presto impreziosito, ma la cosa che colpisce è che nel corso della sua carriera ha viaggiato in perfetto parallelismo con l’evoluzione storica delle sue terre, entrando nello staff tecnico della nazionale sovietica, quando i corridori in maglia rossa dominavano la scena dilettantistica, poi dopo la caduta del Muro era stato assunto alla guida della selezione russa, prima di tornare nel suo Paese e assumere l’incarico di Direttore Tecnico della nazionale ucraina.

Kulyk si era subito messo a disposizione per la salvaguardia del popolo ucraino tornando a Kiev. Non aveva imbracciato le armi, pensando più all’aiuto alla popolazione. Per questo era all’opera nel soccorso e nell’aiuto dei cittadini che volevano uscire dalla città, quando è caduto sotto il fuoco nemico, a 65 anni.

La nazionale in salvo in Abruzzo

A comunicare la notizia della sua scomparsa, mostrando una particolare commozione, è stato il presidente della federazione ciclistica ucraina, Andriy Grivko, ex pro’ che in questi giorni si è particolarmente adoperato per quelli che considera i suoi ragazzi, quelli della nazionale che hanno trovato rifugio proprio in Italia, accolti ieri dalla Federazione e dalla regione Abruzzo, che li ospiterà per tutto il tempo del conflitto permettendo loro anche di gareggiare nelle gare italiane. Vedendo i loro visi all’arrivo in Italia c’era negli occhi tutto l’orrore che si può notare in ogni profugo di una guerra davvero vicina a noi, alle nostre vite.

Per i corridori russi la situazione è in pieno divenire: l’Uci ha concesso loro di continuare provvisoriamente l’attività in attesa di nuove prese di posizione politiche prima e sportive dopo, ossia indirizzi provenienti direttamente dal Cio che aveva espressamente chiesto a tutte le federazioni internazionali di prendere provvedimenti contro la Russia. Questo significa che Vlasov e connazionali possono continuare a svolgere la loro attività nelle rispettive squadre di appartenenza, ma c’è chi non si fida. Pavel Sivakov, ad esempio, ha preso la nazionalità francese e non ha fatto mancare le sue parole contro la guerra in Ucraina.

Grechyn 2022
Serhiy Grechin, con un passato all’Amore&Vita, alla guida della nazionale ucraina arrivata ieri in Italia (foto FCI)
Grechyn 2022
Serhiy Grechin, con un passato all’Amore&Vita, alla guida della nazionale ucraina arrivata ieri in Italia (foto FCI)

Il destino dei corridori russi

«Volevo diventare francese da tempo e avevo fatto domanda all’Uci – ha spiegato il corridore della Ineos Grenadiers – visto quello che sta succedendo ho chiesto al massimo ente di accelerare le cose». Sivakov si è detto pronto a vestire la maglia della nazionale francese ai Mondiali e, appena avrà il passaporto transalpino, anche alle prossime Olimpiadi di Parigi: «Sono nato in Italia ma sono in Francia da quando avevo un anno, ho studiato qui, parlo il francese, qui mi sono innamorato del ciclismo. Vorrei solo che questa guerra finisse al più presto, non riesco a comprendere come sia potuta accadere».

Una guerra nella quale sono già diversi gli sportivi che hanno dato la loro vita: calciatori, biathleti, pugili. Una guerra che sta riempiendo i media, che sta direttamente o indirettamente influendo sulle nostre vite e che si fa sentire anche nell’attività ciclistica. Basta ascoltare le dichiarazioni di tanti corridori al loro arrivo, come Van Aert in occasione del suo successo all’Omloop Het Nieuwsblad ma anche solo guardandoli si scorge che quella gioia che normalmente avvolge ogni successo è velata.

Popovych 2021
Yaroslav Popovych, diesse della Trek Segafredo ora impegnato negli aiuti umanitari per il suo Paese
Popovych 2021
Yaroslav Popovych, diesse della Trek Segafredo ora impegnato negli aiuti umanitari per il suo Paese

Popovych e quei bambini in viaggio…

Qualcuno ha dovuto mettere da parte il suo impegno e dedicarsi ad altro. Ad esempio Yaroslav Popovych, ex stella del ciclismo ucraino e oggi diesse della Trek Segafredo. Aveva seguito tutta la preparazione stagionale, ma poi ha dovuto lasciare il suo lavoro e mettersi a disposizione del suo popolo. Oggi Popovych lavora nei centri di raccolta di materiale di emergenza che poi porta con un camion sino al confine e del suo racconto emergono i contorni di una vera tragedia.

«Ho sospeso la mia vita lavorativa dopo l’Uae Tour, poi ho dovuto pensare all’Ucraina e alla Trek hanno capito – ha dichiarato alla trasmissione Bike4U – Raccolgo materiale e invito tutti ad aiutarci soprattutto attraverso medicinali, sacchi a pelo, stufette, è ciò che più manca e serve attualmente. Quando arrivo al confine ucraino è un colpo al cuore vedere la mia gente che arriva impaurita e senza nulla, mamme con i loro figli ma anche bambini soli, senza nessuno, destinati ai campi profughi. Le parole non possono descrivere quel dolore…».