Pacchetto aerodinamico: vitale per i velocisti e non solo

04.03.2022
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Posizioni schiacciate, spinte potenti e ricerca della massima velocità… Ma per raggiungerla non bastano le gambe. Serve altro in questo ciclismo. Serve il “pacchetto aero”. Si tratta di tutti quei dettagli e di quei materiali che sono pensati per andare più forte, che sono pensati per essere più efficienti dal punto di vista aerodinamico.

Nelle scorse settimane abbiamo parlato dei manubri. Uno degli elementi fondamentali in quanto ad aerodinamica, visto che si tratta di un componente frontale a diretto impatto con l’aria. Stavolta, dato per assodato il “tema manubri” parliamo anche di body, caschi, bici, ruote e persino calzini. Davvero tutto ciò incide? E quanto?

Pasqualon: ruote ad hoc

«Per me il pacchetto aero conta tantissimo – dice Andrea Pasqualon della Intermarché Wanty Gobert – in questo ciclismo estremizzato. Servono velocità altissime per fare risultato e quindi un certo tipo di casco, di body, di bici…  ti aiutano.

«La bici è la prima cosa in questa ricerca della performance. Deve essere il più fluida possibile, con meno parti possibili esposte all’aria. Non a caso diversi velocisti usano telai più piccoli. Da noi per esempio Kristoff (in apertura battuto da Jakobsen, ndr) che dovrebbe avere una taglia 56 usa una 54».

«Il carbonio poi è più rigido. Tutti pensano che la bici del velocista sia più scattante, ma in realtà sul momento dello scatto è più reattiva quella dello scalatore che essendo più elastica risponde prima. Quella del velocista deve essere rigida, non deve disperdere energia. Deve dare supporto.

«E questa credo sia la differenza più importante rispetto ad una bici di 10 anni fa. Credo che a parità di forza oggi con una bici di quei tempi perderei sempre la volata. Le cosiddette bici aero oggi per certi aspetti derivano da quelle da crono. Quando ti alzi e inizi a spingere forte non “tirano indietro” come una volta, ma appunto vanno avanti, sono fluide come dicevo».

«Altri watt si racimolano poi anche con le gomme. Noi con i tubeless risparmiamo circa 7-8 watt a 50 all’ora. E questo conta non tanto in volata quanto nel corso della gara. Pensiamo ad una tappa di 200 chilometri o a una Sanremo che ne misura 300, il dispendio energetico è molto elevato. Sono energie che ti restano nella gambe.

«Altra cosa molto importante che ho notato sono le ruote. Okay, si sa che quelle più alte sono più veloci, ma non è detto che vadano bene per ogni bici. Per esempio, le Fulcrum sono ottime ruote, ma sulla Cube quelle che rendono meglio sono le Newmen, che sono state disegnate appunto per la nostra bici. E non è detto che su un’altra bici siano altrettanto performanti. Anche questi sono dettagli che fanno la differenza. 

«E poi anche il body non va sottovalutato. E’ sempre più diffuso: anche gli scalatori spesso lo usano».

Ruote alte e boby per Kuba

E a proposito di body, questo è l’elemento che forse più di tutti desta l’attenzione di Jakub Mareczko. “Kuba” milita nell’Alpecin-Fenix e in questa squadra si dà grande importanza agli sprinter o comunque ai corridori veloci. Oltre a lui ci sono Van der Poel, Jasper Philipsen, Tim Merlier… tutti motori grossi, grossi in grado di sprigionare potenze incredibili. Fornirgli un pacchetto aero per metterli nelle condizioni migliori al fine di raggiungere velocità più elevate è una priorità più che in altri team.

«Per me – dice Marezcko – in primis c’è la bici (in Alpecin hanno a disposizione la più veloce Canyon Aeroad e la più leggera Ultimate, ndr) e poi c’è il vestiario.

«Possiamo scegliere tra due caschi: uno meno forato e più aero, e uno più leggero ed aerato. Prima del via, a seconda della tappa e del meteo, decidiamo quale indossare. Non credo invece che il guantino faccia grosse differenze. Van der Poel per esempio neanche li usa. Io li metto perché semmai dovessi cadere almeno poi potrei tenere in mano un bicchiere per bere! Tutta esperienza, all’inizio non li mettevo.

«E lo stesso discorso vale per i calzini. Quelli aero che abbiamo sono un po’ più alti e con un materiale sintetico più “liscio” e aderente rispetto a quelli classici, diciamo».

«Poi c’è il body: importantissimo. Quasi tutti ormai lo usano, non solo noi velocisti. E’ decisamente più aderente del set maglia e pantaloncino. Nella zona dell’ombelico quando sei piegato resta più aderente, comprime di più e l’aria scivola via meglio. In più la maglia non sale mai».

Come abbiamo accennato, in Alpecin hanno a disposizione due bici, ma come sempre la parte forse più importante sono le ruote. In tal caso la scelta si allarga a tre modelli, tutti e tre Shimano Dura Ace.

«Abbiamo quelle con profilo da 60 millimetri, quelle da 50 e quelle da 36. Io uso sempre quelle da 60, ogni tanto quelle da 50, anche su percorsi più impegnativi, perché la differenza di peso è poca, mentre si sente la differenza di scorrevolezza».

Parola al tecnico

E dopo aver sentito due velocisti, sentiamo anche l’opinione del tecnico, Giampaolo Mondini, referente tra Specialized, il marchio che rappresenta, e i team che lo stesso brand americano supporta: Quick Step-Alphavinyl, Bora-Hansgrohe e Total Energies.

«In Specialized non forniamo vestiario ai pro’ – spiega Mondini – Però posso dire che tra i team che seguiamo di certo il body con le tasche va per la maggiore. Total Energies e Quick Step utilizzano quello di Castelli. E visto che le gare sono sempre più veloci anche in salita si tende a preferire il body in generale. Un po’ tutti preferiscono il pacchetto aero. Quante volte si viaggia al di sopra dei 50 chilometri orari ormai? Tante direi».

«Qualche anno fa avevamo fatto uno studio sui vantaggi in termini di watt. In galleria del vento avevamo notato che i calzini non hanno nessuna influenza ai fini aerodinamici in quanto con il movimento della pedalata creano una sorta di spostamento d’aria all’interno del “cono aero” e creano delle interferenze, ma è davvero difficile da valutare.

«Discorso diverso se invece parliamo del copriscarpe. Il fatto che sullo scarpino ci siano delle prese d’aria, il copriscarpe chiudendole li rende più veloci. Però bisogna anche valutare l’aerazione del piede, perché se metto il copriscarpe e la temperatura del piede sale troppo o mi disidrato… non è più un vantaggio.

«Quello che invece conta abbastanza è il casco. Noi ne mettiamo a disposizione due modelli: il Prevail, casco “classico”, e l’Evade, casco aero. Possono esserci anche 10 watt di differenza a 50 chilometri orari e per questo motivo è sempre più usato».

Stare nella pancia del gruppo aiuta moltissimo come è noto: in quei frangenti i vantaggi del pacchetto aero sono meno tangibili
Stare nella pancia del gruppo aiuta moltissimo come è noto: in quei frangenti i vantaggi del pacchetto aero sono meno tangibili

Non solo i velocisti…

Nel nostro caso, visto che la bici è unica (la Specialized S-Works Tarmac SL7) si va alla ricerca delle ruote alte, le Rapid con profilo differenziato: 50 millimetri all’anteriore e 55 al posteriore e manubrio sempre della linea Rapid, quindi schiacciato e con piega alare. Chi non usa il Rapid usa il manubrio aero di Pro (brand di Shimano, ndr) con il set integrato. Sono davvero pochi ormai ad optare per quello tradizionale».

Per Mondini il discorso del pacchetto aero non riguarda, e non dovrebbe riguardare, solo i capitani o i velocisti, ma anche e forse quasi di più gli altri corridori, quelli che per la maggior parte del tempo sono in testa al gruppo a tirare e a prendere aria in faccia.

«C’è una grande differenza tra stare davanti e a ruota – conclude Mondini – Per chi sta in mezzo al gruppo il discorso dell’effetto dei watt decade tantissimo. Si risparmia molto, cambiano i vortici di aria. Per assurdo sarebbe più importante che il pacchetto aero ce lo avesse un Tim Declercq, che tira tutto il giorno, che un Alaphilippe che fa la corsa negli ultimi 15 chilometri. Per dire…».