Tarozzi: una stagione in fuga dalla Spagna alla Malesia

25.10.2024
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1.962 chilometri dei 12.395 corsi nel 2024 visti dalla testa della corsa. Manuele Tarozzi conclude la sua terza stagione in maglia VF Group-Bardiani CSF-Faizanè con questi numeri, ai quali affianca anche due vittorie. Il corridore di Faenza è pronto per le vacanze di fine stagione, che corrispondono anche alla luna di miele, visto il matrimonio celebrato lo scorso giugno. Ma prima di partire gli chiediamo di ripercorrere insieme a noi questi 1.962 chilometri, iniziati in Spagna e terminati in Malesia. 

«Tra poche ore sarò in volo – ci anticipa Tarozzi – direzione Seychelles per andare finalmente in ferie. Torneremo il 5 novembre e dal 10 sarò di nuovo in bici, d’altronde la stagione inizia il 20 gennaio e bisogna farsi trovare pronti. Ora però mi godo due settimane senza regole e pensieri, poi si pensa al 2025».

La stagione inizia con il botto, Tarozzi (a sx) e Tonelli (a dx) in parata alla prima tappa della Valenciana dopo 155 km in testa
La stagione inizia con il botto, Tarozzi (a sx) e Tonelli (a dx) in parata alla prima tappa della Valenciana dopo 155 km in testa

Di necessità virtù

Manuele Tarozzi durante questi tre anni ha intensificato sempre di più la sua presenza nelle fughe della prima ora. Nel 2022 fu una sola alla Coppa Sabatini, l’anno dopo sei, mentre quest’anno i giorni in avanscoperta sono stati ben 16.

«Mi sono accorto al Giro del Veneto di domenica – continua – che non ho il ritmo per seguire i migliori. Mi mancano quei 5 o 10 minuti di sforzo massimale per restare con loro. Così mi sono dovuto ingegnare e ho capito che se voglio vincere devo anticipare la corsa. Qualche volta arrivo anche (dice ridendo, ndr) e devo dire che è un bel modo di fare, sia per me che per la squadra».

Tarozzi con la maglia della classifica a punti della Valenciana, conquistata dopo la prima tappa
Tarozzi con la maglia della classifica a punti della Valenciana, conquistata dopo la prima tappa
La prima fuga quest’anno è stata alla Valenciana, con la doppietta firmata insieme a Tonelli dopo 155 chilometri. E’ stata difficile?

Non direi, anzi quelle a inizio stagione sono le fughe più semplici perché arrivi fresco, riposato e libero di mente. A gennaio e febbraio la testa è sgombra da fatiche e pensieri che invece si accumulano durante l’anno. In più nei primi mesi faccio registrare valori alti, che difficilmente replico nel resto dell’anno. Quella della Valenciana è stata una giornata particolare nella quale piano piano abbiamo staccato tutti i nostri compagni di avventura. Poi ci siamo goduti l’arrivo in parata.

Anche se ad un certo punto avete sbagliato strada.

Lì è stato un errore della traccia GPX. Tonelli ha visto che doveva girare a destra, aveva la testa bassa e si è buttato. Io mi ero accorto dell’errore e l’ho richiamato, in quel momento avevamo ancora tanto vantaggio sul gruppo. Non è stato un finale thrilling, diciamo che è andata bene!

Sulle strade della Coppi e Bartali arriva la maglia verde dedicata ai GPM
Sulle strade della Coppi e Bartali arriva la maglia verde dedicata ai GPM
Poi sono arrivate le tre fughe, su cinque tappe, alla Coppi e Bartali…

Il primo giorno sono andato in avanscoperta e ho preso la maglia dei GPM, così la squadra mi ha detto di tenerla. Questo mi ha portato a cercare la fuga anche il giorno dopo per prendere altri punti. L’ultima tappa, invece, sono andato in avanscoperta per evitare brutte sorprese. Con me c’era anche il secondo della classifica dei GPM quindi me la sono dovuta sudare. Sono uscito da quella gara parecchio cotto visti i 315 chilometri in fuga sui 707 totali di gara. Però era la corsa di casa, quindi l’ho fatto volentieri. 

Dei tanti giorni passati in testa alla corsa quali sono stati i tuoi preferiti?

Quelli del Giro d’Italia. Non per sminuire le altre gare ma la corsa rosa è davvero unica. Il giorno migliore direi quello vissuto sulle strade di casa, da Riccione a Cento. Abbiamo fatto tutta la Via Emilia, e siccome le visite parenti sono ormai vietate mi sono dovuto inventare la fuga, anche se non ne valeva la pena.

Al Giro nella tappa di casa Tarozzi ha vinto la classifica dell’Intergiro
Al Giro nella tappa di casa Tarozzi ha vinto la classifica dell’Intergiro
In che senso?

Decidere di andare in fuga prevede comunque una strategia. Si cerca di uscire allo scoperto quando sai che ci sono buone chance di arrivare al traguardo. Questa cosa si impara con il tempo. Ad esempio al Giro sai che nella tappa dei muri ci sono buone occasioni, infatti quest’anno ha vinto Alaphilippe. Io lì c’ero, ma il francese è stato più forte. Tornando alla tappa di Cento si sapeva che il gruppo avrebbe chiuso, ma sulle strade di casa si doveva fare. Ma lì era una lotta per capire chi potesse andare in fuga. 

Tarozzi, sullo sfondo a destra, che sprinta per il 10° posto nella terza tappa del Tour of Istanbul dopo 70 chilometri in fuga solitaria (foto Brian Black Hodes)
Tarozzi, sullo sfondo a destra, che sprinta per il 10° posto nella terza tappa del Tour of Istanbul dopo 70 chilometri in fuga solitaria (foto Brian Black Hodes)
Spiegaci meglio.

Che in certe tappe la fuga non parte perché provano tutti, come nella tappa di Sappada al Giro di quest’anno. Altri giorni si fanno 50 chilometri senza che nessuno faccia uno scatto o un allungo. 

Tra l’altro tu eri anche in quella di Sappada…

Direi che è stata la più bella della stagione. Per tanti era l’ultimo giorno disponibile per provare a vincere, anche perché il giorno si scalava due volte il Monte Grappa e il verdetto era scritto. Così come a Roma. Quel giorno verso Sappada siamo andati via in 19. E’ la mia fuga preferita perché nonostante tutto ho ottenuto un buon undicesimo posto, che al Giro non fa mai male. 

Poi sono arrivate quelle più “esotiche” in Malesia e in Cina, lì riesci a goderti il panorama?

Quando sei in fuga meno. In gruppo puoi alzare lo sguardo una volta in più e respirare. Invece nel momento in cui sei in testa alla corsa devi pensare a come fare per arrivare per primo. La mente è impegnata a cercare strategie per fregare il gruppo. 

La giornata più dura?

In Turchia! Mi sono sciroppato 70 chilometri da solo e mi hanno ripreso solamente a 100 metri dall’arrivo (in apertura foto Tour of Istanbul). In quei momenti, a fine gara, pensi sempre che avresti potuto fare qualcosa in più: una pedalata, una curva… Ma poi ti rivedi in video e capisci che non era possibile. Di quel giorno mi rimane l’orgoglio di essere arrivato a pochi metri dal successo e la soddisfazione di non aver buttato tutto visto il decimo posto finale. Al contrario di quanto fatto in Malesia. 

In Malesia due giornate dal sapore opposto: la prima sa di beffa, la seconda (in foto) di rivincita
In Malesia due giornate dal sapore opposto: la prima sa di beffa, la seconda (in foto) di rivincita
Perché?

Nella quarta tappa ci hanno ripreso a 200 metri dall’arrivo, ma lì siamo stati ingenui. Ci siamo fermati a un chilometro dall’arrivo per guardarci. Nessuno voleva perdere e alla fine il gruppo ci ha infilato. Non ci ho dormito la notte, e sono uno che di solito chiude gli occhi presto a letto. Avevo talmente tanta rabbia che due giorni dopo sono ripartito e ho vinto, anche se per soli nove secondi. Poi ce n’è un’altra della quale sono orgoglioso.

Quale?

La vittoria in Cina, al Tour of Qinghai Lake. Nella frazione regina, la terza, sapevo di non avere il passo degli scalatori più forti. Così ho deciso di anticipare, sapevo che se fossi arrivato con un minuto o due ai piedi dell’ultima salita sarei potuto rimanere agganciato ai migliori. Così è stato. In discesa ho recuperato un po’ e nel finale me la sono giocata con Mulubrhan allo sprint. Un doppio risultato positivo: la vittoria e la maglia di leader. Il giorno dopo l’ho persa, ma quella tappa mi ha permesso di rimanere sul podio della classifica generale.

Persico, la Cina e la prima vittoria: un viaggio nel viaggio

21.07.2024
5 min
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“Vincere aiuta a vincere” è una frase tipica dello sport. Non perdere il feeling con la vittoria ti permette di sapere sempre cosa fare quando poi ti trovi lì, a giocarti tutto in 200 metri. Davide Persico ha tenuto allacciato il fil rouge con il successo al suo primo anno da professionista. Di per sé questa è già una buona notizia, non si tratta di un passo semplice. Il corridore bergamasco, passato nel 2024 tra le file della Bingoal-WB, aveva già sfiorato il gradino più alto del podio alla sua prima gara in Colombia. Solo un Gaviria in grande spolvero lo aveva preceduto. In Cina, al Tour of Qinghai Lake, Persico non ha trovato nessuno in grado di batterlo. Così per lui è arrivata la prima vittoria di stagione e, di conseguenza, la prima con i professionisti. 

«Una vittoria – spiega da casa mentre lotta ancora con il fuso orario e le sue conseguenze – che testimonia come abbia lavorato bene nell’ultimo periodo. Dopo qualche mese difficile in primavera ho ripreso il ritmo con le gare, prima in Slovacchia e poi, per l’appunto, in Cina. Vincere fa sempre bene, ogni tanto serve un buon risultato per continuare a lavorare. E’ come un’autovalutazione e devo dire che sono contento».

Una corsa in un Paese lontano diventa anche un modo per immergersi in quella cultura (foto Tour of Qinghai Lake)
Una corsa in un Paese lontano diventa anche un modo per immergersi in quella cultura (foto Tour of Qinghai Lake)
Anche se è una vittoria ottenuta dall’altra parte del mondo?

Non sarà una gara europea, ma come in ogni corsa devi avere le gambe buone, altrimenti non vinci. Magari non era il livello che si trova da noi e anche questo non è esattamente vero. Alla fine c’erano tante squadre professional oltre alla nostra: Burgos-BH, Caja Rural, Corratec e Vf Group Bardiani. Ed erano presenti anche due formazioni WorldTour: Astana e Alpecin.

Un livello che rimane alto. 

Lo si ripete sempre, ma non ci sono corse di secondo livello. Le squadre cercano punti per le classifiche UCI, poi certe corse sono il giusto palcoscenico per i giovani. 

I panorami sono stati spesso montani, viste le altitudini alle quali si svolgeva la gara (foto Tour of Qinghai Lake)
I panorami sono stati spesso montani, viste le altitudini alle quali si svolgeva la gara (foto Tour of Qinghai Lake)
Che corsa è stata per te?

A due volti. La gara si è svolta interamente sopra quota 2.500 metri con passaggi anche a 4.000 e si sentiva. Non avevo fatto un periodo di adattamento in altura prima di partire, quindi i primi giorni ho sofferto un pochino. Sono stato bravo a non spingere al massimo fin da subito, ho gestito gli sforzi e le gambe rispondevano bene, giorno dopo giorno. 

La svolta quando è arrivata?

Dalla quinta tappa, dove ho fatto un secondo posto che mi ha fatto capire di essere migliorato. Il giorno dopo è stato quello in cui mi sono sentito meglio in assoluto, anche se la tappa è stata parecchio dura. Era la più lunga, 206 chilometri, con un freddo invernale. Sembrava di essere tornati alle corse di marzo quando senti il profumo della canfora usata per scaldare i muscoli. 

Che tipo di percorsi avete trovato?

C’era tanto vento in generale e l’aria rarefatta faceva pesare alcuni sforzi. Nella tappa che ho vinto c’è stata fin da subito tanta confusione, con i ventagli che hanno spaccato il gruppo. Dal canto mio sono rimasto tranquillo fino all’ultimo GPM a quota 4.115 metri. Da lì è stata tutta discesa fino al traguardo e in volata ho preso le ruote di Zanoncello e sono riuscito a batterlo. 

Come ti sei trovato a correre per la prima volta così lontano da casa?

Partivo un po’ prevenuto. Tizza ed io ci siamo organizzati per portarci da casa molte cose che pensavamo ci sarebbero potute tornare utili. Abbiamo messo in valigia anche un fornelletto elettrico, un bollitore, caffè e pasta. Poi alla partenza ci trovavamo con gli altri italiani e scambiavamo qualche parola, c’era competizione, ma si è creato anche un bel gruppo. E’ anche capitato che la sera, dopo cena, ci trovassimo per mangiare un pezzo di crostata e parlare un po’. 

Nonostante fosse dall’altra parte del mondo non sono mancate le foto di rito con i tifosi
Nonostante fosse dall’altra parte del mondo non sono mancate le foto di rito con i tifosi
La gara com’era organizzata? 

Devo ammettere che sono molto bravi, a livelli a volte migliori delle corse europee. Le strade venivano chiuse molto prima del passaggio della corsa e a bordo strada c’era sempre tanta gente a vederci. Mi è capitato di vedere gente che vive a 3.500 o 4.000 metri nelle loro abitazioni tipiche. In quei momenti sei lì a correre con il freddo addosso e pensi che loro in quelle zone ci abitano, probabilmente è stata la cosa più strana che ho notato. 

Il fuso orario è stato pesante da gestire?

Il viaggio è lungo, ci abbiamo messo quasi due giorni. Così come al ritorno, considerando che la squadra aveva prenotato lo scalo ad Amsterdam e poi io avevo anche il volo per l’Italia. Ero in giro già da prima, avendo corso allo Slovacchia, avevo qualche preoccupazione riguardo a come avrei gestito praticamente tre settimane fuori casa. Alla fine è andata bene, l’ho vissuta giorno dopo giorno e sono rimasto piacevolmente colpito. 

Le strade larghe e il vento hanno scombussolato spesso lo svolgersi della gara (foto Tour of Qinghai Lake)
Le strade larghe e il vento hanno scombussolato spesso lo svolgersi della gara (foto Tour of Qinghai Lake)
Ora la fiducia c’è, va sfruttata?

Spero di recuperare bene dalle fatiche di queste trasferte e di arrivare allo Czech Tour in condizione. Non ci saranno grandi occasioni, visto che l’unico arrivo in volata sarà nella prima tappa. Ma vedremo come andrà.

La Cina ha riaperto le porte. Il racconto dal Qinghai Lake

23.07.2023
8 min
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Due squadre italiane sono state protagoniste del Tour of Qinghai Lake, corsa a tappe che ha rappresentato il ritorno in Cina del ciclismo dopo molto tempo (foto Facebook in apertura). Con la prova che durava ben 8 giorni, si può dire che il lungo periodo legato al Covid sia finalmente alle spalle anche nel ciclismo e che si riapre un filone di gare che fino al 2020 era stato fondamentale per una larga fetta del movimento al di sotto del WorldTour.

Non si tratta di gare dal livello eccelso, questo è chiaro, ma molte squadre hanno sempre avuto nel mercato cinese un approdo importante, una buona parte della propria attività, grazie anche agli inviti degli organizzatori e ai contributi alle spese generali. In quest’occasione c’erano 5 squadre professional, fra cui due italiane, Team Corratec e Green Project Bardiani Faizané e attraverso i loro diesse presenti al via – Francesco Frassi e Luca Amoriello – abbiamo voluto saperne di più, non solo degli aspetti agonistici della corsa, ma anche di tutto il contorno.

Per Mulubrhan secondo giro a tappe vinto nel 2023 dopo il Tour of Rwanda (foto Tour of Qinghai Lake)
Per Mulubrhan secondo giro a tappe vinto nel 2023 dopo il Tour of Rwanda (foto Tour of Qinghai Lake)
Che Cina avete trovato dopo tre anni?

FRASSI: «Io ero alla mia settima volta in Cina e, se devo essere sincero, differenze non ne ho trovate. Ho visto tantissimo entusiasmo per il ritorno delle ruote europee e un’organizzazione impeccabile».

AMORIELLO: «Ho trovato un’organizzazione ben allestita e molto precisa. Quante differenze con la mia prima esperienza nel 2012, soprattutto come alberghi tutta un’altra storia… Sul piano della sicurezza poi i cinesi sono vere macchine da guerra, un’attenzione perfino maniacale. E rispetto a prima del Covid ho visto anche molti miglioramenti come pulizia dei locali».

Quanto conta ritrovare le gare cinesi nel calendario?

FRASSI: «Molto, è importante per un team come il nostro anche perché danno molti punti per il ranking Uci, noi ad esempio ne abbiamo portati a casa 293, un bottino mica male… Questa poi era importante perché ci permetteva di riempire il mese di luglio, solitamente un po’ scarno di gare».

AMORIELLO: «Avere queste gare è un’appendice fondamentale per la nostra attività, accresce l’esperienza internazionale in contesti molto diversi da quelli a cui siamo abituati. A gare simili puntiamo molto».

In quanti vi siete mossi per la trasferta e con quanto materiale?

FRASSI: «Noi eravamo una dozzina, con 7 corridori, due massaggiatori, due meccanici. L’organizzazione ci ha messo a disposizione, come per tutte le squadre, un’ammiraglia e un camion per i materiali. Avevamo a disposizione 11 bici, poi ci siamo portati dietro pezzi di ricambio, ruote e molto cibo. Diciamo che ci siamo affidati all’esperienza che avevo assommato nelle mie tante presenze precedenti».

AMORIELLO: «Siamo partiti dall’Italia in 12, trovando poi Henok Mulubrhan direttamente in Cina, proveniente dalla sua Eritrea. Avevamo 7 corridori in tutto, tre massaggiatori, due meccanici e il sottoscritto. Ci hanno dato un’auto e un camioncino, poi i corridori erano portati direttamente con pullmini agli alberghi. Questa è stata la grande novità: le gare finivano dove sarebbero ripartite il giorno dopo, con alberghi in zona. Questo ci ha fatto guadagnare molto tempo e risparmiare energie».

Per il mangiare come vi siete regolati?

FRASSI: «Abbiamo portato molto cibo da casa: pasta, tonno e carne in scatola, parmigiano oltre a tanti integratori. Ci preparavamo da mangiare da soli, un giorno tra l’altro pioveva così tanto che siamo rimasti nelle camere e ci siamo arrangiati lì, d’altronde ci eravamo portati anche una piastra a induzione proprio per essere indipendenti».

AMORIELLO: «Le esperienze del passato ci sono state utili, abbiamo portato tutto il necessario, dalla pasta alle scatolette di tonno e salmone e tanto altro. Cucinavamo direttamente nel ristorante, una pentola di un paio di chili di pasta, poi univamo verdure cotte, unica concessione alla cucina locale considerando che era molto speziata e non volevamo correre rischi».

Che tipo di corsa avete trovato?

FRASSI: «Non era una gara facile, anche perché oltre alla lunghezza bisogna mettere in conto che si viaggiava sempre in altura, mai sotto i 2.000 metri. I nostri ragazzi venivano da uno stage a Livigno, praticamente hanno continuato la loro permanenza in altura. Un dato interessante è che abbiamo monitorato i nostri durante l’intera corsa: la loro saturazione d’ossigeno non saliva mai sopra i 93, considerando che normalmente si è a 98-100. Quando si abbassa così ci vuole adattamento, ma lavorando tutti i giorni in fuorisoglia non sale».

AMORIELLO: «Nel calendario cinese questa è la corsa più corta, ma l’altitudine ha un grande influsso, si arriva anche a 4.000 metri. Henok era favorito, venendo dai 3.200 metri di casa in Eritrea. Un plauso va fatto ai percorsi, sempre su strade di almeno 2-3 corsie. Abbiamo trovato caldo, salvo un giorno di pioggia dove le temperature sono crollate».

Come giudichi i risultati portati a casa?

FRASSI: «Nella prima tappa abbiamo cercato di difenderci, evitando di fare azioni proprio per ambientarci e considerando che già la seconda era una tappa importante. Abbiamo vinto due tappe con Davide Baldaccini e Attilio Viviani e nell’ultima tappa abbiamo anche provato a ribaltare la corsa. Sapevamo che era una frazione con molto vento e potevano crearsi dei ventagli, a 30 dall’arrivo ne abbiamo sfruttato uno per scatenare la fuga giusta e alla fine Baldaccini e Murgano sono risaliti fino al 3° e 4° posto, ma la cosa che più mi è piaciuta è che la strategia che avevamo pensato, i ragazzi sono riusciti a metterla in pratica».

AMORIELLO: «Non possiamo davvero lamentarci. Sapevamo che Mulubrhan era uscito bene dal Giro e ha lavorato molto in Eritrea per mantenere la condizione, in Cina ha sfruttato la situazione. Ho poi rivisto il Lucca dello scorso anno e sono sicuro che farà un gran finale di stagione. Zanoncello ha vinto una tappa, ma poteva conquistarne almeno un’altra il primo giorno, solo che con Henok non si sono intesi nel tirargli la volata. Avrei voluto che Colnaghi potesse lottare in volata, ma ha avuto la febbre e si è ritirato. Nieri da parte sua ha portato a casa la classifica dei GPM, insomma si sono tutti distinti».

Terza vittoria Stagionale per Zanoncello dopo quelle a Taiwan e in Serbia (foto Tour of Qinghay Lake)
Terza vittoria Stagionale per Zanoncello dopo quelle a Taiwan e in Serbia (foto Tour of Qinghay Lake)
Obiettivamente la gara di che livello era?

FRASSI: «Secondo me era molto buono: oltre alle 5 squadre professional c’erano i colombiani del Team Medellin a proprio agio su quei percorsi, poi formazioni belghe, norvegesi, australiane, il China Glory che è una vera multinazionale con corridori forti oltre a varie nazionali asiatiche».

AMORIELLO: «Non ci sono differenze rispetto a prima del Covid, la concorrenza era molto qualificata con tanti europei. Io dico che era assimilabile a una delle tante gare a tappe che si corrono nel Vecchio Continente».

Tornerete?

FRASSI: «Sicuramente, abbiamo già ricevuto l’invito per il un’altra gara a tappe per metà settembre e per il Tour of Hainan. Ora la nostra attività torna a essere completa».

AMORIELLO: «Molto volentieri, ora che l’attività è ripresa appieno valuteremo gli inviti per poter allargare l’attività a due-tre gruppi anche contemporaneamente. Quello cinese è un mercato importante».