Frigo, il diario del mio primo Giro. Dalle Alpi a Roma

29.05.2023
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ROMA – «Mi sono goduto così tanto la passerella di Roma che avrei continuato per altre tre settimane». Marco Frigo inizia così la terza ed ultima puntata del diario del suo primo Giro d’Italia. Ma da una frase del genere già si capisce che il ragazzo sta bene, che fisicamente ha tenuto botta e questo in chiave futura è molto importante. 

L’atleta della Israel-Premier Tech è stato una delle sorprese italiane di questa edizione della corsa rosa. E sono tutte sorprese giovani: il più “vecchio” – che infatti proprio sorpresa non è – è stato Alberto Dainese, poi Jonathan Milan e Filippo Zana. Okay, Marco rispetto a loro non ha vinto, ma è stato protagonista, spesso in fuga.

Marco Frigo (classe 2000): un Giro affrontato col sorriso
Marco Frigo (classe 2000): un Giro affrontato col sorriso

Ultima settimana 

Un diario che si rispetti, vede le sue pagine compilate giorno dopo giorno e così iniziamo dove ci eravamo lasciati: alla vigilia della tappa del Bondone, la prima dopo il secondo riposo.

«Come vi avevo detto – spiega Frigo – il secondo giorno di riposo era stato più desiderato del primo e la tappa del Bondone, in accordo con la squadra, abbiamo deciso di viverla come se fosse un’altro giorno di “riposo” per me.

«Accusavo ancora un po’ la fatica. A Bergamo ne avevo fatta davvero tanta. Era una tappa così dura che non avrebbe avuto senso spingere forte in prospettiva delle frazioni a venire. E così quel giorno ho preso mezz’ora. Ma è stata comunque molto bella».

Ad una manciata di chilometri dalla sua Bassano si raduna il fan club di Frigo. Marco si ferma per la classica visita parenti
Ad una manciata di chilometri dalla sua Bassano si raduna il fan club di Frigo. Marco si ferma per la classica visita parenti

Visita parenti

E il giorno dopo, se vogliamo per Marco si è trattato di un terzo giorno di riposo consecutivo. Dopo quello vero e proprio e dopo il Bondone, c’è stata la frazione di Caorle. Un piattone, non adatto a Frigo, ma per certi aspetti quella è stata la tappa per lui più bella. Di certo la più significativa.

«E’ stato fantastico quel giorno – racconta Frigo – assieme a quella del Giau è stata la tappa che più mi ha emozionato. Desideravo viverle a fondo. Verso Caorle, in particolare, si passava a casa mia. Il mio fan club mi ha accolto poco prima di Bassano per farmi festa, per salutarmi. Io mi sono fermato obbligatoriamente, non potevo non farlo… Ho anche preso un goccio di prosecco!».

Insomma, una visita parenti in pieno stile. Immagini sempre più rare, ma sempre suggestive. Marco però non aveva chiesto il permesso di andare “in fuga” come si faceva una volta, semplicemente si era avvantaggiato nelle prime posizioni del gruppo e poi si era fermato.

«Mi sono fermato anche per mantenere quelle tradizioni che magari con il passare degli anni si stanno perdendo. Ma penso che il ciclismo, quello di una volta di cui tanto si parla, nel bene o nel male, conti ancora tanto. Una volta non c’erano i riferimenti social, non ci si seguiva come adesso, e appunto c’era la visita parenti. Quindi è stato veramente bello conciliare un po’ di “casino” e al tempo stesso mantenere viva una tradizione».

In fuga coi giganti, Frigo con Pinot e Barguil
In fuga coi giganti, Frigo con Pinot e Barguil

Si torna a menare

Ma al Giro Frigo ci è andato con intenzioni serie: imparare e, se possibile, andare forte. Obiettivi colti entrambi.

Dopo Bergamo, in Val di Zoldo è di nuovo protagonista. La volta scorsa Frigo ci aveva confidato che si era studiato bene questa tappa. L’aveva percorsa nel ritiro pre-Giro sul Pordoi. Peccato però che non fosse al meglio.

«Negli ultimi 4-5 giorni del Giro – racconta il veneto – ho iniziato ad avere qualche problema di respirazione, di tosse. Ero un po’ congestionato. E questo è stato l’unico neo di questo mio primo Giro.

«Tuttavia, quel giorno man mano che andavo avanti non stavo malissimo. Sapevo che poteva essere una buonissima tappa. In più si era creato lo scenario tattico ideale con la Ineos-Grenadiers che ci aveva lasciato andare. In qualche momento ci ho creduto veramente. La fuga era andata via di forza e io ci ero entrato e poi ero molto motivato perché sapevo che sarebbe stata l’ultima vera possibilità di vittoria».

«Peccato mi sia staccato in discesa. Ho speso tanto per rientrare e poi ho pagato nel finale. Ma va bene così. Era la tappa numero 18 del Giro. E se a Fossacesia mi avessero detto che dopo tutte quelle frazioni sarei stato lì a giocarmela ne sarei stato più che contento».

La folla delle Tre Cime. Marco ha detto che certe scalate hanno un fascino particolare
La folla delle Tre Cime. Marco ha detto che certe scalate hanno un fascino particolare

Onore Tre Cime

Restavano due ostacoli per arrivare a Roma: le Tre Cime e il Lussari. Altri due momenti topici di questa edizione della corsa rosa. E Frigo, da vero appassionato, è sembrato portare rispetto a queste vette.

«Sono state salite splendide. L’atmosfera che c’era nel pubblico in strada mi ha emozionato. Il carisma di una tappa dolomitica per di più con l’arrivo sulle Tre Cime è unico. Lo senti. Credo sia stato il vero tappone del Giro. Io ero cotto, ma tutta quella gente non me la scordo».

E più o meno le stesse cose Frigo le ha vissute sul Lussari. Anche se in quel caso forse la fatica iniziava ad emergere con più prepotenza.

«Iniziavo a sentirla in effetti. Io ho dormito tranquillo, nel senso che materiali, ruote, rapporti – ho montato il 36×34 – era già stato tutto deciso, però era importante fare una buona scalata, anche per conoscersi.

«Ma ammetto che negli ultimi giorni della terza settimana l’appetito era diminuito. E anche per prendere sonno avevo qualche difficoltà in più. Me lo avevano detto: ora ho capito di cosa parlavano».

«Però in maniera inversamente proporzionale tra noi compagni si era creata un’atmosfera d’intesa quando mangiavamo la sera. Scherzavamo di più. Io dicevo che eravamo ubriachi di fatica ed essendo ubriachi sparavamo più cavolate!».

L’acquazzone poco dopo lo start da Pergine Valsugana… costato “caro” a Frigo
L’acquazzone poco dopo lo start da Pergine Valsugana… costato “caro” a Frigo

Marco il meteorologo

E parlando di scherzi e risate sentite questa. Senza più Pozzovivo in squadra il meteorologo era Marco. Al via da Pergine Valsugana, proprio nella tappa di casa, il meteo promette bene, ma…

«Ma all’orizzonte – racconta Frigo – si affacciano dei nuvoloni. I miei compagni, tanto più che ero del posto, mi chiedono come sarebbe andata. E io: “Ma no, verso Sud dove andiamo noi è bello. Vedrete che non pioverà”».

«Partiamo e dopo venti minuti ecco qualche gocciolina. Allora Stephens (Williams, ndr) mi fa: “Marco, ma cosa succede?” E io: “Tranquillo non piove”. Dopo trenta secondi è venuto giù il mondo e lui mi ha mandato a quel paese! E’ andato in ammiraglia a prendere la mantellina e quando è tornato è uscito il sole».

Israel a Roma. Marco (primo a destra) ha concluso il suo primo Giro d’Italia in 32ª posizione (foto Israel-Premier Tech)
Israel a Roma. Marco (primo a destra) ha concluso il suo primo Giro d’Italia in 32ª posizione (foto Israel-Premier Tech)

Marco entra a Roma

E ora il grande finale. Il folle ultimo giorno di Roma, iniziato con un aereo a Trieste e terminato con una bici sui Fori Imperiali. Il culmine di un viaggio indimenticabile.

«Anche ieri – racconta Frigo – è stato molto emozionante. Me la sono goduta tutta la passerella. Mi sono messo in fondo al gruppo e ho pedalato con la mente più libera, più tranquilla. Non avevo nessuna ambizione di fare la volata, né per me, né per i compagni. Tutto è filato liscio: un’emozione dal primo all’ultimo metro».

«Quasi mi dispiaceva che il Giro stava finendo. Sarei andato avanti altre tre settimane. E’ stato il mese più bello della mia vita. L’ho visto e l’ho vissuto un po’ come un traguardo. Ma quell’arrivo ai Fori al tempo stesso è stato anche un sollievo. Ci tenevo a finire bene questo viaggio».

Frigo, il diario del mio primo Giro. La folla di Bergamo

22.05.2023
7 min
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BERGAMO – E’ il secondo giorno di riposo e riprendiamo il filo del discorso con Marco Frigo per il diario del suo primo Giro d’Italia. Tra l’altro Marco è uno dei freschi protagonisti della tappa di ieri, che lo ha visto terzo e mai domo, se non sulla linea del traguardo.

Una settimana fa eravamo a Bologna e il corridore della Israel-Premier Tech era fresco come una rosa. «Oggi – ci disse – avrei fatto un’altra tappa». Ebbene, le cose cominciano a cambiare. Segno che il Giro d’Italia inizia a farsi sentire, nonostante entusiasmo alto e gambe buone.

Frigo tra le ali di folla verso Bergamo Alta. Era la prima volta che correva con così tanto pubblico. «Anche sulle altre scalate c’e n’era»
Frigo tra le ali di folla verso Bergamo Alta. Era la prima volta che correva con così tanto pubblico. «Anche sulle altre scalate c’e n’era»

Quelle ali di folla

Con il veneto partiamo proprio dalla tappa di eri. Al primo Giro arrivare là davanti, in una frazione tanto dura non è cosa poco. Le emozioni sono ancora calde, caldissime…

«E’ stata una frazione per me emozionante – attacca Marco – un percorso spettacolare. E anche il meteo ci ha aiutato. Il pubblico è stato fantastico. Queste due ali di folla così rumorose, che ti urlavano nelle orecchie… Era la prima volta che ne vedevo così intense. Fa piacere. Ringrazio i tifosi. Mi hanno dato energia».

Marco doveva andare in fuga. Questo era il primo obiettivo di giornata. Poi cogliere quanto di meglio possibile.

«Come squadra – dice Frigo – stiamo veramente facendo un bel Giro. Stiamo centrando quasi tutte le fughe buone e riusciamo ad alternarci con i compagni. Sì, dovevo andare in fuga, poi con l’ammiraglia avremmo deciso il da farsi.

«Le mie sensazioni erano buone e volevo anticipare gente come Mollema o Rubio, senza aver paura di lanciare l’offensiva. E infatti sono stato io ad aprire la guerra. Alla fine sono un corridore che predilige gare di fondo, di fatica: meglio renderle dure».

Il veneto (classe 2000) imita con le mani le fasi della volata di ieri a Bergamo
Il veneto (classe 2000) imita con le mani le fasi della volata di ieri a Bergamo

Finale (quasi) perfetto

Nel finale Frigo esegue mosse da manuale. Tiene duro, non naufraga, rientra in fondo alla discesa e tira dritto.

«Ho deciso di attaccare presto – spiega Marco – perché comunque mi sentivo bene. Poi McNulty e Healy hanno dimostrato di avere delle buonissime gambe, ma tenendo duro e rientrando ho creduto di giocarmela per davvero. Poi – ripeto – quel pubblico ti aiutava a dare tutto. Ero quasi in trans agonistica, anche per questo ho tirato dritto».

Marco gesticola e ci fa rivivere quel finale. Sostiene che se fosse partito 50 metri più tardi e sull’altro lato della strada, forse sarebbe andata diversamente. Non è un rammarico, solo un racconto. E col senno del poi… è facile ragionare. 

«Ed è anche vero che comunque gli avevo preso una bella scia. Per partire 50 metri dopo avrei dovuto rallentare».

Marco ha ritrovato un buon feeling con la discesa. Qui eccolo su quella della Croix de Coeur, da lui definita pericolosa (foto Instagram)
Marco ha ritrovato un buon feeling con la discesa. Qui eccolo su quella della Croix de Coeur, da lui definita pericolosa (foto Instagram)

Discesa, feeling ritrovato

Ma questo finale ci ha dato un’altra bella notizia. Per Frigo il fattaccio di Rodi è alle spalle. Per chi non lo sapesse, due stagioni fa Marco ebbe una rovinosa caduta in discesa in una corsa a tappe in Grecia. Era caduto, per colpa di un sasso, ad oltre 70 chilometri orari e da lì si era bloccato. 

«Pian piano – spiega Frigo – sto riacquisendo un buon feeling e non nascondo che quest’inverno, con la squadra ci abbiamo lavorato. Ho fatto dei corsi per per migliorare in discesa e devo dire che in questo il team mi ha sempre supportato. E’ stato un lavoro che ha pagato, visto che ieri non sono naufragato in discesa e mi sono potuto giocare la tappa».

Frigo a ruota di Pozzovivo. I due era spesso vicini anche in corsa. D’altra parte non capita sempre un maestro come il lucano
Frigo a ruota di Pozzovivo. I due era spesso vicini anche in corsa. D’altra parte non capita sempre un maestro come il lucano

Da Pozzo a Riccitello

In questo diario, stavolta un po’ a ritroso, la settimana di Marco Frigo non era iniziata per il meglio. Proprio alla ripresa del Giro, dopo il riposo di Bologna, ecco una doccia gelata ulteriore, oltre a quella del meteo che intanto flagellava la Romagna.

«Il martedì – racconta Frigo – mi sono svegliato con Domenico Pozzovivo che mi lasciava (i due condividevano la camera, ndr) a causa del Covid. E’ stato un momento veramente triste per me.

«Ero contento di condividere questo mio primo viaggio con Domenico. Ero consapevole che perderlo mi avrebbe tolto la possibilità di imparare molto, specie nella terza settimana e specie da uno esperto come lui. Però in qualche modo lui c’è ancora. Ci siamo sentiti per qualche consiglio su un paio di situazioni, per i complimenti…».

Però la camera non è vuota: «Eh no. Sono passato dal più vecchio del Giro al più giovane, Riccitello. Un bravo ragazzo. Ora tra i due il vecchio sono io!».

Senza Pozzovivo è anche un po’ cambiata la corsa della Israel-PremierTech. Non che il lucano blindasse le fughe, ma un occhio di riguardo giustamente lo richiedeva. 

Ora Frigo e compagni possono attaccare di più. Gli Israel non hanno pressioni, possono sbagliare e magari anche divertirsi… nonostante la pioggia.

E a proposito di pioggia e freddo, Marco racconta che proprio all’inizio della scorsa settimana in gruppo c’era paura e che qualcosa era cambiato nell’atmosfera. In 72 ore la cosa rosa aveva perso quasi 40 elementi. Qualcosa è dunque scattato nella testa degli atleti e dei team. Da lì le mascherine e una maggiore attenzione verso il Covid.

A Borgofranco d’Ivrea partenza fittizia, poi tutti sui bus per il trasferimento a Le Chable. Una querelle poco chiara anche per Frigo
A Borgofranco d’Ivrea partenza fittizia, poi tutti sui bus per il trasferimento a Le Chable. Una querelle poco chiara anche per Frigo

Il fattaccio di Crans

E magari la boutade di Crans Montana è figlia di quel sentimento diffuso. Marco per la prima volta si è trovato a vivere anche momenti particolari e insoliti che in un palcoscenico come quello del Giro d’Italia vengono amplificati a dismisura.

«Un bel caos – spiega Frigo – noi corridori ci siamo mossi in anticipo come ci aveva chiesto Rcs Sport in caso situazioni simili. Così anche loro le avrebbero potuto gestire meglio e non ritrovarsi con certe richieste mezz’ora prima della tappa. 

«Abbiamo fatto questa votazione la sera prima ed stata una mossa giusta. Quello che secondo me poi è stato sbagliato, è stato quanto accaduto la mattina dopo. C’erano altre condizioni meteo rispetto a quelle previste. Tuttavia non mi sento di dare la colpa al sindacato dei corridori. Piuttosto sono per un concorso di colpa con l’organizzazione. Dal mio punto di vista ci sono ancora tante cose da fare per migliorare queste situazioni in futuro». 

Si potrebbero e dovrebbero avere info dal percorso in tempo più reale. Il senso è questo. Ed è anche la tesi di Frigo. «Affinché si abbiano protocolli meteo più adeguati».

Ieri Frigo era sfinito dopo l’arrivo. Tre giorni prima era stato quinto a Rivoli, sempre al termine di una lunga fuga
Ieri Frigo era sfinito dopo l’arrivo. Tre giorni prima era stato quinto a Rivoli, sempre al termine di una lunga fuga

Stanchezza, gambe e Inter

«Le sensazioni – racconta Marco – sono buone… almeno fino a ieri! Questo giorno di riposo arriva dopo una giornata intensa come quella di ieri e rispetto alla settimana scorsa è un po’ più desiderato».

«Ma nel complesso va bene. Approccio quest’ultima settimana con ottimismo e tanta voglia di continuare a provarci per fare bene e per una vittoria di tappa. Sia da singolo che come squadra».

Il diario di Frigo passa anche per gli aneddoti della strada. L’altra volta c’era stato il sassolino nella scarpa durante la tappa di Napoli. «Stavolta invece un tifoso mi ha fatto un regalo particolare. All’arrivo di Bergamo un signore alle transenne, dopo l’arrivo, mi ha messo al collo una sciarpa dell’Atalanta. Me l’ha data come fosse qualcosa di scaramantico… Ora la porto con me».

Ed è ancora un richiamo calcistico a chiudere il diario della seconda settimana. Dopo la prima puntata eravamo in sospeso con la partita di ritorno in Champions dell’Inter. 

«Beh, è andata bene! Siamo passati in finale – dice Marco – e adesso ce la giocheremo ad Istanbul. L’unica differenza è che stavolta purtroppo non mi sono potuto complimentare con Cimolai perché nel frattempo lui è andato a casa».