Mattia Bais, Davide Bais, Rovereto, novembre 2020

Metti un bel giorno coi fratelli Bais

Giada Gambino
07.11.2020
7 min
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Tra le salite e i bei paesaggi del Trentino sfrecciano sulle loro bici i fratelli Bais, che hanno il comune sogno di vincere una tappa al Giro d’Italia. Nell’ultima stagione Mattia ha corso alla Androni Giocattoli, mentre Davide (di due anni più giovane) ha proseguito al Cycling Team Friuli. E’ magnifico quanto i due si somiglino per certi aspetti e quanto, invece, siano completamente diversi per altri… 

Davide Bais, 2020
Davide Bais, il più giovane dei due fratelli trentini: è nato nel 1998
Davide Bais, 2020
Davide Bais, il più giovane, classe 1998
Mattia Bais, Justine Mattera, Coppa Bernocchi, 2019
Mattia Bais, classe 1996, con Justine Mattera alla Bernocchi del 2019
Mattia Bais, Justine Mattera, Coppa Bernocchi, 2019
Mattia Bais, classe 1996, con Justine Mattera
Definisciti con tre aggettivi 

Davide: «I miei compagni dicono spesso che sono generoso e forse è vero; sicuramente sono determinato, non ho mai perso un allenamento e non sgarro mai in niente. Sinceramente mi viene più semplice definirmi come ciclista: sono un passista scalatore e mi piacciono molto gli arrivi ristretti». 

Mattia: «Sono grintoso, un po’ determinato, no dai… abbastanza determinato, e serio». 

Tuo fratello invece? 

Davide: «E’ molto serio, mette tanta passione e si diverte sempre. La sincerità, sicuramente, non gli manca». 

Mattia: «A volte è un po’ timido, anche lui è determinato sui suoi obiettivi ed, infine (sorride, ndr) è… testone!».

Il Cycling Team Friuli è stato importante per la tua formazione ? 

Davide: «Mi ha dato veramente tanto. E’ una squadra seria, siamo seguiti benissimo sotto tutti i punti di vista, anche per quanto riguarda l’assetto in bicicletta. Più che un team lo definisco una famiglia, gli allenatori mi seguono ogni giorno e mi danno morale e sostegno. Far parte di questa squadra è motivo di grande orgoglio». 

Mattia: «Senza di loro probabilmente oggi non sarei qua. Mi ha aiutato a crescere tantissimo, come atleta e come persona, è stata una scuola di vita. Mi hanno aiutato anche nei momenti difficili e se sono riuscito a concludere il primo anno da professionista è anche grazie a loro e a quello che sono riusciti a darmi». 

Mattia Bais, Giro d'Italia 2020
Al Giro d’Italia, Mattia ha vinto la classifica per i chilometri in fuga: ne ha percorsi 458.
Mattia Bais, Giro d'Italia 2020
Al Giro, Mattia ha vinto la classifica per i chilometri in fuga
Davide Bais, 2019, Trofeo Bianchin
Anche a Davide piace andare in fuga: qui siamo al Trofeo Bianchin del 2019
Davide Bais, 2019, Trofeo Bianchin
Anche Davide sa andare in fuga: qui Bianchin 2019
Quando correvate insieme Davide aiutava molto Mattia… 

Davide: «Ero più io che volevo questa cosa, magari anche “sacrificando” un po’ la mia corsa. Volevo che mio fratello passasse professionista, era relativamente grande e si meritava di fare questo importante passo». 

Mattia: «Il fratello minore non può battere il maggiore, bisogna farlo lavorare prima… per farlo fuori (ride, ndr). Scherzi a parte, lui era molto disponibile, ci teneva che passassi e mi ha dato una grossa mano;  devo solo ringraziarlo. Sono molto contento per lui dal momento che quest’anno è riuscito a togliersi diverse soddisfazioni». 

Cosa invidi a tuo fratello ?

Davide: «La sua forza. Riesce sempre ad andare in fuga, cosa che io non riesco spesso a fare. Mi piace l’impegno che mette in tutto ciò che fa anche in allenamento e spesso cerco di essere come lui». 

Mattia: «Il fatto che è un po’ più forte di me in salita; io sono un passista, lui potrebbe diventare un buon scalatore. E poi… io ingrasso e lui è sempre magro. Magari mangia dieci volte più di me, ma non ingrassa. Questo, senza dubbio, è motivo di grande invidia (ride, ndr)». 

Come ti diverti quando non sei in bicicletta ?

Davide: «Quando ho tempo, mi piace aiutare mio padre nella sua azienda edile, non faccio chissà cosa… qualche piccolo lavoretto». 

Mattia: «Ho diverse passioni. D’inverno mi piace camminare in montagna e vedere posti nuovi. Mi piace stare con gli amici; quest’anno sono stato per mesi senza vedere nessuno e non è stato bello». 

Davide Bais, Mattia Bais, 2019
Lo scorso anno i due fratelli hanno corso anche insieme (foto Scanferla)
Davide Bais, Mattia Bais, 2019
Nel 2019 hanno corso anche insieme (foto Scanferla)
A tal proposito: com’è stato allenarsi in quarantena ? 

Davide: «Avendo il giardino e una piccola palestra in casa sono stato fortunato nella sfortuna». 

Mattia: «Devo dire la verità… a metà quarantena ho avuto un periodo di crisi, non ce la facevo più. Però ho cercato di tenere una buona motivazione e ci sono riuscito. Appena è stato possibile sono subito tornato su strada, non vedevo l’ora!  Poi, un po’ per caso e con grande fortuna, la mia ragazza Iris (che corre con il team Fassa Bortolo), è stata in quarantena con me». 

C’è un ciclista che ti ispira?

Davide: «Alessandro De Marchi e Cesare Benedetti danno sempre il massimo in corsa. Eanche se non vincono, nei momenti più duri sono sempre a tirare per i propri capitani. Poi… Valverde è un corridore che mi piace, in ogni corsa riesce sempre a piazzarsi e a dire la sua».

Mattia: «Direi… De Marchi, per il suo modo di correre simile al mio o forse sarebbe meglio dire che a volte ho un modo di correre simile al suo. In Friuli ci siamo spesso allenati insieme, mi ha dato sempre dei buoni consigli e mi piacerebbe diventare come lui». 

Andare in fuga… 

Davide: «E’ sempre una grande emozione. Quando sei in fuga anche se magari non sei al 100% riesci a trovare la forza che hai dentro, a tirarla fuori e ad arrivare il più lontano possibile. In gruppo puoi spenderti un po’ meno per avere una spinta in più al traguardo, mentre quando sei solo ti tocca pedalare a più non posso finché puoi».

Mattia: «E’ qualcosa che mi piace, che mi sento dentro, faccio fatica a descriverlo ma mi da veramente tante emozioni. Mi piace crearmi il mio ritmo quando sono in fuga, senza essere portato in giro da altri». 

Essere padre ed essere un ciclista professionista secondo te è… 

Davide: «Difficilissimo! Vedi poco la tua famiglia e ti potresti perdere dei momenti importanti. Anche in questo caso Alessandro De Marchi per me è un esempio: ha un rapporto fantastico con la moglie e il figlio, cerca di stare con loro il più possibile. Se un giorno sarò padre, probabilmente vorrò essere come lui».  

Mattia: «Molto complicato. Facendo questo lavoro, passi molto tempo lontano da casa e avendo dei figli, dovresti viverli a distanza. Ora come ora, sinceramente, non ci voglio pensare!».

Davide Bais, Mattia Bais, Rovereto 2020
I due fratelli vivono insieme a Nogaredo, alle porte di Rovereto
Davide Bais, Mattia Bais, Rovereto 2020
I due fratelli vivono a Nogaredo, vicino Rovereto
Qual è la gara che ricordi di più ? 

Davide: «Nella prima tappa del Giro d’Italia U23 sono arrivato quinto. Avrei sperato di vincere e indossare la maglia rosa, ma non ci sono riuscito e mi dispiace. La più bella è sicuramente quella nel Valdarno di qualche settimana fa, conquistata con un’azione solitaria di 35 chilometri. Una vittoria voluta e cercata».

Mattia: «Sicuramente l’ultimo Giro d’Italia. Anche solo il fatto di aver partecipato è stato motivo di grande motivazione e orgoglio. Ho preso quattro o cinque fughe e mi sarebbe piaciuto arrivare in fondo. La corsa rosa non è semplice, ma ci riproverò il prossimo anno. In compenso, però, salire sul palco a Milano, per la classifica del maggior numero di chilometri in fuga, è stato qualcosa di indescrivibile». 

Se non fosse corridore, a quest’ora cosa farebbe tuo fratello?

Davide: «Forse lavorerebbe nella ditta di mio padre. Al primo anno da dilettante non è andato come si aspettava e a metà anno aveva quasi smesso di correre. Così è andato a lavorare con nostro padre. Quel periodo sicuramente l’ha aiutato a capire com’è fatto il mondo fuori dal ciclismo e quanto sia bello il nostro sport. Infatti, non appena è arrivato al Cycling Team Friuli ha capito che il ciclismo era la sua strada. Sarebbe stato un vero peccato se avesse smesso». 

Mattia: «Studiare sicuramente no, perché non ne ha mai avuto voglia. Probabilmente sarebbe andato a lavorare nell’azienda di mio padre».  

Che consiglio daresti a tuo fratello per la prossima stagione ?

Davide: «Di impegnarsi al massimo e magari di ottenere qualche risultato importante. Quest’anno era sempre lì alla ricerca di una vittoria o di un buon piazzamento, si merita qualcosa di molto bello». 

Mattia: «Di prepararsi bene, di non perdere tempo e iniziare subito con il piede giusto. Se in futuro ci dovessimo trovare in una fuga insieme? Anche se fossimo in squadre diverse lo obbligherei a tirare per me (ride e scherza, anche se forse vorrebbe che fosse realmente così, ndr). Magari ci potremmo alleare per far saltare gli altri compagni di fuga. Posso dire che andiamo d’accordo… ogni tanto.

Fusaz a Milan: aumentare la potenza

30.09.2020
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«Ormai certe ripetute è costretto a farle in salita, tanto è potente». Basterebbe questa frase del preparatore Andrea Fusaz per capire l’entità della crescita di Jonathan Milan, uno dei suoi atleti al Cycling Team Friuli.

La “Locomotiva di Buja” il prossimo anno correrà con la Bahrain-McLaren e non sarà più Fusaz ad allenarlo in vista di Tokyo 2021. Tuttavia, con il tecnico friulano, abbiamo voluto analizzare lo stesso l’ipotetico cammino atletico verso le Olimpiadi di Milan, in quanto nessuno lo conosce meglio di lui.

Milan
Jonathan Milan con Andrea Fusaz. I due analizzano i dati dopo una sessione di allenamento
Milan
Milan e Fusaz analizzano i dati di un test
Andrea, da dove dovrebbe partire Milan per essere al top in vista del quartetto olimpico?

Il primo step sono gli europei in Bulgaria a novembre. Lì avremmo tirato una riga per valutare il suo livello e tracciare il cammino olimpico.

Poniamo per un secondo che Jonathan sia ancora nelle tue mani, come imposteresti questo cammino?

L’obiettivo è aumentare la potenza. Dopo un’importante base aerobica (fine novembre-gennaio) inizierei a lavorare sull’intensità: ripetute a ritmo gara o più forte, a partire da 1′ fino ad un massimo di 2’30”, man mano riducendo il recupero. Raramente si arriva a coprire l’intera durata dello sforzo in gara. Ci si basa molto sui numeri. E’ importante valutare come Jonathan reagisce fisicamente e mentalmente a questi lavori particolarmente duri.

Quali sono le fasi della preparazione verso Tokyo?

Dopo gli europei Milan osserverei un paio di settimane di stacco, soprattutto mentale. Non dimentichiamo che tira la carretta da un anno intero. Lo avrei lasciato libero. L’unica cosa che gli avrei chiesto, di tenere a bada il peso. Per questo andavano bene del nuoto o delle passeggiate in montagna. Poi sarebbe salito in sella, su strada, per iniziare la fase aerobica. Contestualmente avrebbe curato la fase più intesa in palestra, quella in cui si lavora coi carichi massimali. Man mano la parte di forza in palestra si sarebbe alternata con quella in bici: partenze da fermo, ripetute con rapporti più lunghi (un dente in più davanti e uno in meno dietro), lattato massimo… E saremmo stati già verso febbraio. A quel punto sarebbero iniziate le gare di Coppa del mondo.

Spesso parli di recupero mentale. Questi sforzi intensi consumano anche sul piano psicologico. Avete un figura ad hoc nel CTF?

No. Nel Cycling Team Friuli però tendiamo a stare molto vicino ai ragazzi. E li ascoltiamo. In questo modo capiamo noi stessi i problemi. Solo così, hanno la capacità di affrontare in allenamento i propri limite e superarli.

Milan
Milan dopo la vittoria di tappa all’ultimo Giro U23 (foto Scanferla)
Milan dopo la vittoria di tappa all’ultimo Giro U23 (foto Scanferla)
Per le Olimpiadi avresti previsto più picchi di forma?

No, un solo picco. Io sono per una crescita graduale fino all’appuntamento clou. Poi va da sé che al termine di ogni blocco Milan avrebbe toccato dei picchi, ma ognuno sarebbe stato più basso del successivo. Sarebbe stato un lavoro approfondito su ogni fronte. Avrei prestato attenzione soprattutto alla forza. La palestra sarebbe stata fondamentale. Un allenamento o due a secco a settimana lo avrebbe svolto sempre.

Nell’anno olimpico la bici da strada si usa di meno?

No. La strada come detto serve per la base aerobica. In pista si fa bene il lattato. Ma nel complesso una gara su strada porta una qualità che nessun allenamento può dare. In più ci saranno i blocchi in pista con i ritiri a Montichiari. In quel caso i ragazzi alternano uscite su strada e 4-5 allenamenti su pista a settimana. Ogni sessione sul parquet dura circa tre ore, ma non si gira in continuazione. Tra riscaldamento, recupero, ripetute, analisi dei dati ci sono delle pause. 

Quando gli avresti fatto fare l’ultima gara su strada?

Dipende dalla durezza della corsa, ma non oltre le tre settimane prima.

Quali sono i lavori che preferisce Jonathan?

Vedo che tiene bene gli intermittenti. Jonathan ha dei numeri che degli atleti normali non hanno. E’ in grado di fare i 30-30 o i 40-20 anche a 650 watt. E ormai in pianura non riesce a farli, non riuscirebbe a raggiungere quei wattaggi. La velocità sarebbe troppo alta e così lo mando in salita.

Nell’ultimo anno Milan è cresciuto moltissimo. Ha potenza da vendere (foto Scanferla)
La potenza del friulano in pianura (foto Scanferla)
Dove può arrivare Milan?

Bella domanda. Dobbiamo capirlo anche noi. Stiamo parlando di un ragazzo che fino ad un anno e mezzo fa praticamente non si allenava. Mi sento di dire con certezza che batterà quel suo 4’08” (tempo stabilito a febbraio nell’inseguimento individuale, ndr). Vi dico che quest’anno ho dovuto rivedere tre volte le intensità delle sue tabelle. Per certi lavori siamo partiti con 500 watt, poi siamo passati a 600 e ora siamo a 650!

Quanto conterà il lavoro sui materiali?

Molto, ma questa risposta è legata alla nuova squadra. Posso dire che con Campagnolo e Pinarello abbiamo lavorato bene. Io mi concentrerei molto sul manubrio. Guardate cosa ha fatto Ganna ai mondiali.

Giovanni Aleotti, tricolore 2020, Zola Predosa

Aleotti, tricolore con la valigia

16.09.2020
2 min
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Giovanni Aleotti, emiliano di 21 anni, lo stesso che lo scorso anno arrivò secondo al Tour de l’Avenir, il 13 settembre è diventato campione italiano degli Under 23. E anche se il prossimo anno la sua maglia tricolore non sarà in gruppo perché Giovanni correrà nel WorldTour con quella della Bora-Hansgrohe, il fatto che a vincerla sia stata lui ha messo tutti d’accordo. A parte forse gli sconfitti, ma quella è un’altra storia.

Il mondo a un certo punto si è fermato…

Il mondo si è fermato per il lockdown sono saltati tutti i piani che avevamo per questa stagione e ci siamo trovati a riprogrammare tutto dall’inizio, inizialmente senza obiettivi. Non avevamo certezze, abbiamo solo cercato di mantenere una buona condizione.

Come è andata la ripresa post Covid di Aleotti?

Sono contento di essere ripartito subito con il piede giusto. Non sapevo se il lavoro fatto fosse sufficiente o meno, quindi ripartire subito bene con te vittorie e un podio mi ha dato molta motivazione.


Qualcuno pensava fosse meglio che passassi subito.

Credo con il senno di poi che la scelta di restare un anno ancora tra gli Under 23 sia stata la migliore, anche visti tutti i problemi causati dalla pandemia. E inoltre credo che per fare il salto bisogna essere pronti, quindi un altro anno non mi ha fatto male, anzi

Giovanni Aleotti, tricolore 2020, Zola Predosa
La vittoria al tricolore di Zola Predosa è stata il suo sigillo sul 2020
Giovanni Aleotti, tricolore 2020, Zola Predosa
La vittoria al campionato italiano di Zola Predosa è stata il suo sigillo sul 2020
Cosa ha imparato Giovanni Aleotti al Ct Friuli?

Ho imparato ad essere un atleta e a vedere il ciclismo come una professione. Ho imparato da loro a lavorare in modo serio, a pormi degli obiettivi e a fare il possibile per raggiungerli, quindi cercare di fare vita da atleti e sacrifici e a lavorare duro che è un po’ il motto della squadra.

Campione italiano, bel modo di lasciare il segno nell’anno in cui puntavi sul Tour de l’Avenir, che è stato cancellato…

Dopo il Giro d’Italia under 23 sapevo di stare bene e per questo con la squadra abbiamo deciso di fare corsa dura da subito. Questo successo mi ripaga di tanti sacrifici e di attese e rinvii subiti in stagione. Ho dovuto rinunciare a tanti appuntamenti, è un peccato che ad Imola non si corra il mondiale Under 23, ma già questo titolo è un grande traguardo per me e per tutta la squadra.

Contento di andare alla Bora?

Troverò Matteo Fabbro, che conosco e mi ha dato delle indicazioni, io cerco sempre un po’ di fidarmi delle persone che ho attorno e credo che sia una scelta… credo di essere circondato dalle persone migliori e quindi sono sicuro della scelta che ho fatto insieme a loro.