Storia di Paez, grande biker che sognava la strada

14.03.2023
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La sua poteva essere la storia di Egan Bernal, ma 15 anni prima: la storia di un grande stradista nato dalla mountain bike. E oggi che Leonardo Paez si avvia verso i 40 anni con due mondiali vinti e decine di grandi marathon in bacheca, scopriamo che in fondo allo sguardo gli resta un piccolo rimpianto legato alla strada.

Lo incontriamo nella Fattoria Pieve a Salti, alla vigilia della Strade Bianche, mentre si muove con grande discrezione in mezzo ai pro’ della Soudal-Quick Step. Il volto sudamericano di chi è nato specchiandosi nelle cime delle Ande, Paez ha alle spalle una carriera esemplare e ancora oggi è il riferimento dei biker del Soudal-Lee Cougan International Team di Stefano Gonzi.

Numeri da fuoriclasse

Il posto in cui è nato, Ciénega nella regione di Boyaca, è nel cuore della regione dei grandi scalatori colombiani. Lassù, si corse il mondiale del 1995 e di recente il Tour Colombia ha permesso di ricoprirne la magia. Le strade e le salite di Nairo Quintana e Miguel Angel Lopez, come pure di Oliverio Rincon e Mauricio Soler, Buitrago, Anacona e il vecchio Patrocinio Jimenez. In quella terra verdissima sul filo dei 2.500 metri, nel 1982 nacque Hector Leonardo Paez Leon. Corridore di bici, ma in fuoristrada. E chissà che cosa sarebbe successo se qualcuno gli avesse dato la possibilità di continuare anche su strada. Ancora oggi viaggia in salita con 7 watt/kg ed è così da vent’anni. Forse arrivò in Europa troppo presto rispetto alle nuove leve del ciclismo colombiano: sta di fatto che è diventato uno dei biker di lunga distanza più forti al mondo.

«Sono a un punto ancora buono della mia carriera – racconta – perché prima di tutto mi piace ancora correre e mi diverto. Si può dire che questa sia la cosa più importante, finché mi diverto vado avanti. Lotto ancora per le prime posizioni, mi sento bene, cerco di fare il meglio. Sono stato in tante squadre, ma qui alla Soudal-Lee Cougan ho trovato una dimensione umana che mi piace. Ho persone che mi aiutano e tutto quello di cui ho bisogno».

Sulle salite lunghe è ancora uno dei più forti del gruppo con i suoi 7 watt/kg (foto Instagram)
Sulle salite lunghe è ancora uno dei più forti del gruppo con i suoi 7 watt/kg (foto Instagram)
Arrivasti in Europa giovanissimo…

Avevo vent’anni, è passato davvero tanto tempo. Non conoscevo l’ambiente della mountain bike in Europa. In Colombia si facevano poche gare, si correvano soprattutto dei cross country o comunque gare corte. All’inizio non fu facile, nel senso che la gente andava forte anche in discesa, mentre io ero abituato che in salita andavo via e poi la discesa me la gestivo tranquillo. Invece qua bisognava andare forte a salire e anche a scendere, infatti ho perso tante gare in discesa perché ero fermo. Poi piano piano mi sono abituato e alla fine ho raggiunto il livello dei più forti.

Hai cominciato in mountain bike, che rapporto avevi con la strada?

Ho sempre fatto mountain bike, ma soprattutto all’inizio ho fatto anche un po’ di strada in preparazione. Facevo entrambe. La prima bici che ho avuto fu una mountain bike e mi sono innamorato. Ho fatto un po’ di gare su strada. Ho corso un anno con una squadra colombiana, la Ebsa-Indeportes Boyacá.

Nel 2014, Paez ha partecipato alla Vuelta a Colombia in preparazione per la mountain bike
Nel 2014, Paez ha partecipato alla Vuelta a Colombia in preparazione per la mountain bike
Come ti parve?

Arrivai alla strada per via di un infortunio. In precedenza avevo partecipato al Clasico RCN e da ragazzino a due Vuelta de la Juventud. Mi trovai in mezzo a un anno un po’ difficile, perché a causa di una frattura sono stato per mesi senza correre. Così nella stagione successiva andai su strada. Scoprii che mi piaceva e avrei continuato volentieri. Solo che l’anno dopo la squadra cambiò gestione e non fu possibile andare avanti. Così me ne tornai alla mountain bike.

Qualcuno dice che saresti stato un ottimo stradista.

Eh sì, lo credo anch’io e penso che non ho avuto l’ingaggio giusto. Ho sempre fatto mountain bike, dovevo rischiare magari di continuare un anno su strada, provare e magari poteva andare meglio. Esattamente come Egan, no? Lui ha cominciato a fare mountain bike, poi ha trovato la squadra giusta, nel momento giusto della sua carriera e si vede adesso dov’è. Comunque sono contento di aver aperto la strada per altri atleti, forse anche per lui. Sono stato uno dei primi colombiani a venire in Italia per la mountain bike. Io ho continuato la mia carriera, altri hanno cambiato.

Ti senti un’ispirazione per i ragazzi colombiani?

Credo di sì. Tanti mi seguono e nel frattempo il mondo della mountain bike è cresciuto anche in Colombia e i giovani mi vedono come un riferimento. Magari sognano in un futuro di essere come me, mentre altri sognano di fare strada.

Vieni da Boyaca, terra di scalatori.

Esatto, vivo vicino a Maurizio Soler (il corridore colombiano, classe 1983, vinse la maglia a pois e una tappa al Tour del 2007, ma chiuse la carriera con un brutto infortunio al Giro di Svizzera del 2011, in seguito al quale rimase offeso, ndr). Mi spiace tanto per lui. Io ho cominciato un pochino dopo, siamo molti amici. Quando sono in Colombia lo incontro spesso, perché comunque passo quasi ogni giorno dove abita, così vado a trovarlo e lo saluto. E’ un po’ frustrante vederlo così, perché lui era un grande campione e poteva fare molto bene.

Con Quintana, nel febbraio 2018 sulle strade colombiane di Boyaca (foto Instagram)
Con Quintana, nel febbraio 2018 sulle strade colombiane di Boyaca (foto Instagram)
Tanti stradisti fanno avanti e indietro dalla Colombia, fanno altura prima delle grandi corse: per te è lo stesso?

Non proprio. Quelli della strada hanno la fortuna che le squadre gli permettono di andare e tornare. Io non riesco, non è così facile. Soprattutto perché corro quasi tutte le domeniche e non ho il tempo per staccare e andare a casa. Lo faccio magari a fine anno, se riesco metà a stagione.

Sei nato a 2.500 metri, riesci ad allenarti in altura qui in Europa?

Sì, a volte sì, magari prima dei grandi appuntamenti, come la Dolomiti Hero (Paez l’ha vinta per sette volte, ndr), faccio un po’ di altura. Oppure prima del mondiale. Magari vado a Livigno o sul Passo Pordoi. 

La settima volta sul traguardo della Hero nel 2022 (foto Facebook)
La settima volta sul traguardo della Hero nel 2022 (foto Facebook)
Qual è la corsa che ti piace di più qua in Europa?

Mi sono innamorato e mi piacciono tutte le corse con più salita, tipo la Dolomiti Hero, la Dolomiti Superbike e gare mitiche che ho scoperto quando sono arrivato qui, tipo la Rampilonga o la 100 Chilometri dei Forti. Sono gare che hanno fatto la storia e mi sono rimaste nel cuore.

Quest’anno obiettivo mondiale?

Parto con l’obiettivo di fare bene nelle gare più importanti e soprattutto al mondiale, vorrei vincere il terzo (ha vinto i primi due nel 2019 e 2020, ndr) e fare meglio del 2022. E’ stato un mondiale strano, quest’anno in Scozia pare sia molto duro, vedremo che cosa sarò capace di fare…

Ursus Diablo e Cliff: la nuova frontiera del fuori strada

10.09.2022
3 min
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Bici, accessori, scarpe, ruote, sotto il cielo dell’Italian Bike Festival si riuniscono distributori e marchi di ogni tipo. C’è anche lo stand di Ursus, che si trova poco distante dall’ingresso principale, leggermente spostato sulla destra. Ci accoglie Enrico Stragliotto: sales and product manager di Ursus. Il marchio di Rosà, provincia di Vicenza, propone due nuove ruote: le Diablo XC (foto di apertura) e le Cliff. 

Le Diablo XC hanno 28 raggi, questo le rende più resistenti alle sconnessioni dei tracciati off-road
Diablo XC: 28 raggi che le rendono più resistenti alle sconnessioni dei tracciati off-road

Le Diablo di Paez

«Si tratta delle nostre nuove ruote da Marathon e Ciclocross – ci spiega Enrico – sono le ruote in carbonio con le quali sta correndo da inizio stagione Leonardo Paez, della Soudal Lee Cougal. Una delle caratteristiche principali di queste ruote è la leggerezza, infatti pesano 1300 grammi. Sono disponibili in due canali: interno da 25 millimetri o da 30, Paez ed il team usano la ruota con il canale più stretto, quello da 25 millimetri».

Hanno 28 raggi, un dettaglio che fornisce maggiore rigidità ed una guidabilità elevata nei single track. Si tratta di cerchi tubeless ready e lockless: ovvero il fatto che non ci sia più la spalla interna al canale, questo aumenta la leggerezza. In più nel mondo dell’off-road le pressioni sono più basse e questo dettaglio evita stallonature». 

Le Ursus Cliff sono costruite in alluminio, un materiale più leggero e resistente, perfetto per l’enduro
Le Ursus Cliff sono costruite in alluminio, un materiale più leggero e resistente, perfetto per l’enduro

Le Cliff

Sono ruote pensate per l’utilizzo da enduro, di conseguenza aumenta la larghezza del cerchio: la scelta è tra il canale da 27,5 millimetri oppure da 29 millimetri. Il dettaglio sul quale Ursus si è concentrata maggiormente, per le ruote Cliff, è la resistenza, cosa fondamentale nel mondo dell’enduro.

Queste ruote hanno il cerchio in alluminio, un materiale molto resistente ed anche abbastanza leggero. La bilancia, per questo paio di ruote, infatti, si ferma a 1800 grammi. Si tratta di un buon compromesso un per una disciplina che prevede tante ore in sella e percorso accidentati.

Il test con gli atleti

«Una delle fortune che abbiamo – riprende Enrico – è quella di lavorare a stretto contatto con atleti di alto livello e di grande sensibilità tecnica. Anche i meccanici sono un grande valore quando si parla di prodotti, ma soprattutto di dettagli, la loro grande esperienza rende anche più semplice migliorare e perfezionare il prodotto. Ovviamente prima di fornire qualsiasi prodotto come test o prototipo facciamo dei controlli interni, molto dettagliati e stressanti, e questo è già un primo step importante. Questo genere di test e di confronti li abbiamo anche con i team che corrono su strada. Spesso ci affidiamo anche alle conoscenze tecniche di ex atleti, come Petacchi, uno degli ultimi entrati nella nostra squadra».

Ursus

EthicSport: in archivio un primo semestre di altissima visibilità

05.07.2022
4 min
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EthicSport chiude il primo semestre del 2022 e tira un primo bilancio molto, molto positivo in termini di attività di comunicazione e di marketing .

Il brand italiano, specializzato nell’integrazione alimentare sportiva, ha difatti aggiornato e predisposto una strategia finalizzata alla propria promozione e alla visibilità dei prodotti e del marchio, estremamente poderosa. Un mix ben distribuito tra supporto e sponsorizzazione di team, sia strada/corsa che mtb, eventi partecipati sul campo ed iniziative “spot” legate a promozioni commerciali del tutto particolari.

EthicSport è da quest’anno “energy partner” della DH Androni Giocattoli
EthicSport è da quest’anno “energy partner” della DH Androni Giocattoli

Un’attività intensa

Dal primo gennaio, EthicSport è rientrata nel mondo del ciclismo professionistico affiancando in qualità di “energy partner” il team Drone Hopper Androni Giocattoli. Una presenza importante, implementata da una forte visibilità, culminata con il recente Giro d’Italia e la “release” della nuova borraccia esclusiva (prodotta dalla bolognese Roto). Ciclismo professionistico e anche presenza sulle pagine della Gazzetta dello Sport, considerando in aggiunta le uscite pubblicitarie che EthicSport ha programmato ed effettuato in questo primo semestre sul quotidiano sportivo più amato dagli italiani.

Rimanendo sempre nel mondo corsa, EthicSport ha presenziato agli expo di numerosissime Gran Fondo. Una selezione tra le più importanti, come la Nove Colli, la Gran Fondo degli Squali e molte altre ancora. Ma l’evento amatoriale in bici che ha impegnato maggiormente lo staff di EthicSport è stata la 24ma edizione della Gran Fondo Internazionale Felice Gimondi – Bianchi, contesto nel quale è stato ricoperto il prestigioso ruolo di “official supporter”, manifestazione disputatasi come tradizione a Bergamo lo scorso 8 maggio.

Anche nel mondo Mtb, EthicSport ha pianificato la presenza a moltissimi eventi, anche internazionali. L’azienda è infatti convinta che una partecipazione “on field” possa risultare strategica per la propria promozione. Anche per questo si conferma il numero delle squadre sponsorizzate. Tra queste citiamo la Soudal Lee Cougan di Leonardo Paez, il team Trinx di Eva Lechner e Gioele Bertolini e il team Taddei.

Max di Montigny, responsabile marketing EthicSport
Max di Montigny, responsabile marketing EthicSport

Adesso la Terre dei Varano

«Il 2022 sarà ricco di progetti», ha confermato Max de Montigny, responsabile marketing del brand.

«A seguito della partnership con la Drone Hopper Androni, incontreremo sempre più spesso gli appassionati sui campi gara. Questa attitudine l’abbiamo impressa nel Dna, ma desideriamo farlo esclusivamente in occasione di eventi di grande qualità. Un esempio? Oltre alle manifestazioni già citate, abbiamo attivato una collaborazione con un appuntamento nel quale crediamo tanto: la Gran Fondo Terre dei Varano del prossimo 10 luglio.

«Con il Comitato Organizzatore – prosegue Max – abbiamo siglato un accordo pluriennale. La nostra esperienza si affiancherà all’attività della Terre dei Varano. Costruiremo un nuovo percorso di sviluppo, centrato sui servizi di integrazione e nutrizione a beneficio degli atleti. A partire da quest’anno, tutti gli iscritti saranno supportati in gara dai nostri prodotti, sviluppati ottimizzare il rendimento in tutte le fasi degli sport di endurance. Inoltre metteremo a loro disposizione una strategia di integrazione concepita per affrontare al meglio i percorsi dell’evento camerte».

EthicSport