Il gravel secondo Marengo e un messaggio per Pontoni

14.09.2024
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L’intervista a Mattia de Marchi e un commento sotto ad un nostro post sui social hanno aperto lo scrigno del gravel. Una disciplina che è nata per vivere la bicicletta in maniera diversa, all’avventura e che il ciclismo ha fagocitato rendendola, nei suoi appuntamenti iridati, una branchia del professionismo. Tra coloro che si sono “convertiti” al gravel c’è anche Umberto Marengo. Terminata la carriera da pro’ nel 2022 ha iniziato una nuova vita, fatta di un lavoro normale e di gravel.

«Prima – ci spiega nella sua pausa pranzo – c’è stato il capitolo della mountain bike, nel 2023. Mi è servito come anno di transizione, nel quale ho imparato a muovermi nel fuoristrada. Il gravel è quel mix divertente fatto di passione e uno spirito di avventura e condivisione. Ne parlavo con l’organizzatore della Monsterrato (da quest’anno rinominata Monsterrando, ndr), l’evoluzione dell’agonismo nel gravel è incredibile. C’è l’aria competitiva, ma lo spirito rimane sereno e tranquillo. Al centro rimane la passione per la bici, lontano dalla strada e dai suoi tanti stress».

La passione verso questa disciplina è sbocciata alla Serenissima Gravel nel 2022
La passione verso questa disciplina è sbocciata alla Serenissima Gravel nel 2022
Come ti sei appassionato a questa disciplina?

E’ successo l’ultimo anno da professionista, nel 2022, quando ho corso la Serenissima Gravel. Mi sono presentato al via senza sapere cosa fosse e alla fine ho fatto anche bene, sono arrivato ottavo o nono. Ricordo di essermi divertito parecchio e nel farlo avevo scoperto una nuova disciplina. Nel 2023, una volta chiusa la Androni, ho corso in mtb ma il pallino del gravel mi era rimasto. 

Ci sei arrivato quest’anno…

Grazie al posto in cui lavoro da novembre, un negozio di bici. Hanno una squadra, si chiama MenteCorpo, mi hanno proposto un calendario gravel e ho detto subito di sì. E’ stato un cambio di mentalità, quando esco su sterrati la mente si libera, stai nel tuo mondo e ti diverti. Chiaro che ci sono passaggi tecnici e difficili, ma è un confronto che riguarda se stessi e le proprie abilità. In strada c’è l’automobilista che ti chiude oppure il traffico, insomma si è più nervosi. Nel gravel non litighi con nessuno (ride, ndr) al massimo con te stesso se cadi.

Marengo grazie al team MenteCorpo ha potuto gareggiare con maggiore continuità nel gravel
Marengo grazie al team MenteCorpo ha potuto gareggiare con maggiore continuità nel gravel
Come riesci a far quadrare lavoro e preparazione?

Lavorando a tempo pieno, le ore per uscire in bici sono limitate, ma riesco a fare tutto. Il più delle volte pedalo in pausa pranzo o nel fine settimana se non corro. 

I risultati sono arrivati, tra cui il quinto posto ai campionati italiani e il settimo alla Monsterrando.

Mi ero posto l’obiettivo di andare forte, o comunque al massimo delle mie possibilità. Sto andando bene e il sogno sarebbe quello di partecipare al mondiale o all’europeo. I punti per qualificarmi alla prova iridata sono arrivati, quindi il sogno continua. Sarebbe bello anche per com’è andata la mia carriera su strada, sarebbe una soddisfazione a livello morale. 

Alla Monsterrando, il 31 agosto, ha chiuso in settima posizione
Alla Monsterrando, il 31 agosto, ha chiuso in settima posizione
Con questa professionalizzazione del gravel lo vedi ancora un obiettivo possibile?

Diciamo che le dinamiche di convocazione mi mettono un po’ con i piedi per terra, tanto che con il cittì Pontoni non ci ho mai parlato direttamente. Le priorità vanno verso altri corridori, quindi viene difficile convocare Marengo. Sarebbe bello però avere, al mondiale o all’europeo, qualche corridore in più che fa parte di questo mondo. 

Invece arrivano i professionisti. 

La nazionale è fatta da chi fa risultato. Chi fa il corridore di professione ha un’altra gamba rispetto a me che lavoro otto ore al giorno e vado in bici quando riesco. Però credo di aver dimostrato che vado forte. Non sono contrario ai professionisti nel gravel, ma penso che debba essere un’esperienza per entrambi. Il ciclista prova qualcosa di nuovo, mentre chi corre già nel gravel ha la possibilità di fare una gara accanto a dei campioni. 

Nonostante il tempo limitato da dedicare agli allenamenti, i risultati non mancano: il sogno sarebbe una convocazione in azzurro
Nonostante il tempo limitato da dedicare agli allenamenti, i risultati non mancano: il sogno sarebbe una convocazione in azzurro
Più spazio a chi vive questa disciplina tutto l’anno?

Sarebbe bello, ma questa cosa deve partire da chi fa le convocazioni. Pensate di avere in nazionale due professionisti e per il resto chi fa gravel tutto l’anno ad alti livelli. Una nazionale mista permette a tutti di fare un’esperienza bellissima a mio modo di vedere. Ma serve tutelare chi fa gravel come prima disciplina.

Pontoni e la gravel, un’evoluzione già vissuta

03.09.2022
5 min
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Girando nella zona di partenza/arrivo della Monsterrato Race, la gara italiana inserita nelle Uci World Series in programma nel primo fine settimana di settembre a Quattordio (AL) si respira forte la sensazione di novità, di addentrarsi in un mondo sconosciuto e alla ricerca di una sua identità agonistica, quale quello della gravel. La gara piemontese precede i campionati italiani di Argenta e i mondiali che si svolgeranno in Veneto, un trittico al termine del quale si saprà molto di più del futuro della specialità. Ma nelle sue riflessioni il cittì della nazionale Daniele Pontoni va anche oltre.

Pontoni è stato un pioniere, da atleta, della mountain bike e affrontando ora per ora la vigilia dell’evento internazionale, ammette di respirare la stessa aria che c’era ai primordi del ciclismo offroad: «Mi sembra di vivere in un deja vu, di affrontare quel che avevo già vissuto agli inizi degli anni Novanta, quando la mtb iniziava a diffondersi. Non era ancora stata ammessa nel programma olimpico, era vista ancora come qualcosa di nuovo, di strano, anche di assurdo da parte degli integralisti del ciclismo su strada. Sappiamo tutti com’è andata a finire e sarà così anche per la gravel».

Monsterrato Race
La Monsterrato Race si disputa a Quattordio (AL) su una distanza di 125 km
Monsterrato Race
La Monsterrato Race si disputa a Quattordio (AL) su una distanza di 125 km
Effettivamente si parte fra mille incertezze, anche dal punto di vista regolamentare…

Non potrebbe essere altrimenti, stiamo entrando in un mondo sconosciuto, che andrà a formarsi e a crescere esattamente com’è avvenuto per la mountain bike, fra esperimenti, alcuni riusciti e altri sbagliati, fino ad arrivare a una conformazione più chiara. Guardate ad esempio alle distanze: una gara di gravel può essere compresa fra i 50 e i 200 chilometri, questo significa che bisogna ancora trovare il format giusto, il che comprende anche fattori come dislivelli, tipologie del terreno, tempi di percorrenza. Ogni gara è un unicum, perché così sono le caratteristiche geografiche di ogni luogo e bisogna trovare i giusti punti di contatto. Ma si può fare solo sperimentando, come sta avvenendo.

Come riesci a muoverti allora avendo sulle spalle la responsabilità di una nazionale?

Anch’io sono chiamato a sperimentare, tenendo contatti a 360° tanto con il mondo della strada quanto con quello della mtb. L’Uci ha deciso questo “lancio” internazionale del gravel culminante con i mondiali davvero in extremis, a calendari delle altre specialità già abbondantemente formati. Ecco quindi che trovare corridori disponibili, considerando che in concomitanza con la Monsterrato Race c’è la Coppa del Mondo di mtb in Val di Sole e su strada ci sono Vuelta e tante altre gare, è stato difficile. Ho comunque formato una squadra che prende sia dall’una che dall’altra disciplina, con Antonio Folcarelli, Mattia Viel e fra le ragazze Carlotta Borello, Rebecca Gariboldi e Barbara Guarischi.

La nazionale di gravel durante la ricognizione della Monsterrato Strade Bianche
La nazionale di gravel durante la ricognizione della Monsterrato Strade Bianche
Che cosa ti aspetti?

Al di là del massimo impegno che ci deve sempre essere indossando la maglia azzurra, assolutamente nulla. Non abbiamo uno storico, non sappiamo la scala dei valori, bisogna un po’ procedere a tentoni. Tutte queste esperienze serviranno via via per normare l’attività, esattamente come avvenne trent’anni fa per la mountain bike.

Questa gara e i tricolori saranno importanti anche per la formazione della squadra azzurra per i mondiali. Sondando il terreno fra società e corridori, che reazioni hai riscontrato?

L’interesse c’è da più parti, ma molti che avrebbero anche voluto mettersi alla prova non hanno trovato gli spazi e mi riferisco proprio a chi è impegnato con la mtb o a chi sta magari preparando la trasferta australiana per i mondiali su strada o il Lombardia che si svolgerà proprio lo stesso giorno dei mondiali. Rispetto alle idee che mi ero fatto all’inizio ho dovuto cambiare molti nomi, ma faremo di necessità virtù, è un anno zero un po’ per tutti. Ma l’interesse maggiore sapete da chi lo sto riscontrando? Dai costruttori…

Nel senso che sono quelli maggiormente incuriositi da questo primo boom agonistico?

Sì, perché vogliono sondare il terreno prima di mettersi alla prova sul mercato in maniera seria, mirata. Nella mtb avvenne lo stesso, in pochissimi anni ci fu un’esplosione di modelli, di novità e conseguentemente di vendite. Io sono sicuro che in 2-3 anni sarà così anche per le gravel.

All’estero la situazione è identica a quella che stai verificando in Italia?

Non proprio, c’è chi è partito molto prima. Negli Usa vedevamo questo tipo di bici già agli albori del secolo, li prendevamo per pazzi, allestivano questi eventi che avevano più un sapore goliardico o di reminiscenze del ciclismo passato, un po’ sulla strada che ha fatto grande l’Eroica. Ma ora è tutta un’altra musica, ora si fa sul serio…

Sei ottimista sull’evoluzione di questa disciplina?

Tantissimo. Mi viene in mente un paragone con il calcio femminile: prima dei mondiali del 2019 in Italia quasi nessuno lo conosceva, ma dopo tutti hanno iniziato a interessarsene e quello sport ha compiuto passi da gigante. Vedrete come cambieranno le cose dopo il primo mondiale in Veneto…

Viel di nuovo azzurro: «Il gravel non è un fuoco di paglia»

01.09.2022
6 min
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Mattia Viel sarà uno dei primi a indossare la maglia azzurra in una gara gravel. Lo ha convocato Daniele Pontoni per la Monsterrato Strade Bianche del prossimo fine settimana nel Monferrato. I due si erano sentiti perché il piemontese, che si dedica alla disciplina offorad da quest’anno, aveva contattato il tecnico azzurro per una serie di quesiti.

«Sono stato credo il primo italiano – spiega Viel – a qualificarsi per il mondiale, grazie a una delle gare dell’UCI Gravel Series che si è corsa a giugno in Francia. E avevo tutta una serie di domande su come funzioni con gli sponsor. Ad esempio l’abbigliamento. Da quest’anno collaboro con le aziende del Gruppo Zecchetto, per cui volevo sapere come funzionasse con la maglia azzurra e gli sponsor. Da cosa nasce cosa. Gli avevo mandato il mio curriculum e i miei risultati nelle gare di quest’anno e dopo qualche giorno Daniele mi ha chiamato per propormi di debuttare in una nazionale che sarà prima di tutto un esperimento».

Viel ha 27 anni e viene da Torino. E’ stato professionista dal 2018 al 2021
Viel ha 27 anni e viene da Torino. E’ stato professionista dal 2018 al 2021

Carriera da reinventare

Facciamo un passo indietro. Dopo averlo incontrato sull’Etna all’inizio del 2021 mentre assieme a Luca Chirico si preparava per la stagione con la Androni Giocattoli, la carriera su strada di Mattia Viel ha subito uno stop. Savio non lo ha confermato. E lui, che assieme alla sua ragazza Carola aveva già avviato a Torino un centro di fisioterapia e preparazione (Bike Kinetic), smaltita la botta si è rimboccato le maniche, studiando un progetto gravel che fosse una via di mezzo fra l’agonismo, il turismo e il mondo amatoriale.

Nel frattempo ha trovato una maglia con la D’Amico Area Zero, anche se dopo le poche corse fra i professionisti e davanti a un programma che non sarebbe bastato per giustificare la vita di atleta, ha incontrato Ivan De Paolis e gli ha fatto una proposta. Avrebbe corso su strada se ci fosse stata necessità da parte del team, per il resto del tempo avrebbe potuto portarne il nome sulla maglia nel gravel, sdebitandosi per l’investimento. E quando il manager abruzzese ha accettato, il progetto ha preso il largo.

Il gravel è un mondo nuovo sul fronte agonistico: vanno creati tutti i riferimenti tecnici
Il gravel è un mondo nuovo sul fronte agonistico: vanno creati tutti i riferimenti tecnici
Perché il gravel?

Poteva essere il modo di dare ancora qualcosa al ciclismo, cui devo tanto. Ho cominciato a collaborare con le aziende del Gruppo Zecchetto, con Deda Elementi e con Briko e l’idea di partenza era di fare un calendario misto, fra eventi in stile ultra-cyling, altri semi competitivi come Nova Eroica, dove pure è venuto Nicolas Roche, e le gare vere e proprie. Per questo ho fatto la prima prova europea dell’UCI Gravel Series a Millau, in Francia, a metà giugno e mi sono qualificato per i mondiali. C’era Niki Terpstra con la Total Energie in supporto. E in quel momento mi sono reso conto che se l’UCI mette mano a un calendario così ampio (12 prove in tutto il mondo, ndr), forse il fenomeno è destinato a crescere. Così mi sono guardato dentro. A me piace l’agonismo. Lo sforzo di una gara gravel è come per una Strade Bianche, ma con una bici diversa. Non posso sperare che cresca tanto in fretta da poterne vivere, ma l’idea di fare l’atleta part time mi alletta.

Part time fra lavoro e bici?

Esatto. Ho fatto una ventina di trasferte in Europa e durante l’inverno andrò in Sudafrica per portare i marchi con cui collaboro. E l’obiettivo per il prossimo anno potrebbe essere quello di avere un ruolo più centrale nelle aziende di Zecchetto. E per questo il gravel, come pure il cross, lascia molta più libertà della strada.

Con Chirico al Rifugio Sapienza sull’Etna, preparando il 2021 su strada
Con Chirico al Rifugio Sapienza sull’Etna, preparando il 2021 su strada
Facciamo il punto tecnico, per capire meglio?

Al momento c’è tanta inesperienza. Venerdì mi ritroverò con la nazionale, ma è tutto nuovo anche per loro. Ci saranno dettagli tecnici da definire. Quali tubeless, quali rapporti. Come in tutte le discipline si andrà verso la specializzazione, ma per ora siamo ai primi passi. Le gare sono lunghe 120-130 chilometri, solo il mondiale sarà più lungo. Le medie, viste le bici e il tipo di percorso, non sono mai stellari. E poi c’è il fatto della navigazione.

Vale a dire?

Non tutti i tracciati sono segnalati, è un po’ come la Parigi-Dakar. Hai il file gpx caricato nel computer e devi buttarci l’occhio, sennò rischi di sbagliare strada. In Francia era segnalato bene, ma qualcuno ha sbagliato lo stesso. Basta passare a destra o sinistra di un albero, per trovarsi sul sentiero sbagliato (ride, ndr).

E poi manca l’assistenza meccanica…

Non è un percorso di ciclocross in cui ad ogni giro passi dal box. Non so come farà la nazionale per coprirci, ma in ogni caso non c’è l’ammiraglia che ti segue ovunque e devi essere autonomo. Abbiamo le mousse che già si usano nel cross e nella Mtb sperando di arrivare a un punto di assistenza.

Una gara gravel è lunga fra 120 e 130 chilometri in cui essere quasi totalmente autonomi
Una gara gravel è lunga fra 120 e 130 chilometri in cui essere quasi totalmente autonomi
Stessa cosa per i rifornimenti, allora?

Esatto. Devi partire sicuro di aver mangiato bene. La gara di 120 chilometri si fa comunque sui 30 di media, per cui alla fine diventano prove esigenti e non hai il sacchetto, l’ammiraglia che ti passa da mangiare e da bere. Sei in mezzo al nulla. E se la squadra non fa come la Total Energie con Terpstra, che aveva lungo il percorso decine di persone di supporto, devi cavartela da solo. Io ad esempio ho il mio punto critico nell’idratazione. E in Francia sono partito con un Camel Back dietro la schiena, uno zaino idrico da un litro.

Un mondo da scoprire, ma pur sempre una maglia azzurra…

L’ultima credo sia stata nel 2017 su pista. Qualcuno all’inizio dell’anno fece battute, adesso vengono a chiedermi. Ho sempre creduto nei nuovi progetti e la maglia azzurra l’ho sempre onorata. Potrà non essere la gara nella vita, ma la rispetto per tutto quello che c’è dietro e per la fiducia che mi ha dato Pontoni.

Nella Wish One Gravel Race in Francia, Viel ha ottenuto la qualificazione per i mondiali (foto Compass)
Nella Wish One Gravel Race in Francia, Viel ha ottenuto la qualificazione per i mondiali (foto Compass)
Hai detto di voler restituire al ciclismo quello che ti ha dato.

Mi ha risollevato quando persi mia madre ed è stato una scuola di vita impagabile e adesso voglio fare qualcosa io. Per questo prima del mondiale, nel weekend 1-2 ottobre, organizzo la Erratico Gravel, il primo evento nel Canavese. E’ un territorio fra Torino e Biella, ha potenzialità notevoli e poco conosciute. Avrò l’appoggio dei miei sponsor (MCipollini Dmt ed Alé, Deda, Briko e Vittoria) e di Banca Reale. Non so cosa verrà fuori dal gravel, ma lo dissi all’inizio e lo ripeto adesso. Non sarà un fuoco di paglia.