De Rosa, come si conquistano i ciclisti post lockdown?

04.02.2021
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Quello che è successo negli ultimi mesi, il lockdown e l’impossibilità di fare programmi attendibili è servito a schiodare un meccanismo e un modo di pianificare il lavoro che secondo Cristiano De Rosa non apparteneva alla cultura italiana.

«A marzo si presentava la collezione – dice – a giugno si facevano gli ordini e a settembre eravamo nei negozi. Un cliché molto americano o tedesco, che risente del fatto che per i telai in carbonio c’è bisogno di una pianificazione più lunga. Ma per noi che abbiamo anche quelli di metallo e li costruiamo in casa, significava avere le mani legate. Per cui è stata una soddisfazione poter presentare qualche modello al di fuori da questi schemi. Parlo dell’Hera Gravel in titanio e l’Anima. Quanto durerà? Non credo si possa parlare di un’onda destinata a calare. Piuttosto, vista la quantità di persone che hanno scoperto la bicicletta dal lockdown in avanti, parlerei di un mercato in crescita».

Cristiano De Rosa con suo padre Ugo, che fondò l’azienda nel 1953
Cristiano De Rosa con suo padre Ugo, che fondò l’azienda nel 1953

Seconda puntata

Prosegue la galleria di incontri che bici.PRO dedica agli attori protagonisti nel mercato delle biciclette del WorldTour. Nel post lockdown si sono trovati a fronteggiare una situazione certamente inattesa, che ha proposto loro una sfida estremamente stimolante. Quella di allargare subito e in modo quasi violento il proprio bacino di utenti, cercando di accontentare tutti senza venir meno al proprio ruolo di riferimento. Dopo aver parlato ieri con Ermanno Leonardi di Specialized, è oggi la volta di Cristiano De Rosa dell’omonima azienda milanese, che equipaggia la francese Cofidis.

Singolare e un po’ triste che per lanciare così forte la bici sia servito un periodo così buio…

E’ quello che stavo per dire, cerchiamo almeno di prendere il buono. Negli ultimi sei mesi, abbiamo consegnato quello che normalmente era previsto fino a metà 2021. Quello che è poco simpatico è trovarsi a consegnare a 6 mesi perché mancano ad esempio i componenti. Non è rispettoso nei confronti del cliente.

In che modo questo nuovo mercato incide sulla vita di De Rosa?

Il lato della mobilità dolce non ci compete, ma il bello dell’andare in bici è affar nostro. Dipenderà da come sapremo organizzarci anche sul piano della comunicazione. Dovremo essere bravi a dare sempre il prodotto giusto senza farci prendere dall’entusiasmo di cavalcare l’onda. Lontani da dichiarazioni che sembrino un po’ ridondanti. Ieri per la prima volta da tempo sono andato a farmi una salita di 20 chilometri. E il piacere di uscire dopo il periodo in zona rossa è qualcosa che dobbiamo essere capaci di trasmettere.

Il neofita post lockdown, prima va da Decathlon e poi semmai arriva nella vostra boutique…

Sicuramente, si sta componendo una base di praticanti che va osservata. Ci saranno sicuramente quelli che vorranno fare il passo successivo, perché magari avranno apprezzato la bici bella in mano a un compagno di uscita, oppure il gusto della velocità. Di sicuro, proprio in riferimento alle belle bici e alla velocità, non ci meritiamo le brutte strade su cui pedaliamo.

Christophe Laporte ha vinto con De Rosa la prima tappa dell’Etoile de Besseges a Bellegarde
Laporte ha vinto su De Rosa la 1ª tappa dell’Etoile de Besseges
Come si fa a intercettare il nuovo pubblico?

Ci sono due modi, a mio avviso. I social, di cui si deve fare un uso accorto. E poi i negozi, che devono sempre più convertirsi in una community. Luoghi in cui si facciano interventi meccanici, ma dove i meno esperti possano entrare in contatto con chi va in bici da più anni e può raccontare di percorsi, strumenti, metodi di allenamento, come vestirsi, quali rapporti scegliere. Il ciclismo è passato dall’essere uno sport di sola fatica a essere figo e contemporaneo. Se si riesce a portare questa percezione nei negozi, ecco il secondo canale di cui parlavamo.

Eppure De Rosa sta riducendo i punti vendita sul territorio italiano, come mai?

La rete vendita si è molto assottigliata, perché ci piace interagire direttamente con i consumatori. Nel nuovo sito c’è la possibilità di dialogare quotidianamente con noi, creare anche appuntamenti virtuali. Parlare con l’utilizzatore è il modo più giusto, poi tutto passa alla rete vendita. La nostra Newsletter ha 45 mila iscritti e questo ci permette di valutare l’impatto delle azioni che facciamo, che cosa vogliono sapere, che cosa possiamo dire e con quali persone farlo. Ieri ero con il direttore di un grande negozio e mi diceva che arrivano persone confuse, che fanno domande che ti spiazzano. Il negoziante deve essere bravo a gestirle.

L’Anima (nella foto) e la Hera gravel in titanio sono state presentate al di fuori delle fiere
L’Anima in titanio è stata presentata al di fuori delle fiere
La mobilità dolce non è affar vostro, ma siete arrivati anche voi sull’e-bike.

All’inizio non ero troppo favorevole, ma ci siamo tutti resi conto che la pedalata assistita ha portato un gran numero di persone nuove, soprattutto dopo il lockdown, meritevoli di attenzione come tutti gli altri. Lo stesso si può dire ad esempio per la Gravel. Bisogna essere sul pezzo, la durata di questo fenomeno dipende da noi.

Come la mettiamo con la fornitura di gruppi dall’Oriente?

E’ ancora pesante, con un’aggravante supplementare. Shimano sta per uscire con i nuovi modelli e la gente fra un po’ vorrà il nuovo Dura Ace e non saprà cosa farsene del vecchio. Sono componenti costosi, per cui non si può prendere in giro il cliente, proponendo i gruppi vecchi. Anche le nostre bici costano parecchio ed è facilmente immaginabile che se qualcuno riesce ad affrontare il sacrificio per comprarne una, ha il diritto ad avere tutto il meglio.

Leonardi, quale futuro per il mercato della bici?

03.02.2021
5 min
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Durante il lockdown, nella fase più buia in cui si faceva fatica a vederne l’uscita, Mike Sinyard aprì il collegamento del giovedì con un concetto che ad Ermanno Leonardi, il grande capo di Specialized Italia, sembrò fin troppo ottimistico.

«Appena calerà questa tensione – disse il fondatore del brand americano – la gente non andrà in palestra, perché non avranno voglia di sudarsi addosso e comunque le palestre saranno chiuse. Non andrà in piscina, perché l’acqua è un veicolo di contagio e comunque anche le piscine saranno chiuse. Non andrà in vacanza o comunque si sposterà molto meno, per la paura di prendere treni o aerei. Il running non è per tutti. State tranquilli, perché la gente correrà a comprarsi una bicicletta».

Ermanno Leonardi con Peter Sagan, uno dei volti più potenti e noti del brand americano
Leonardi con Sagan, testimonial del brand americano

Nuova gente

Iniziamo con questo articolo un viaggio fra gli operatori del settore e i produttori per capire in quale direzione stia filando il mercato della bicicletta. Ci siamo effettivamente resi conto che sulle strade sono spuntati soggetti di ogni forma e preparazione. Con biciclette tirate fuori da scantinati, comprate nella grande distribuzione o acquistate in negozio con l’istinto iniziale di spendere poco. Quando li incontri, fanno domande su tutto: dalla bici all’abbigliamento, passando per l’alimentazione e i materiali. Sono i neofiti figli del lockdown, che si sono riversati sulle strade e sul mercato con entusiasmo e curiosità. Come si stanno attrezzando le aziende che fino ad oggi avevano la loro forza nell’agonismo più spinto? In che modo pensano di intercettare la domanda di un popolo a pedali che magari non sa ancora chi siano Sagan e Alaphilippe e forse ha sentito parlare di Nibali, avendolo visto in tivù da Fazio e poco altro?

Global call

Leonardi sorride, il capo aveva visto giusto. Ancora una volta la sua visione si è rivelata vincente, malgrado lo scetticismo dei primi sguardi.

«Si era inventato una cosa chiamata Global Call – spiega – in cui tutti i giovedì avevamo il nostro link e ci trovavamo tutti nella stessa stanza virtuale. In tutto il mondo siamo 1.500 dipendenti, una sera ho visto che eravamo connessi in 1.342. Parlava lui per cinque minuti, in una sorta di piccola introduzione, poi toccava a noi. E quel giorno onestamente anche a me sembrò una previsione troppo ottimistica, ma non lo era affatto…».

E adesso pensi che l’onda sia destinata ad afflosciarsi?

Faccio fatica a pensarlo, non fosse altro per la coda di attesa del prodotto. Credo che ci sia almeno un anno di respiro, se non addirittura due. E se a noi le cose vanno particolarmente bene, c’è un motivo preciso.

Non farti pregare…

Non abbiamo fatto togliere nulla dalla produzione e abbiamo dovuto prendere un magazzino doganale a Linate, in cui entravano direttamente i treni in arrivo dal porto di Genova, perché quello storico di Specialized era pieno di accessori. Scaricano in continuazione e si paga il dazio ogni volta che la merce entra in Italia. Bene, noi chiudiamo l’anno fiscale a giugno come in America. E sebbene siamo stati chiusi a marzo e aprile, riaprendo a maggio come i negozi, fra maggio e giugno abbiamo recuperato in abbondanza quello che avevamo perso nei due mesi di ferma. Chiudendo soltanto in quei due mesi (maggio e giugno) con un fatturato di 22 milioni di euro.

Alla mentalità race italiana si va unendo una spinta all’uso della bici come modello di benessere
La bici è race, ma anche benessere
Un magazzino più grande, ma la rete vendita si lamenta che non ci sono bici…

Lo dicono, ma non dicono tutta la verità. Abbiamo consegnato un 35% di bici più del solito e ne hanno venduto il 50% in più. Gliene mancano 15 su 100, ma si tratta comunque di molto più di quanto avrebbero venduto a cose normali. Sinyard in questo è stato bravo una volta di più, non cancellando gli ordini dei componenti.

Quindi l’imbuto è ancora in Oriente?

Il problema è che la manodopera di Taiwan ormai costa come da noi. Ci lavorano filippini e indiani che, allo scoppiare della pandemia, sono stati rispediti a casa e non li hanno più fatti rientrare. Il risultato è che stanno lavorando a dire tanto con il 70% della forza lavoro, quando per stare dietro a tutti gli ordini ne servirebbe il 150%. La coda nelle consegne durerà almeno un altro anno, anche perché nessun negozio nel frattempo ha cancellato gli ordini. E l’elettrico, venuto fuori nel frattempo, ha aiutato a coinvolgere nel discorso persone di mezza età che altrimenti non si sarebbero mai avvicinate a una bicicletta.

In pratica si può dire che il mercato sia esploso?

E’ proprio così, nel segno della tecnologia e del benessere. Prima la bicicletta era fra le terapie suggerite dai medici, adesso è praticamente l’unica, visto che le palestre e le piscine sono effettivamente chiuse. E la corsa a piedi, se non l’hai mai fatta, porta acciacchi e dolori che non vi dico. La bici è entrata nella cultura fitness, non è più solo un mezzo da gara. E’ diventata un oggetto che piace.

E’ stato o sarà necessario ampliare la rete vendita?

Abbiamo rivenditori che stanno vivendo un ottimo momento. Vorremmo fare qualcosa di più, ma il momento lo impedisce. Abbiamo un 40% in più con la stessa rete, eppure siamo al punto che i negozi ci chiedono di mandare quello che abbiamo, perché riescono a venderlo ugualmente. I nuovi praticanti parlano fra loro, si scambiano informazioni, escono in gruppo. Sta diventando un fenomeno sociale più di prima, perché coinvolge gente che ne era totalmente all’oscuro. E consideriamo che il settore ciclo non ha mai conosciuto la vera crisi.

I punti vendita hanno bisogno secondo Leonardi di una ristrutturazione
Secondo Leonardi i negozi andrebbero ripensati
Sei soddisfatto dei negozi che avete in giro?

Quelli sufficientemente attrezzati sono pochi, se comprassero quello accanto e si allargassero, farebbero un favore prima a se stessi e poi a noi. Per questo abbiamo un progetto che si chiama Retail Service, con cui mettiamo a disposizione architetti e materiali perché i nostri punti vendita raggiungano un target sempre più alto. Non vorrei vedere più negozi polverosi, in cui non posso cambiarmi o appendere la giacca mentre provo qualcosa. Ma ci sono segnali positivi. C’è chi ha creato un punto vendita a parte per l’elettrico, ad esempio, e chi si è attrezzato per il noleggio. Anche se non ci sono le bici.

Cosa significa?

Che anche quelle destinate al noleggio sono in lista di attesa, ma arriveranno. E allora in tutte le località di montagna, come con gli sci d’inverno, ci saranno e ci sono già i punti di noleggi bici che faranno affari d’oro. E’ triste che per vivere questo momento si sia dovuta soffrire una pandemia così, mentre intorno ci sono settori davvero in crisi. Quello che possiamo fare è non sciupare una simile fortuna. Durante il lockdown abbiamo assunto cinque persone e altre sette dovremo prenderne presto. Siamo in 30 ormai, ma è giusto che se c’è il lavoro, il lavoro venga dato.