Romele al Liberazione: capolavoro di gambe e cervello

25.04.2023
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ROMA – Ultimo giro, la campana accompagna i primi due che si allontanano dall’arrivo del Liberazione, mentre dietro del gruppo non si vede neanche l’ombra. I primi inseguitori passano dopo 52 secondi, ma a quel punto Romele e Wang sono già nel tratto che conduce verso Porta Ardeatina. Sono fuori da più di 100 chilometri, saranno 120 alla fine. Dietro tirano un po’ a strappi. Prima la Svizzera. Poi la Green Project-Bardiani. Prima una e poi l’altra: insieme mai. E così i primi due ringraziano e tirano dritto, respirando l’aria del traguardo.

«Non ho mai visto un Liberazione come questo – commenta a bordo strada Giuseppe Di Leo accanto a Daniele Calosso – nei primi giri continuavano a staccarsi uno dopo l’altro. Tutti i migliori, chi più e chi meno. E adesso sono in due là davanti e devo sperare che non li prendano, perché Persico è rimasto nel terzo gruppo e se il gruppo rientra, la volata non possiamo farla…».

Il vantaggio dei primi ha iniziato a scendere a 5 giri dalla fine, quando la Svizzera di Albasini e poi la Green Project hanno iniziato a tirare
Il vantaggio dei primi ha iniziato a scendere a 5 giri dalla fine, quando la Svizzera e la Green Project hanno iniziato a tirare

Come a Darfo Boario

Per sua fortuna, Alessandro Romele respira l’aria dei giorni buoni. Già vedendolo passare nella parte alta del circuito, quella in cui la pur blanda salita ha morso per tutto il giorno i polpacci dei corridori, si notava che fosse il più brillante nei rilanci all’uscita del tornante. Al bresc piacciono le vittorie da lontano, le fughe alla Van der Poel che a volte gli riescono bene. Come al campionato italiano juniores di Darfo Boario Terme nel 2021, quando se ne andò nei primi chilometri e lo rividero nella foto del podio, primo e tricolore davanti a Zamperini e Biagini. Come sabato scorso a Riolo Terme.

Questa volta c’è da fare la volata contro Gustav Wang, alto e generoso come lui, che per parecchi chilometri ha avuto il supporto del compagno Hansen. I due corrono con la Restaurant Suri-Carl Ras, una continental danese di poche vittorie e bici Trek.

Nella fuga con Romele e Wang è restato a lungo anche l’altro danese Hansen
Nella fuga con Romele e Wang è restato a lungo anche l’altro danese Hansen

Il numero 50

Il danese non salta un cambio. E’ forte, i corridori della Colpack lo sanno bene. Ieri sera a cena hanno annotato il suo numero 50, ricordando di quando nel 2021 vinse il mondiale juniores della crono a Bruges. Wang collabora e accetta la sfida dello sprint, forse conoscendo lo spunto di Romele o forse no. Alessandro ha vinto la Coppa Zappi a Riolo Terme appena tre giorni fa, battendo in una lunga volata a due il romagnolo Ansaloni. Sa come si gestiscono queste situazioni. Perciò quando passa sul traguardo piegando Wang, il suo urlo nasce dalle viscere e lo scuote fino alle lacrime.

«Nell’ultimo periodo – racconta il vincitore – ho iniziato a credere che le cose migliori accadano all’improvviso. Quindi ho ricordato le imprese che avevo fatto da junior, come quella a Darfo Boario Terme. Anche lì inizialmente nessuno ci aveva creduto, io invece ero consapevole delle mie potenzialità. Sapevo della mia condizione, allora come oggi. E non posso che ringraziare enormemente la squadra, perché veramente è una famiglia, fa un casino di sacrifici per farci correre anche nei momenti difficili, come quelli che stiamo vivendo ora. Sono onorato di vestire questa maglia e orgoglioso di quello che ho fatto. In un contesto comunque di livello internazionale come quello che c’era oggi qui a Roma».

Ultimo giro del Liberazione, i primi sono passati da 52 secondi: il gruppo è spacciato
Ultimo giro del Liberazione, i primi sono passati da 52 secondi: il gruppo è spacciato

Intelligenza sopraffina

La seconda cosa che fa dopo aver abbracciato i direttori sportivi Giuseppe Di Leo e Antonio Bevilacqua e aver ricevuto le pacche e le strette dei compagni, è andare a congratularsi con Wang, che è disteso per terra e un po’ respira e un po’ si gode le gambe distese, dopo una giornata trascorsa sempre in tiro.

«Avevo visto ieri il percorso – racconta ancora Romele – e fin dall’inizio avevo notato che avendo tutti questi dentro e fuori e tanti saliscendi molto nervosi, favoriva gli attaccanti, che comunque dovevano spendere molto. Per il gruppo non è stato un percorso semplice, perché comunque faticava a vedere gli attaccanti. Quindi avevo calcolato che serviva più o meno un minuto per non essere visti nelle due parti del circuito in cui ci si incrociava. E questa cosa ha aiutato moltissimo, perché dietro non avendo riferimenti, si son fermati più di una volta.

«Diciamo che ho giocato anche un po’ d’astuzia e poi ho trovato dei compagni di fuga molto molto onesti. Per questo dopo l’arrivo gli ho stretto la mano. Abbiamo fatto, penso, uno spettacolo che non si vedeva da un po’ di anni. E penso che il ciclismo sia anche questo».

In lacrime fra le braccia del diesse Di Leo, Romele festeggia il Liberazione come lo scorso anno fece Persico
In lacrime fra le braccia del diesse Di Leo, Romele festeggia il Liberazione come lo scorso anno fece Persico

Un’investitura importante

Parole benedette dal dio dei ciclisti che attaccano. Parole che per qualche minuto ci fanno sognare di aver trovato un interprete abbastanza coraggioso, forte e sfrontato da lanciare e accettare le sfide a viso aperto.

«Alessandro doveva andare in fuga – racconta ora Di Leo – era programmata, ma non così. Ha fatto davvero un’impresa, i corridori moderni sono questi. E’ andato forte, è andato anche oltre le nostre aspettative, anche se non lo scopriamo adesso. Ha vinto sabato, ha una condizione eccellente e siamo davvero contenti per lui perché lo merita. Credevamo in questo salto di qualità e sta crescendo con calma. E’ del 2003, secondo anno da U23 e ha sicuramente delle potenzialità. Ce lo ritroveremo sicuramente nel professionismo e sarà un nome da tenere in considerazione.

«Se saremo invitati, lo vedremo al Giro d’Italia – prosegue – ma prima abbiamo in programma gare importanti. La Vicenza-Bionde e il Circuito del Porto e poi la Parigi-Roubaix Espoirs. La facciamo come esperienza. Naturalmente non ci tiriamo indietro dalle nostre responsabilità, ma andiamo su tranquilli per divertirci e chissà magari tentare il colpaccio (il Team Colpack vinse la Roubaix Espoirs già nel 2016 con Ganna, ndr)».

Una volata fra morti

Cosa si pensa quando si resta in fuga da soli per così tanto tempo? Come si organizza il tempo? Quali riferimenti si hanno, senza la radio nelle orecchie, dato che l’ammiraglia non segue?

«Avevo la fortuna di avere sparsi sul circuito svariati collaboratori della squadra – sorride Romele – che mi aggiornavano sul tempo. Quindi ho sfruttato i momenti morti del gruppo, sapendo a tratti di poter recuperare e capendo quando invece c’era da accelerare se anche il gruppo aumentava. Cercavo di incitare anche i ragazzi della fuga perché dessimo il tutto per tutto, perché man mano che andavamo avanti iniziavamo a crederci. Quel poco che ci siamo detti, ce lo siamo detti in inglese. Ormai non se ne può fare a meno, è un obbligo che mi sono dato e un invito che faccio anche ai ragazzi di impararlo, perché è veramente utile in qualsiasi circostanza.

«Poi però in volata – sorride – non c’è stato da dirsi niente. Che poi, volata… E’ stato uno sprint strano perché in una condizione del genere non vince il più veloce, ma quello che arriva con la gamba migliore. Se comunque di gamba si può parlare, perché eravamo tutti e due belli cotti…».

Buona Liberazione a tutti

Poi si incammina verso il podio per la premiazione. Va scalzo, con gli scarpini in mano. Accanto gli cammina Di Leo con la sua Cinelli Pressure in mano. L’obiettivo sarebbe stato quello di ripartire alla svelta. Ma dopo una vittoria come questa, la proposta del tecnico bergamasco è di fermarsi a cena da qualche parte. Bevilacqua annuisce. Si è offerto di pagare Di Leo, invito accettato all’istante. Se ne vanno in una salva di risate, col senso di aver portato a casa una vittoria di cui si parlerà ancora a lungo.

Roma saluta la Festa della Liberazione, il Team Bike Terenzi ha fatto per il terzo anno uno splendido lavoro. La Capitale è piena di turisti e italiani e in una splendida giornata di sole ha celebrato la Costituzione della Repubblica e i valori su cui essa si fonda. E nel momento in cui i nostri politici si azzuffano e in apparenza alcuni rinnegano la Carta su cui hanno giurato, il ciclismo resta fedele alle sue regole più antiche, che premiano il coraggio e la capacità di sognare e progettare grandi imprese. Oggi alle Terme di Caracalla, qualcuno potrebbe giurare di aver visto nascere un campione.

Wang, altro danese iridato. E per Bonetto un insolito record

21.09.2021
5 min
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Con la seconda media di sempre fra gli juniores, il danese Gustav Wang ha vinto la cronometro individuale degli juniores. Ha coperto i 22,3 chilometri da Knokke-Heist a Bruges in 25’37” alla media di 52,232 spingendo come massimo rapporto il 52×14. Meglio di lui fece nel 2005 un altro gigante di nome Marcel Kittel, che a Salisburgo conquistò la maglia iridata degli juniores percorrendo i 23,5 chilometri alla media di 54,757. Per dare l’idea della grandezza del risultato, nella crono di ieri fra gli under 23, un altro danese di nome Johan Price Pjetersen ha fatto registrare la media di 52,721, sulla distanza di 30,1 chilometri, ma avendo da spingere tutti i rapporti di questo mondo.

Joshua Tarling, Gustav Wang, Alec Segaert, questo il podio della crono juniores
Joshua Tarling, Gustav Wang, Alec Segaert, questo il podio della crono juniores

Emozione e mascherina

Quando arriva davanti ai microfoni, Wang è molto emozionato. Parla a strappi, tronca le frasi e la mascherina sul volto rende anche difficile cogliere la mimica facciale.

«Sono partito tra i primi – dice – e questo probabilmente è stato un vantaggio. Al via ero molto nervoso, poi ho preso subito un buon ritmo, su un percorso che si è rivelato molto veloce. Era il più grande evento cui prendevo parte da tempo, dato che quelli prima sono stati tutti cancellati. E’ stato bello sentire l’incoraggiamento del pubblico. Finalmente ho trovato una buona condizione. Ai campionati nazionali di giugno sono arrivato secondo a causa di un intervento alle tonsille, ma oggi mi sono rifatto. La vittoria di ieri di Price Pjetersen mi ha motivato, mi ha consigliato di tenere bene il ritmo nel tratto finale in pavé. Ma in Danimarca non abbiamo una scuola di crono. Ci sono tanti buoni specialisti, che imparano l’uno dall’altro…».

Record Bonetto

In diciotto giorni, Samuele Bonetto ha vinto il mondiale di inseguimento al Cairo (3 settembre), è arrivato quinto agli europei della crono (8 settembre) e nono al mondiale della stessa specialità (21 settembre). Ma siccome a diciotto anni si digeriscono anche i sassi, è probabile che in meno di tre settimane si possano trovare le energie fisiche e nervose per tenere testa a simili appuntamenti, in un calendario che difficilmente potrebbe essere più snervante.

Il ragazzo che dopo la vittoria dell’inseguimento individuale al Cairo è stato paragonato a Ganna ed ha a sua volta svelato che il ciclismo lo ha salvato dall’anoressia, arriva dopo aver ben recuperato.

«Ho dato tutto – dice il veneto – non ho rimpianti. Dalla macchina avevo buone indicazioni e sono andato alla partenza con tanta autostima e pronto a morire sulla bici. In fondo tra un mondiale dell’inseguimento e uno della crono non c’è tantissima differenza, a parte la durata. La concentrazione si trova abbastanza facilmente, semmai è più difficile trovare la forma, che non sempre dipende da noi. Per questo forse mi sono sentito meglio a Trento, dove sono arrivato quinto, ma a 3 secondi dalla medaglia».

Il terzo mondiale

Venerdì Samuele sarà chiamato a un altro mondiale, quello su strada, e la cosa lo riempie di orgoglio.

«Per me la gara su strada sarà un grande appuntamento – dice – sono onorato e contento di partecipare. A volte quando esco in allenamento e mi vedo nello specchio con la maglia azzurra, mi vengono i lucciconi, figurarsi in corsa. E le motivazioni ci sono, perché dopo ogni vittoria e ogni gara, si deve azzerare tutto. Queste partecipazioni sono investimenti sul futuro. La strada è ancora lunga, i titoli che contano sono ancora lontani».

Bessega per imparare

Anche Tommaso Bessega l’ha presa come una prova generale di futuro, perché al primo anno difficilmente puoi partecipare a un mondiale con altre aspirazioni. Lui che divide la passione del ciclismo con suo fratello gemello Gabriele e fa parte della filiera della Eolo-Kometa, per arrivare fin qui al meglio ha lavorato con il suo tecnico Marco Della Vedova alla Bustese Olonia e il preparatore Mattia Garbin.

Dopo l’arrivo, Bonetto sfinito e senza rimpianti
Dopo l’arrivo, Bonetto sfinito e senza rimpianti

«E’ stata una crono dura per me – dice – sono partito a tutta sapendo che il livello fosse molto alto. Il percorso forse non era il più adatto alle mie caratteristiche, con quei drittoni infiniti. Avrei preferito qualche curva in più, ma per essere la prima esperienza va bene così. Ho lavorato bene, ho corso il Lunigiana che mi ha dato una buona gamba e credo di essere arrivato giusto all’appuntamento e alla fine di una stagione che come ultima difficoltà avrà i campionati italiani di cronosquadre del 9 ottobre».

Calendari troppo pieni?

Anche Bonetto vi prenderà parte vestito della maglia della Uc Giorgione con cui corre. Ed è vero che a 18 anni si digeriscono i sassi e si trovano le motivazioni per correre tre mondiali, un europeo e anche un campionato italiano della cronometro a squadre in un mese, ma a qualcuno verrà in mente che forse è un po’ troppo? L’Uci, la Uec, la Fci e chiunque abbia il potere di redigere calendari forse qualche domandina se la potrebbero anche porre.