I duri giorni di Milan, minacciato da Pogacar e Van der Poel

21.07.2025
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CARCASSONNE (Francia) – Il bus della Lidl-Trek è pronto per partire, manca soltanto Jonathan Milan… incastrato dal protocollo previsto per chi indossa le maglie di classifica: la verde nel suo caso. La giornata non è andata come si aspettava. E anche se il traguardo a punti si trovava al chilometro 59,8 in un tratto di saliscendi, il friulano non è riuscito a infilarsi nella fuga che se l’è giocato. Né la squadra è parsa intenzionata a dare fondo a troppe energie per impedire agli attaccanti di prendere il largo, dopo aver lavorato per tenerli nel mirino.

Sta di fatto che il traguardo volante di Saint-Félix-Lauragais se l’è preso Mathieu Van der Poel su De Lie ed Eenkhoorn, mentre Milan lottava nelle retrovie e a 97 chilometri dall’arrivo ha perso contatto col gruppo. Il suo ritardo al traguardo è stato di 22’42”. La classifica a punti lo vede invece primo con 251 punti, a fronte dei 223 di Pogacar e i 210 di Van der Poel.

Steven De Jongh, fermato per pochi minuti davanti al pullman ha allargato le braccia. «Sarà molto difficile lottare per la maglia verde – ha detto il diesse belga – perché Pogacar può giocarsela come vuole. La classifica a punti è uno degli obiettivi che ci siamo dati venendo al Tour, al pari di vincere delle tappe. Una è venuta, due ci sono sfuggite. Lotteremo per i traguardi volanti, ma non snatureremo il nostro modo di correre. Per cui faremo il possibile nelle tappe che restano e cercheremo di vincerne almeno un’altra».

Sabato Milan ha provato la fuga verso Superbagneres, poi la squadra lo ha aiutato per il traguardo a punti
Sabato Milan ha provato la fuga verso Superbagneres, poi la squadra lo ha aiutato per il traguardo a punti

La guerra degli scatti

Lo aveva detto Petacchi prima ancora che il Tour entrasse nel vivo. Aveva consigliato a Milan di concentrarsi sul maggior numero di tappe possibili e poi di considerare la maglia verde una loro conseguenza. Con una vittoria e due secondi posti, il discorso è attuabile, ma di certo non semplice. Sfogliando il libro della corsa, è immediato notare che i traguardi a punti si trovano tutti nella prima metà di tappa e non dopo le montagne che ci aspettano. Milan può cercare di infilarsi nelle fughe, cosa che non gli è mai riuscita troppo agevolmente da quando lo hanno trasformato in un velocista. Oppure potrebbe chiedere alla squadra di tenere cucita la corsa fino allo sprint, pur sapendo che certe partenze sono micidiali e difficili da contrastare.

«La tappa è iniziata con grandi ambizioni – dice lui – e penso che dopo molti attacchi, mi sentissi me stesso, stavo bene. Ho iniziato la giornata e ho corso con l’aspettativa di conquistare più punti possibile. Penso di aver stretto i denti per entrare nei primi attacchi, volevo davvero essere davanti per conquistare lo sprint intermedio. Ma quando ho fatto l’ultimo tentativo, sapendo che sarebbe stato difficile, non sono riuscito a dare quel che mi aspettavo».

Van der Poel ha messo la maglia verde nel mirino? Per come corre, è possibile
Van der Poel ha messo la maglia verde nel mirino? Per come corre, è possibile

L’insidia Van der Poel

Il percorso del Tour per certi versi gli strizza l’occhio, per altri lo mette a confronto con avversari più adatti di lui alle fughe. E se è vero che i punti in palio suoi traguardi di montagna peseranno meno di quelli dei traguardi volanti, la presenza di Van der Poel rende tutto molto difficile. L’olandese, che ha vinto una tappa e vestito la maglia gialla, potrebbe fare della verde il suo ultimo obiettivo del Tour e sarebbe difficile in quel caso contrastarne gli slanci.

«Penso che oggi anche la temperatura abbia inciso sulla mia prestazione – riflette Milan – sono un po’ deluso, ma Mathieu è quello che è. Domani finalmente avremo un bel giorno di riposo, poi vedremo per le prossime tappe. Sarà molto difficile, perché siamo vicini e ci aspettano giornate davvero dure. Sarebbe un finale davvero amaro lottare duramente e dare il massimo per difendere questa maglia e poi doversi dispiacere per non avercela fatta».

Il giorno di riposo servirà per studiare i percorsi. Il solo giorno in apparenza vietato per l’attuale livello di Milan sarà il ventesimo, con il traguardo volante al chilometro 72,3 dopo una serie di notevoli saliscendi, ma per il resto non c’è una tappa fuori portata. Sarà la squadra a decidere, se farsi bastare l’eventuale vittoria di mercoledì a Valence o lottare tutti i giorni per mantenere il simbolo verde del primato.

La cultura del lavoro, nella classe (istrionica) di Simmons

06.08.2022
5 min
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Istrionico, potente, a volte “barbuto”, sorprendente. Stiamo parlando di Quinn Simmons, corridore statunitense della Trek-Segafredo. Un’immagine di lui che probabilmente non scorderemo mai risale a questa primavera. Che poi parlare di primavera in quel contesto climatico è un parolone. 

Eravamo nel gelo di Carpegna, alla Tirreno, e prima della seconda scalata al Cippo, Quinn, in lotta per la maglia dei Gpm, una volta ripreso e staccato da Pogacar e gli altri big, si era fermato per mettersi i gambali e una maglia lunga. Questo tanto per inquadrare il personaggio! 

Sempre quel giorno, mentre lo intervistavamo dietro al palco ecco partire la banda ad un metro da noi. Baccano infernale. Lui imitò il gesto della tromba. 

Quinn Simmons durante la scalata al Carpegna alla Tirreno 2022
Quinn Simmons durante la scalata al Carpegna alla Tirreno 2022

Parla De Jongh

Ma oltre ai ricordi, chi è davvero questo ragazzo classe 2001 del Colorado? A farci un identikit tecnico di Simmons è Steven De Jongh, direttore sportivo della Trek-Segafredo nonché preparatore di Simmons.

«Lavoro con Simmons dal 2019 – dice De Jongh – un mio collega che lo seguiva già prima me lo segnalò, poi è toccato a me. Vinse subito tre corse e la classifica generale in una corsa a tappe negli juniores. Ciò che ha fatto in quella stagione è stato incredibile. Vinse il titolo mondiale juniores ad Harrogate a fine stagione».

A quel punto la Trek-Segafredo si assicura il ragazzo. L’inizio è buono, ma è anche il 2020… l’anno della pandemia. Così tutto è rimandato all’estate. E per poco in quell’estate Simmons non fece subito il colpaccio. Fu Attila Valter, nella sua Ungheria, a togliergli la gioia della prima vittoria da pro’.

Steven De Jongh, oggi diesse e coach, è stato un pro’ dal 1995 al 2009 (foto Twitter)
Steven De Jongh, oggi diesse e coach, è stato un pro’ dal 1995 al 2009 (foto Twitter)

Classiche e non solo

Quinn è un “ragazzo grande”, ma va forte anche in salita: che tipo di corridore è dunque? Oggi vediamo questi giovani che vincono un po’ ovunque. Anche Simmons potrà fare così? 

«Beh – continua De Jongh – per me Quinn deve ancora scoprirlo. Che sia adatto alle corse di un giorno, penso sia sicuro. Ma lo vedo di più per un’Amstel che per un Fiandre o una Roubaix, perché può fare meglio la differenza in salita che sul pavè.

«Ma ripeto, è giovane e può migliorare ancora. Magari nelle gare a tappe di una settimana, potrà avere un ruolo importante, ma in quel caso dovrebbe ricominciare a lavorare sulla cronometro».

Simmons (maglia rosa) in allenamento all’alba con dei suoi amici (immagine Instagram)
Simmons (maglia rosa) in allenamento all’alba con dei suoi amici (immagine Instagram)

La cultura del lavoro

Ma non solo madre natura ci ha messo lo zampino. Se Simmons va forte è merito anche del suo impegno. De Jongh ci parla di un ragazzo che fa del lavoro uno dei suoi punti di forza.

«A Quinn – dice il tecnico olandese – piace davvero allenarsi e lavorare sodo. Come tutti preferisce i lavori di resistenza a quelli brevi e intensi, perché sono dannatamente difficili! 

«Penso che quest’anno abbia fatto davvero un bel passo avanti. Ora si sta prendendo anche un po’ di riposo, in vista del finale di stagione. Negli ultimi anni si è impegnato tanto. Ha accumulato una grande mole di ore di lavoro e forse anche per questo a volte ha perso freschezza. Ma la sua etica del lavoro è veramente buona». 

E questa cultura dell’impegno è particolarmente apprezzata da De Jongh. «Mi piace la sua mentalità perché se ha qualcosa in testa, lo fa davvero. Quando Quinn vuole raggiungere qualcosa, lo punta e lo raggiunge. Un suo obiettivo è crescere gradualmente e lo ha dimostrato dall’anno scorso».

Dal Tour al gravel

Questa crescita lo ha portato da vittorie come il Tour de Wallonie del 2021, certamente importanti ma non di primissimo piano, ad eccellere anche su palcoscenici di primo ordine, come la conquista della maglia di miglior scalatore alla Tirreno o essere un brillante protagonista del Tour de France.

«In effetti – continua De Jongh – ci aspettavamo che Quinn andasse forte in Francia. L’anno scorso aveva dimostrato di essere ad un buon livello alla Vuelta (il suo primo grande Giro, ndr) e così abbiamo preparato, e bene, il Tour. L’attenzione era rivolta soprattutto sulla seconda parte (seconda e terza settimana, ndr), per essere competitivo quando c’erano le fughe. 

«Certo, essere così tante volte in fuga, penso che sia stato un po’ inaspettato anche per lui. Ma recuperava bene e ogni giorno aveva le gambe per entrarci e per provare. E’ stato bello vederlo così».

Dopo aver recuperato le fatiche del Tour, Simmons prenderà parte alle corse americane. Inizierà però dall’Europa, in Danimarca, poi correrà in Maryland, farà le due prove canadesi (Quebec e Montreal) e successivamente tornerà in Europa per l’ultimo blocco di corse: Binck Bank Tour, Paris-Tours…

«E forse – conclude De Jongh – chiuderà la stagione in Italia con la gara gravel ad ottobre».

E come poteva mancare un po’ di vero “made in Usa” per Simmons? Lui viene da Durango, una delle culle della mountain bike, è anche un grande ex biker… la gravel è il suo terreno naturale!