Dall’Ecuador arriva Mateo Ramirez: lo manda l’amico Narvaez

01.08.2025
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Al Giro Ciclistico della Valle d’Aosta si è affacciato il talento di Mateo Pablo Ramirez, corridore che arriva dall’Ecuador con il volto da bambino ma gambe forti. Sulle montagne si trova bene e al primo anno tra gli under 23 ha già fatto vedere di trovarsi a suo agio. Il primo squillo importante è arrivato a inizio anno, nel suo Ecuador, quando ha conquistato il terzo posto nella prova in linea del campionato nazionale riservata agli elite, alle spalle Jhonatan Narvaez e Jefferson Cepeda. Uno squillo che non è passato in secondo piano e che ha acceso i riflettori sul suo talento.

Di lui si era già accorta la UAE Emirates che lo aveva messo nell’orbita del devo team. Una volta capito che il talento era pronto a sbocciare e trovato lo spazio per farlo correre, Joxean Matxin non ci ha pensato due volte a inserirlo nel programma di sviluppo della formazione numero uno al mondo.  

Mateo Pablo Ramirez ha esordito in Italia al Giro del Medio Brenta ottenendo il quarto posto (foto Instagram)
Mateo Pablo Ramirez ha esordito in Italia al Giro del Medio Brenta ottenendo il quarto posto (foto Instagram)

L’esordio in Italia

Il talento ciclistico di Mateo Pablo Ramirez è maturato in Spagna, terra che lo ha accolto e dove ha corso nei due anni da juniores e in questi primi mesi da under 23. Nelle varie corse a tappe nelle quali ha preso parte si era messo in mostra dando filo da torcere anche a corridori come Adrià Pericas, suo compagno di squadra ora nel UAE Team Emirates Gen Z

«Il Giro della Valle d’Aosta – ci ha raccontato il giovane ecuadoriano – è stata la mia prima corsa a tappe in Italia. Avevo già corso in altre gare (Giro del Medio Brenta, terminato al quarto posto e Giro dell’Appennino, ndr) e sono andato bene. Sono state esperienze difficili, soprattutto in Valle d’Aosta dove le tante salite mi hanno lasciato senza energie nel finale. Una corsa dura ma mi è piaciuta molto».

Al Giro della Valle d’Aosta sono emerse le sue qualità di scalatore
Al Giro della Valle d’Aosta sono emerse le sue qualità di scalatore
Qual è stata la parte più difficile?

Il ritmo in gara e il livello degli avversari. Per un ragazzo che arriva dal Sud America non è mai facile adattarsi al ciclismo europeo. Da questo punto di vista i due anni in Spagna mi hanno dato una grande mano. 

Quali sono le principali differenze?

Si va più forte e il gruppo è numeroso, quindi servono grandi abilità di guida per riuscire a competere ad alti livelli, non basta solamente pedalare forte. 

Sei entrato nel UAE Team Emirates Gen Z dall’1 giugno, ti sei trovato bene?

Sì, mi seguivano già dal campionato nazionale di inizio febbraio. Già quando ero juniores ho avuto modo di vedere le mie qualità ma quest’anno sento di aver fatto un passo in avanti. 

Mateo Pablo Ramirez in Ecuador ha subito fatto capire di essere pronto per correre a un livello superiore (foto Instagram)
Mateo Pablo Ramirez in Ecuador ha subito fatto capire di essere pronto per correre a un livello superiore (foto Instagram)
Chi è il tuo idolo, il corridore a cui ti ispiri?

Sono due: uno è Tadej Pogacar e l’altro Jhonatan Narvaez, veniamo entrambi dall’Ecuador e siamo molto amici ed è una bravissima persona. Ho avuto modo di allenarmi con lui a gennaio, durante la preparazione, è impressionante perché va davvero forte ma ci siamo divertiti. 

Come hai iniziato ad andare in bici?

Durante la pandemia, nel 2020, insieme a mio papà. E’ un appassionato di mountain bike e mi ha portato con lui. Sono passato poi a correre su strada grazie al mio allenatore Ernesto Valdez. A me piace molto di più il ciclismo su strada perché in Ecuador abbiamo tante salite ed è divertente pedalare.

Il secondo posto finale al Giro del Valle d’Aosta dietro a Jarno Widar gli è valso la maglia bianca di miglior giovane
Il secondo posto finale al Giro del Valle d’Aosta dietro a Jarno Widar gli è valso la maglia bianca di miglior giovane

L’occhio del preparatore

Il talento di Mateo Pablo Ramirez è passato sotto lo sguardo attento di Giacomo Notari, suo preparatore ora che è arrivato nel UAE Team Emirates Gen Z. 

«Avevamo già avuto modo di conoscerlo nei mesi passati – ci dice – e si erano subito notati dei valori molto interessanti. Chiaramente il dubbio era sull’adattamento al ciclismo europeo ma Ramirez ha fatto vedere di riuscire a entrare subito in questi meccanismi. C’era stata anche la possibilità di vederlo al Giro Next Gen ma non abbiamo voluto accelerare il processo di adattamento.

«E’ un corridore forte ma con ampi margini di miglioramento, soprattutto negli sforzi brevi e intensi. Quando siamo stati in ritiro con la squadra abbiamo avuto modo di vedere certe doti atletiche che gli permettono di fare la differenza, come il fatto di non soffrire certe altitudini. Siamo curiosi di vederlo al Tour de l’Avenir e di poterci lavorare insieme il prossimo anno per capire quali sono i margini di crescita che sembrano davvero promettenti».

Narvaez torna in Europa, con le certezze dell’Australia

20.02.2025
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Una toccata e fuga. Jhonathan Narvaez ha esordito con la nuova maglia della Uae dimostrando subito di che pasta è fatto, conquistando al Santos Tour Down Under quel successo finale che gli era sempre sfuggito in una corsa di livello WorldTour. Già solo quel risultato porterebbe a dire che la scelta di lasciare la Ineos dopo ben 6 anni è stata giusta. Jhonatan è tornato in Ecuador, riconfermandosi campione nazionale e poi ha continuato ad allenarsi in altura, nella “sua” altura. Doveva venire in Europa per le corse iberiche, ma poi si è scelto di posticipare alle prime classiche belghe.

Per parlare con lui lo abbiamo praticamente buttato giù dal letto, fissando un appuntamento quando da lui erano le 7 del mattino. Eppure era già sveglio e pronto, davvero desideroso di raccontare la sua nuova dimensione e di riassaporare presto quel mondo messo solo provvisoriamente da parte.

Nella classifica del Tour Down Under, Narvaez ha prevalso con 9″ su Romo (ESP) e 15″ su Fisher Black (NZL)
Nella classifica del Tour Down Under, Narvaez ha prevalso con 9″ su Romo (ESP) e 15″ su Fisher Black (NZL)
Che cosa ha rappresentato per te la vittoria in Australia?

Per me è stata una vittoria importante perché è un appuntamento prestigioso. Ci tenevo particolarmente per dimostrare di essere un buon elemento per quel tipo di corse, lunghe una settimana. Sapevo che aveva le caratteristiche giuste, con salite non troppo lunghe. Lo scorso anno la vittoria finale mi era sfuggita per 9”, pensavo che dovevo solo fare le cose per bene e avrei colto il bersaglio grosso. Così è stato.

Qual è stato il momento più bello e quello più difficile?

Sicuramente il penultimo giorno, quello di Willunga perché c’era un vento molto forte che ha spaccato in due il gruppo e io mi sono ritrovato nella seconda metà. Ho pensato che non saremmo più riusciti a rimettere insieme i pezzi, che la corsa era ormai andata. Ma poi ho pensato anche che dovevo mantenere la calma, infatti sono rientrato e nell’ascesa finale ho messo insieme il tutto e ho vinto. Quindi nella stessa tappa c’è stato anche il momento migliore.

La volata vincente nella penultima tappa a Willunga Hill, battendo Onley e Fisher Black
La volata vincente nella penultima tappa a Willunga Hill, battendo Onley e Fisher Black
Le corse a tappe come il Santos Down Under sono la tua dimensione ideale come ciclista?

Credo di sì. Per me è una gara dura, ma non prevede lunghe salite da 20 minuti, quindi è adatta a me. Si tratta di fasi esplosive in cui bisogna essere veloci. Quindi posso dire che è una gara che si adatta alle mie caratteristiche. La cosa che mi dispiace è che di corse così, di una settimana intera, non troppo lunghe né brevi, non ce ne sono altre in cui potrò essere leader. Il che significa che avevo solo un colpo in canna…

Come ti sei trovato a fare il leader alla Uae?

E’ stato molto positivo, mi hanno dato fiducia sapendo che potevo essere un valido candidato al successo. Ho già fatto gare come capitano, gestendo la squadra, so come muovermi anche nei momenti difficili, ma il team mi ha dato molta sicurezza e soprattutto i compagni hanno lavorato in maniera splendida. Non dimentichiamo che era comunque una gara WorldTour, non si può mai dire come andranno le cose in un livello così alto.

L’ecuadoriano con compagni e staff ad Adelaide. Lo scorso anno aveva perso per appena 9″
L’ecuadoriano con compagni e staff ad Adelaide. Lo scorso anno aveva perso per appena 9″
Tu hai sorpreso tutti al Giro d’Italia battendo Pogacar il primo giorno: ripensa a quella tappa non come avversario ma come compagno di Pogacar, come potreste lavorare insieme nella stessa situazione?

Questa domanda non mi è mai passata per la testa, ma non so davvero cosa sarebbe successo in quello scenario, se lui fosse stato il mio socio e compagno di squadra. E’ un tema interessante, per trovare una risposta adeguata dovrei trovarmi a gareggiare insieme e non è ancora successo. Ho fatto solo dei training camp in cui abbiamo condiviso piccoli momenti in bici, in hotel e niente di più. Devo imparare a conoscerlo, sarà anche importante in vista del Tour.

Che tipo è e come ti trovi a essere un suo aiutante, magari proprio alla Grande Boucle?

Partiamo col dire che il Tour è un pensiero che mi entusiasma, perché non l’ho mai affrontato. Per me è molto importante portare a termine la gara. Ed è ancora più bello farlo in una squadra come la sua, accanto al campione in carica, quindi sarà una bellissima avventura e speriamo di arrivare in buone condizioni.

Appena tornato dall’Australia, Narvaez si è laureato campione nazionale, per la terza volta (foto Prensa Latina)
Appena tornato dall’Australia, Narvaez si è laureato campione nazionale, per la terza volta (foto Prensa Latina)
Le tue vittorie in Ecuador che risalto hanno avuto?

Ora il ciclismo sta crescendo poco a poco. Sia per quanto riguarda i giovani corridoi che per gli appassionati, c’è molto più fermento rispetto a sei anni fa, oggi il ciclismo è molto diffuso. Anche le corse sono molto più seguite. Le mie vittorie mi hanno reso piuttosto popolare, il successo in Australia ha avuto risalto. Prima non era così. Soprattutto nella zona in cui vivo, quella montuosa dell’Ecuador. Qui si va molto in bicicletta.

Tra poco torni in Europa: lasciare casa che sensazioni ti dà?

Non è tanto un peso perché viaggio sempre con la mia famiglia, ho mio figlio che ha un anno e quindi posso seguirlo insieme a mia moglie. Ci siamo adattati bene alla vita europea. Apprezzo i benefici della mia professione: tutta la mia vita è quasi organizzata e non mi costa nessuno sforzo tornare indietro. Ovviamente mi manca il mio Paese, poi in questo momento è bellissimo perché il clima è molto buono, ma fa parte del raggiungimento dei propri obiettivi professionali, è un sacrificio che faccio volentieri.

Il suo successo nel 2020 a Cesenatico, nel Giro d’Italia dove si è rivelato come ottimo finisseur
Il suo successo nel 2020 a Cesenatico, nel Giro d’Italia dove si è rivelato come ottimo finisseur
Tu farai tutto il periodo delle classiche, qual è quella che ti piace di più e con che ambizioni le affronti?

A me piacciono tutte molto, ma soprattutto quelle fiamminghe che meglio mi si adattano, ad esempio il Giro delle Fiandre. Ma anche quelle delle Ardenne mi piacciono molto. Le affronto tutte con molta ambizione, puntando a fare bene e portare a casa qualcosa, d’altronde un corridore non va avanti con l’ambizione. So che ci saranno gare dure, ma arriverò nelle migliori condizioni possibili, ho lavorato per quello.

Hai vinto due volte al Giro d’Italia: che differenza c’è tra il Narvaez del 2020 e quello dello scorso anno?

Ora riconosco di essere un corridore un po’ più maturo. Nel 2020 ho commesso ancora molti errori come professionista, forse un po’ di ignoranza su cosa bisogna fare in allenamento e a riposo. Negli ultimi anni ho lavorato meglio, sono stato più disciplinato con l’alimentazione, l’allenamento, il riposo e questo mi ha fatto fare un salto in avanti. Penso che la chiave sia cercare di fare le cose bene per poter emergere.

Narvaez va con Pogacar, ma non vuole solo tirare

22.12.2024
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BENIDORM (SPAGNA) – A un certo punto, in uno dei momenti sfaccendati del primo ritiro, Pogacar gli è andato vicino e ha chiesto di farsi un selfie assieme a uno dei pochi che nel 2024 lo abbia battuto. Narvaez lo ha guardato, ha sorriso e si è prestato per la foto. Quell’immagine non è venuta fuori sui social, ma varrebbe il primo premio per l’originalità. Che Tadej non avesse digerito lo… scherzetto delle ecuadoriano sul traguardo di Torino al Giro d’Italia si era capito da varie sfumature nelle sue dichiarazioni. Significò non prendere la prima maglia rosa e non poterla difendere per ogni santo giorno fino a Roma. Per cui averlo adesso come compagno di squadra rende tutto più singolare.

Dopo quella vittoria, Narvaez ci ha provato ancora, ma altre vittorie non sono venute. Un secondo posto a Nova Gorika, battuto da Aleotti nel Giro di Slovenia, e un quarto alla Vuelta. Sinché, il primo agosto è arrivata la notizia del suo passaggio dalla Ineos Grenadiers al UAE Team Emirates. Ventisette anni, 1,74 per 65 chili, Narvaez arrivò al professionismo nel 2017 grazie alla Axeon Bermans Hagen di Axel Merckx, assieme a Eddie Dunbar, Neilson Powless e ai fratelli Oliveira, che ha ritrovato nella nuova squadra. Passò nel 2018 alla Quick Step con qualche piazzamento interessante che gli valse l’interesse dello squadrone britannico, in cui è rimasto per sei stagioni.

Dopo sei anni alla Ineos, Narvaez approda alla UAE Emirates: contratto per due stagioni
Dopo sei anni alla Ineos, Narvaez approda alla UAE Emirates: contratto per due stagioni
Come va in questo nuovo mondo?

Sto bene. E’ il secondo training camp che facciamo con la squadra e mi sono sentito il benvenuto già da quello ad Abu Dhabi. Conosco molti dei miei compagni, che hanno corso con me in precedenza. Ho un buon rapporto con Matxin. Ci sono alcuni massaggiatori che conosco, quindi mi sono sentito il benvenuto e la verità è che in una squadra questo fa la differenza.

E’ tanto diversa dalla Ineos?

Mi sono sentito molto fortunato nella mia carriera sportiva. Quando sono diventato professionista, la Quick Step era grandissima. Aveva vinto tanto, all’epoca era la migliore squadra del mondo. Anche la Ineos, quando ci sono arrivato, vinceva ancora il Giro e il Tour. E ora sono qui, nella squadra numero uno. Riguardo alla tua domanda, fra le due squadre c’è pochissima differenza. Entrambe hanno aspetti molto buoni. Ottimo materiale, ottimi allenatori, cercano continuamente di migliorare e questo è un bene. Posso solo dirvi che una squadra sta lavorando a suo modo su un tipo di percorso e l’altra va per la sua strada, ma entrambe raggiungono lo stesso risultato che poi è vincere.

Che cosa ti proponi per questa stagione?

Crescere, continuare sulla strada intrapresa, magari con risultati migliori. Nel 2024 ho vinto e, come dissi l’anno prima, spero di fare un altro passo avanti. Che poi significhi vincere o fare bene, l’importante è continuare a lavorare sulla stessa linea. Quello che voglio è lavorare bene, ho un buon supporto nel team e questo l’ho notato subito. Quindi sono molto motivato.

E’ il 2018, Narvaez è appena passato con la Quick Step. Al Tour Colombia, tappa di Tambo, viene bruciato da Uran
E’ il 2018, Narvaez è appena passato con la Quick Step. Al Tour Colombia, tappa di Tambo, viene bruciato da Uran
Sai già quale ruolo avrai nel team?

Come si può vedere, non è un team in cui sia facile trovare tutte le opportunità che vuoi. Chiunque sia vincente, sogna di farlo il maggior numero di volte possibile, metterle in fila su una bacheca, ma qui è difficile. Quindi la mentalità è ovviamente di vincere, ma puoi farlo quando hai le tue possibilità. Nel resto del tempo, dovremo giocare tatticamente per far vincere un compagno di squadra. Penso che, almeno nelle gare in cui Pogacar non c’è, non abbiamo ancora un chiaro favorito o un leader designato e questo è positivo. Però non posso dire di essere un leader, dovrò guadagnarmelo. Altrimenti lo farà un altro.

Sai già qualcosa del tuo calendario?

Nella prima parte dell’anno, sono molto entusiasta di fare le classiche. Il pavé e poi anche le Ardenne. Quindi il Tour de France per sostenere Tadej Pogacar. Più o meno sarà così.

Come vive Tadej il fatto di avere per compagno uno dei pochi che sia riuscito a batterlo nella sua stagione migliore?

Eravamo a Dubai e mi ha chiesto di fare un selfie insieme, dicendo proprio questo. Ne abbiamo parlato, gli ho impedito di prendere la prima maglia rosa, ma penso che per me sia stata una giornata molto bella. L’arrivo di Torino era molto adatto alle mie caratteristiche, ne avevo parlato a lungo con il mio vecchio allenatore. Era uno scenario in cui potevi pensare a molte cose, ma non che mi sarei ritrovato da solo assieme a Pogacar.

A quale finale avevate pensato?

Potevano rimanere 20 corridori, potevano essercene 10, sarebbe potuto arrivare qualcuno da solo. C’erano molti scenari possibili e in ciascuno di questi io sarei stato adatto a quel tipo di traguardo. Ed è andata così. Ho vinto perché ero uno dei più veloci in quello sprint a tre (con Narvaez c’erano appunto Schachmann e Pogacar, ndr). E’ una vittoria che ricorderò a lungo.

Adesso che corri assieme a lui, come pensi che sarà Tadej come compagno di squadra?

Per quello che lo conoscete anche voi e per come sto iniziando a conoscerlo io, so che sarà un buon compagno. E’ sempre aperto, sempre gentile, sempre sorridente, sempre calmo. Quindi l’impressione è che sarà un buon compagno.

Hai detto che tecnicamente Ineos e UAE non hanno grandissime differenze, cosa si può dire del clima in squadra?

Non si può paragonare uno spagnolo con un inglese. Hanno una cultura diversa, fanno le loro cose in modo diverso. Quindi, in termini di sport, in termini di struttura, in termini di come fanno le cose, le due squadre sono simili. Cercano sempre di migliorare e cercano sempre di improvvisare per vincere gare e tutto il resto. Ma sul piano dei rapporti personali, qui c’è un altro calore.

Ti mancherà qualcuno della Ineos?

Forse il mio allenatore, Adrian Lopez, che si è comportato molto bene negli ultimi tre anni e mi ha portato alle gare con la condizione che serviva. Ma qui ho conosciuto una persona molto brava, che è lo stesso allenatore di Tadej Pogacar. Vediamo quindi come andranno i prossimi anni. Se andassi come lui (ride, ndr), potrei anche accontentarmi.