Buja fucina di professionisti. E De Marchi è il pioniere

06.02.2022
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Un campanile, un piccolo centro storico arroccato su una collina, le zone residenziali in basso, un centro sportivo, il palazzo del comune e un bel gruzzolo di campioni: è Buja. Se si fa una percentuale fra corridori professionisti e abitanti di certo questo borgo vincerebbe a mani basse. Alessandro De Marchi, Jonathan e Matteo Milan, Nicola Venchiarutti, Davide Toneatti e Lorenzo Ursella, oltre ai crossisti Alice Papo e Tommaso Bergagna, sono “les enfants du pays”.

Andiamo in questo piccolo paesino della provincia di Udine. Siamo nel cuore del Friuli Venezia Giulia, tra le colline che separano la Carnia e le Prealpi Giulie. Il fiume Torre ad Est, il Tagliamento ad Ovest.

Rosa e oro

Questa estate i suoi circa 6.600 abitanti hanno vissuto una sbornia di gioia con i loro campioni: la maglia rosa di Alessandro De Marchi e la medaglia d’oro di Jonathan Milan. E proprio con il “Rosso di Buja”, Alessandro De Marchi, il pioniere, colui che ha aperto la strada, cerchiamo di capire perché da lì arrivano tanti ragazzi al professionismo.

«Io – spiega De Marchi – direi che si sta premiando il lavoro di una società che non sempre è sotto i riflettori, perché noi in Friuli siamo spesso un po’ lontani dei grandi riflettori. Ed è così un po’ in tutto. A volte è un qualcosa di negativo, a volte è un qualcosa di positivo. Essere un po’ più isolati è ormai parte della nostra identità e questo, tornando al ciclismo, si riflette soprattutto nel settore giovanile.

«Tuttavia giovanissimi ed esordienti sono sempre riusciti a resistere. E’ vero, ci sono meno corridori e meno gare, e lo specchio di tutto ciò è la categoria allievi, ma finché ci sono società che tengono duro le cose prima o poi vengono fuori».

Bujese e Jam’s

Le società che tengono duro: il nocciolo della questione forse è tutto qui. Oggi le squadre che lavorano con i ragazzi navigano in un dedalo di difficoltà, non solo economiche, ma anche burocratiche e tecniche. Pensiamo solo alle responsabilità nel portare un ragazzino in mezzo al traffico. 

«Quasi tutti – riprende Marchi – hanno cominciato nella Ciclistica Bujese. E di questa cosa ci pensavo proprio quest’anno al Giro. Guardavo il gruppo e mi dicevo: siamo in due di Buja e della Ciclistica Bujese. Oltre a me, infatti, c’era Venchiarutti».

«E poi c’è la Jam’s Bike Team. Questa squadra è nata anni dopo. All’inizio era votata solamente al ciclocross e alla mtb, poi si è aperta anche alla strada». Ed è qui, nella squadra creata da suo padre Flavio, che ha mosso i primissimi passi Jonathan Milan.

«La Ciclistica Bujese ha oltre 40 anni di attività, 44 credo. E’ davvero storica. Nacque poco dopo il terremoto del 1976 proprio per dare una possibilità in più ai ragazzi. Ha una tradizione fortissima. Molte delle persone che hanno tirato su me ci sono ancora, ma ce ne sono anche di nuove».

De Marchi, chiaramente tende per la Bujese, dove ha posto un pezzetto di cuore, però ammette che le due società, dopo gli screzi iniziali circa la nascita della Jam’s tutto sommato hanno collaborato. E, conoscendo la forte tradizione campanilistica italiana, non è affatto una cosa da poco.

«Con un paese di 6.000 abitanti o poco più – continua De Marchi – due società che fanno la stessa cosa un po’ mi lascia perplesso, ma loro iniziarono pensando al ciclocross. E tutto sommato si sono ritagliati una fetta specifica di attività.

«Se mi chiedete se sono a favore dei due team, direi che preferirei un’unione delle forze. E a volte tutto ciò è avvenuto, come per esempio nell’aiutarsi reciprocamente quando organizzano le gare. E poi in questo modo i ragazzi possono scegliere fra più attività. Ma questo è possibile perché alla base ci sono persone che si conoscono».

Alessandro De Marchi aveva 7 anni in questa foto. Ha iniziato con le gimkane promozionali
Alessandro De Marchi aveva 7 anni in questa foto. Ha iniziato con le gimkane promozionali

Come li crescono

«Negli anni che ho trascorso alla Bujese e per tutte le categorie non agonistiche (fino agli juniores, ndr) posso dire di aver svolto l’attività con serietà e con impegno, ma al tempo stesso senza stress da risultato. Non ci hanno mai messo fretta: né a me, né agli altri ragazzini e neanche alle famiglie. Anzi anche loro hanno condiviso questo stile».

Il discorso dei genitori pressanti in qualche modo viene toccato. Noi stessi chiediamo a De Marchi se da quelle parti le famiglie ancora sanno rispettare i ruoli della società civile in cui l’allenatore è l’allenatore, il maestro è il maestro… 

«I genitori che rispettano questo stile ti permettono di svolgere un’attività sana per i ragazzi. Se penso alla mia esperienza ricordo che gli allenatori volevano impegno, ma non sono mai stati pressanti».

«E forse io sono proprio l’esempio perfetto per questo discorso. Solo da juniores ho iniziato a fare qualche “risultatino”, ma fino da allievo ero entrato solo qualche volta nei primi dieci. In un’altra società non so se sarebbe andata allo stesso modo.

«Ho più ricordi delle grigliate e delle partite a pallone dopo la gara, che delle gare stesse. Si faceva la corsa, c’erano le premiazioni, si apriva il baule della macchina e si iniziava a mangiare e bere sul posto».

Effetto campioni 

Ma torniamo a quanto accennato all’inizio. Dopo la sbornia di successi di questa estate, i ragazzini di Buja hanno più voglia di fare ciclismo? C’è stato un effetto entusiasmo?

«Sicuro! È automatico che accada quando ci sono dei successi così grandi – riprende De Marchi – Le Olimpiadi e la maglia rosa sono un bel riflettore. Mi aspetto nei prossimi anni una certa risposta dal territorio. E di questo sono molto contento. Sono contento che il nostro esempio stia dando i suoi frutti.

«Io pioniere? Anche per questo sono molto vicino alla Bujese, spero che la mia visibilità sia di riflesso anche per loro».

I campioni però non bastano. La gioia di un oro olimpico è enorme, ma come un’ondata arriva e se ne va. “Per trattenere l’acqua” serve il lavoro costante sul territorio. Serve costruire una base solida e soprattutto che sia concreta.

«Come attraggono i ragazzi? Principalmente si fa promozione nelle scuole, un po’ come accadde con me. E’ lì che si va a proporre l’attività del ciclismo. Io per esempio iniziali ad una sagra di paese: era una gimkana promozionale. La Bujese metteva a disposizione le bici, i caschi e mi buttai… Tempo fa andai ad aiutarli anch’io in un evento simile».

Una veduta di Buja (foto Turismo FVG)
Una veduta di Buja (foto Turismo FVG)

Poco traffico?

Una cosa che ci colpì quando andammo a Buja proprio per delle interviste con De Marchi e Milan, tra l’altro una delle prime di bici.PRO, fu la tranquillità di questo paesino. Colline dolci da una parte, montagne un po’ più alte dall’altra e una certa scarsità di traffico. Elemento quest’ultimo affatto secondario.

«Traffico tranquillo dite? Sì e no, rispondo io – replica De Marchi – Dipende da cosa si è abituati a vedere. Se mi dite che la situazione è tollerabile dico okay, ma se mi chiedete com’è rispetto a qualche anno fa, dico che le cose sono peggiorate. Non siamo a livelli intollerabili, ma…».

«Gestire un team di giovanissimi non è così facile. Portarli ogni tanto fuori dal pistino è una bella responsabilità. Anche per questi motivi nacque la Jam’s che puntava sull’offroad, fra cross e mtb.

«La Bujese ha una piccola pista nella zona sportiva del paese. E’ un giro che corre attorno ai campi da calcio e va molto bene per la categoria dei giovanissimi, specie quelli più piccoli. In più da qualche anno collaboriamo con la Carnia Bike, società di Tolmezzo. Loro avevano molte richieste da parte di bambini, ma il loro settore erano le granfondo. Sono degli amatori. Quindi hanno chiesto aiuto a noi per iniziare i ragazzi al ciclismo».

«A Tolmezzo, che dista circa 30 chilometri da Buja, c’è un una vera e propria pista per la guida sicura. E lì gli amici della Carnia Bike hanno iniziato ad allenare i giovani. Ma è un luogo ideale anche per i più grandi e così ogni tanto ci portiamo anche i nostri ragazzi».

Il “Rosso di Buja” starebbe ore a parlare di questo argomento. Alessandro risponde davvero in modo appassionato. Quando può dà una mano, partecipa alle riunioni. Gli avevano anche proposto di fare il vicepresidente della Ciclistica Bujese: «Ma – risponde – a quanto pare se sei un professionista non puoi avere anche la tessera da vicepresidente di una società giovanile. Mah…».