La stagione 2025 di Salice è iniziata nel migliore dei modi grazie alle imprese dei suoi atleti. Tra questi risultano quelle dei ragazzi della formazione continental Petrolike che nelle gare in Spagna di gennaio e febbraio hanno messo insieme diversi risultati di valore. Gli atleti della formazione gestita da Marco Bellini possono contare quindi sul supporto tecnico dei prodotti Salice, una realtà storica che negli anni si è affermata nel ciclismo professionistico e non solo.
Il kit fornito alla squadra messicana prevede l’occhiale 023 e il casco Gavia. Due prodotti iconici di Salice, progettati e studiati per offrire il massimo del supporto sia per comfort che per tecnica. Abbiamo avuto modo di incontrare i ragazzi della Petrolike al Trofeo Laigueglia, prima gara del calendario italiano. La formazione continental sarà anche al via delle gare internazionali under 23, nelle quali uno degli atleti da seguire sarà Kevin Navas, ecuadoregno classe 2005 laureatosi campione nazionale U23 a cronometro.
Gli atleti della Petrolike alla partenza del Trofeo LaiguegliaUno dei riferimenti del team è Jonathan CaicedoGli atleti della Petrolike alla partenza del Trofeo LaiguegliaUno dei riferimenti del team è Jonathan Caicedo
Gli occhiali
Salice ha fornito ai ragazzi della Petrolike uno dei suoi modelli di punta: lo 023. Un modello che ha tra le sue caratteristiche principali un peso davvero contenuto, solo 31 grammi. Questo grazie alla montatura che profila solamente la parte superiore della lente. I tecnici di Salice hanno curato molto anche l’aspetto estetico con le aste che creano un effetto continuo.
Una parte molto importante quando si parla di occhiali riguarda la scelta delle lenti, soprattutto nel momento in cui si entra in contatto con atleti professionisti, i quali utilizzano i prodotti in ogni condizione meteo. Il modello 023 è dotato di un’ampia lente in policarbonato, trattata con il sistema HC – High Contrast – che migliora il contrasto ampliando il senso di profondità. Inoltre Salice ha lavorato la lente con un trattamento antiriflesso e idrofobico.
«Con questi occhiali – ci racconta Lorenzo Peschi ai margini del Trofeo Laigueglia – mi trovo molto bene sia per comodità che per leggerezza. Inoltre Salice ci fornisce due modelli di lenti differenti: una blu che è adatta a giornate di sole e con una luminosità parecchio accentuata. Ci sono, inoltre, delle lenti arancioni. Quest’ultime sono pensate per condizioni di meteo avverse, quando la luce è debole e serve avere una lente che cattura la luminosità per migliorare la visibilità».
Gli occhiali utilizzati dal team Petrolike sono il modello 023Il casco Gavia ha nella parte laterale una guida dotata di calamita per agganciare gli occhialiUn particolare che ha colpito Lorenzo Peschi è la continuità a livello estetico della bandiera italiana tra casco e occhiali Gli occhiali utilizzati dal team Petrolike sono il modello 023Il casco Gavia ha nella parte laterale una guida dotata di calamita per agganciare gli occhialiUn particolare che ha colpito Lorenzo Peschi è la continuità a livello estetico della bandiera italiana tra casco e occhiali
Casco
Il kit fornito da Salice si completa con il casco Gavia, un modello iconico del brand che ha accompagnato diversi atleti a tanti successi. Si tratta di un casco leggero e allo stesso tempo molto ventilato, questo grazie ai quindici fori presenti sulla calotta che garantiscono un continuo ricambio d’aria all’interno. Il modello Gavia è realizzato con la tecnologia in-moulding ed è dotato di un sistema “antiscalzamento” e il rotore micrometrico di regolazione posteriore ospita una luce di sicurezza. Sulla calotta Salice ha inserito due guide che servono per agganciare gli occhiali, queste sono dotate di una calamita che facilita l’operazione. Una soluzione molto apprezzata dagli atleti quando in gara ogni secondo conta.
Nel rotore posteriore Salice ha inserito una luce rossa, per aumentare la visibilitàNel rotore posteriore Salice ha inserito una luce rossa, per aumentare la visibilità
«Anche con il casco – continua a raccontarci Lorenzo Peschi – mi trovo molto bene per quanto riguarda la leggerezza. Il modello Gavia, che usiamo in gare con tanto dislivello, ci permette di avere sempre la giusta temperatura internamente alla calotta. Avere una luce di sicurezza posizionata nel rotore posteriore è una scelta utile soprattutto per gli allenamenti, ci rende più visibili in strada e non è una cosa da poco».
LALLIO – Certi articoli ti capitano tra le mani, delicati come fossero fatti di cristallo. Mentre Fabio Felline ritirava le sue nuove biciclette al Trek Store in provincia di Bergamo ci si rendeva conto di come il torinese fosse in procinto di cambiare vita. Durante quella mattinata l’ex corridore professionista faceva fatica a distaccarsi dal modo di parlare degli atleti. D’altronde non si può pretendere di voltare pagina nella propria vita come se si fosse davanti a un libro. Tante volte si usa questa metafora quando si vuole dire che una persona è davanti a un grande cambiamento. La vita, però, non gira pagina ma continua tenendo ben saldo quanto si è scritto in precedenza.
L’Androni Giocattoli è stata la squadra di Gianni Savio, che ha lanciato tanti corridori italiani, qui con CattaneoL’Androni Giocattoli è stata la squadra di Gianni Savio, che ha lanciato tanti corridori italiani, qui con Cattaneo
L’animo torinese
Il destino poi a volte si mette di traverso, decidendo di metterti alla prova in maniera definitiva. Così nell’inverno che lentamente ha decretato l’addio di Felline al ciclismo agonistico si è aggiunta anche la perdita di un punto di riferimento: Gianni Savio. Il “Principe” era diventato un punto saldo nella vita di Fabio Felline e del ciclismo italiano. Per anni la sua figura ha rappresentato il ponte attraverso il quale speranze di corridori provenienti da terre lontane si sono aggrappate per cercare un posto nel ciclismo che conta. Savio per Felline è stato prima un nome lontano, poi un team manager e infine cognato e nonno.
«Gianni – racconta Felline in un angolo dello store – l’ho conosciuto quando ero un bimbo, poi il nostro rapporto di lavoro si è concretizzato tra il 2011 e il 2012 dopo la chiusura della Geox-TMC Transformers, squadra in cui correvo appena passato professionista. Durante quell’inverno avevo voglia di tornare a una dimensione più piccola di ciclismo, nonostante avessi la possibilità di andare alla Liquigas. Scelsi, invece, di correre all’Androni Giocattoli con Gianni (Savio, ndr) che era la squadra di Torino e di un manager torinese».
Non solo italiani, l’Androni è stata il trampolino di lancio per tanti atleti sudamericani, qui Savio con BernalNon solo italiani, l’Androni è stata il trampolino di lancio per tanti atleti sudamericani, qui Savio con Bernal
Che anni sono stati per te?
Di quelle stagioni ho ricordi molto belli, sono riuscito a vincere quattro corse e, cosa più importante, mi sono trovato benissimo. Sono stati due anni cruciali, che mi hanno permesso di spiccare il volo verso le grandi squadre. Da lì è iniziato il mio percorso di sei anni in Trek, poi è arrivata la parentesi dell’Astana e ancora la Trek.
Cosa ti ricordi del vostro primo incontro?
Appena l’ho conosciuto ho avuto l’impressione di aver davanti un signore, di quelli che oggigiorno ce ne sono sempre meno. Si è dimostrato subito una persona di parola. La prima volta che lo vidi nell’inverno del 2011 gli dissi che sarei voluto entrare nella sua squadra. Lui mi chiese qual era il mio contratto e in nemmeno una settimana mi fece una proposta di pari livello. Avrebbe potuto farla a ribasso ma visto che alla Geox avevo firmato un contratto triennale decise di rispettarlo.
Per le stagioni 2012 e 2013 Felline ha corso alla corte di Savio, ottenendo quattro vittorieNegli anni Savio è stata una figura di riferimento per FellinePer le stagioni 2012 e 2013 Felline ha corso alla corte di Savio, ottenendo quattro vittorieNegli anni Savio è stata una figura di riferimento per Felline
Che team manager era?
Super positivo, grintoso. Il suo motto era, prima di partire, “cattivi e determinati”, ovviamente in senso agonistico. La cosa bella era che non si abbatteva mai, cercava sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno. Non l’ho mai visto fare una scenata davanti ai corridori, piuttosto ti prendeva da parte e ti parlava faccia a faccia. Savio era una persona in grado di gestire perfettamente i rapporti umani e di lavoro, caratteristica che lo ha reso impeccabile.
Anni dopo è tornato nella tua vita, ma in vesti differenti.
Tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 ho incontrato sua figlia, Nicoletta. Sapevo che Gianni avesse una figlia ma fino a quel momento non avevo mai avuto modo di conoscerla. Da lì si è creata quella che è stata la nostra storia personale: una famiglia con un piccolo che si chiama Edoardo, e Gianni che era suo nonno.
Qui Savio con la famiglia, a sinistra la figlia Nicoletta, compagna di FellineQui Savio con la famiglia, a sinistra la figlia Nicoletta, compagna di Felline
Dal lato familiare che “Savio” hai conosciuto?
La cosa bella è che uno nel mondo della bici lo mitizzava un po’, lui era il “Principe”. Invece era una persona da scoprire, con le sue manie ma anche le sue cose semplici. Aveva un rapporto stupendo con gli animali, di rispetto. Piccole cose che ti fanno capire l’animo buono, come andare a trovare e dar da mangiare al cavallo di sua figlia Nicoletta. Aveva anche una grande passione per i cani. Se in casa trovava una formica o un ragno non li schiacciava, ma prendeva un pezzo di carta per farli passare sopra e metterli fuori dalla finestra.
Qual è l’aspetto più bello della persona che ti porti un po’ anche dietro?
Che non si lamentava mai, non demordeva mai, a volte quasi ti infastidiva (ride, ndr) e ti chiedevi come fosse possibile che non avesse mai un problema. Aveva sempre questo lato positivo, ed è una cosa che mi ha sempre colpito perché, al contrario, io sono più brontolone. A volte anche Nicoletta mi diceva: «Dovresti prendere da mio papà sotto certi aspetti». E in qualche modo ho sempre cercato di farlo.
Il lato “nascosto” di Gianni Savio, nonno amorevole. Qui con il piccolo EdoardoIl lato “nascosto” di Gianni Savio, nonno amorevole. Qui con il piccolo Edoardo
Invece dal lato ciclistico com’è cambiato il vostro rapporto negli anni?
Era super rispettoso, se avevo voglia di parlare lui c’era, altrimenti non si intrometteva. In passato gli ho chiesto dei consigli, anche aiuto quando ne ho sentito il bisogno. Però non era mai una figura invasiva, ma una porta a cui bussare.
C’è stato un momento in cui hai avuto l’esigenza di bussare a quella porta?
Sì, tante volte. Anche solo a fine del 2024 quando non sapevo bene cosa fare. Savio fino all’ultimo mi ha dato una mano, cercando una soluzione, oppure anche con una parola di conforto per farmi vedere il bicchiere mezzo pieno, come solo lui era capace di fare. E’ una persona che manca e che secondo me mancherà sempre di più.
La chiusura della Drone Hopper è stato un duro colpo per il “Principe”La chiusura della Drone Hopper è stato un duro colpo per il “Principe”
Hai corso con lui in Androni, squadra che poi ha chiuso nel 2022 è stato un colpo duro?
Mi è dispiaciuto perché quella squadra è sempre stata un po’ la sua ragione di vita, nel ciclismo. Quindi sicuramente vedevi che, nonostante lui abbia sempre mantenuto la sua proverbiale positività, era un uomo che dentro di sé era stato ferito. il progetto era continuato con la Petrolike, peccato che non abbia potuto continuare a viverlo.
Il ricordo di Gianni che ti porti dentro?
Dal lato personale certi consigli dietro le quinte, quando ti diceva determinate cose. Ma quelli li voglio tenere per me. Però sapeva trovare il momento giusto per dirti qualcosa, e quando lo faceva il suo consiglio o la sua parola prendevano un valore incredibile.
Da ciclista, invece?
D’inverno capitava che mi dicesse: «Fabio, andiamo a berci una cioccolata calda?». Solo perché voleva parlarmi e chiedermi come andasse la vita, per sapere se tutto fosse in ordine. Cose d’altri tempi che nessun manager fa più. Quelli sono i comportamenti e le attenzioni per i quali rimarrà un personaggio unico.
Gianni Savio se n’è andato lasciando in eredità il suo ennesimo tributo al ciclismo italiano. Il dirigente scomparso a 76 anni era stato infatti “costruttore” della Petrolike, il team di licenza messicana fortemente voluto per dare uno spazio di crescita ai corridori locali, ma aveva fatto subito presente come fosse necessario, per conseguire i suoi ambiziosi traguardi, infarcire il roster di corridori svezzati, pronti al ciclismo europeo e quindi italiani.
Tra i tanti campioni scoperti dal dirigente piemontese anche Egan Bernal, rimastogli sempre affezionatoTra i tanti campioni scoperti dal dirigente piemontese anche Egan Bernal, rimastogli sempre affezionato
L’ultima avventura, che Savio non ha potuto vivere, vedere concretizzarsi e questo è uno dei più forti rammarichi che ha lasciato in Marco Bellini, il suo braccio destro da 25 anni (con lui nella foto di apertura alla presentazione del Giro 2012: con loro Rujano). Per lui parlarne, a qualche settimana di distanza dalla scomparsa di quello che innanzitutto era un amico, non è semplice: «Per 25 anni sono stato più con Gianni che con mia moglie. Ho iniziato nel 2001 come diesse, poi dal 2010 sono entrato nella società e ci eravamo divisi i compiti in maniera chiara: io mi occupavo della parte gestionale, del rapporto con gli sponsor, lui della stampa, delle pubbliche relazioni».
Gianni era uomo di un ciclismo antico, come faceva a rimanere al passo con uno sport che è cambiato così tanto?
Era un personaggio con un carattere diverso, non aveva bisogno di adattarsi, anzi a questo ciclismo metteva un freno. Per due volte ha avuto la possibilità di fare il vero salto di qualità, nel 2011 e nel 2017 ma in entrambi i casi ha scelto di non venire meno allo spirito del team, al “suo” ciclismo per conformarsi. Sicuramente aveva una concezione che mancherà in questo mondo.
Savio insieme a Ponomar, l’ucraino ultimo acquisto della PetrolikeSavio insieme a Ponomar, l’ucraino ultimo acquisto della Petrolike
E’ sempre rimasto legato all’altra parte dell’Oceano, perché?
Perché la sua natura era davvero vicina alla cultura, alla società, al modo di vivere in quelle terre. Lì si sentiva a casa sua e lo accoglievano come fosse di lì. Sempre. Trovava un ambiente ospitale che fosse in Colombia, in Venezuela, in Messico. Era sempre in contatto con i media locali. Attraverso di lui il ciclismo sudamericano si è evoluto, partendo da Cacaito Rodriguez, Leonardo Sierra, José Rujano. Ne ha tirati fuori tanti avvalendosi anche dei suoi infiniti contatti con appassionati del posto. Lo stesso Bernal è una sua scoperta.
Perché dici che la Petrolike resta un rammarico?
Non ha potuto viverla appieno. Era ormai un anno e mezzo che per le sue condizioni di salute non poteva uscire di casa e per lui il ciclismo andava vissuto sul posto. Dopo l’operazione all’anca gli mancavano le corse. La squadra è stata la sua ultima creatura, per certi versi il suo lascito, infatti era stato chiaro nella volontà di partire sì con un progetto locale ma poi, se volevano davvero farlo crescere, renderlo multinazionale e con un’anima italiana, come sta avvenendo.
Secondo anno di vita per la formazione messicana, ultima scommessa di Gianni SavioSecondo anno di vita per la formazione messicana, ultima scommessa di Gianni Savio
La squadra cambia un po’ pelle rispetto alla stagione precedente…
Seguiamo i programmi che ci siamo dati sin dalla sua fondazione. Il primo anno è stato molto positivo, ora dobbiamo crescere come qualità per poi, se tutto andrà bene, provare a fare il salto fra le professional nel 2026. Il cambiamento si vedrà subito, infatti saremo a Mallorca e nelle corse spagnole d’inizio stagione, affrontando subito le squadre WorldTour e consentendo ai ragazzi di fare una grande esperienza.
E’ un team che diventa molto italiano.
Lo era già, non solo attraverso la mia presenza, ma abbiamo Fabrizio Tacchino come preparatore, Andrea Peschi fra i diesse, il nutrizionista Cristiano Caporali che viene dalla nazionale di triathlon. Poi chiaramente ci saranno i corridori e qui abbiamo cercato gente d’esperienza, che potesse essere utile per insegnare e dare l’esempio ai più giovani certamente non senza inseguire le proprie ambizioni personali, che sono anche quelle del team.
Lorenzo Galimberti è uno dei tre italiani scelti per dare esperienza al team messicano (foto Facebook)Lorenzo Galimberti è uno dei tre italiani scelti per dare esperienza al team messicano (foto Facebook)
Su chi avete puntato?
Noi abbiamo scelto tre corridori, tutti con caratteristiche diverse. Per Filippo D’Aiutomi sono affidato molto all’esperienza di Peschi che conosce bene il mondo degli under 23. Filippo racchiude quelle caratteristiche che cerchiamo, un corridore giovane ma con un grande equilibrio personale e una spiccata personalità. C’è poi LorenzoGalimberti che sarà importante nelle corse impegnative, vista la sua propensione per le salite e infine LorenzoPeschi, il figlio di Andrea che aiuterà gli sprinter.
Italiani a parte, la punta del team resta Caicedo?
Certamente, è il nostro diamante e nella prima stagione lo ha dimostrato portando a casa molti risultati, ma abbiamo alle sue spalle molti corridori che possono crescere proprio cibandosi della sua esperienza, come i fratelli Prieto o anche Macias. Inoltre arriva nel team anche l’ucraino Andrii Ponomar, che ha una gran voglia di rivalsa. E’ ancora giovane e con grandi potenzialità inespresse. E’ una squadra con un grande potenziale, ma aveva bisogno dell’iniezione di esperienza soprattutto perché buona parte del suo calendario sarà in Europa, in gare di elevato prestigio. Correre nel Vecchio Continente è la scuola migliore, ma bisogna farlo con approccio umile, cercando d’imparare il più possibile.
Caicedo resta la punta della squadra, ma quest’anno non sarà l’unicaCaicedo resta la punta della squadra, ma quest’anno non sarà l’unica
Partite subito forte…
Sia chiaro che non andiamo in Spagna con l’intento di fare chissà cosa, i ragazzi devono essere consci che saranno di fronte al meglio del movimento. Io voglio che acquisiscano esperienza, che capiscano com’è il ciclismo a certi livelli, ben diverso da quello che hanno affrontato finora. E’ un grande sacrificio che facciamo, ma sono sicuro che è per una buona causa. Questo anche grazie ai nostri dirigenti, che non chiedono risultati immediati, che capiscono qual è la nostra realtà e affrontano tutto con pazienza e concretezza.
Per la professional che altri passi serviranno?
Dovremo arrivare a un roster di 20 corridori, equamente divisi fra sudamericani ed europei e soprattutto dovremo prendere corridori che siano in grado di raccogliere risultati. Sarà un altro passo importante, imponente direi e potremo farlo solo con l’appoggio delle aziende che ci supportano, come Sidermec e Androni Giocattoli che sono sempre rimaste al nostro fianco come anche Salice Occhiali e Pella Sportswear. Ma intanto pensiamo alla stagione alle porte, per dare continuità al nostro discorso.
La vittoria di Macias nella tappa del Giro del Friuli, una delle perle del 2024 (foto Bolgan)La vittoria di Macias nella tappa del Giro del Friuli, una delle perle del 2024 (foto Bolgan)
E per salutare Gianni nella maniera migliore…
La cosa che mi manca di più è quel telefono che squilla alle 11 del mattino. Era come una sveglia: Gianni era solito alzarsi tardi, infatti soffriva quando era al Giro e doveva svegliarsi presto. Durante la giornata ci sentivamo spesso, anche alla sera la sua ultima chiamata era per me. Ma cascasse il mondo, alle 11 del mattino il telefono squillava. E oggi a quell’ora mi capita di guardare lo smartphone e pensarlo…
Giovanni Ellena è il diesse della Androni Giocattoli-Sidermec e ci racconta in che modo la squadra sia passata dall'esclusione al ripescaggio per il Giro
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Nel guardare la classifica dell’ultimo Sibiu Tour non bisogna lasciarsi ingannare. E’ vero, il vincitore è stato Florian Lipowitz, tedesco della Red Bull Bora Hansgrohe, ma al cospetto di questo e di altri team WorldTour, protagonista è stata anche la Petrolike e in particolare il suo leader Jonathan Caicedo, vincitore di una tappa e secondo nella classifica della montagna. Non contento, l’ecuadoregno ha anche colto un positivo 5° posto al successivo Giro dell’Appennino, confermando di vivere un particolare momento di forma.
Sin dagli esordi del team Petrolike, la presenza in esso di Caicedo era risultata abbastanza sorprendente, perché il sudamericano è a tutti gli effetti un corridore da WorldTour, che non sfigurerebbe in un grande giro, come cacciatore di tappe o tra i principali scalatori del gruppo. Eppure ha fatto una scelta controcorrente. Il manager del team Marco Bellini, da sempre vicino alle avventure in giro per il mondo di Gianni Savio, spiega da dove la sua scelta è nata.
La vittoria in solitudine nella terza tappa della corsa rumena, poi chiusa al 27° postoLa vittoria in solitudine nella terza tappa della corsa rumena, poi chiusa al 27° posto
«La Petrolike è nata con un programma quinquennale molto ambizioso, che entro il 2026 deve portare il team fra le principali Professional internazionali. Proprio in questi giorni stiamo stabilendo gli ulteriori passi da effettuare. Sin dall’inizio si era pensato di investire su due corridori sudamericani in grado di portare risultati, di spiccare per promuovere il marchio del team e il profilo di Caicedo, come quello del più giovane Camargo rispecchiava le nostre esigenze».
Caicedo chiaramente risulta quasi fuori contesto visto il suo valore, come ha accettato questa situazione?
Chiaramente c’è stato un discorso economico alla base, ma non solo. Sono due elementi di livello inusuale nell’attività del continente e si è visto nella portata e nel numero dei risultati portati a casa. Caicedo ha iniziato forte vincendo la Vuelta al Tachira, la Vuelta Bantrab, poi è stato protagonista al Giro di Colombia, fino al successo in Romania. Camargo ha avuto problemi fisici, ma ci aspettiamo molto da lui nella seconda parte di stagione.
Caicedo aveva iniziato il 2024 aggiudicandosi la Vuelta al Tachira, oltre alla quarta tappaCaicedo aveva iniziato il 2024 aggiudicandosi la Vuelta al Tachira, oltre alla quarta tappa
Quella rumena era corsa di una categoria superiore rispetto a quelle che avete affrontato…
Io, tra i vari team in cui ho militato, ci sono stato almeno sei volte e sapevo le sue caratteristiche, adatte ai nostri corridori. Ho notato però, rispetto al passato, come il livello generale sia più alto e come ormai sia un traguardo ambito anche dai team della massima serie, per questo i risultati ottenuti acquisiscono un valore maggiore. Caicedo nell’occasione ha confermato di essere uno scalatore di vaglia, come se ne vedono pochi in giro per le gare, di qualsiasi livello esse siano.
Allargando un po’ il discorso alla squadra, Caicedo è visto solo come un leader per conquistare punti o anche come un riferimento per i più giovani?
Domanda interessante che mi consente di fare un distinguo: l’obiettivo primario della Petrolike è essere uno strumento di crescita per i migliori prospetti messicani e consentire loro di trovare posto in grandi team. Per questo servono sì esempi, ma anche corridori in grado di insegnare ed è questo un elemento di discussione in questi giorni. Abbiamo bisogno di corridori che possano fare un po’ da “chioccia”, che abbiano sufficiente esperienza in questo mondo per insegnare ai talenti messicani, come ad esempio i due gemelli Prieto, appena vent’anni e tante possibilità.
Il Team Petrolike è nato quest’anno, ma ha grandi ambizioni già per il 2026Il Team Petrolike è nato quest’anno, ma ha grandi ambizioni già per il 2026
Come si stanno trovando i ragazzi al loro approccio europeo?
L’inizio non è stato facile perché nelle prime corse, in particolare Laigueglia e Croazia, hanno trovato tanto freddo al quale non erano abituati, uno sbalzo di temperatura che ha provocato bronchiti, raffreddori e un generale calo di condizione. Ora la situazione va molto meglio e i risultati lo stanno evidenziando.
La squadra ha un roster tutto centro-sud americano ma una dirigenza europea. E’ possibile che l’evoluzione della squadra passi per l’acquisizione di corridori del Vecchio Continente, magari italiani?
E’ proprio questo l’obiettivo: noi abbiamo un Caicedo che è un vincente, ma come detto prima ci serve chi stia più vicino ai giovani, svolga quel ruolo di “regista in corsa” che ci manca attualmente, per questo stiamo identificando 3-4 identikit di corridori europei che possano fare al caso nostro. Corridori che accettino di scendere di categoria abbracciando il nostro più che ambizioso progetto. Potrebbero anche essere italiani, perché no.
Per Andres Camargo un inizio stagione più difficile rispetto al connazionalePer Andres Camargo un inizio stagione più difficile rispetto al connazionale
Dove state cercando?
Un po’ dappertutto, ma dopo una scelta primaria per capire se i corridori prescelti facciano al caso nostro. E’ chiaro che deve essere gente che alla bisogna possa anche prendersi carico del team, finalizzare e portare risultati. Quel che conta è portarne qualcuno alla nostra causa, che abbracci il nostro progetto e voglia crescere insieme a noi.
Lo scorso anno l’avventura colombiana della GW Shimano, oggi il dirottamento verso il Messico e la Petrolike: il nuovo progetto che vede protagonista Gianni Savio e Marco Bellini. Il manager torinese tiene fede alla sua fama di giramondo e di innovatore del ciclismo, novello Caronte che ha attraversato mille fasi, ma che con la sua esperienza frutto dei tanti anni sulle strade è ancora all’avanguardia anche nel ciclismo contemporaneo.
Gianni Savio, 75 anni. La Petrolike è la sua tredicesima squadra dal 1992Gianni Savio, 75 anni. La Petrolike è la sua tredicesima squadra dal 1992
Tutto nasce da “Don Hector”…
Che cos’ha di particolare la Petrolike? La curiosità nasce soprattutto da un nome, praticamente il primo che è stato ingaggiato: Jonathan Caicedo. Non un corridore qualsiasi, perché parliamo del vincitore di una tappa al Giro d’Italia appena tre anni fa. L’ecuadoriano, insieme a Camargoha lasciato il “paradiso” del WorldTour per entrare in una squadra certamente ambiziosa, ma che rientra ancora fra le continental. Un passo indietro che stupisce. D’altronde la differenza di consistenza si è vista subito, considerando il suo trionfo alla Vuelta al Tachira. Il battesimo della squadra messicana non poteva essere migliore.
Savio non c’era: ancora alle prese con i postumi di un intervento chirurgico, è rimasto in Italia tenendosi in contatto con il team via telefono e in particolare con il diesse David Plaza, anche lui dal passato consistente, con 13 anni da professionista.
«Il progetto – spiega Savio – è frutto della passione deltitolare della Petrolike, Don Hector Guajardo. Pensate che gestisce una delle più grandi imprese petrolifere del Centro e Sud America, eppure ogni giorno non manca di farsi la sua uscita in bici. Nel progettare il team, il magnate messicano ha pensato a noi come gestori tecnici, ma anche a prendere almeno un corridore di fama, in grado di garantire l’immagine fin da subito per pilotare la squadra verso il suo futuro, destinato, lo dico subito, quantomeno a una professional in breve tempo».
Caicedo, 30 anni, aveva vinto la tappa del Giro 2020 sull’Etna, con 21″ su ViscontiCaicedo, 30 anni, aveva vinto la tappa del Giro 2020 sull’Etna, con 21″ su Visconti
Su che basi Caicedo ha fatto questo passo indietro? Non è una cosa comune…
Il suo ingaggio dall’EF Education EasyPost è stato deciso direttamente dalla dirigenza messicana, Jonathan è arrivato anche prima di me e Bellini. Hector è un personaggio schivo, che non vuol neanche apparire troppo, tanto che non è voluto essere presente nel video di presentazione, ma ha idee molto chiare. La scelta di Caicedo è giustamente stata legata a fattori economici, d’altronde parliamo del campione nazionale di un Paese piccolo, ma che nel ciclismo inizia a contare.
Com’è stata costruita la squadra?
Con Jonathan c’è Camargo che è un corridore in crescita, poi Nelson Soto che ha corso nella Caja Rural ed è un buon velocista, che nel Continente può fare la differenza. Con loro una serie di giovani messicani molto promettenti. L’intento di base della squadra è promuovere il ciclismo in Messico e portarlo a livello internazionale. Dopo l’esperienza del gruppo di Ugrumov a San Marino, da dove è emerso un talento come Del Toro, c’era bisogno di dare ulteriore impulso al movimento che ha grandi potenzialità. Poi un tecnico come Plaza è già una garanzia per un progetto destinato a durare.
Il trionfo di Caicedo a Tovar, che gli è valso la vittoria alla Vuelta al Tachira (foto Diario de los Andes)Il trionfo di Caicedo a Tovar, che gli è valso la vittoria alla Vuelta al Tachira (foto Diario de los Andes)
Un progetto legato solamente al Messico e/o al Continente Americano o ci sarà spazio anche per corridori italiani?
Io e Marco siamo abituati ad andare per gradi, fare un passo alla volta soprattutto dopo esperienze ancora recenti che ci hanno scottato come quella della Drone Hopper. Iniziamo intanto con questo gruppo, con un livello continental portando i ragazzi a gareggiare in Europa e anche in Italia, dove già abbiamo ricevuto diversi inviti. Procediamo sulla base di un programma condiviso, se tutto andrà come deve già dal prossimo anno potremo chiedere la licenza professional e allargare il roster, anche con qualche corridore giovane italiano.
Alla Vuelta al Tachira c’era anche la GW Shimano e quindi la domanda viene spontanea: perché questo vostro cambiamento?
Il rapporto con il team colombiano si è chiuso senza la minima vena polemica, in perfetto accordo. Noi contavamo di poter lavorare su un progetto in divenire, almeno triennale come ci era stato detto con un corposo aumento del budget ogni anno, ma alla fine del 2023 ci è stato detto che i soldi a disposizione erano gli stessi dell’inizio, quindi non eravamo più in grado di sostenere un’attività internazionale. Il team ormai è strettamente colombiano, noi avevamo altre idee quindi ci siamo lasciati senza alcun rancore. Venivamo da una grande stagione, con ben 32 corse vinte tra cui alcune anche importanti, basti pensare alla doppia presenza nella Top 10 del Giro Next Gen. Le basi tecniche c’erano, ma non quelle economiche.
La volata vincente di Nelson Soto a San Cristobal. Il colombiano è stato doppio argento ai Panamericani (foto Compasinformativo.com)La volata vincente di Nelson Soto a San Cristobal. Il colombiano è stato doppio argento ai Panamericani (foto Compasinformativo.com)
Alla Petrolike c’è una situazione diversa?
Parliamo di investimenti molto maggiori, di spunti importanti e della volontà di promuovere l’attività nel Paese e non solo. Da una parte c’è l’esempio di Del Toro, dall’altro anche quello di Umba, colombiano che proprio partendo dal nostro precedente gruppo sta ora sviluppando la sua carriera che spero sia molto fortunata. Lo dico molto sinceramente: mi piacerebbe che in Italia si tornasse ad avere qualche patron come Don Hector, con la stessa passione e la stessa voglia d’investire, come avveniva nel secolo scorso quand’eravamo l’ombelico del mondo. Allora sì che potremmo rilanciare il ciclismo tricolore…