Il dispositivo GPS della discordia. Il racconto di Alessia Vigilia

23.08.2025
6 min
Salva

Quando le buone intenzioni non riescono a collimare con le buone attuazioni o più semplicemente col buon senso. Questa è l’impressione che ne è uscita dalla sperimentazione del dispositivo di geolocalizzazione al recente Tour de Romandie Féminin, al netto dell’esclusione inflitta dall’UCI a cinque team che si sarebbero opposti a indicare il nome della ragazza deputata a partecipare a questo test. In mezzo a tutto il caos, siamo tornati sull’argomento ascoltando le parole di Alessia Vigilia, una delle atlete scelte a portare il device GPS.

Pochi grammi per il dispositivo GPS. Dopo il test-event al Romandia Femminile, verrà messo su ogni atleta al mondiale
Pochi grammi per il dispositivo GPS. Dopo il test-event al Romandia Femminile, verrà messo su ogni atleta al mondiale

Lato agonistico

La bolzanina della FDJ-Suez sta vivendo una stagione interlocutoria in cui si è sempre fatta trovare pronta, come per il Giro Women che non doveva correre e nel quale si è resa protagonista di qualche azione. Ora Vigilia sarà ancora impegnata, tra le tante gare, al Simac Ladies Tour, alle classiche italiane e alla Chrono des Nations. Invece al Romandia ha vissuto in prima persona anche la vittoria finale della compagna Elise Chabbey.

«E’ stata una corsa strana – racconta Alessia – perché è innegabile che l’impatto dell’esclusione di cinque formazioni per questa vicenda dei dispositivi si è sentito. Correre in 60 anziché in 90 fa la differenza. Tuttavia questo non toglie nulla alla gestione della gara da parte nostra. Elise ha vinto una tappa e poi il giorno successivo nell’ultima frazione ci siamo giocati il cosiddetto “all-in” per lei. Ed è andata alla grande.

«Siamo contente – continua – perché il successo del Romandia ci ripaga in parte di un Giro non andato come speravamo e di un Tour Femmes buono in cui ci siamo comportate bene, anche se avremmo voluto vedere la vittoria di Demi (Vollering, ndr). La vittoria di Elise ha dato un grande morale a tutte noi e personalmente sono davvero felice per lei perché era presente tutta la sua famiglia ad ogni tappa. Anche loro hanno contribuito al suo e nostro trionfo».

Vigilia ha contribuito alla vittoria di Chabbey al Romandie, ma l’esclusione di 5 team si è sentita nella economia della gara
Vigilia ha contribuito alla vittoria di Chabbey al Romandie, ma l’esclusione di 5 team si è sentita nella economia della gara

Scelta per il test

Strano è l’aggettivo che più accompagna questo Tour de Romandie della discordia. Vigilia ci fa ripercorrere in ordine la sua esperienza.

«Sulla chat telegram del CPA Women – spiega – il 7 agosto ci era arrivata la comunicazione della sperimentazione. Solo al termine della riunione della sera prima dell’inizio del Romandia abbiamo saputo che c’erano stati gli animi accesi. Abbiamo saputo che la riunione era andata per le lunghe, con diverse discussioni. L’UCI aveva lasciato la possibilità alle squadre di indicare una atleta fino al momento della partenza della crono della prima tappa. I nostri diesse quando sono tornati dalla riunione sono venuti da me dicendomi che avevano deciso di mettere sulla mia bici il tracker di sicurezza.

«Onestamente – prosegue Alessia – non ci ho visto nulla di male, anzi ero anche contenta di poter essere scelta o magari dare il mio contributo. So che le voci parlano di questioni politiche tra UCI e alcuni team. A me è spiaciuto vedere le atlete che hanno completato tutto il riscaldamento pre-crono e poi sono state bloccate proprio prima della partenza dai giudici. Di sicuro penso che comunque si sia verificata una situazione scomoda per gli organizzatori che non hanno visto alla partenza 30 atlete, oltre che per loro stesse».

Marturano è tornata in gara al Romandia dopo la brutta caduta al Giro Women. Anche lei scelta per il tracker GPS
Marturano è tornata in gara al Romandia dopo la brutta caduta al Giro Women. Anche lei scelta per il tracker GPS

Metti e togli

Vigilia non ha posto obiezioni, ha fatto il suo dovere di atleta, però è normale che a maggior ragione si sia fatta delle opinioni su questa sperimentazione.

«Ad ogni tappa – dice Alessia – c’era un addetto dell’UCI che mi applicava questo rilevatore GPS sotto la sella, inserito in un borsello col velcro simile ai kit per la forature. A me non è cambiato nulla perché era molto leggero. Non sembrava nemmeno di averlo, anzi in gara te lo dimentichi perché non si muove, senza avere il rischio di perderlo. Noi atlete cui veniva attaccato non avevamo responsabilità. Al termine della tappa poi te lo venivano a togliere».

Nessun riscontro

«So che qualcuno diceva che potesse rubare i nostri dati – va avanti Vigilia con tono divertito – ma io ridevo con Greta Marturano (l’atleta scelta per la UAE Team ADQ, ndr). Dicevamo che se anche fosse successo, eravamo poco preoccupate perché non avrebbero visto grandi valori. Battute a parte, questo tracker non si interfacciava in alcun modo col nostro computerino. Funzionava come un chip che rileva i tempi, dando però solo dati della localizzazione.

«Ecco, posso dire – sottolinea – che a noi atlete non hanno chiesto alcun riscontro dopo questa sperimentazione. A tutt’oggi, guardando tra email e canale telegram del CPA Women, non sappiamo se questo dispositivo abbia sempre funzionato, abbia funzionato come volevano i commissari dell’UCI o se esistesse una app in cui vedere se il nostro tracciamento è sempre stato visibile. Sappiamo che al mondiale in Rwanda tutte le atlete lo dovranno mettere, però forse servirebbe maggiore chiarezza quando si parla di sicurezza».

Quinty Ton e il suo device. Al momento non si hanno riscontri sulla riuscita dell’esperimento o funzionamento del dispositivo
Quinty Ton e il suo device. Al momento non si hanno riscontri sulla riuscita dell’esperimento o funzionamento del dispositivo

Nulla per scontato

L’impressione è che quando si parla di sicurezza non possa bastare il buon senso da parte delle istituzioni ciclistiche, soprattutto se negli ultimi anni sono accaduti episodi tragici. L’UCI non può dare per scontate certe situazioni e la assurda morte della povera junior Fuller al mondiale di Zurigo dell’anno scorso sembra non aver insegnato nulla a certi dirigenti.

«E’ giusto investire nella sicurezza – ribadisce Vigilia – perché c’è sempre qualcosa da fare in più o in meglio. Non spetta a noi stabilire come, ma sarebbe bello che gli organi internazionali ascoltassero molto di più noi atleti, visto che siamo quelli che salgono e corrono in bici. Al Romandia dello scorso anno ci fecero correre senza radioline per un’altra loro sperimentazione. E’ stato più inutile quello che invece attaccare un dispositivo di geolocalizzazione come qualche giorno fa.

Radioline sì

«Tutta la gente – conclude il proprio pensiero Alessia – pensa che noi atleti con le radioline siamo telecomandati dall’ammiraglia solo per una questione tattica. Invece nessuno ancora riesce a comprendere che ormai sono più le comunicazioni che ci vengono date per i pericoli anziché per il mero lato agonistico.

«E’ vero che noi su VeloViewer studiamo in anticipo tutto ciò che è presente sul percorso, ma è altrettanto vero che quando sei in gara nel massimo della concentrazione, spesso non riesci ad accorgerti di dove sei o ricordarti i punti pericolosi. L’anno scorso in Francia neutralizzarono una parte di una gara perché una improvvisa colata di fango aveva invaso la discesa e per fortuna via radio ci informarono di questo evitando possibili cadute o spiacevoli episodi».

Ad ogni tappa un commissario UCI metteva e toglieva il dispositivo inserito in un borsello e attaccato col velcro alla sella
Ad ogni tappa un commissario UCI metteva e toglieva il dispositivo inserito in un borsello e attaccato col velcro alla sella

Speranze future

Probabilmente andrà avanti a carte bollate la controversia tra l’UCI e i cinque team esclusi dal Romandia. La stessa gara, che quest’anno ha avuto qualche difficoltà ad essere allestita, potrebbe perdere l’attuale status WorldTour poiché non è partito il numero minimo di formazioni WorldTour.

E mentre tanto altro si starà muovendo senza che se ne abbia notizia, bisogna augurarsi che dalla rassegna iridata di Kigali in poi venga fatto qualcosa di davvero concreto in nome della sicurezza in corsa e per gli atleti. Magari mettendo da parte questioni e polemiche che talvolta appaiono personali e sterili.

Guazzini sbircia nel 2025. Super Fdj e classiche nel mirino

01.01.2025
7 min
Salva

Il Buon Anno Nuovo ce lo dà Vittoria Guazzini. L’oro olimpico della madison di Parigi apre il 2025 guardandoci dentro per vedere cosa le riserverà. Molto passerà da lei e dai suoi colpi, altrettanto dalla sua FDJ-Suez che si presenta rinnovata e decisamente rinforzata per raggiungere gli obiettivi cerchiati in rosso.

Gli ultimi giorni del 2024 Guazzini li ha passati nel velodromo di Montichiari proprio dopo aver festeggiato il ventiquattresimo compleanno a Santo Stefano e prima di fare altrettanto con l’affiatato e vincente gruppo azzurro della pista. Un viaggio dalla Toscana alla bassa bresciana che profuma di inizio carriera e che adesso è uno degli aspetti da incastrare al meglio nel fitto programma su strada che la attende. Lo scambio degli auguri di queste festività è stato più di un pretesto per fare due chiacchiere con Vittoria.

La tua presenza a Montichiari è in ottica europei di Zolder?

I giorni in pista erano già fissati da tempo. Ora come ora non penso che li correrò. Sono in programma dal 12 al 16 febbraio, quindi un mese dopo rispetto all’anno scorso, ma pochi giorni prima dovrei esordire su strada al UAE Tour (dal 6 al 9 febbraio, ndr). Vedremo come fare, di sicuro ne devo parlare bene con Marco (Villa, il cittì della pista, ndr).

Con la tua squadra hai già stilato una bozza del calendario che farai?

In linea di massima sì, però fino alla fine della primavera. L’ultima gara di quel segmento di stagione potrebbe essere l’Amstel Gold Race. Prima però farò tutto il blocco delle classiche delle pietre in Belgio. Tra la Gand e la Roubaix mi piacerebbe fare bene, raccogliere qualcosa di buono sia in quei giorni, ma anche prima se ci fosse l’occasione.

Al Giro d’Onore hai detto che ti piacerebbe vedere il velodromo di Roubaix…

Sì, per forza, perché vorrebbe dire che non sono caduta (ride, ndr). Nel 2021 mi ero rotta una caviglia in gara, nel 2023 addirittura il bacino durante la ricognizione, quindi potete capire che mi accontenterei di arrivare al traguardo. Battute a parte, spero di avere e mantenere la giusta condizione in quel periodo per poter provare ad essere competitiva anche in quella corsa.

A proposito di obiettivi, ne hai già in mente qualcuno in particolare?

Adesso non ci sto pensando troppo. Tuttavia qualcosa c’è già. Vorrei riconfermarmi campionessa italiana a crono. Avrei puntato anche al mondiale a crono in Rwanda, ma ho guardato il percorso su VeloViewer e ho capito che se ne parla nel 2026. Onestamente non capisco perché continuino a disegnare tracciati così duri e poco adatti a specialisti. Il percorso della prova contro il tempo dei mondiali di Zurigo era assurdo, con una discesa molto pericolosa, soprattutto su una bici da crono. Meglio lasciar perdere…

Meglio pensare ai Grandi Giri? Il Tour Femmes è il grande obiettivo della tua FDJ-Suez.

Come dicevo prima non so ancora quali correrò. Dipenderà molto da come uscirò dal periodo delle classiche e quindi dal relativo programma. Certamente possiamo dire che non è un segreto che la nostra squadra voglia vincere il Tour, a maggior ragione visto che è un team francese. Non pensiamo però solo a quei dieci giorni di luglio, c’è tanto altro a cui puntare. Per ora sono solo parole. Dovremo vedere quando la stagione si aprirà ed entrerà nel vivo come saremo messe.

La campagna acquisti è stata fatta proprio per la Grande Boucle. Cosa ne pensi?

Prima di tutto lasciatemi dire che mi dispiace molto non avere più compagne come Marta, Cille e Grace (rispettivamente Cavalli, Ludwig e Brown, ndr). La nostra era una formazione forte e attrezzata già prima. Penso a Evita Muzic che ha fatto un grande salto di qualità, cogliendo ottimi risultati l’anno scorso. E’ indubbio comunque che il nostro organico abbia fatto ulteriori passi in avanti. Credo che siamo competitive in tutti i reparti. Ad esempio è arrivata Wollaston, che io conosco bene perché ci siamo spesso trovate in pista. Non era con noi in questi ritiri perché è a casa sua in Nuova Zelanda, ma sono certa che Ally darà tanto alla squadra. Così come Chabbey e le giovani Rayer e Gery.

Gli arrivi più importanti sono stati Labous e Vollering. Com’è stato il primo impatto con loro?

Molto buono. Ho conosciuto Juliette e Demi durante il primo ritiro in California (con tappa da Specialized, nuovo fornitore di bici e caschi, ndr) e poi ancora meglio in quello in Spagna per i primi allenamenti. Si vede subito che sono atlete vere, che si interessano a piccole cose e curano il dettaglio. Giù dalla bici sono ragazze estremamente di compagnia, molto tranquille. Diciamo che ero più preparata su Demi perché me l’aveva descritta molto bene Elena (Cecchini, ndr) duranti le gare e i ritiri con la nazionale.

Quest’anno ti scade il contratto. Stai pensando anche a questo?

E’ ancora molto presto per discuterne, però posso dirvi che sto molto bene nella FDJ-Suez. Prima di ogni cosa dovrò far parlare la strada, poi valuteremo anche questo punto.

Vittoria Guazzini vuole riconfermarsi tricolore a crono e al 2025 chiede un bell’exploit su strada, magari in una classica del Nord (foto FDJ-Suez)
Vittoria Guazzini vuole riconfermarsi tricolore a crono e al 2025 chiede un bell’exploit su strada, magari in una classica del Nord (foto FDJ-Suez)
Sei la prima intervistata del 2025 e puoi esprimere un desiderio. Cosa chiede Vittoria Guazzini al nuovo anno?

Bella domanda, devo dire che mi trovate un po’ impreparata. Non saprei, ma resto in ambito agonistico così non sbaglio. Al 2025 chiedo un bell’exploit su strada, uno di quelli da far sobbalzare e far dire “che brava la Guazz”. Ecco, questo. Non so dove, non so quando, ma l’importante che arrivi (e ci saluta sorridendo alla sua maniera mentre ci scambiamo nuovamente gli auguri di Buon Anno, ndr).