Verducci carbonio

Le Verducci in carbonio degli azzurri

21.11.2020
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Poco prima dei Campionati Europei su pista di Plovdiv siamo stati al velodromo di Montichiari a seguire gli ultimi allenamenti degli azzurri. In quella occasione avevamo notato le scarpe in carbonio realizzate da Luigino Verducci ed utilizzate da Francesco Lamon e Michele Scartezzini.

Per sapere come vengono costruite abbiamo sentito lo stesso Luigino Verducci.
«Per realizzare quelle scarpe si parte dal calco del piede, perché devono essere rigorosamente su misura – continua Verducci – e oltre a Lamon e Scartezzini le usano molti altri atleti della pista di tutte le nazionalità».

Ma attenzione le scarpe non sono uguali per tutte le specialità.

«Quelli che fanno le discipline più esplosive, tipo il chilometro da fermo vogliono la scarpa proprio giusta, in pratica il piede quasi tocca in punta, inoltre loro guardano anche il millesimo e per avere una maggiore aerodinamicità non vogliono nemmeno il velcro nella parte superiore per chiuderle, ma applichiamo un rotore sotto la suola così la parte superiore è totalmente liscia».

Le scarpe che abbiamo visto ai piedi dei due azzurri invece sono meno estreme.

«Si, quelle che usano Lamon e Scartezzini hanno il velcro e in punta hanno un pochino di spazio, diciamo che sono più simili a quelle che si usano normalmente su strada».

Si nota il taglio lungo nella parte forntale
Le scarpe di Lamon dove si nota il lungo taglio frontale per facilitare l’inserimento del piede

Carbonio e kevlar

Entrando più specificamente nella costruzione, Luigino Verducci ci ha spiegato che «prima prendo il calco del piede e faccio una scarpetta in vetroresina, così le provano per qualche chilometro e mi dicono se vanno bene oppure ci sono punti da modificare».

A questo punto parte la realizzazione vera e propria.

«Se mi ci dedico a tempo pieno – spiega – per fare un paio di scarpe ci metto un giorno e mezzo o al massimo due. Ci sono varie fasi da seguire. Intorno al calco inizio a stendere i vari fogli di carbonio da 200 grammi e poi utilizzo il kevlar per dargli un po’ di elasticità».

Le scarpe di Francesco Lamon, si nota la forma a vaschetta
Il profilo delle scarpe di Francesco Lamon, si nota la forma a vaschetta

Ma gli strati di carbonio non sono omogenei su tutta la scarpa.

«La parte dove si inserisce la tacchetta – spiega – è più spessa, loro la vogliono più sottile possibile per sentire meglio la spinta, ma ci vogliono almeno 4 millimetri di spessore altrimenti le viti non si riescono nemmeno ad avvitare».

Se guardate bene, le scarpe di Lamon e Scartezzini hanno un taglio lungo tutta la parte frontale superiore: «Loro – spiega – non hanno voluto il kevlar e quindi per fargliele infilare l’unica soluzione era creargli quel taglio, così possono aprirle».

Completamente in carbonio per massimizzare il trasferimento della forza
Completamente in carbonio, così si massimizza il trasferimento della forza ai pedali

Dal pattinaggio

Infine, Luigino Verducci ci ha confidato che sono in pochi al mondo a fare delle scarpe del genere e si conoscono tutti. Una curiosità è che quasi tutti vengono dal mondo del pattinaggio.

«La scarpa a con la forma a vaschetta deriva dal pattinaggio sul ghiaccio, anche io provengo da quel mondo come Bont e Simmons, quello che ha fatto le scarpe anche per Wiggins».

Davide Cassani, Marco Villa, Filippo Ganna

Da Ganna a Viviani, Villa già a Tokyo

27.09.2020
4 min
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Marco Villa ha seguito la crono iridata di Filippo Ganna con quel suo sorriso bonario che un po’ te l’aveva sempre detto. E Marco in effetti lo aveva detto, già un paio di anni fa.

«Si vedeva che fosse pronto per vincere una grande crono – dice il cittì della pista azzurra – si trattava di raggiungere la giusta resistenza. L’accortezza, su cui il Team Ineos sta lavorando bene, è far arrivare questa resistenza senza compromettere la potenza e l’esplosività dei 24 anni. Privilegiare la resistenza è un errore di tanti velocisti, che per tenere in salita perdono lo spunto».

Europei Glasgow 2018
Il gruppo del quartetto azzurro agli europei di Glasgow 2018
Europei Glasgow 2018
Il gruppo del quartetto azzurro agli europei di Glasgow 2018

Difficile dire se l’oro della crono di Imola sia anche figlio della pista o solo del lavoro su strada. I due mondi non sono poi così distanti a ben vedere e nella storia di Filippo si sono sempre intrecciati alla grande.

«Hanno inciso certamente entrambi – conferma Villa – anche perché Ganna ha fatto crono e pista sin da junior. Continuo a sostenere con i giovani che incontro che questo tipo di percorso funziona e certo non fa male.  Lavori su pista e magari nel frattempo ti togli delle soddisfazioni su strada…».

Ganna ha detto che se pensa a Tokyo, non vede la crono ma l’inseguimento a squadre.

Abbiamo un gruppo che ci crede, nel quartetto non vince uno solo. Siamo riusciti a qualificarci facendo ruotare gli uomini e inserendo i giovani. Ma al momento giusto parlerà solo il cronometro.

A Villa serve un criterio oggettivo per scegliere?

Per forza. Abbiamo 8-10 atleti e potenzialmente in certi giorni sono tutti competitivi. Uno ha trascinato l’altro, il gruppo è cresciuto. Sono contenti di stare insieme e il discorso fatto da Pippo dopo la crono lo dimostra.

Cosa dici dell’inserimento di Jonathan Milan?

E’ entrato con i tempi, non per raccomandazioni. I ragazzi si sono sempre fidati delle mie scelte, lui è una mia scelta. A Berlino ho fatto correre Scartezzini anche in un momento in cui in allenamento non dava grandi certezze, eppure è venuto il terzo posto. Certe cose uniscono il gruppo e gratificano l’atleta. Sono consapevoli dei mezzi degli altri, io guardo il crono e lascio aperta la porta a tutti. La cosa bella è che ne ho dieci che fanno 3’55”.

C’è gloria personale anche nel quartetto?

Per fare bene in quattro, devi credere in quello che fai e a quel punto anche nel quartetto c’è qualcosa di personale. Una specialità olimpica vale l’altra e loro se la giocano nel migliore dei modi. Una volta non riuscivano a qualificarci, ora siamo fra i primi due quartetti al mondo.

Ganna ha parlato anche dello sviluppo tecnologico legato alla crono.

Mi pare che abbia portato la posizione del Bolide da pista sulla strada. Del resto l’inseguimento è la ricerca della prestazione massimale in un tempo limitato. Se aggiungi la galeria del vento e l’esperienza Ineos, ecco che il miglioramento viene per forza. Con Cioni ci sentiamo ogni 15 giorni. Dopo la crono eravamo già a parlare del Giro e poi dei campionati europei in pista.

Ganna sarà in Bulgaria?

Me lo ha chiesto lui dopo la crono, gli ho risposto che ne parleremo dopo il Giro.

Si è sempre detto che il Giro gli darà un extra-boost di resistenza.

Ne sono certo, ma bisognerà che gli insegnino a gestirsi nelle tre settimane. Lui è un generoso entusiasta, potrebbe avere la tentazione di strafare e di trovarsi senza forze durante la corsa. Non è facile trovare un posto per i Giri nella Ineos, per cui si è meritato la convocazione per il Giro d’Italia e credo che Thomas ne sia stato ben contento.

Come lo hai visto alla partenza della crono?

Era super convinto, non aveva paura di niente. Forse perché vivendo la vigilia con Thomas e Dennis, ha misurato loro la pressione. Prima di una finale in pista chiama o scrive dieci volte a Viviani, questa volta non ha chiesto nulla, se non del taping a un massaggiatore.

Viviani… Secondo Villa, ci sarà anche lui nel quartetto olimpico?

Andremo in cinque. Uno di questi farà l’omnium e altri due il madison. Elia questa cosa la sa e credo per lui sia il momento di ripassare la lezione della pista. Gli manca, secondo me. Gli manca la punta di velocità e lo stimolo del quartetto può servire per dargli la scossa, glielo dico ogni tanto…

Simone Consonni, Elia Viviani
Assieme a Consonni ai mondiali di Berlino 2020
Simone Consonni, Elia Viviani
Assieme a Consonni ai mondiali di Berlino 2020, Viviani si è accorto che qualcosa mancava
E lui cosa dice?

Credo che ai mondiali di Berlino abbia visto che qualcosa gli manca. E’ stata una stagione anomala, con due ripartenze. Per uno che in avvio fa sempre fatica, la difficoltà è doppia. E’ caduto al Tour Down Under, ha saltato l’Oman che non si è fatto, non ha fatto la preparazione in pista per correre la Sanremo, ma la Sanremo non si è fatto. Finito il lockdown, è andato al Tour con otto corse. Difficile che potesse far bene…

La stessa analisi fatta da Damiani.

Il miglior Elia fu quello del campionato italiano su Pozzovivo e Visconti vinto dopo il Giro d’Italia del 2018. Per come lo conosco, queste sono sempre state le sue caratteristiche. Non va in forma presto. Al mondiale del 2016 subì una batosta da Gaviria, poi però vinse le Olimpiadi. Questa è la stagione che ci attende. E non è affatto poco…