Filippo Baroncini è tornato in corsa, questa volta però non su strade asfaltate ma su percorsi infangati (foto di apertura gs_ph.oto). Il corridore della Trek Segafredo, infatti, nel weekend ha corso al Memorial Amedeo Severini. Un’esperienza diversa per lui che, dopo un lungo stop causato dalla frattura di clavicola e polso, torna a mettere il numero sulla schiena.
«E’ stato un inverno un po’ così – racconta Baroncini appena alzata la cornetta – non ho praticamente fatto vacanze. Un po’ dopo l’infortunio mi era andata via la voglia. I primi giorni della pausa li ho passati dal fisioterapista a recuperare. Ora mi sto allenando molto e sono volenteroso di ripartire».
La “pazza” idea
Così in questo inverno di poca pausa e tanto recupero il corridore di Massa Lombarda ha deciso di fare una nuova esperienza.
«Ho buttato lì l’idea alla squadra – ci dice – più che altro per avere un po’ di motivazione e per sfogarmi, dopo il secondo infortunio in stagione ne avevo bisogno. Loro hanno risposto che sarebbe stata un’ottima idea. Sono sempre stato incuriosito da questo mondo, è una disciplina che tanti corridori forti praticano e così ho pensato “magari qualche riscontro positivo lo trovo pure io”. Serviva per avere un po’ di gamba e di ritmo gara, perché la mia stagione ripartirà molto presto: dall’Australia. Poi sono tornato ad attaccare il numero sulla schiena, e devo dire che è sempre una bella esperienza. Pensate che il mio team di supporto erano mio papà e la mia fidanzata».
Una bella esperienza
Baroncini non ci ha messo molto a trovare la voglia di lanciarsi in questa nuova disciplina, è bastato poco: un po’ di fango, delle ruote grasse e tanta voglia di sperimentare.
«Volevo divertirmi – riprende – e così è stato, ed è arrivato anche un bel risultato (terzo posto finale nella categoria open uomini, ndr). Si tratta di un bel modo di fare ritmo gara anche se non ad alte velocità, alla fine è stata un’ora intensa con una frequenza cardiaca molto alta, dove si stimola la soglia. In inverno è difficile mantenere dei ritmi alti in allenamento su strada a causa del freddo che abbassa la frequenza cardiaca».
Tecnica fai da te
Come anticipato dallo stesso Filippo, la sua squadra a supporto erano il padre a la fidanzata, nessun meccanico o tecnico al seguito. Allora viene da chiedersi come abbia fatto a prepararsi per questa sfida.
«Ho usato la stessa bici del team Trek Baloise, la nostra squadra di ciclocross – continua nel racconto Baroncini – come telaio è molto simile all’Emonda. Il manubrio è un po’ più alto, per mantenere una guidabilità migliore e decisa. Nel cercare la posizione giusta sulla sella ho cercato di mantenermi il più vicino possibile a quella che uso su strada. Non ho avuto molto tempo per provarla, ma me la sono cavata bene, anche se devo dire che il livello non era altissimo. Però direi che mi è venuta voglia di riprovare in futuro, anche perché il risultato sicuramente mi ha dato motivazione, se mi avessero doppiato magari avrei desistito (dice ridendo, ndr)».
Qualche difficoltà
L’esperienza di Filippo è andata bene, ma qualcosa da registrare ci sarà per forza. Come il ritmo gara o qualche scelta tecnica.
«La gara mi è volata – spiega – avrei quasi fatto un’altra ora di corsa probabilmente. Anche se sono andato a tutta dall’inizio alla fine, questo vuol dire che gli allenamenti fatti finora stanno dando i loro frutti. Ho preso la mano solo negli ultimi giri. Non sono riuscito a restare con i primi solo perché ci sono state un po’ di cadute all’inizio che mi hanno fatto perdere le ruote. Le difficoltà maggiori le ho avute nei tratti di contropendenza, quando dovevo salire e scendere dalla bici. Non sono molto rapido a trovare subito i pedali ed agganciarli e più di qualche volta ho perso dei secondi preziosi.
«Un’altra difficoltà è stata nella scelta degli pneumatici. Appena visto il percorso ho pensato di mettere quelli più tassellati, però man mano che passavano i giri mi accorgevo che non sollevavo fango. Dopo la gara, dei ragazzi mi hanno detto che avevo proprio sbagliato scelta, infatti pattinavo molto sulle curve, non avevo presa. La pressione dei copertoni l’ho azzeccata invece, è già un primo passo. Dal punto di vista della guida è una disciplina molto utile e divertente, impari a muovere la bici in condizioni critiche. Io avevo già un po’ di esperienza dalla mtb, quindi non ero proprio un neofita».
Il tifo
Il ciclocross è tecnica, sentieri sterrati ma anche tanta gente e un ambiente caloroso, come si è trovato il corridore della Trek in questo nuovo ambiente?
«C’era un gran pubblico – conclude – con tanta gente sempre contenta e che faceva un gran chiasso. Sono tutti molto socievoli, ad un certo punto ho avuto anche un incidente meccanico (si è rotta la catena, ndr) e mi sono messo a correre con la gente che mi parlava e mi incitava. In più tra la fine della corsa e le premiazioni, c’è stato anche un rinfresco e si sono creati tanti gruppi. Domenica, mi sono iscritto alla gara che ci sarà a Vittorio Veneto, se il tempo non sarà troppo brutto parteciperò. E’ un’internazionale, quindi ci sarà un livello più alto. Insomma, mi sono proprio appassionato. Una cosa è certa: se avessi scoperto il ciclocross prima lo avrei praticato sicuramente di più».