Nelle Ardenne svetta Savino: il Belgio ormai è casa sua

12.04.2024
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Non è la prima volta che Federico Savino vince su strade estere, ma è chiaro che il successo nella terza tappa del Circuit des Ardennes ha un sapore particolare. Perché è il primo in maglia Soudal e perché rappresenta una rarità (almeno per ora, speriamo che presto non sia così) fra i tanti ragazzi italiani che si sono diretti all’estero per correre nei devo team.

Per Savino questo è il secondo anno alla Soudal e i progressi sono evidenti (FG Photo)
Per Savino questo è il secondo anno alla Soudal e i progressi sono evidenti (FG Photo)

Parlando con Savino la prima sensazione che si ha è l’estrema consapevolezza del suo ruolo. Sembra davvero di parlare a un professionista, anche se siamo di fronte a un diciannovenne che però si sta prendendo sempre più spazio in un team importante

«L’attendevo da tempo questa vittoria – racconta – perché vedevo che stavo andando forte, ho preparato con cura la Liegi U23 di domenica prossima, ma volevo un attestato reale sulle mie condizioni. Diciamo che è una vittoria che mi sono preso di forza, anche sulla base di quant’era successo nelle tappe precedenti, sfortunate nel complesso, ma che forse mi hanno anche favorito».

La gioia del corridore pisano dopo la vittoria in solitaria (foto Alexis Dancerelle/DirectVelo)
La gioia del corridore pisano dopo la vittoria in solitaria (foto Alexis Dancerelle/DirectVelo)
Perché?

Diciamo che l’andamento delle tappe iniziali ci aveva messo fuori classifica e quindi abbiamo corso la terza puntando direttamente alla vittoria parziale. Dopo la prima scrematura, il gruppo si era fortemente assottigliato, ma noi del team eravamo tutti davanti. Ci siamo parlati e io ho detto chiaramente di sentire le gambe forti, che quel giorno potevo essere il capitano. Gli altri mi hanno assecondato e hanno controllato la corsa, ma quando a una quarantina di chilometri dall’arrivo è partito il britannico Blackmore non potevo lasciarlo andare e mi sono messo alle sue calcagna.

Hai potuto sfruttare la lotta per la classifica generale?

Direi di sì, perché davanti eravamo rimasti in quattro, ma gli altri pensavano tutti alla classifica, io avevo più libertà di azione e l’ho sfruttata. Sono partito ai meno 10 per anticipare l’ultima salita guadagnando una trentina di secondi e si è rivelata la tattica vincente.

Il ritiro prestagionale ha dato al gruppo una forte coesione. Il capitano lo si sceglie in corsa
Il ritiro prestagionale ha dato al gruppo una forte coesione. Il capitano lo si sceglie in corsa
Colpisce il fatto che ti sei imposto verbalmente sugli altri del team…

Non è proprio così, diciamo che la nostra squadra si fonda principalmente su comunicazione e onestà. Se non vado, sono il primo a mettermi a disposizione. Ma se sento che può essere la mia giornata, voglio giocarmi le mie carte. Alla fine se vince uno del team è bellissimo, che sia io o un compagno. Questo tra l’altro ci ha ripagato di molta sfortuna nelle prime settimane di gara, con due secondi posti di Magnier che potevano essere vittorie.

Tu ormai corri quasi sempre all’estero, ma sembra che ti ci ritrovi bene, considerando anche il passato come ad esempio la vittoria di tappa alla Corsa della Pace di due anni fa…

E’ vero, è un modo di correre che mi consente di avere più spazio. Sono corse frequentate sempre da gente forte e se sei davanti nelle fasi importanti, significa che vai forte anche tu. E’ un modo di correre aggressivo, o tutto o niente, si ragiona così ed è l’unica strada per crescere. In Italia spesso si punta a leggere la situazione fino allo sfinimento, quell’aspettare che a me non piace.

Il corridore toscano punta forte sulla Liegi di domenica prossima, poi correrà in Francia prima di una sosta
Il corridore toscano punta forte sulla Liegi di domenica prossima, poi correrà in Francia prima di una sosta
E’ innegabile che “ai piani alti, ossia nella squadra WorldTour le cose non stiano andando benissimo. Questo si riflette nell’atmosfera del vostro team?

No, non abbiamo pressione di nessun tipo. I dirigenti vogliono che facciamo le nostre esperienze e ci concentriamo sulle nostre corse. Anche quando qualcuno di noi sale e corre con i big, ha il compito principale di imparare. E’ chiaro che non si può essere subito pronto per un team WT, bisogna dimostrare di meritarlo. Siamo due team separati e fra noi c’è sempre un bel clima, con gli altri ogni tanto si corre e ci si allena insieme, ma non c’è un grande legame proprio perché è così che i dirigenti vogliono.

La corsa è stata vinta proprio da Blackmore, al suo terzo centro stagionale. Che impressione ti ha fatto?

Ve lo dico apertamente: quello è un campione, fa impressione per quanto va forte, può vincere dappertutto. D’altronde non conquisti 3 corse a tappe su 3 nello stesso anno se non sei davvero forte. Vi racconto un piccolo dettaglio: il giorno dell’ultima tappa era in classifica a 7 secondi dalla leadership, sapeva che gli avrebbero fatto la guerra, eppure si è andato a prendere l’abbuono vincendo in volata, lui che scattista proprio non è. Certe cose le fanno solo i fenomeni…

Per Joseph Blackmore terza corsa a tappe conquistata dopo quelle in Rwanda e a Taiwan
Per Joseph Blackmore terza corsa a tappe conquistata dopo quelle in Rwanda e a Taiwan
Sei al secondo anno alla Soudal. Ti pesa la lontananza da casa o ti sei abituato?

Entrambe le cose. E’ chiaro che non è semplice, soprattutto all’inizio stare lontano da casa per tanto tempo, ma è un’esperienza che ti fa crescere. E non parlo solo dal punto di vista ciclistico, ma anche di testa, come maturità. Ciclisticamente poi inizi a concepire le corse in maniera diversa da prima.

Ora ti aspetta la Liegi…

Sì, è un obiettivo per noi. Non si sa come la corsa può andare, ma vogliamo giocarci le nostre carte. Io poi andrò a correre il Tour de Bretagne e lì finirò la prima parte di stagione. Avere in tasca già una vittoria mi consente di affrontare queste gare più tranquillo e concentrato.

Savino, 2° da destra, ai mondiali juniores 2022, chiusi con un ritiro
Savino, primo a destra, ai mondiali juniores 2022, chiusi con un ritiro
Quando ti rivedremo in Italia?

Spero per il Giro Next Gen, se sarò convocato, ma dipende molto da come andranno le prossime gare e come poi potrò affrontare il nuovo ciclo di preparazione. Tenere questa forma tutto l’anno è impossibile, quindi vedremo come andranno le cose, anche perché non nascondo che mi piacerebbe conquistare la maglia della nazionale. Da Amadori mi sono arrivati i complimenti per la vittoria, spero di meritarne altri e di spingerlo a chiamarmi per le gare titolate…

Colpack: resoconto di una corsa al Nord tra freddo e pioggia

18.04.2022
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La Colpack Ballan era l’unica squadra continental italiana presente al Circuit des Ardennes (immagine di apertura di Alexis Dancerelle). Corsa disputata nell’omonima regione della Francia, al confine con il Belgio. Territori dove si respira ciclismo e nei quali, anche ad aprile, fa molto freddo. I ragazzi della Colpack, guidati in questa avventura da Gianluca Valoti lo hanno imparato a proprie spese. Immergiamoci nel racconto di questa 4 giorni nel Nord, tra côte, stradine di campagna, vento e tanto freddo. 

Colpack, Circuit des Ardennes 2022
Colpack, Circuit des Ardennes 2022

Si parte da lontano

«Si potrebbe proprio definire un’avventura – ci dice Gianluca Valoti, diesse della Colpack – i ragazzi se la ricorderanno per lungo tempo, ne sono sicuro. Quella del Circuit des Ardennes è una corsa che abbiamo disputato per la prima volta 8 anni fa. 

«Avevamo una squadra molto forte – riprende – ed abbiamo chiesto di partecipare, andammo su con: Masnada, Orrico, Garosio, Toniatti, Muffolini e Viero. Ci siamo trovati bene e così abbiamo deciso di tornare ogni anno. L’esperienza per i ragazzi è molto bella e formativa e poi escono dalla comfort zone, che male non fa».

Una bella occasione

Un’esperienza che con il Covid purtroppo si è interrotta, nel 2020 la corsa non si è proprio disputata, mentre nel 2021 la squadra non è riuscita a partecipare. Con l’inizio della stagione la Colpack ha deciso di riprendere il feeling con queste gare e di tornare a disputare il Circuit des Ardennes.

«E’ una bella esperienza a livello internazionale ed i ragazzi ne hanno bisogno. E’ una corsa di livello 2.2, questo vuol dire che la competizione è alta, ma non così tanto da non far esprimere le squadre come la nostra, anzi. Proprio gare come questa servono ancor di più perché puoi metterti in mostra e sei chiamato ad agire in prima persona. C’erano tante formazioni development, come la Groupama di Germani o la Israel di Frigo (che ha vinto la quarta tappa, ndr)».

Vento, freddo e tante côte per i corridori di Valoti (foto Alexis Dancerelle)
Vento, freddo e tante côte per i corridori di Valoti (foto Alexis Dancerelle)

All’avventura!

Si sa che quando si va a correre su queste strade le incognite sono numerose, ed anche in questa edizione le complicazioni non sono mancate.

«I ragazzi – racconta Gianluca – sono partiti in aereo, mentre alcuni membri dello staff hanno portato i mezzi. Ora con i voli di linea il viaggio per i ragazzi è facile e comodo, qualche anno fa non era così. I corridori che hanno preso parte alla gara sono stati: Petrucci, Meris, Baroni, Umbri, Balestra e Gomez. La scelta della squadra era dovuta al tipo di percorso, molto vallonato e caratterizzato dalle tipiche côte: salite brevi ma con pendenze in doppia cifra.

«Lo staff – prosegue – era composto da 5 persone: due massaggiatori, un meccanico, Rossella Di Leo ed Io. Abbiamo portato un furgone che rimaneva in appoggio in hotel e due ammiraglie: una che seguiva la corsa e l’altra per i rifornimenti».

La terza tappa del Circuit des Ardennes è stata sospesa per la troppa neve (foto FG Photos)
La terza tappa del Circuit des Ardennes è stata sospesa per la troppa neve (foto FG Photos)

Un clima da classiche

Il clima, come ci racconta Valoti, non è stato molto clemente, ed i suoi corridori ne hanno sofferto un po’ ma fa tutto parte del loro percorso di crescita.

«Solo il primo giorno è andata liscia – dice – non ha piovuto, ma il clima era molto freddo. I ragazzi si sono dimostrati inesperti nell’affrontare queste situazioni, un esempio è come hanno preparato la borsa del freddo. Non erano pronti, non si erano portati dietro gli accessori necessari ad affrontare questo clima, considerate che la terza tappa è stata anche sospesa per neve. Ma ci sta, hanno imparato, è tutta esperienza in più, hanno capito perché la chiamano borsa del freddo», conclude ridendo.

Il cielo è rimasto coperto per la maggior parte del tempo durante i giorni di gara (foto Hervé Dancerelle-Bourlon)
Il cielo è rimasto coperto per la maggior parte del tempo durante i giorni di gara (foto Hervé Dancerelle-Bourlon)

Il feedback dei ragazzi

«I ragazzi – riprende il diesse – hanno avuto un riscontro positivo, anche se per un atleta correre sotto acqua, freddo e gelo non è particolarmente stimolante. Noi dall’ammiraglia abbiamo cercato di dargli tutto il supporto necessario, avevo con me del thè caldo e degli alimenti calorici per rifocillarsi. Anche se, più di qualche volta, ho dovuto rincorrerli fin quasi in mezzo al gruppo per dar loro da mangiare».

«Anche per noi dello staff è stata un’esperienza di formazione. Trattandosi di una corsa 2.2 non avevamo le radioline, gestirli con vento e pioggia dall’ammiraglia non è stato semplice. Però vedi che le altre ammiraglie ci riescono e allora capisci che è questione di allenamento. Prima del via abbiamo parlato spesso anche con Frigo, ci diceva che era contento che fossimo lì, così aveva qualche italiano con cui parlare in gruppo. Con lui ci si trova bene, è un ragazzo gentile e disponibile e dopo quello che ha fatto per Baroncini al mondiale lo incontriamo volentieri».

Marco Frigo e gli allenamenti alla palestra dei pro’

07.04.2022
4 min
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Marco Frigo non ha fatto in tempo a togliersi dalla testa i bei momenti vissuti sulle strade del Trofeo Piva che è subito ripartito per il Nord. Ormai le strade di Belgio e Francia stanno diventando la sue insegnanti di ciclismo. Ieri Marco ha disputato la prima tappa del Circuit des Ardennes, breve corsa a tappe che si corre nell’omonima regione d’oltralpe.

Lo avevamo sentito qualche tempo fa dopo il suo esordio al Gran Camino dove nonostante le difficoltà vissute in inverno si era detto soddisfatto di quanto fatto. Ora dopo aver messo nelle gambe tanti chilometri lo sentiamo più sicuro, anche se, come ci dirà lui, i margini di miglioramento non mancano.

L’esordio stagionale per Frigo è arrivato al Gran Camino dove ha corso con i pro’
L’esordio stagionale per Frigo è arrivato al Gran Camino dove ha corso con i pro’
Ciao Marco, come stai?

Ieri poteva andare meglio, sono andati via in una ventina di corridori con una bella azione di squadra quelli della Riwal, ci hanno un po’ sorpreso. Adesso ci saranno altre tre tappe, avremo il modo di rifarci.

Dopo il Gran Camino hai fatto un bel blocco di gare tra Belgio e Francia con i pro’, come sono andate?

Bene, anche se a livello morale quando vai a fare quelle gare rischi di scoraggiarti. Alla fine vedi che il livello è davvero alto e vanno molto forte. Sicuramente prendi tante “legnate” ma impari molto, capisci come si corre ad alti livelli ed il lavoro di squadra che bisogna fare.

Per Frigo tanta esperienza con i pro’ prima di tornare a gareggiare con gli under 23 al Piva
Per Frigo tanta esperienza con i pro’ prima di tornare a gareggiare con gli under 23 al Piva
Queste gare ti danno però una condizione migliore per quando torni a correre con gli under.

Direi di sì, personalmente il Tour de Normandie mi ha dato una bella base e al Piva si è visto. Anche se a livello di allenamento o di preparazione si può fare ancora molto meglio, non mi piace passare per l’atleta professionista, ancora non lo sono.

Però hai avuto modo di sperimentare, che differenze noti tra le corse under e pro’?

Sono un corridore a cui non piace molto il nervosismo che si percepisce in gruppo a livello dilettantistico, ne soffro molto. Correre gare con gli under oppure a livello continental mi impegna mentalmente perchè devi essere sempre attento, più che con i professionisti. 

Per Marco è più difficile correre tra gli under a causa del continuo nervosismo in gruppo
Per Marco è più difficile correre tra gli under a causa del continuo nervosismo in gruppo
Spiegaci meglio…

Le gare dei professionisti sono più strutturate, c’è più rispetto anche nel gruppo, poi quando c’è da farsi sentire lo si fa ma nei momenti giusti. Nei dilettanti trovi gente che lima oppure ti stringe a bordo strada già a 100 chilometri dall’arrivo. 

Corri spesso al Nord, che vantaggi ci sono?

E’ un modo di correre gare di un livello superiore rispetto a quelle che ci sono in Italia. Tra l’altro al Circuit des Ardennes c’è anche la Colpack, sono molto contento che siano venuti qui a fare esperienza. 

I suoi prossimi obiettivi saranno la Liegi under 23 che si correrà sabato ed il Giro d’Italia di categoria
I suoi prossimi obiettivi saranno la Liegi under 23 che si correrà sabato ed il Giro d’Italia di categoria
Ci hai detto che andrai a fare la Liegi under 23 il 16 aprile, come ti preparerai?

Manca poco, solamente 10 giorni. Visto che qui in Francia finiamo di correre sabato, non tornerò neanche a casa. Vado a cercare il risultato, passerò i giorni che mi dividono dalla gara riposando e facendo una ricognizione mercoledì o giovedì. Probabilmente aggiungerò un allenamento più intenso a ridosso della corsa. 

Dopo la Liegi hai altri obiettivi?

Per la prima volta la Israel Cycling Academy è stata invitata al Giro d’Italia under 23, io ci andrò al 99 per cento. L’idea è di andare a fare bene per quanto riguarda la classifica generale, la squadra è ben attrezzata, tra me e Mason (Hollyman, che ha fatto quarto al Piva, ndr) abbiamo le carte in regola per metterci in mostra.