La Polti di Guerini, un tuffo in quegli anni di grande ciclismo italiano

28.01.2024
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Il rosso di Polti è tornato in gruppo. Se n’è andato il giallo, ma è rimasto quel nome che si porta dietro successi e ricordi di una bella pagina di ciclismo italiano. Giuseppe Guerini con quella maglia ha corso per tre anni dal ’96 al ’98. Anni in cui è riuscito a conquistare una delle sue vittorie più belle, oltre che un terzo posto in classifica generale della corsa rosa. L’iconico successo di Selva Val Gardena davanti a Marco Pantani fa ancora parte del suo presente. Seppure siano passati 26 anni, la sua immagine di whatsapp (foto in apertura, ndr) vede proprio un’istantanea di quel momento. Dettagli che dimostrano quanto quel gruppo e quella squadra siano un ricordo felice. Attraverso le parole di Giuseppe siamo tornati a quei momenti per capire cosa rappresentasse per lui quella squadra che oggi in parte è tornata in gruppo con il nome di Polti-Kometa

Giro d’Italia 1998, Marmolada, Marco Pantani e Giuseppe Guerini
Giro d’Italia 1998, Marmolada, Marco Pantani e Giuseppe Guerini
Come sei arrivato alla Polti?

Sono passato con Reverberi alla Navigare che mi ha permesso di entrare nel mondo dei pro’ e di farmi conoscere a livello nazionale. La Polti mi ha dato la possibilità di crescere, conoscere il Giro d’Italia alzando un po’ il mio livello nella gare, anche dal punto di vista atletico. Ho conosciuto parecchi corridori importanti, come Giannetti, Rebellin e Leblanc. Confrontarmi con loro, imparare da loro e cominciare ad avere risultati importanti. 

Abbiamo notato che la tua immagine profilo di whatsapp vede te a braccia alzate con la maglia Polti…

Quella foto è un ricordo a cui sono molto legato perchè è la vittoria al Giro d’Italia davanti a Pantani. Quella fu uno dei due successi più importanti alla mia carriera. Era il ’98 ed era un po’ il simbolo di quel periodo. Il podio al Giro, la vittoria davanti a Pantani riassumono i miei primi sei anni da pro’. Da ragazzo italiano, il mio sogno era quello di poter vincere una tappa e si è poi concretizzato. Non a caso l’ho fatto con la Polti.

Che clima c’era alla Polti in quegli anni?

Io sono di Bergamo e la squadra aveva sede a Bergamo, quindi la maggior parte del personale era bergamasco, si parlava più dialetto che italiano con la squadra. Era una grande famiglia. Il manager Gianluigi Stanga era bravo a gestire i corridori e il personale e c’era questo modo di sentirsi uniti e protetti. Ma soprattutto c’era modo di poter crescere senza lo stress per forza di fare il risultato. Naturalmente c’erano pressione e l’obbligo di fare bene, però c’era anche la consapevolezza che se si sbagliava non ti mettevano alla porta. Si aveva la possibilità di recuperare e di rifarsi, magari in una gara successiva. Era il posto ideale e tranquillo per un giovane come me che trovava un ambiente in cui crescere.

Qui la formazione al Giro d’Italia 1998 insieme a Franco Polti
Qui la formazione al Giro d’Italia 1998 insieme a Franco Polti
Che rapporto hai avuto con Franco Polti in quegli anni?

Lui spesso veniva alle corse, era presente, soprattuto al Giro. Non influenzava mai le tattiche di gara, non era invasivo con i corridori. Però si vedeva che aveva questa passione per il ciclismo e la sua presenza non diventava pressione, ma la vedevamo più come una fiducia in noi. 

Che compagni hai avuto in quei tre anni?

Con Rebellin ho avuto un ottimo rapporto. Ho fatto due anni insieme a lui. Mi ricordo quando ha messo prima la maglia rosa nel ’96. Poi c’erano Martinello, Leblanc, Gualdi, Celestino. Tanti corridori con cui ci si sentiva una famiglia. Ci si vedeva, si scherzava a tavola e anche dopo cena si facevano i nostri commenti anche col personale. Era un bel gruppo, simpatico, e si viveva il ciclismo in modo più leggero rispetto a quello che è oggi. Non esistevano i telefonini o le videochiamate. C’era ancora quel modo semplice di divertirsi e trovarsi tra di noi o anche con altre squadre. Ci aiutavamo tra di noi, si riusciva a capire subito quando qualcuno era in difficoltà.

Il podio del Giro ’98 con Marcon Pantani in maglia rosa, Pavel Tonkov secondo e Guerini terzo
Il podio del Giro ’98 con Marcon Pantani in maglia rosa, Pavel Tonkov secondo e Guerini terzo
Ricordi qualche aneddoto?

Ricordo ironicamente Daisuke Imanaka il primo giapponese a correre il Giro d’Italia: lo fece proprio con noi alla Polti. Era sempre un’avventura farsi raccontare le sue sofferenze, le sue impressioni durante le tappe. Era un po’ la nostra mascotte e non vedevamo l’ora di arrivare alla sera per ascoltare i suoi racconti. 

Che dimensione internazionale aveva la Polti di quegli anni?

Non era tra le prime al mondo, però era sicuramente una squadra medio alta. Si puntava a vincere le classiche e a far bene anche nei Grandi Giri. Prima di me c’era stata la coppia Bugno e Gotti, dopo è ritornato Gotti. Nel frattempo c’era Leblanc, è arrivato Virenque l’anno successivo, per cui ci sono sempre stati grandi corridori, puntando a vincere sempre gare importanti. Alla presentazione della nuova Polti-Kometa, Stanga ha ribadito che in sei anni hanno vinto 110 gare, in palcoscenici importanti come Giro, Tour e Vuelta e prove di Coppa del mondo. 

Nasce la nuova divisa della formazione Polti-Kometa (foto Maurizio Borserini)
Nasce la nuova divisa della formazione Polti-Kometa (foto Maurizio Borserini)
Veniamo ai giorni nostri. Per te che emozione è stata vedere tornare scritto su quelle maglie il nome Polti?

Fa molto piacere. Dispiace che l’Italia non abbia una squadra WorldTour e gli sponsor invece di investire nel ciclismo lo lasciano. Il ritorno di un brand importante come Polti è un bellissimo segnale ed è anche grazie a Francesca Polti che come suo padre vede ancora in questo sport dei valori importanti. Il ricordo dei momenti belli vissuti in quegli anni spero che siano di buon auspicio anche per questa nuova esperienza. Speriamo sia anche un segnale positivo per le altre aziende.

Una squadra di giovani. L’augurio è di seguire le tue orme con quella maglia?

Assolutamente. Quando sono passato ero un un buon corridore, con buone speranze, ma mai nessuno avrebbe immaginato che io potessi vincere una tappa al Giro e al Tour e conquistare il podio del Giro. C’è stata un’evoluzione continua. Merito, di Reverberi che mi ha dato spazio nei primi tre anni e di Stanga che mi ha fatto fatto crescere in quei tre anni che sono rimasto con lui. La nuova Polti-Kometa parte con questo team giovane, ma soprattutto vanta due profili come Basso e Contador, due riferimenti importantissimi per gli atleti. Hanno giovani di buone speranze e ottimi corridori a cui auguro di fare meglio di me. Spero che raggiungano livelli importanti e che si aprano sempre più porte nei Grandi Giri e nelle grandi classiche.

Domani Alpe d’Huez e Festa Nazionale: Guerini, cosa ti ricorda?

13.07.2022
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Giuseppe Guerini è nato e cresciuto a Vertova, in Val Seriana, ed è legato in maniera indissolubile al suo territorio. Lo è così tanto che i suoi tifosi lo hanno soprannominato “Beppe Turbo” vista la vicinanza alla centrale idroelettrica di Vertova. Professionista dal 1993 al 2007, la bici è sempre stata al centro del suo mondo e lo è ancora. Difficile disamorarsi del mezzo che ti ha conquistato fin dalla più tenera età.

«A parte una piccola parentesi dal 2008 al 2010 – racconta Giuseppe dalla Sicilia, dove si trova in vacanza – dove con degli amici ho aperto un negozio di arredi, sono sempre restato nel mondo del ciclismo. Proprio nel 2010 sono entrato in Bianchi e sono diventato il responsabile marketing della Lombardia, ruolo che ricopro tuttora».

Giuseppe Guerini, qui con Colbrelli, dal 2010 lavora come funzionario di vendita per Bianchi
Giuseppe Guerini, qui con Colbrelli, dal 2010 lavora come funzionario di vendita per Bianchi
Com’è stato questo cambio di ruolo?

Mentre sei corridore non ti accorgi di tutto quel che ti circonda, pensi solamente ad andare forte. Non ti rendi conto dell’importanza del feedback dei professionisti per sviluppare un telaio o una bici, come non realizzi quanto sia profonda l’industria della bicicletta. Non mi accorgevo che dietro di me ci fosse un mondo che si muoveva e che cresceva giorno dopo giorno.

Qual è stata la più grande difficoltà che hai incontrato?

Mi sentivo preparato, o per lo meno, pensavo di esserlo ma non era così. Da corridore conoscevo davvero pochi dettagli tecnici o prodotti, quando mi sono lanciato in questa nuova avventura in Bianchi ho dovuto studiare tutto da zero. I primi mesi sono stati complicati, anche alcuni negozianti mi hanno confessato che inizialmente facevo qualche gaffe, ma me la perdonavano visto il mio passato (dice ridendo, ndr).

Ecco il cartello celebrativo dell’impresa di Giuseppe avvenuta nel Tour de 1999, un ricordo indelebile (foto Facebook)
Ecco il cartello celebrativo dell’impresa di Giuseppe avvenuta nel Tour de 1999, un ricordo indelebile (foto Facebook)

Un uomo da Giri

Giuseppe da corridore si è distinto per aver conquistato due terzi posti nella classifica finale del Giro d’Italia, nel 1997 e nel 1998, il secondo alle spalle di Pantani che in quell’anno conquistò anche il Tour. Dopo la parentesi in Polti, dal ‘96 al ‘98 è passato alla Telekom di Ullrich diventando uno dei suoi uomini di fiducia per il Tour de France. E parlando proprio di Grande Boucle, quest’anno ricorre un anniversario particolare. Sono passati 23 anni dalla sua prima vittoria di tappa in terra francese: il 14 luglio 1999 sull’Alpe D’Huez (foto Cor Vos di apertura). E quest’anno, come allora, l’Alpe d’Huez verrà scalata il giorno della Festa Nazionale francese.

Che emozioni provi se ripensi a quel giorno?

Tante, tantissime. Quel periodo storico per il ciclismo italiano era davvero speciale, eravamo davvero forti. L’Alpe d’Huez è una salita magica, se poi l’affronti il giorno della Festa Nazionale lo diventa ancor di più. I colori, le bandiere, la gente, tutto ti travolge su quei tornanti. “Travolge” è proprio la parola giusta, visto che all’ultimo chilometro un tifoso mi voleva scattare una foto e mi ha fatto cadere, fortunatamente sono ripartito subito e sono riuscito a vincere.

A Selva di Val Gardena, nel Giro del 1998 Guerini vince davanti a Pantani
A Selva di Val Gardena, nel Giro del 1998 Guerini vince davanti a Pantani
Cosa ricordi di quel giorno?

Oltre alla caduta, sono successe tante cose. Sulla macchina del giudice di corsa c’era l’amministratore delegato della Telekom, sponsor della squadra. Lui era un grande appassionato di ciclismo ed amava venire con noi alle corse e la sera prima della gara faceva una specie di riunione tecnica (racconta con una risata, ndr). Quel giorno io non dovevo neanche attaccare, ma la sua presenza mi diede una spinta in più. Della salita ricordo la fatica e l’adrenalina dei primi chilometri, non vedevo nulla di ciò che avevo intorno ma sentivo il frastuono, ad ogni tornante c’era un colore ed una lingua diversa. L’Alpe d’Huez negli ultimi 3-4 chilometri si apre e lì sembrava di essere dentro ad uno stadio, se ci penso ho ancora la pelle d’oca. Quando pedali in mezzo a milioni di persone non senti neanche più la fatica.

Quando hai realizzato ciò che avevi compiuto?

Pochi secondi dopo l’arrivo ero frastornato, la caduta e le emozioni mi hanno travolto, poi pian piano mi sono accorto di aver fatto qualcosa di davvero eccezionale. Quando da bambino sognavo di diventare un corridore immaginavo le salite del Giro, mai avrei immaginato di dominare l’Alpe d’Huez.

Ugualmente al Giro del 1998, Guerini terminò terzo in classifica generale, alle spalle di Pantani e Tonkov
Ugualmente al Giro del 1998, Guerini terminò terzo in classifica generale, alle spalle di Pantani e Tonkov

Fra Ullrich e Pantani

Un corridore come Giuseppe Guerini ha visto da vicino, combattendoci sulle strade di Giro e Tour, due mostri sacri di questo sport: Pantani e Ullrich. Giuseppe è nato un mese dopo Marco ed essere venuti al mondo così vicini ha fatto, per forza di cose, incrociare i due più volte nelle varie categorie, ma non così tante di come ci si aspetterebbe. Questo anche a causa delle scelte professionali di Guerini.

Cosa ti ricordi del Pirata?

Io e Pantani abbiamo corso contro molte volte da dilettanti, meno da professionisti. Il primo ricordo che ho di lui è una tappa del Giro d’Italia dilettanti. Vinsi e dietro di me arrivarono Marco e Casagrande. Nel 1998, da professionisti, affrontammo una tappa molto simile, sempre con arrivo a Selva di Val Gardena. Pantani arrivò ancora secondo dietro di me, ma quel giorno conquistò la sua prima maglia rosa.

L’anno dopo sei passato alla Telekom di Ullrich.

Nel 1999 presi la decisione di “sposare” il progetto della Telekom, mi ero reso conto che contro Pantani si correva per arrivare secondi. Quindi andai da Ullrich per aiutarlo a vincere il Tour. Con lui sono stato per 8 anni, l’ho visto da vicino e ho imparato a conoscerlo, il mio arrivo alla Telekom fu particolare.

Nel 1999 Guerini passò alla Telekom di Ullrich, con la quale corse per 9 stagioni, fino al suo ritiro nel 2007
Nel 1999 Guerini passò alla Telekom di Ullrich, con la quale corse per 9 stagioni, fino al suo ritiro nel 2007
Perché?

La Telekom, squadra tedesca, aveva tutti corridori tedeschi, non fu facile entrare in sintonia con la squadra. Io sono stato uno dei primi atleti “oltre confine” ma degli anni con Jan ho un ricordo bellissimo. 

Raccontaci…

Lui era un uomo estremamente gentile, dal punto di vista umano era impeccabile, non si arrabbiava mai con i compagni, era sempre pronto a spendere una buona parola per tutti. Dal punto di vista atletico, invece, un po’ meno. Non aveva molta passione per la bici, si è ritrovato catapultato in questo mondo da giovanissimo grazie al suo immenso talento. A 22 anni ha vinto un Tour de France dal nulla, aveva davvero doti atletiche straordinarie, diciamo che aveva poca voglia di allenarsi ma tanta voglia di fare festa.

Forse questa sua poca passione era quel che gli ha permesso di vivere tutto in maniera più distaccata…

Potrebbe essere, in fondo a lui del ciclismo fregava il giusto. Negli anni in cui ero con lui in squadra avrà fatto 4 o 5 volte secondo al Tour senza mai lottare con Armstrong. Bisogna anche ammettere che Jan arrivava alla Boucle all’80 per cento, se si fosse allenato di più avrebbe potuto vincere qualsiasi gara. Non aveva limiti.