Bronzini-Barbieri, la scommessa ormai è vinta

29.08.2022
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Quando la LIV-Xstra Cycling affidò l’ammiraglia a Giorgia Bronzini e le chiese i nomi di atlete da inserire, fra i primi indicati dalla piacentina ci fu quello di Rachele Barbieri. La modenese (in apertura in un’immagine da Instagram) usciva da due anni corsi da individuale, con vittorie su strade e in pista, ma certo farla salire al livello WorldTour poteva sembrare una scommessa. Tuttavia Giorgia andò dritta e in questo scorcio d’estate dopo gli europei di Monaco, dalle sue parole affiora il senso di un lavoro ben fatto.

L’obiettivo di fine stagione sono certamente i mondiali su pista, poi il meritato riposo
L’obiettivo di fine stagione sono certamente i mondiali su pista, poi il meritato riposo

La testa e le gambe

Le raccontiamo di aver parlato di Rachele con il suo allenatore Stefano Nicoletti. Le riferiamo soprattutto le sue parole sulla tranquillità ricevuta nella nuova squadra, anche e soprattutto grazie alla sicurezza trasmessa proprio da Giorgia.

«Stefano mi piace tanto – ringrazia Bronzini – anche se ci conosciamo prevalentemente tramite il telefono. Hanno fatto un ottimo lavoro, non mi aspettavo che Rachele arrivasse subito a questo livello. L’ho sempre reputata una guerriera, che non molla mai. Però pensavo che non avesse ancora il livello WorldTour, visti gli ultimi due anni in cui si poteva pensare che non fosse cresciuta come poteva. Invece la componente mentale è arrivata a bilanciare la parte fisica. L’ho sempre pensato e detto che la testa fa l’80 per cento e il resto sta alle gambe…».

Giorgia Bronzini guida la LIV da quest’anno, dopo 3 anni alla Trek (foto LIV Xstra)
Giorgia Bronzini guida la LIV da quest’anno, dopo 3 anni alla Trek (foto LIV Xstra)
Che effetto ti fa sentire che parte del merito sia tuo e del clima che hai creato in squadra?

Soprattutto sono orgogliosa del fatto che abbia riposto fiducia nel nostro progetto. Quando Rachele è arrivata, abbiamo valutato che Stefano fosse una persona in gamba e che il percorso proposto fosse il migliore per lei. Parallelamente abbiamo portato avanti la collaborazione con Villa, senza darle troppi stress. In questo modo ci sono stati appuntamenti in pista che hanno esaltato le sue doti veloci e che si sono rivelate utili anche su strada.

Il doppio impiego fra strada e pista come l’avete gestito?

Ho mantenuto un dialogo continuo con la nazionale. Sangalli ci ha lasciato la porta aperta, soprattutto per gli europei, dove Rachele sarebbe arrivata con la condizione migliore. Ci siamo confrontati sul percorso migliore per arrivarci. Poi è chiaro che Elisa (Balsamo, ndr) avrebbe avuto la responsabilità della squadra, per le sue qualità, il carisma e la maglia che porta, ma Rachele ha fatto un ottimo lavoro. Lei sa bene che è una ruota che gira e che magari il futuro le riserverà un ruolo diverso. Una leadership che intanto ha già avuto in pista.

I risultati di quest’anno possono dare una svolta alla prossima stagione?

Spero che finisca il 2022 con il mondiale su pista, portando magari a casa qualcosa di buono. Poi le ritiro la bicicletta e la chiudo in uno stanzino, perché deve assolutamente staccare. Va bene essere entusiasti, ma bisogna recuperare. Anche perché il programma sarebbe di cominciare la stagione a gennaio in Australia, quindi dovremo fare un bell’inverno. C’è di buono che dopo una stagione così lunga, se lo stacco non è troppo lungo, la gamba torna su bene. E credo che a dicembre ci sarà già un ritiro bello esigente.

I lavori di qualità che l’hanno resa vincente in pista sono utili anche su strada
I lavori di qualità che l’hanno resa vincente in pista sono utili anche su strada
Come viene vista in squadra l’attività su pista, che si fa con una bici diversa e con sponsor diversi?

Se lo chiedete al mio team manager, magari darà una risposta diversa. Per me invece la pista è un’attività necessaria e complementare. Permette di allenarsi bene e di non stufarsi. Le corse si sono allungate e di conseguenza anche gli allenamenti, così spesso lavorare solo per la strada diventa noioso. Se ogni tanto riesci a staccare e andare in pista, cambiano i ritmi e i tipi di lavoro, cambiano gli stimoli e ottieni quello che su strada ti servirà negli ultimi 20-30 chilometri. Io stessa ho fatto così e sono riuscita a sopravvivere a lungo. Hai una migliore guida della bici, il colpo d’occhio e un ritmo di pedalata che altre non hanno. Non è un caso che tutte le italiane più forti vengano dalla pista. Sapete cosa hanno detto le mie altre atlete a Monaco?

Che cosa?

Hanno raccontato che nel finale il treno italiano è spuntato dal nulla a velocità doppia e non sono riuscite a infilarsi.

Cosa manca a Rachele Barbieri per vincere una gara WorldTour?

Basta poco. Nell’ultima tappa del Giro vinta da Consonni, è stato un attimo. In più Chiara era certamente al massimo, mentre Rachele era in preparazione verso Tour ed europei. E poi mettiamoci che per lei si trattava del primo grande Giro a tappe, per cui alla fine poteva essere meno fresca e lucida. Le volate si vincono e si perdono per sfumature, Rachele ha tutto quello che serve.

Quartetto, omnium, madison, strada: a Monaco Barbieri ha mostrato grande condizione
Quartetto, omnium, madison, strada: a Monaco Barbieri ha mostrato grande condizione
Avrà anche un treno?

Avevamo in mente di lavorarci lo scorso inverno, ma il Covid ci ha impedito di farlo. Abbiamo fatto qualche prova in gare più piccole, dove è stato possibile e che abbiamo vinto proprio con Rachele. L’idea per il 2023 è di rimetterci mano. E se non riusciremo a contrastare le squadre più forti, lavoreremo per mettere Rachele al posto giusto. Del resto a Monaco, neppure la Wiebes aveva il treno, però ha vinto. Sarà importante che Rachele capisca.

Che cosa?

Che la squadra sarà lì per lei. E’ importante non peccare di presunzione e muoversi per ottenere il miglior risultato possibile.

Bronzini decisa: nelle volate la squadra è tutta per Barbieri (foto LIV Xstra)
Bronzini decisa: nelle volate la squadra è tutta per Barbieri (foto LIV Xstra)
Senti, pecchiamo di presunzione invece… Cosa prova Giorgia Bronzini quando un’intuizione come aver preso Barbieri in squadra inizia a pagare così?

Sono molto contenta e orgogliosa (sorride, ndr) del fatto che tanti mi aspettassero al varco per la scommessa persa, invece la sensazione è che la stiamo vincendo. C’è da lavorare, ma questo non ci fa paura. Spero che Rachele possa continuare su questa strada, credendo nei nostri progetti. E’ molto giovane, ha tanto da dare. E’ impulsiva, sennò non sarebbe vincente. Quando parte, la lascio parlare e poi le spiego. Sa ascoltare, ha i piedi per terra. Se riesce a capire bene la parola pazienza, potrà ottenere ancora tanto.

Altura, dietro moto e pista: la strada di Rachele verso l’oro

26.08.2022
7 min
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Quello che ha fatto Viviani agli europei resterà forse nel libro dei record, ma Rachele Barbieri non è stata da meno. Dopo due ori europei in pista infatti, nell’omnium e nella madison, e l’argento nel quartetto, la modenese ha corso su strada e conquistato il terzo posto, dietro Wiebes e Balsamo, cui ha tirato la volata.

Rachele ve l’abbiamo presentata e raccontata più volte e questa volta vogliamo sottolineare come alla base di tanti risultati ci sia un’atleta tosta e volitiva, che non ha paura della fatica e anzi la cerca.

Un’atleta in evoluzione

Dopo due anni in una piccola squadra cucita attorno a sé, quest’anno Barbieri è approdata nel WorldTour con la Liv-Xstra e la sua crescita è proseguita. La curiosità era capire se la ragazza abbia dei margini e come abbia lavorato per raggiungere un livello livello così alto su pista e su strada. Ragione per cui questa volta abbiamo bussato alla porta di Stefano Nicoletti: il preparatore che Rachele ha ringraziato dopo gli europei di Monaco e dopo ogni bel risultato.

Nicoletti, modenese classe 1967, ha alle spalle un percorso di formazione diverso dal solito. Nasce infatti Massofisioterapista e Osteopata, ma avendo da sempre la passione per la bici, si è messo a studiare di preparazione e dintorni, diventando un riferimento per gli atleti della zona. Quella di allenatore, precisa, non è la sua attività primaria, ma a sentirlo parlare probabilmente è la preferita. 

Nel lavoro di allenatore ha importato un concetto tipico dell’osteopatia: non esiste un trattamento che vada bene a tutti alla stessa maniera, idem per il tipo di preparazione.

Che cosa vogliamo dire per aprire il capitolo Barbieri?

Seguendo la vostra curiosità, penso che margini ne abbia. Un po’ perché è nell’età dell’evoluzione sportiva e un po’ perché avendo fatto fino allo scorso anno prevalentemente pista, ha curato poco gli aspetti di endurance, quindi è poco sfruttata. Dalla sua inoltre ha anche l’entusiasmo. Essendo un’atleta poliedrica, non ha mai avuto fasi di apatia. E’ molto entusiasta, per cui affronta ogni cosa pronta a mettersi in gioco.

Come fanno a convivere strada e pista?

Quest’ano ha dovuto ridurre l’aspetto anaerobico, concentrandosi maggiormente sulla resistenza e i lavori per migliorare su strada. Solo che non abbiamo mollato quelli ad alta intensità, volendo fermamente mantenere la sua esplosività. Per cui non capita mai che faccia 4 ore al medio e basta, oppure 6 ore al 70 per cento della soglia. In ogni seduta inseriamo una parte anaerobica. E’ capitato che al termine di un allenamento su strada abbia fatto delle sessioni di palestra per unire resistenza, forza e alta intensità. Oppure che faccia ore dietro moto in pianura e salita, con lavori ad alta intensità all’interno di uscite in cui faceva soprattutto volume.

Il lavoro fatto dietro moto in salita con suo padre l’ha aiutata sulle salite del Giro d’Italia
Il lavoro fatto dietro moto in salita con suo padre l’ha aiutata sulle salite del Giro d’Italia
Qual è stato l’obiettivo con cui avete iniziato la prima stagione nel WorldTour?

Aumentare la resistenza aerobica per soffrire di meno sulle salite, mantenendo però la punta di velocità. Per questo abbiamo dovuto rinunciare al ciclocross, che a Rachele piace e in cui si diverte. Purtroppo il 2021 è finito a ottobre e già a novembre abbiamo iniziato a lavorare per non arrivare al primo ritiro a corto di condizione, col rischio di pagarla.

Avete temporizzato il tipo di lavori da fare?

Endurance a novembre e dicembre, senza mai trascurare la parte anaerobica. E tanto lavoro in palestra, due o tre volte a settimana, cercando di mediare fra le richieste della squadra e quelle della nazionale. E questo è stato il mio compito.

Dopo il Tour, in allenamento dietro moto con il padre, sulla via degli europei (foto Instagram)
Dopo il Tour, in allenamento dietro moto con il padre, sulla via degli europei (foto Instagram)
Come hai fatto?

Non c’è stata una preparazione magica che ha reso possibile essere competitivi su entrambi i fronti. La squadra chiedeva di fare ore, la nazionale voleva i lavori ad alta intensità in pista. Credo di essere riuscito a pianificare ogni cosa perché arrivasse pronta ma mai troppo carica agli appuntamenti, stando alla larga dal rischio di overtraining. Un grande aiuto l’ha dato suo padre.

Nel fare cosa?

Hanno preso uno scooter. Lui si è preparato a dovere e poi, avendo su il power meter di Rachele, gestiva l’andatura dietro moto. Abbiamo fatto dei lavori a piramide inversa sulle salite. Doveva fare la prima parte ad alta intensità, poi un po’ mollare come succede in corsa e fare una progressione nel finale. E’ stato utile per adattarsi ai ritmi di gara senza subirli troppo. Ed è stato utile anche aver iniziato a lavorare bene sull’alimentazione.

Inserire lavori ad alta intensità anche negli allenamenti su strada ha mantenuto la sua esplosività
Inserire lavori ad alta intensità anche negli allenamenti su strada ha mantenuto la sua esplosività
Per essere a posto con il peso?

Finalmente Rachele ha trovato il suo equilibrio. Lavoriamo insieme dal 2017 ed è passata da 3,78 watt/kg dei primi tempi a 4,60 di adesso. Un processo lento, durante il quale è anche cresciuta la potenza alla soglia ed è sceso il peso senza scombussolare i suoi equilibri e mantenendo la sua capacità anaerobica su pista. In tutto questo ha inciso positivamente avere un tecnico come Giorgia Bronzini che le ha dato tranquillità. Responsabilità senza caricarla di stress.

Che cosa ha fatto Rachele nel poco tempo fra le gare in pista a Monaco e quella su strada?

Avrebbe dovuto fare palestra due giorni dopo l’ultima gara in pista, ma non c’era la possibilità. Così ha lavorato in camera, facendo squat e balzi, per ottenere dei richiami di forza esplosiva, visto che la gara sarebbe finita in volata. Per il resto ha recuperato. In questi casi non conta cosa fai il giorno prima, ma cosa hai fatto nei due mesi precedenti. E a proposito di dedizione ed entusiasmo…

Che cosa?

Rachele lavora molto bene in altura. Per cui prima del Giro è andata per 20 giorni a Livigno. Ha lavorato bene sull’endurance, ma lassù non è tanto il caso di fare i lavori di intensità. Allora sapete cosa ha fatto? Ha sfruttato un passaggio e a metà ritiro si è trasferita a Montichiari per tre giorni. Ha fatto tutti i lavori di intensità in pista, poi essendole saltato il passaggio per tornare a Livigno, il quarto giorno è ripartita da sola fra treno a pullman. Un giorno di viaggio da sola, a conferma della sua determinazione. E in altura è tornata anche fra Giro e Tour. Una decina di giorni, poco per qualsiasi protocollo di preparazione. Ma in pianura c’erano 40 gradi e andare su le è servito per stare più al fresco. Se non è entusiasmo questo…