#inEmiliaRomagna: Tarozzi tra i pro’ e 4 juniores in arrivo

22.11.2021
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Una tappa al Giro U23 e altre cinque corse nel sacco. La fuga all’italiano dei pro’ e un bel gruppo che si è fatto vedere nelle posizioni di vertice molto spesso: la #inEmiliaRomagna Cycling Team di Michele Coppolillo archivia così una delle sue stagioni migliori sempre.

Ma certo l’urlo di Andrea Cantoni a Riccione, prima frazione del Giro d’Italia under 23 resterà l’immagine simbolo di questo 2021 della squadra. Una botta a dieci chilometri dall’arrivo, come faceva proprio il suo tecnico in ammiraglia, e big beffati.

Andrea Cantoni esulta sul traguardo di Riccione. La #inEmiliaRomagna conquista così anche la prima maglia rosa
Andrea Cantoni esulta sul traguardo di Riccione. La #inEmiliaRomagna conquista così anche la prima maglia rosa
E’ così Michele?

Direi di sì. Il bilancio 2021 è più che positivo. Lo dicono i risultati (6 vittorie, 16 podi, 50 piazzamenti nella top ten con 11 atleti diversi, ndr), ma soprattutto, almeno per me, lo è stato perché ho visto un gruppo omogeneo che è riuscito a trovare un po’ di spazio per tutti.

Alle vostre spalle ci sono Davide Cassani e la Regione che vi danno un bell’impulso, si vocifera di un investimento ancora maggiore in vista del prossimo anno…

Confermarsi non sarà facile. Sì, c’è anche Cassani, lui è un trascinatore. La #inEmiliaRomagna è anche un progetto non solo una squadra. E questo progetto, questo nome, nasce anche grazie a Davide e alla Regione. Per l’anno prossimo vogliamo fare ancora un piccolo salto, però manterremo la stessa struttura. E poi ricordiamolo: noi siamo solo al terzo anno di attività. La nostra mission è la promozione del territorio e i nostri atleti sono gli ambasciatori.

E qual è questa struttura?

Un bell’organico. E ci tengo a nominarne i componenti. Gli altri diesse sono Alberto Contoli, che è stato anche un mio corridore quando sono salito in ammiraglia, e Mauro Calzoni. E poi Massimo Marani, addetto stampa. Gianluca Giardini il team manager. Roberta Malmusi la segretaria, fondamentale per la prenotazione delle trasferte… Senza dimenticare il preparatore, Alessandro Malaguti, e il presidente, Giovanni Carapia.

E’ vero che avevate contattato anche Orlando Maini?

Ne avevamo parlato. Lui sarebbe stato un bel valore aggiunto, ma ha avuto una possibilità, quella con l’Astana, che non poteva rifiutare. “Maio” è stato mio diesse quando correvo e con lui c’è un rapporto che va oltre il lavoro. In amicizia ci si sente, ci è vicino e mai dire mai…

Tornando al bilancio della stagione bisogna parlare del passaggio di Tarozzi

Manuele ha fatto una bella stagione. Oltre alla vittoria ha trovato la costanza che gli mancava e la consapevolezza nei suoi mezzi. E quando è riuscito a mettere insieme queste due cose è andato bene. E’ passato poi nella squadra giusta.

La squadra giusta. In passato ci avevi detto che alla Bardiani lasciavano spazio a tutti…

Dai Reverberi è come una famiglia ed è vero: lasciano spazio un po’ a tutti. Chi passa in quel team ha una buona opportunità, su carta c’è la possibilità anche di poter fare il Giro e avere visibilità. E poi allo stesso tempo non c’è tutta questa pressione.

Per il prossimo anno quanti corridori conterà la #inEmiliaRomagna?

Ne avrà 13, nove confermati e quattro juniores, diciamo che l’ossatura vedrà gente di 20-21 anni.

Okay Tarozzi, ma hai il rimpianto di non essere riuscito a far passare qualche altro atleta?

Rimpianto no, perché prima devi crescere ed essere strutturato e non solo fare vittorie. Mi riferisco a Davide Dapporto. Lui è un secondo anno ci si poteva anche pensare, però è anche vero che un anno in più questa categoria gli ci vuole e ci punteremo. Ma diciamo che chi doveva passare è passato. Tarozzi con i suoi 23 anni era al limite… nel ciclismo moderno.

Un classe ’98 non è vecchio. E il caso Tarozzi insegna…

13.09.2021
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Manuele Tarozzi, passerà professionista con la Bardiani Csf Faizanè. Il corridore della #inEmiliaRomagna Cycling Team è uno dei tanti acquisti del Greenteam per la prossima stagione. Ma il suo passaggio, rispetto ad altri ragazzi che si aggregheranno alla famiglia Reverberi ha qualcosa di particolare. 

Primo, perché Tarozzi è quasi “vecchio” essendo un classe 1998 e oggi si vede passare tantissimi giovani. Secondo, perché è un romagnolo che fa il salto in un team emiliano, senza contare che già corre in questa regione. Insomma c’è anche un po’ di sano, sanissimo, campanilismo. Un fatto così merita di essere approfondito. E lo facciamo con il suo attuale diesse, Michele Coppolillo, che tra l’altro ha vissuto una storia molto simile da giovane.

Tarozzi, tra Bruno Reverberi (a sinistra) e Michele Coppolillo (a destra)
Tarozzi, tra Bruno Reverberi (a sinistra) e Michele Coppolillo (a destra)
Michele, tu conosci Tarozzi da molto tempo. Che tipo è?

Ce l’ho da quattro anni e sì, lo conosco bene. Negli ultimi tempi è maturato molto e potrà fare bene. E’ un passista. Un passista che sa andare all’attacco e questa cosa mi piace perché dell’andare in fuga ho fatto l’emblema della mia carriera. A volte sbaglia ancora un po’, ma ci sta in questa categoria.

Che “motore” ha? Che corridore vedremo tra i pro’?

Manuele ha un margine enorme. E’ maturato tardi rispetto ad altri. Fino a quest’anno non aveva mai fatto il corridore al 100% si può dire. Ma con lo staff ci abbiamo lavorato molto. Abbiamo avuto pazienza e anche lui crede di più nelle sue possibilità. Dopo aver raccolto qualche risultato in estate è aumentata la sua autostima. Al Giro U23 ci si aspettava di più, bisogna ammetterlo, ma dopo il bel campionato italiano con i pro’ ha acquisito credibilità. E lo stesso ha fatto chi doveva notarlo.

Tarozzi in azione al campionato italiano di Imola dove è stato autore di una grande prestazione
Tarozzi in azione al campionato italiano di Imola dove è stato autore di una grande prestazione
Perché hai detto che non faceva la vita al 100%?

Non che non la volesse fare per pigrizia, ma perché lui era un tipo un po’ “naif”. Inoltre non credeva troppo nei suoi mezzi. O meglio, non ne aveva la consapevolezza. E non aveva la totale cognizione di quel che stava facendo. Magari non mangiava bene, non si allenava sempre al massimo. E qui basta fare le cose all’85% che gli altri ti scappano via. Perché okay che il ciclismo è cambiato, ma certe regole valgono sempre. Si trattava di una crescita generale.

Prima hai detto che è maturato tardi. In effetti lui è un classe 1998. Ai tempi di oggi per alcuni è “vecchio”. Ha rischiato di non passare…

Sappiamo che tutto è accelerato oggi. E a me questa cosa piace poco. Per me uno juniores dovrebbe fare lo juniores, un under 23 l’under 23. Ma questa è la situazione. Negli ultimi tempi, vuoi per gli allenamenti, vuoi per l’alimentazione… molti maturano prima ma non è questa la norma. Chi passa giovanissimo e poi vince è un’eccezione. Quindi sì: in questo ciclismo Tarozzi ha rischiato di non passare essendo un 1998. Ha fatto 5 anni anni da dilettante.

E non ha avuto paura di “restare a piedi”?

Beh, certo. Specie dopo il Giro aveva tanti dubbi. Non è stato facile farlo restare sul pezzo. Fargli capire che aveva i numeri a posto. Ma è stato facile dopo cinque anni tra gli under e continuando a vedere corridori più piccoli fare il salto.

Quest’anno il corridore di Coppolillo ha vinto due gare: il Trofeo Malmantile (in foto) e il Giro delle Due Province
Quest’anno Tarozzi ha vinto due gare: il Trofeo Malmantile (in foto) e il Giro delle Due Province
C’erano già stati dei contatti con la Bardiani prima del Giro U23?

Si era accennato a qualcosa, ma poi servivano i risultati. Da parte di Tarozzi serviva costanza. E non bisognava arrivare bene una volta e poi sparire per un mese. Ma come ripeto da parte mia e di tutto lo staff ci sono stati tanta pazienza e tanto lavoro.

Che difficoltà incontrerà, conoscendolo?

I primi tempi non sarà facile l’impatto con la categoria, non dovrà mollare anche se gli altri si aspetteranno grandi cose da lui. Stare alla Bardiani però è una fortuna: non ti mette pressione. A me per esempio diedero tempo. Non ci sono gerarchie bene definite, tattiche troppo ristrette e per un neopro’ questo è un vantaggio. Ricordo che nei primi tempi Bruno Reverberi non mi ha mai detto: tu non vai in fuga, o vai a tirare… Avevo carta bianca. Ho potuto correre a modo mio. Magari buttando delle corse al vento, ma mi fu data la possibilità di mettermi in luce.

E poi è tutto in salsa emiliano-romagnola. Tarozzi si sentirà a casa…

Eh sì, sarà un binomio perfetto: un romagnolo in un team emiliano. Poi nessuno ha la bacchetta magica però… è un buona possibilità per Tarozzi e per i giovani come lui.

Tarozzi a testa alta fra i giganti: sarà il giorno della svolta?

21.06.2021
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A un certo punto Francesco Pancani dice in diretta la frase che meglio rende la situazione di Manuele Tarozzi nel finale del campionato italiano. «Corre con la squadra dell’Emilia Romagna – dice il toscano – sta correndo il campionato italiano nei professionisti in Emilia Romagna e oggi è pure il giorno del suo compleanno. E’ come se fosse la maglia rosa…».

Oltre il limite

Quando Tarozzi taglia il traguardo, in 15ª posizione assieme a Daniel Oss, pochi sanno chi sia o si rendono conto che il ragazzino in realtà sia ancora dilettante e abbia appena compiuto 23 anni. Il massaggiatore gli si fa sotto e fa per passargli una lattina di Coca Cola, ma lui la allontana con le mani: «Se la bevo – dice – finisce che vomito». La fatica quando è estrema fa brutti scherzi e Tarozzi ha davvero dato tutto. Anche più di quello che pensava di avere. Si è infilato nella prima fuga e ha tenuto duro fino a due giri dalla fine, quando professionisti ben più blasonati e forti avevano già mollato da un pezzo.

Sulla Gallisterna, al secondo passaggio, una borraccia fresca
Sulla Gallisterna, al secondo passaggio, una borraccia fresca

Non è naufragato

«Prima del via – racconta il suo diesse Coppolillo – gli avevo detto che la sua gara sarebbe stata prendere la fuga nei primi 30 chilometri, perché ai campionati italiani qualcuno sarebbe partito di sicuro. E’ stato bravo ed è andato oltre le mie aspettative, perché quando ha ceduto non è naufragato, ma è rimasto sul pezzo. Sono convinto che andrebbe meglio tra i professionisti, però deve trovare più costanza. Credo che 230 chilometri tutti insieme non li avesse mai fatti, per cui spero che adesso riesca ad essere continuo e a ben figurare nelle prossime corse, che saranno di nuovo fra i dilettanti. Questo potrebbe essere l’anno buono per passare…».

Quota 200

Tarozzi si rialza dal manubrio e ha lo sguardo incredulo. Il petto è scosso da un battere ancora violento del cuore, ma lentamente il tono di voce torna quello giusto per raccontare.

«Ero in fuga – dice – perché sapevo che quando gli altri avrebbero aperto il gas, io non ne avrei avuto. Però se fossi riuscito ad anticipare un po’, almeno sarei potuto rimanere un po’ in fuga. Ci siamo riusciti, eravamo in tanti e a quel punto ho provato a salvare il possibile e ho tenuto botta fino a quando siamo arrivati a 2-3 giri dalla fine. A quel punto ho guardato il Garmin e segnava più di 200 chilometri. Stavo anche bene, ma le gambe non c’erano più…».

Nel 2019 ha corso in maglia azzurra il Memorial Pantani
Nel 2019 ha corso in maglia azzurra il Memorial Pantani

Gambe e cervello

Il massaggiatore accanto continua a dirgli quanto sia forte quando collega le gambe con la testa e a pensarci, la discontinuità è sempre stata il suo tallone d’Achille. E se questo sarà destinato a restare il suo giorno di gloria, vorrà dire che avrà anche un grande ricordo di cui parlare con gli amici.

«Non posso dire niente oggi – sorride – non ho rimpianti, ero in mezzo a gente di un’altra cilindrata. Questo è un giorno che ti cambia la vita, mentre per quanto riguarda le gambe e il cervello… Quest’anno non è successo quasi mai. E se le gambe non vanno, se senti che proprio non ci sei, anche il cervello molla la presa. Questo dovrebbe essere un anno buono, speriamo che adesso magari ci sia una svolta…».

Lettera di richiamo

Coppolillo annuisce e dimostra di avere ben chiara la sua situazione. «Mi dispiacerebbe se dovesse smettere – dice – perché non è giusto farlo a 22 anni e mezzo. Proprio ieri ho parlato con Zanatta e Tiralongo (direttori sportivi rispettivamente della Eolo-Kometa e del Team Palazzago, ndr) e facevo i complimenti a Stefano per aver saputo valorizzare Fortunato che era senza squadra e commentavo con Paolo il fatto che fosse a correre con Romano, lasciato a piedi dopo due anni da neopro’, con il secondo che però è stato il 2020 del Covid. C’è bisogno di conoscere i ragazzi e di aspettarli. Uno come Tarozzi starebbe meglio di là che qua con noi, ne sono sicuro. Ricordo che al mio primo anno con Reverberi, ricevetti una lettera scritta a macchina per scarso rendimento. Al giorno d’oggi, avrei perso il posto. Allora rimasi con loro per cinque anni».

In fuga al Giro U23 del 2020. Quest’anno è stato quarto a Cesenatico
In fuga al Giro U23 del 2020. Quest’anno è stato quarto a Cesenatico

Una chance

Quando è certo di aver ripreso il fiato a sufficienza per tornare all’ammiraglia, Tarozzi saluta e si avvia. Tutto intorno fervono i preparativi del podio, i corridori che andranno al Tour si danno appuntamento, quelli che sono usciti dal Giro fanno capannello, quelli attesi dalle Olimpiadi hanno altri sguardi. Per Tarozzi Manuele da Faenza, 23 anni compiuti proprio oggi, il prossimo impegno sarà forse il Giro del Medio Brenta. Se ne va e sembra improvvisamente più piccolo, ma in certi tratti del percorso con quel suo sguardo spiritato e la voglia di non perdere le ruote anche lui stavolta è parso un gigante. Forse ha ragione Coppolillo: meriterebbe anche lui la sua chance.

Giro U23, l’urlo di Cantoni riempie le vie di Riccione

03.06.2021
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Un urlo di quelli veri, potenti, che vengono dal cuore, dalla pancia, da dentro. Andrea Cantoni, classe 2000 della #inEmiliaRomagna Cycling Team, ha riempito le vie di Riccione con quel grido e quella sua gioia. E’ sua la prima tappa del Giro d’Italia U23.

Una fuga che parte, un vantaggio che diventa importante (anche 9′) e scenari che improvvisamente si aprono per il corridore diretto da Michele Coppolillo. Anche il diesse non sta nella pelle. «Tappa, maglia, anzi maglie, con la squadra dell’Emilia Romagna in Romagna: sono sulla luna. Abbiamo lavorato bene. Stamattina ho detto ai ragazzi: divertitevi, andiamo nelle fughe che prima o poi paga. Questo era anche il mio modo di correre quando ero un atleta. In più ho avuto la fortuna di seguire la fuga dalla macchina e ce la siamo giocata bene».

Cantoni al rientro in hotel in maglia rosa insieme al diesse Coppolillo (al centro) e a Stefano Poli dello staff del team
Cantoni al rientro in hotel in maglia rosa insieme al diesse Coppolillo (al centro) e a Stefano Poli dello staff del team
Andrea, okay che era la prima, ma come si dice: tappa e maglia…

Eh sì – ribatte Cantoni con tono super squillante – abbiamo scelto bene per fare il colpaccio!

E’ il tuo primo successo importante, giusto?

Sì, ed è una bella soddisfazione. Ad inizio stagione ho avuto delle “sfighe” (sembra un po’ Valentino Rossi, nella cadenza e nel modo di parlare, ndr), ma adesso sono alle spalle. Negli ultimi giorni sentivo di stare bene, che le cose andavano meglio. E oggi ci ho creduto.

Quando sei partito?

Abbiamo ragionato bene su quando dare il colpo e lo abbiamo fatto almeno 40 chilometri prima. Quando il gruppo stava rinvenendo abbiamo deciso di attaccare. Dall’ammiraglia mi hanno detto di dare un colpo secco, una “botta” fatta bene e così ho fatto. In quel momento mancavano nove chilometri all’arrivo, c’era l’ultimo strappo di Sant’Ermete.

Prima parte molto veloce e gruppo allungatissimo
Prima parte molto veloce e gruppo allungatissimo
E poi ti sei goduto il finale, hai avuto il tempo di assaporare la vittoria…

Vero, però fino alla fine avevo deciso di non pensarci. Fino agli 800 metri ho fatto praticamente una cronometro, non mi sono mai voltato, ero concentrato a spingere, a tagliare le curve il più possibile. Poi vedevo che le moto erano sempre vicine a me, che la macchina ancora era dietro e a quel punto mi sono voltato. Ho visto che per almeno 200 metri non c’era nessuno e mi sono detto: è fatta. E’ stato il chilometro più lungo.

E più bello… A cosa e a chi pensavi in quei momenti?

Alla mia famiglia, alla squadra e a chi ci ha messo l’anima perché fossi lì in quel momento. Dopo un periodo buio. La pazienza dà i suoi frutti.

Di dove sei, Andrea?

Di Cesena.

Quindi conoscevi le strade?

La prima parte molto bene, soprattutto il Gpm di Sogliano. Anzi, in realtà vincere il Gpm e prendere la maglia degli scalatori era il primo obiettivo anche per questo motivo, perché passavo dalle mie zone. Poi gli ultimi 30 chilometri non li conoscevo molto perché comunque non sono vicini a casa mia, ma mi ricordavo il finale dello scorso anno. Avevo ben in mente le curve ed è stato “facile”.

Parlaci di te: quando hai iniziato?

Ho iniziato da G1, in pratica vado in bici da sempre. Ma il mio approccio è stato fortuito. Giusto la settimana prima di iniziare a fare ciclismo avevo fatto un provino con una squadra di calcio, solo che io e il pallone eravamo due cose diverse! Poi un amico di mio papà, Doriano Montanari, aveva una squadra di giovanissimi a Cesena, mi disse di provare e da quel giorno non sono più sceso.

Cantoni, premiato da Cassani, oltre alla maglia rosa sono sue anche quelle rossa, verde e combinata (in foto)
Cantoni, premiato da Cassani, oltre alla maglia rosa sono sue anche quelle rossa, verde e combinata (in foto)
Studi o hai finito?

Studio Scienze Motorie all’Università di Rimini, però la priorità è “passare di là”, dai grandi, che il sogno di tutti noi dilettanti e la soddisfazione delle nostre squadre – Cantoni fa una pausa – Per studiare, se non dovesse andare bene, c’è comunque tempo.

Che corridore pensi di essere?

Un passista scalatore, anche se nei finali duri quando fanno male le gambe ho un bel colpo. Non sono per le volate di gruppo.

Tenere la maglia rosa fino a Castelfranco Veneto è impossibile?

E’ molto complicato, ma di certo non l’abbandoniamo così facilmente. Tenerla il più possibile adesso è l’obiettivo.

Michele Coppolillo, Sestriere, Giro d'Italia 1994

Coppolillo e la bici: ieri, oggi e domani

24.10.2020
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Una foto su Facebook, un ricordo che riaffiora, i casini di ieri: sentire Coppolillo sarà certo un bel viaggio nella memoria e dalla memoria al futuro. Perché il futuro si costruisce sulla corretta elaborazione del passato. E chi invece pensa o vuole cancellarlo dovrebbe prima quantomeno conoscerlo.

11 giugno 1994

La foto del ragazzo biondo in maglia verde viene dal traguardo di Sestriere al Giro d’Italia del 1994. Era l’11 giugno. Il giorno prima la corsa aveva applaudito l’ultimo attacco di Pantani sul Colle dell’Agnello, vanificato dalla poca collaborazione di Buenahora sul Lautaret che annunciava Les Deux Alpes. Il Giro d’Italia si sarebbe chiuso con la tappa di Sestriere che annunciava la volata di Milano. Berzin resisteva in maglia rosa, conquistata il quarto giorno e mai più mollata.

Neve a Sestriere

«Fu il classico giorno da pronti, via – ricorda Coppolillo – con il Lautaret, il Monginevro e due volte Sestriere. Nevicava. Andai in fuga e speravo che al primo passaggio sul traguardo ci avrebbero fermato, invece no. Ci tengo a dire che per me era la quarantunesima tappa, perché avevo fatto anche la Vuelta che finiva sette giorni prima del Giro. E l’avevo fatta sempre all’attacco, perché ero e resto un operaio del ciclismo. Insomma, come fu non ricordo. Ma sul Lautaret vidi che partiva la fuga e mi buttai dentro».

Mauro Vegni, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Mauro Vegni a Morbegno, messo davanti al fatto compiuto
Mauro Vegni, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Vegni, nel giorno dello sciopero

Gestione sbagliata

Le lotte sindacali, qualunque sia l’ambito di cui si vuole parlare, sono state e vengono ancora fatte per migliorare le condizioni di lavoro. Anche il ciclismo ha intrapreso questa strada. Ha ridotto i chilometraggi rispetto agli anni in bianco e nero. Ha umanizzato gli orari di gara. Ha imposto l’uso del casco. Ha sposato la tutela della salute, combattendo il doping e le condizioni climatiche estreme. Ha avallato l’utilizzo dei pullman per non lasciare i corridori al freddo delle partenze e degli arrivi. Poco sta ancora facendo per la sicurezza stradale a vantaggio di chi usa la bici ogni giorno. Ma non ha voltato le spalle alla sua storia, che lo vede sport di fatica e sacrificio. Il solo capace di guardare negli occhi il calcio e far dire ai suoi attori e ai suoi appassionati che «noi non ci fermiamo perché piove, noi non siamo signorine!». Quello che è successo ieri poteva avere un fondamento condivisibile, ma è stato fatto in modo poco corretto, con l’atteggiamento degli studenti che si parlano in una chat segreta per non farsi sentire dai professori. E i professori sono i loro direttori sportivi e i team manager.

Anche Michele è direttore sportivo di una squadra U23, che si chiama #InEmiliaRomagna.

La storia insegna

«Ci sono le tappe in cui le condizioni sono avverse – dice Coppolillo – la storia insegna. E’ stato sbagliato il metodo, piuttosto davanti a un problema serio bisognava organizzarsi prima, non a mezz’ora dalla partenza. E poi se parti, arrivi. Non ti fermi dopo dieci chilometri. Tutti sanno e nessuno sa. Quando succedono queste cose, vengono fuori tutte le debolezze di questo mondo. Io ai miei ragazzi insegno che ciclismo significa anche sacrificio, freddo e pioggia. E anche io penso che la sicurezza venga prima di tutto. Non mi piace dire come fossimo ai miei tempi. Il Giro a ottobre forse è una forzatura, ma questo abbiamo. Due mesi fa non si sapeva nemmeno se si sarebbe ripartiti. La tappa di 250 chilometri fra i tapponi c’è sempre stata. Quella che va insegnata nelle categorie giovanili è la vera essenza del ciclismo. Se un padre è troppo indulgente, il figlio non cresce bene».

Michele Coppolillo, Michele Bartoli, NoiConVoi 2016
La bici ora è un piacere: Copolillo con l’ex capitano Michele Bartoli
Michele Coppolillo, Michele Bartoli, NoiConVoi 2016
Con l’ex capitano Michele Bartoli

Rosa Berzin

A Sestriere vinse Pascal Richard, che con quei posti doveva avere una qualche affinità, dato che l’anno successivo a Chianale avrebbe vinto la tappa fermata in anticipo per le slavine sul Colle dell’Agnello. Secondo arrivò Ruè, mentre Coppolillo si piazzò al terzo posto, staccato su quell’ultima salita di 1’31” dallo svizzero. Pantani e gli altri di classifica arrivarono a 4’36”, consacrando la rosa del russo Berzin.

Il vento in faccia

«Agli atleti – riprende Coppolillo – bisognerebbe far toccare con mano che cosa significa gestire una squadra, magari d’inverno. Mettersi lì e far vedere cosa c’è in ballo. Io da corridore non me ne rendevo conto e anche Cunego ieri in diretta ha ammesso di aver scoperto un lato del ciclismo che non conosceva. So anche di aver fatto tappe peggiori di quel giorno a Sestriere. Quella di Corvara al Giro del 1992. Certi giorni alla Vuelta, che si correva ad aprile, sulla Sierra di Madrid, sempre nella neve. Le corse del Belgio, che in un solo giorno vedevi le quattro stagioni. Ho letto qualche commento sul fatto che è sempre facile commentare dal divano, ma la bicicletta è questa. E non parlo così perché ho dimenticato, ma proprio perché lo so bene. Anche io ho partecipato ai miei scioperi, ma ieri si poteva correre. I ragazzi dobbiamo formarli a tutto tondo, non solo perché siano delle macchine da corsa. Lo vedo bene che adesso vanno fortissimo, però hanno queste lacune e in certi momenti sono un po’ molli. Il vento in faccia è diverso da quello di su un rullo, ma mi rendo conto che non tutti la pensano così».