L’insolito compleanno di Petilli sull’Etna, mentre il Giro va…

05.05.2022
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Auguri un corno, ha pensato ieri Petilli, all’ennesima telefonata per il suo compleanno. Intorno, l‘Etna era lo scenario che meno si aspettava per festeggiare i 29 anni. Da programma, avrebbe brindato con discrezione assieme ai compagni a Budapest, al via del Giro d’Italia. Invece la Intermarché-Wanty-Gobert ha rimescolato le carte e Simone è rimasto in Italia.

Lo avevamo salutato dopo la Liegi, felice come una Pasqua per il secondo posto di Quentin Hermans. La squadra lo aveva richiamato dal ritiro in altura, che stava facendo sul vulcano dopo il Giro di Sicilia, per rinforzare il blocco delle Ardenne. E sull’Etna Simone sarebbe tornato in vista del Giro. Otto giorni assieme a Pozzovivo, sia pure in alberghi diversi. Domenico all’Hotel Corsaro, come d’abitudine. Simone al Rifugio Sapienza.

Petilli è stato richiamato dall’altura, dove preparava il Giro, per correre nelle Ardenne: qui alla Freccia Vallone
Petilli è stato richiamato dall’altura, dove preparava il Giro, per correre nelle Ardenne: qui alla Freccia Vallone

«Immaginavo un compleanno diverso – sorride – sapevo di dover fare il Giro da inizio stagione, ma questo è il ciclismo e la squadra ha scelto per il meglio. Dovevamo essere cinque scalatori, dato che Pozzovivo punterà alla classifica, più tre uomini veloci fra cui Biniam Girmay per le altre tappe. Visto però il risalto mediatico ottenuto da “Bini” dopo la vittoria alla Gand-Wevelgem, la squadra ha deciso di dargli maggior supporto, sacrificando uno scalatore».

Da Liegi all’Etna

Questo è il ciclismo, inutile fare polemiche: Petilli lo sa bene. La squadra sarà al via da Budapest con Peak, De Gendt e Vliet in supporto a Girmay, risultando meno sbilanciata a favore di Pozzovivo.

«Capisco la squadra – dice – ma devo riconoscere che soprattutto all’inizio ci sono rimasto male. Per un italiano il Giro è trovarsi per un mese in un’atmosfera speciale. Io ho capito, i tifosi ancora non se ne fanno una ragione. Dopo la Liegi sono tornato qui sull’Etna, perché volevo farmi trovare pronto. Ma visto che non vado più a Budapest, ho deciso di prolungare per altri 4 giorni, preparandomi per gli obiettivi futuri. In questo modo risolvo anche la parte logistica. L’8 maggio arrivano in Sicilia gli uomini dello staff in discesa dall’Ungheria, vado giù a portargli l’ammiraglia che mi hanno lasciato, così mi accompagnano loro all’aeroporto e torno a casa. Ho ancora in programma il Giro di Svizzera e si sta pensando di inserire il Tour of Norway a fine maggio».

Un grande Giro

La squadra, vera rivelazione di questa primavera, sarà comunque forte: su questo Simone non ha dubbi ed è pronto a scommettere anche qualcosa.

«Con Pozzovivo ci siamo visti poco – sorride – perché lui aveva i suoi lavori ed io i miei. Però abbiamo pranzato insieme un paio di volte e l’ho trovato davvero bene. Ha un’ottima condizione. Non voglio lanciarmi in pronostici, ma secondo me farà davvero un bel Giro d’Italia. E come lui, farà davvero bene Lorenzo Rota, ne sono sicuro. Sarà lui il solo italiano in corsa per noi, anche lui sta bene. E’ stato ad allenarsi in Colombia ed è nell’anno giusto per vincere una tappa. Ha trovato la giusta consapevolezza. In più preparatevi a rivedere un grande Hirt, ai livelli di quando era all’Astana e poi alla CCC. Infine Taaramae, una certezza. Anche lui è stato in altura, ma in Rwanda, fino al Romandia. E’ stato il primo a chiamarmi quando ha saputo che non avrei fatto il Giro e poi tutti gli altri. Sapevano che ci ero rimasto male».

Petilli è nato a Bellano (Lecco) il 4 maggio 1993. E’ alto 1,78 e pesa 65 chili. Corre nel team belga dal 2020
Petilli è nato a Bellano (Lecco) il 4 maggio 1993. E’ alto 1,78 e pesa 65 chili. Corre nel team belga dal 2020

Un anno in più

E tutto sommato, proprio questa vicinanza è il motivo che ha reso la rinuncia meno dolorosa, unita ai contatti con la squadra per il rinnovo del contratto. Con la scadenza a fine 2022, non fare il Giro sarebbe stato un bel danno se non ci fossero state conferme di altro senso.

«Credono in me – conferma Simone – e abbiamo già parlato di prolungare per un altro anno. E’ un progetto a lungo termine, con una squadra che sta crescendo. A inizio stagione avremmo messo una firma subito su questi risultati, ma non so quanti ci avrebbero scommesso. Ora in ogni corsa si parte con una diversa sicurezza e una nuova consapevolezza che ci responsabilizza. Io stesso ho saputo che non avrei fatto il Giro, ma ho continuato ad allenarmi e mangiare bene. Il malumore dei primi giorni se ne è andato. La prima reazione è stata di non vedere neanche una tappa, ma ora so che tutti i giorni sarò lì a guardare. Dopo l’Etna andrò a casa e semmai me ne andrò per una settimana a Livigno per allenarmi meglio. L’obiettivo potrebbe essere il rientro in Norvegia. E poi chissà che da cosa nasca cosa e mi ritrovi per la prima volta al Tour de France. Non dico nulla, neanche ci faccio al bocca, ma non sarebbe affatto male…».

Una festa per due. Visconti e gli auguri al Pirata che non molla mai

13.01.2022
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«Pronto, Giovanni? Il 13 gennaio è il tuo compleanno e sarebbe stato anche quello di Pantani, che avrebbe compiuto 52 anni. Ti va di fare un pezzo per ricordare il Pirata? Per dirci cosa è stato per te Pantani?». Silenzio.

«Mmm, così a voce? – ribatte perplesso Visconti – lasciatemi del tempo, ci voglio pensare. Anzi, preferisco scriverlo io, perché per un articolo così ci devo pensare. Parole e ricordi devono venire da dentro».

E allora caro Giovanni ecco a te la “penna”. Buona lettura. E buon compleanno a te… E al Pirata.

Il monumento dedicato al Pirata sul Galibier. Fu posto nel giugno 2011 a 2.301 metri di quota, dove scattò quel 27 luglio 1998
Il monumento dedicato al Pirata sul Galibier. Fu posto nel giugno 2011 a 2.301 metri di quota, dove scattò quel 27 luglio 1998

Un piccolo Pirata

Pantani segna la nascita della mia carriera, ma ne segna anche e soprattutto la rinascita. 

Ricordo le battutine dei miei compagni di scuola quando in classe raccontavo che sarei partito per andare a fare delle gare in Toscana. Mi dicevano ridendo: «E chi sei, Pantani?». Chiaramente non lo ero, ma non sapete che brividi avevo nel sentirmelo dire. Io che sono nato il suo stesso giorno, il 13 gennaio. Io che ho cominciato a masticare pane e ciclismo con le sue imprese. 

Che Marco sia un mito lo dimostra il fatto che tutt’ora le battutine dei miei ex compagni di scuola siano sulla bocca dei ragazzini. Il Pirata lo conoscono tutti, non sarà mai dimenticato ed io oltre a non dimenticare la sua grandezza non scorderò mai ciò che involontariamente ha fatto per me in quella bellissima tappa del Giro d’Italia 2013, la quindicesima frazione per la precisione.

Ecco la paura

Vi spiego un po’ come sono andate le cose per farvi capire le straordinarie coincidenze di quel giorno, IL MIO GIORNO. 

Appena un anno prima, proprio nella quindicesima tappa del Giro 2012, vissi il mio giorno più brutto. Senza “girarci intorno” cominciarono le mie crisi di panico. Sono in fuga, la fuga buona che poi va in porto con Rabottini vincitore. Ad un certo punto smetto di pedalare. Sento che mi manca l’aria, non respiro.

Mi strappo la maglia. Piango. Ho paura. Mi assiste il medico di gara, ma non riesce a tranquillizzarmi. Così mi fermo da una parte letteralmente terrorizzato. Salgo in ambulanza e chiedo, anzi ordino, di mettermi la maschera dell’ossigeno.

Faranno fatica i medici e gli infermieri a convincermi, dopo non so quanto tempo, a toglierla e che sarei stato bene. Io non ci credevo. Avevo paura. Me la sono fatta addosso su quel lettino… e non è solo un modo di dire. 

Inizia così un calvario lungo un anno esatto. Un anno dove ormai le crisi le aspettavo. Sapevo quando sarebbero arrivate, ma ogni volta era la stessa paura di non farcela. Ripeto, un anno…

Sul Galibier come Pantani

Sì, perché poi succede che alla 15ª tappa del Giro d’Italia 2013 scatto sul Moncenisio all’inseguimento di Pirazzi, Rabottini ed altri corridori. Scatto e rimango “a bagnomaria” tra il gruppo e la fuga. Sento che arriva di nuovo la crisi e così è. Smetto di pedalare quasi rassegnato, ma poi la salita finisce. Riesco a fare un sospiro e a ripartire.

Scatto ancora sul Telegraphe e questa volta rimango da solo. Davanti a me solo la montagna di Marco, il Galibier e solo due minuti circa di vantaggio dal gruppo della maglia rosa, Nibali.

Nevica e tutto è così incredibile. Un anno dopo, ugualmente nella tappa numero 15, mi ritrovo in fuga verso un’impresa (in apertura la foto di questo trionfo, ndr) ed è ancora più incredibile che al mio inseguimento ci sia solo Rabottini, colui che un anno prima vinse proprio nel giorno della mia crisi. Rabottini non ce la fa. Il gruppo maglia rosa recupera, ma non troppo. L’ultimo chilometro è un misto di gioia, di rabbia, d’incredulità. 

Penso che sto vincendo sulla salita di Marco. Marco che è nato il mio stesso giorno. Marco che ha dato il “la” alla mia carriera. E’ Marco che mi dà di nuovo una spinta e non una spinta per vincere la tappa, ma per vincere le mie paure. Per ripartire.

L’abbraccio di Tonina con Giovanni, qualche anno dopo il trionfo sul Galibier…
L’abbraccio di Tonina con Giovanni, qualche anno dopo il trionfo sul Galibier…

Ecco Tonina

La sera di quella giornata pazzesca, ecco anche le prime parole al telefono con Tonina (la mamma di Pantani, ndr) grazie ad un amico in comune.

Da lì nasce un rapporto particolare con lei che mi chiede sempre come sto. Mi dice che tifa per me da dietro le quinte. E’ arrivata a dirmi che se si è riavvicinata al ciclismo ed è tornata al Giro a vedere una tappa è stato solo per me.

Poche settimane fa l’ho risentita. Anzi, l’ho rivista in videochiamata. Il mio amico Davide Lombardi l’ha incontrata a Firenze e insieme hanno deciso di chiamarmi per un saluto.

Un’emozione grande perché TONINA E’ MARCO che non molla. E’ Marco che ancora lotta contro tutto e tutti. E tutti lo vogliamo ancora rivedere vincitore. 

Ecco, questo è il mio Pantani.