SHIFT Active Media, Leaderboard

SHIFT Active Media Leaderboard: il “brand tracking” di settore

27.11.2025
3 min
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L’agenzia inglese SHIFT Active Media compie un passo decisivo nel settore della comunicazione dedicata alle aziende e ai brand del settore lanciando Leaderboard, la prima piattaforma di “brand tracking” sviluppata esclusivamente per l’industria della bici. Uno strumento innovativo che permette ai marchi attivi sul mercato di misurare, monitorare e confrontare il proprio valore di brand, trasformando i dati in un vantaggio competitivo concreto.

L’obiettivo è chiaro: offrire alle aziende del settore ciclistico un sistema semplice, accessibile e basato su metriche affidabili per comprendere come il proprio brand venga percepito, quanto sia forte rispetto ai concorrenti e quali segnali anticipino evoluzioni del mercato.

Alla base di Leaderboard c’è il grande patrimonio informativo del “Rider Research Hub” di SHIFT Active Media. Si tratta di una comunità internazionale composta da oltre 14.000 appassionati di ciclismo, coinvolti in ricerche ed analisi periodiche che consentono di raccogliere dati aggiornati, concreti e specifici.

Accanto ai dati della community, la piattaforma integra l’analisi mensile di oltre 25.000 “query” di ricerca legate esclusivamente al settore bike. Questo mix di feedback reali e dati comportamentali permette di offrire una fotografia dinamica sullo stato di salute di ciascun singolo brand.

Doug Baker, Chief Strategy Officer di SHIFT Active Media
Doug Baker, Chief Strategy Officer di SHIFT Active Media
Doug Baker, Chief Strategy Officer di SHIFT Active Media
Doug Baker, Chief Strategy Officer di SHIFT Active Media

Una copertura ampia e utile alle aziende 

La piattaforma è pensata per le esigenze di produttori, distributori, marchi emergenti e realtà consolidate. Tra le funzionalità principali:

  • Misurare la forza del brand e confrontarla con competitor diretti e indiretti
  • Monitorare nel tempo la “brand health”, individuando segnali di crescita o criticità
  • Analizzare lo “share of search” per prevedere tendenze future e movimenti del mercato
  • Accedere a una visione completa dell’ecosistema bike, con dati relativi a oltre 150 marchi, distribuiti in 12 categorie in 7 Paesi (tra cui l’Italia)

Leaderboard non è solo uno strumento di monitoraggio: è una mappa dettagliata del mercato ciclistico contemporaneo. La piattaforma consente di osservare l’evoluzione delle ricerche online nelle diverse categorie, identificare rapidamente nuove opportunità e individuare cambiamenti di interesse tra i consumatori.

L’analisi si estende su tre discipline principali – road, gravel e Mtb – e su cinque lingue, con un livello di specificità che finora mancava nel settore.

This week we launched Leaderboard, the first brand tracking tool dedicated to the cycling industry
SHIFT Active Media ha lanciato Leaderboard: la prima piattaforma di “brand tracking” dedicata all’industria del ciclismo
This week we launched Leaderboard, the first brand tracking tool dedicated to the cycling industry
SHIFT Active Media ha lanciato Leaderboard: la prima piattaforma di “brand tracking” dedicata all’industria del ciclismo

Un servizio davvero professionale

Uno degli elementi più rilevanti è la volontà di rendere il brand tracking accessibile anche alle aziende più piccole. I piani tariffari partono da circa 5.600 euro all’anno, una cifra significativamente più contenuta rispetto ai tradizionali servizi su misura.

«Introdurre sul mercato Leaderboard – ha dichiarato Doug Baker, Chief Strategy Officer di SHIFT Active Media – è per noi un momento di grande orgoglio. Leaderboard è un progetto complesso, sviluppato negli anni, con l’obiettivo di rendere la conoscenza strategica accessibile a tutti. Con Leaderboard vogliamo aiutare aziende e marchi a prendere decisioni basate sui dati, costruendo strategie più intelligenti e resilienti. Nel settore del ciclismo non esiste oggi nulla di simile…».

SHIFT Active Media

Leaderboard

Lorenzo Mark Finn, Red Bull-BORA-Hansgrohe

28 domande per scoprire il mondo di Lorenzo Finn

11.10.2025
8 min
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La prima stagione tra gli under 23 di Lorenzo Mark Finn si è conclusa sulle strade del Gran Piemonte giovedì 9 ottobre scorso. Trentotto giorni di corsa conditi da tre vittorie, tra le quali spicca il bis iridato di Kigali. Uno dei prospetti di maggior talento del movimento italiano ha terminato la sua prima stagione con la Red Bull-BORA-Hansgrohe, e noi non vediamo l’ora che inizi la prossima per vedere quanto ancora potrà crescere il giovane ligure. 

Il suo talento è esploso quando è entrato nella categoria juniores, prima con il CPS Professional Team, poi con la Grenke-Auto Eder. E’ stato il primo azzurro a lasciare l’Italia per correre all’estero, seguendo il programma della formazione juniores tedesca. Infine entrando nel devo team Red Bull. 

Lorenzo Mark Finn, Red Bull-BORA-Hansgrohe Rookies, Coppa San Daniele (Photors.it)
Alla Coppa San Daniele Lorenzo Finn ha messo il suo terzo e ultimo sigillo sulla stagione 2025 (Photors.it)
Lorenzo Mark Finn, Red Bull-BORA-Hansgrohe Rookies, Coppa San Daniele (Photors.it)
Alla Coppa San Daniele Lorenzo Finn ha messo il suo terzo e ultimo sigillo sulla stagione 2025 (Photors.it)

Racchetta e pallone

La storia sportiva di Lorenzo Finn non parte subito con la bicicletta, ma nasce con due sport totalmente differenti: tennis e calcio

«Ho iniziato a giocare a questi due sport fin da piccolo, non ricordo l’età esatta ma avrò avuto cinque o sei anni – racconta Finn – e ho continuato fino ai dodici. La scelta di giocare a calcio direi che arriva dal fatto che in Italia sia lo sport nazionale, quindi per un bambino è più facile guardare in quella direzione. Mentre il tennis non ricordo esattamente se fosse una passione mia o se volessi provare per curiosità. Poi mio padre ha sempre giocato a calcio, per cui guardandolo mi sono avvicinato a questo sport».

Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
Il ciclismo nella vita di Lorenzo Finn è arrivato all’età di 12 anni (foto Instagram)
Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
Il ciclismo nella vita di Lorenzo Finn è arrivato all’età di 12 anni (foto Instagram)
Il ciclismo com’è arrivato?

La bici è arrivata perché ho avuto un po’ di problemi al ginocchio, durante l’età della crescita ho sofferto del morbo di Osgood-Schlatter. Non riuscivo a correre bene a causa del dolore, mentre andando in bici non avevo alcun tipo di problema. A parte che andavo già in bicicletta, sempre insieme a mio padre. 

Senza il pensiero di gareggiare?

No, facevamo qualche giro il sabato o la domenica e passavamo il tempo insieme. Visto il problema al ginocchio ho voluto provare questo nuovo sport e me ne sono innamorato subito. 

Quale era la cosa che ti piaceva di più nel pedalare con tuo padre? 

Stare all’aria aperta, fare le strade dove non c’era traffico. Mi ha sempre affascinato la fatica della salita, comunque la solitudine che si prova in quei momenti è qualcosa di piacevole. Quella sensazione di smarrimento, sei lì con te stesso e pensi. Una volta che la provi la capisci subito.

Sei arrivato subito alla bici da strada?

Ho iniziato al Bici Camogli, dove facevano principalmente mountain bike e ho provato a fare qualche giretto ma non mi è piaciuto molto. 

Una volta al Bici Camogli cosa ti ha conquistato?

Pian piano ho conosciuto tutto il mondo delle gare. Seguivo già il Tour de France, comunque sapevo delle grandi corse, però ho scoperto i vari ambienti del ciclismo. Nelle prime gare ho iniziato a interessarmi anche un po’ della preparazione e dei vari impegni che richiede la bicicletta. 

Ti è piaciuta questa parte analitica?

Da subito mi sono interessato all’ambito tecnico e scientifico. Non i primi anni, lì mi allenavo con il gruppo del Bici Camogli senza guardare a questi aspetti. 

Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
In bici Lorenzo Finn ha subito scoperto la passione per il suo habitat naturale: la salita (foto Instagram)
Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
In bici Lorenzo Finn ha subito scoperto la passione per il suo habitat naturale: la salita (foto Instagram)
Cosa ricordi di quegli anni?

Ci trovavamo a Uscia, un paese vicino a casa mia, facevamo un giro e il nostro allenatore ci seguiva nel furgoncino e ci allenavamo un po’ a sentimento. Ci divertivamo sui percorsi che trovavamo e magari facevamo qualche gara sulle salite.

Hai sempre avuto questo aspetto della competizione? 

Mi è sempre piaciuta. All’inizio non ero troppo agguerrito, però con gli anni si è sempre più sviluppato. Sì, alla fine è venuta col tempo. Mi è sempre piaciuta la sfida nel mostrare il meglio che si è in grado di fare. Tirare fuori il massimo da sé stessi e dal proprio fisico, capire dove si può arrivare lavorando al massimo. 

La voglia di provare a vincere quando è arrivata?

Da allievo, quando ho iniziato a prendere il ciclismo più seriamente. Con il tempo è arrivata anche questa sensazione

Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
Le vittorie sono arrivate più avanti, ma la prima non si scorda mai (foto Instagram)
Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
Le vittorie sono arrivate più avanti, ma la prima non si scorda mai (foto Instagram)
Ti ricordi la prima volta che l’hai provata?

Con la prima vittoria in Toscana. E’ stata veramente una bella giornata, inaspettata. Ero un po’ sotto shock, però da quel momento ho sbloccato il concetto di voler vincere. 

Sul passaggio alla categoria juniores?

Vedendo come si stava evolvendo il ciclismo moderno ho capito subito quanto fosse importante, che era giunto il momento di fare le cose seriamente. Anche con la scuola e la difficoltà dello studio era comunque fondamentale mantenere la concentrazione al 100 per cento su questi due aspetti. 

Nel frattempo hai studiato al liceo scientifico?

Sì, quando ho scelto l’indirizzo di studio in terza media non sapevo che poi la mia vita sarebbe andata in questa direzione. A livello accademico volevo fare un percorso che mi permettesse di crescere e svilupparmi al meglio

Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
La bici per Finn è sempre stata un po’ il luogo dei pensieri (foto Instagram)
Lorenzo Mark Finn (foto Instagram)
La bici per Finn è sempre stata un po’ il luogo dei pensieri (foto Instagram)
Dall’esterno traspare questo tua parte analitica…

Sì è parte della mia natura, quindi anche a livello scolastico mi sono sentito più incline alle materie scientifiche

In bici emerge una parte meno razionale?

Quando pedalo i pensieri sono più sciolti, la mente è libera di svagare e a volte non sempre in maniera positiva. Sono ragionamenti tra alti e bassi, magari a volte mi fermo a pensare ai pericoli della strada o a varie vicissitudini. 

Hai qualche percorso che preferisci?

Sì, vicino a casa c’è una bella salita che è quella del Monte Cornua. E’ una salita che mi è sempre piaciuta, sia per i ricordi del passato visto che la facevo anche con mio padre, ma anche a livello tecnico, è esigente ma una volta che arrivi in cima hai una vista su Recco e Sauri molto bella. 

Il passaggio tra gli juniores al CPS Professionale Team è stato il trampolino di lancio per la sua carriera
Il passaggio tra gli juniores al CPS Professionale Team è stato il trampolino di lancio per la sua carriera
Ti alleni solo o in compagnia?

Spesso da solo, però anche in compagnia non mi dispiace ma dipende dai lavori che ci sono da fare. 

Giornata lenta e tranquilla o ad alta intensità?

Un allenamento ad alta intensità se sto bene, passa più in fretta. 

Quando torni dagli allenamenti sei uno che ama cucinare o mangi la prima cosa che capita?

Se l’uscita è stata intensa e lunga mangio quello che trovo, altrimenti mi piace mettermi ai fornelli per fare qualcosa di più elaborato. Due dei miei piatti forti sono la pasta con zucchine e tonno e il risotto con i funghi

Nel 2024 Lorenzo Finn è passato al Team Grenke-Auto Eder per il secondo anno nella categoria juniores
Nel 2024 Lorenzo Finn è passato al Team Grenke-Auto Eder per il secondo anno nella categoria juniores
Una volta messa la bici nel box come passi il tempo?

Mi piace viaggiare, anche se non ho avuto ancora molto tempo per farlo. Però vorrei visitare l’America o l’Asia, insomma uscire dall’Europa e vedere il mondo. 

Viaggio preferito fino ad ora?

Ho un bel ricordo di alcune vacanze fatte insieme ai miei genitori e un’altra famiglia di amici quando avevo tra gli otto e gli undici anni. Siamo andati per diversi anni in giro per l’Europa e abbiamo visitato tanti posti in bici: Olanda, Spagna, Austria. Ho un ricordo piacevole di quel periodo e dei posti visitati.

Quando sei a casa?

Generalmente guardo film, serie su Netflix, ascolto podcast e inizio anche a interessarmi di politica e attualità.

The Office, Dwight Schrute
Dwight Schrute è il suo personaggio preferito della serie The Office (foto NBC)
The Office, Dwight Schrute
Dwight Schrute è il suo personaggio preferito della serie The Office (foto NBC)
Cosa guardi?

Film un po’ di tutto. Mentre tra mie serie preferite c’è The Office e Breaking Bad. La prima è comica e mi piace il senso dell’umorismo che c’è. 

Personaggio preferito di The Office?

Dwight (interpretato dall’attore Rainn Wilson, ndr) per il taglio comico. 

Quali podcast ascolti?

Quello di Geraint Thomas insieme al Luke Rowe mi piace molto (Watts Occurring, ndr). Parlano di cose molto interessanti, di com’è cambiato il ciclismo e toccano aspetti che mi piacciono. E’ bello sentire le differenze e gli aspetti che sono cambiati nel tempo.

Campionati del mondo Kigali 2025, U23, Lorenzo Finn con i genitori
I genitori di Lorenzo Finn hanno seguito i figlio in Rwanda, ma gli hanno sempre lasciato grande libertà
Campionati del mondo Kigali 2025, U23, Lorenzo Finn con i genitori
I genitori di Lorenzo Finn hanno seguito i figlio in Rwanda, ma gli hanno sempre lasciato grande libertà
Ti piace anche leggere?

Preferisco guardare, sono un po’ pigro fuori dalla bicicletta. Però dovrei riprendere a leggere qualche libro. 

Hai mai pensato di continuare gli studi?

Non ancora, la scuola è finita da poco e non ho avuto tempo di rifletterci. Però è anche una cosa che si può fare in futuro. Mi piacerebbe imparare qualche lingua nuova come il francese, l’ho studiato alle medie e sarebbe bello riprenderlo. 

Come vivi tutta questa attenzione mediatica nei tuoi confronti?

Il rischio è che sia impegnativo, per fortuna c’è la squadra che mi dà una mano a gestire il tutto. Se non è ogni giorno, mi piace come aspetto, soprattutto quando magari mi fanno delle domande diverse da solito. 

Ora riposo meritato?

Abbiamo ancora un incontro a Salisburgo, quello classico senza le bici. Poi un po’ di meritato riposo.

Ciclismo giovanile: la passione non basta più per tenerlo vivo

26.08.2025
5 min
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Le notizie che negli ultimi mesi sono arrivate dal ciclismo giovanile, in particolare dal mondo degli juniores, ci mettono davanti a un futuro tutt’altro che sereno. Tante squadre chiudono, come il Team Fratelli Giorgi e l’Aspiratori Otelli e non ne mancheranno di certo altri. Ci si lamenta del fatto che il ciclismo italiano sia in difficoltà e che da tempo fatichi a competere, in maniera regolare, con i vertici del movimento. Tutto questo è vero, ma non si deve guardare solo alla punta della piramide. Il ristagno del ciclismo in Italia e la sua non-crescita affondano le radici in problemi evidenti ma che si fa finta di non vedere. 

Chi tra tanti problemi riesce a condurre la propria barca in porto è la SC Romanese, guidata dall’ex corridore Redi Halilaj che da ormai quattro anni lavora con la formazione juniores bergamasca. Non è facile riuscire a coordinare il tutto. Servono energia e passione, due ingredienti fondamentali che però iniziano a scarseggiare all’interno del movimento. 

«La nostra fortuna – ci racconta mentre si gode qualche giorno di ferie a casa con il figlio – è che abbiamo uno sponsor principale, CarBa, estremamente convinto e appassionato. Ogni anno ci dà un grande supporto economico e non ci fa mai mancare nulla, come del resto tutti gli altri che sono entrati in questa squadra».

I ragazzi della SC Romanese hanno corso la Watesley Junior Challenge in Olanda, una corsa a tappe internazionale di tre giorni
I ragazzi della SC Romanese hanno corso la Watesley Junior Challenge in Olanda, una corsa a tappe internazionale di tre giorni

La voglia di non mollare

La parola che più sintetizza gli argomenti in questa intervista è “passione”. Nel ciclismo giovanile italiano non può mancare, perché laddove non si arriva con il budget lo si fa con la voglia e l’entusiasmo di chi vive certe realtà.

«In Italia – prosegue – il movimento giovanile va avanti perché ci sono molti appassionati che dedicano il proprio tempo libero a questo sport e ai ragazzi. Nella nostra squadra tutti i collaboratori spendono gran parte delle proprie ferie e dei permessi al lavoro per seguire gli atleti alle gare e nei ritiri. Personalmente, sui trenta giorni di ferie che accumulo in un anno ne dedico dieci alla famiglia e il resto al team. A volte, quando sento parlare certa gente, sembra che in Italia non siamo più bravi a fare niente, non penso sia così. Credo solo che all’estero il ciclismo sia cambiato, mentre noi siamo rimasti fermi».

La collaborazione con il Team DSM è legata solamente alla parte tecnica e di test con colloqui bimestrali tra i membri dello staff e i ragazzi
La collaborazione con il Team DSM è legata solamente alla parte tecnica e di test
Cos’è cambiato?

Facciamo fatica a livello economico, non c’è paragone con molte realtà estere dove lo staff viene pagato per quello che fa. Per loro è un lavoro, per noi una passione. Ci lamentiamo che non c’è ricambio generazionale, ma per un ragazzo di vent’anni venire a seguire una gara vuol dire sacrificare il proprio tempo, ed è giusto che questo venga riconosciuto anche a livello economico. Di recente siamo stati in Olanda e abbiamo potuto toccare con mano le differenze.

In che senso? 

Abbiamo corso alla Watersley Junior Challenge, una corsa a tappe di tre giorni. E’ un’esperienza che siamo riusciti a fare grazie alla collaborazione con il team DSM. Loro ci hanno aperto le porte ma la trasferta è stata a carico nostro, sia chiaro. Ancora una volta lo sponsor ci ha permesso di viaggiare e fare qualcosa di bello per i ragazzi. Lì però ci siamo confrontati con diversi team stranieri. 

Il ciclismo giovanile, in Italia, va avanti grazie alla passione e al volontariato, serve forse un cambio di marcia? (foto Instagram)
Il ciclismo giovanile, in Italia, va avanti grazie alla passione e al volontariato, serve forse un cambio di marcia? (foto Instagram)
E cosa è emerso?

Che l’arrivo dei devo team nella nostra categoria ha creato un divario importante tra le varie squadre. Queste realtà possono permettersi di avere persone pagate per fare questo di lavoro, senza parlare del vantaggio sui materiali. Al di là della parte tecnica rimane una questione di costi. Noi dobbiamo comprare biciclette, ruote, kit, misuratori di potenza, ecc… Queste squadre ricevono il materiale dal team WorldTour. 

Invece da noi si deve cercare l’equilibrio.

La SC Romanese non fa mancare nulla agli atleti però sono costi importanti e si deve ponderare bene la spesa. Se forniamo ai ragazzi materiale di primissimo livello non abbiamo abbastanza budget per le corse. In questo modo diventa difficile fare tutto, anche trattenere i ragazzi in Italia perché molti già da junior guardano all’estero. Se a questo poi aggiungiamo le spese per prendere i corridori fuori regione il tutto si complica.

All’estero molti team riescono a lavorare con una struttura organizzata (foto Facebook Watersley Cycling Team)
All’estero molti team riescono a lavorare con una struttura organizzata (foto Facebook Watersley Cycling Team)
Spiegaci meglio…

Noi il prossimo anno prenderemo due ragazzi dalla categoria allievi e dovremo pagare i punti sia alla Federazione sia alla società di appartenenza. Questo vuol dire spendere anche solo 3.000 euro per due corridori. Capite bene che in questo momento ogni spesa si ripercuote poi sulle nostre possibilità. Inoltre quando i ragazzi passano da allievi a juniores di solito hanno più punti rispetto a quando passano da juniores a under 23. 

Perché?

Per il semplice fatto che da allievi ci sono tante gare regionali e accumulare molti successi, e quindi punti, è più facile. Da juniores si corre spesso in competizioni nazionali o internazionali e non sempre si raccolgono tanti punti. Questo sistema andrebbe ricalibrato, sicuramente. Inoltre è una cosa che abbiamo in Italia, perché all’estero non esiste. Spesso le squadre straniere che prendono i ragazzi dall’Italia non pagano e devono rimetterci le famiglie

Si dovrebbe trovare il modo di far arrivare più soldi dall’alto?

Sarebbe corretto. Il rischio è che se si va avanti così molte squadre possano chiudere. D’altronde se la passione è l’unico motore che fa camminare il movimento giovanile è possibile che la sua energia prima o poi finisca. Sento tante critiche ai team manager, ma c’è chi fa questo lavoro da trent’anni senza vedere un euro, e ha sacrificato gran parte della propria vita.

Simmons non solo gambe. Idee innovative. E sulle interviste…

19.08.2025
5 min
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Al Tour de France i suoi colleghi in gruppo lo avevano ribattezzato Captain America e in effetti con la sua scenografica maglia a stelle e strisce di campione degli Stati Uniti un po’ Quinn Simmons lo ricordava. Tanto più se pensiamo che era sempre all’attacco, sempre davanti al gruppo e a disposizione dei compagni. Ricordiamoci, per esempio, quando in occasione della seconda vittoria di Jonathan Milan il friulano era rimasto dietro: Simmons ricucì il divario (quasi un minuto) praticamente da solo.

Ma l’atleta della Lidl-Trek ci ha colpito anche per delle dichiarazioni affatto banali. Aveva detto che il ciclismo, stando così le cose, è poco attraente per un adolescente. Rischia di diventare noioso e che alla fine nelle interviste al vincitore si sentono sempre le stesse cose: «Sono felice per la vittoria, oggi avevo gambe fortissime», questo il succo. E tutto sommato per alcuni aspetti la sua visione è anche giusta.

Simmons (classe 2001) viene dal Colorado, Stati Uniti. Ad oggi vanta 7 vittorie da pro’
Simmons (classe 2001) viene dal Colorado, Stati Uniti. Ad oggi vanta 7 vittorie da pro’

Ecco Simmons

Abbiamo così cercato di coinvolgerlo per capire davvero quale fosse il suo pensiero e cosa si potrebbe fare per riaccendere un po’ l’entusiasmo tra i giovani.

“Il ciclismo non è molto divertente per un adolescente”. Partiamo da qui. «In verità – spiega Simmons – ho detto che non guardo la bici per divertimento, la guardo perché mi piace la competizione, mi piace il lavoro, mi piace cercare di essere il migliore in qualcosa. Non vedo una bici da strada come qualcosa di molto divertente e per me ci sono altri sport che mi piacerebbe fare per divertimento o come hobby. La mia opinione è che per me la bici è più importante della felicità».

Una volta c’erano i miti. I campioni che ti attiravano verso quello sport e magari anche a praticarlo. Baggio nel calcio, il bomber della tua squadra del cuore. Pantani. Senna. Schumacher, Federer, la Pellegrini o una nazionale che vince, pensiamo alla pallavolo alle Olimpiadi. L’idolo di Simmons è stato Peter Sagan.

«Sono cresciuto guardando Sagan. Mi piaceva molto il suo stile sulla bici, la gara aggressiva, il modo in cui vinceva e la maniera in cui si presentava. Era divertente, è sempre stato molto bello, diverso, soprattutto quando ero piccolo. E poi era bello perché lo vedevo alle classiche, ma anche ai mondiali… che ha vinto tre volte. Era una grande ispirazione per me e uno dei corridori che mi hanno fatto amare la bici».

Arrivato nel professionismo che conta nel 2010, Peter Sagan è stato un vero ciclone per il ciclismo
Arrivato nel professionismo che conta nel 2010, Peter Sagan è stato un vero ciclone per il ciclismo

La “cura”…

E cosa si dovrebbe fare? Abbiamo chiesto a Simmons, per esempio, se gli arrivi di tappa in circuito aiuterebbero lo show.

«Sì – dice Simmons – mi piace molto la gara in circuito. Lo stile del campionato mondiale, la gara a piena velocità, rende bella la competizione. Ed è meglio anche per gli spettatori. Non solo, ma è anche molto più sicuro per noi corridori».

Il tema dei circuiti non è nuovo in questo ciclismo in continua evoluzione, che cerca di essere sempre più “televisivo”, come si suol dire oggi. Un “essere televisivo” che passa inevitabilmente attraverso frazioni più brevi e appunto i circuiti per coinvolgere di più la gente a bordo strada. I ritmi sono sempre più serrati, le soglie d’attenzione da parte del pubblico sono sempre più ridotte: si cerca (lo spettatore) e si propone (l’organizzatore) qualcosa di adrenalinico. Basta pensare che nell’atletica leggera un must come i 10.000 metri è sparito dai meeting internazionali. Ci sono delle riunioni apposite. E anche i 5.000 rischiano sempre di più.

Grinta, gambe e idee innovative per Simmons
Grinta, gambe e idee innovative per Simmons

Verso il futuro

Ma Simmons si è mostrato intelligente anche su questo fronte e se da una parte si è detto favorevole ai circuiti, dall’altra è stato realista: «Ho capito che c’è la storia e che qualcuno potrebbe storcere il naso, ci sarebbero molte gare che non funzionerebbero come circuiti, ma penso che se lo sport si spostasse in questo senso sarebbe buono. E ripeto, lo sarebbe sia da un punto di vista di divertimento che di sicurezza. A tal proposito la discussione sulle radio non la capisco, non capisco perché le persone pensano che sia negativa. Parlando della sicurezza, sarebbe davvero pericoloso toglierle. Per me non è un’opzione correre senza radio. Se il direttore non può informarci di un avvenimento pericoloso o se c’è una caduta, sia se sei in piedi, sia se sei rimasto in piedi… è un grande problema. Non devono nemmeno essere considerate per essere tolte».

Un altro tassello per aumentare lo show e l’attenzione – ma da giornalisti diremmo anche il racconto – è stata l’introduzione dei team radio resi pubblici a turno. Qualcosa che si vede in Formula 1. Ma anche su questo aspetto l’opinione pubblica è parsa spaccata. In America lo show regna sovrano e in qualche occasione ha persino prevalicato i cardini dello sport, ma se non vengono alterate le regole perché non prevederlo? Bisogna ammettere che sanno come catturare l’attenzione. Pensiamo alle grandi cerimonie prima del Super Bowl o agli intrattenimenti per il pubblico durante le pause nelle partite di basket. Ma anche a tutta una serie di dati che vengono proposti in tempo reale ai telespettatori.

Divertimento, show… ma anche sostanza. Che guida Simmons (foto Instagram)!
Divertimento, show… ma anche sostanza. Che guida Simmons (foto Instagram)!

L’importanza del racconto

Però è anche vero che un savoir faire mediatico, come quello del Tour de France, riesce ad esaltare in modo esponenziale l’evento. Quanta gente c’era lungo le strade? E la controprova si è avuta anche al Tour de France Femmes. Nel ciclismo non è facile intervenire. La radice dello sport, i cardini tecnici sono molto forti, ma è certo che qualcosa aiuterebbe. Non tutte le corse sono il Tour insomma.

Simmons ha parlato anche delle interviste post gara. A lui stesso abbiamo chiesto quali domande gli piacerebbe ricevere.

«Riguardo alle interviste post gara – spiega Simmons – non mi riferisco tanto alle domande che ci pongono, come giornalisti potete chiedere qualsiasi cosa, ma penso che è più la maniera in cui i corridori rispondono. Se c’è una battaglia in una gara, se c’è qualcosa che è andato male o qualcosa che non è stato giusto, non bisogna sempre dare la risposta perfettamente politicamente corretta. Penso che possiamo essere più onesti come corridori. Penso che se tutti iniziano a fare questo, chi lo fa non avrà tanto problema se diventa normale e ci si comporta come persone. Penso che in altri sport si comportano così. Noi dobbiamo sempre avere un filtro e quando lo rimuovi inizia a essere un problema».

Con CMA CMG il team Decathlon pedala già verso il 2026

23.07.2025
4 min
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Solo pochi giorni fa Decathlon e AG2R La Mondiale annunciavano che a partire dal prossimo primo gennaio Decathlon diventerà l’unico proprietario del team, subentrando ad AG2R La Mondiale. A distanza di un paio di settimane, ecco arrivare un altro annuncio che aggiunge un nuovo tassello al futuro della squadra francese. A partire dal 2026 il nuovo nome del team sarà Decathlon CMA CGM (in apertura foto Pauline Ballet).

Rodolphe Saadé, Chairman e Chief Executive Officer di CMA CGM, si è espresso nei seguenti termini parlando di questo nuovo capitolo “sportivo” nella storia della sua azienda.

«Sono orgoglioso di annunciare che il nostro Gruppo sta diventando uno sponsor della squadra di ciclismo Decathlon CMA CGM. Questa partnership riflette ciò che condividiamo con Decathlon: forti radici familiari, una visione a lungo termine e valori come l’audacia, la perseveranza e l’umiltà. Oggi, ci uniamo a una grande storia sportiva francese, con l’ambizione di portare una squadra di alto livello ai vertici».

Lo scorso 21 luglio è stato presentato il nuovo progetto che coinvolge Decathlon e CMA CMG (foto Pauline Ballet)
Lo scorso 21 luglio è stato presentato il nuovo progetto che coinvolge Decathlon e CMA CMG (foto Pauline Ballet)

Realtà globale

Il Gruppo CMA CGM è un attore globale nelle soluzioni di trasporto marittimo, terrestre, aereo e logistica. Presente in 177 Paesi, impiega 160.000 persone, di cui quasi 6.000 a Marsiglia, dove si trova la sua sede centrale. 

Terza compagnia di navigazione al mondo, CMA CGM serve oltre 420 porti in 5 continenti con una flotta di oltre 650 navi. La sua controllata CEVA Logistics, uno dei primi cinque operatori mondiali, gestisce 1.000 magazzini e nel 2024 ha gestito 15 milioni di spedizioni. La divisione di trasporto aereo merci del Gruppo opera una flotta di aerei cargo con i marchi CMA CGM AIR CARGO e Air Belgium.

La Fondazione CMA CGM fornisce aiuti umanitari in situazioni di crisi ed è impegnata nell’istruzione per tutti e nelle pari opportunità in tutto il mondo. Ad oggi, la Fondazione CMA CGM ha trasportato 63.000 tonnellate di aiuti umanitari in 97 Paesi e ha sostenuto oltre 550 progetti educativi.

In questi giorni il team Decathlon AG2R La Mondiale (che dal 2026 diventerà Decathlon CMA CMG) è impegnato al Tour de France (foto KBLB_DAT)
In questi giorni il team Decathlon AG2R La Mondiale (che dal 2026 diventerà Decathlon CMA CMG) è impegnato al Tour de France (foto KBLB_DAT)

Lo sport nel DNA

CMA CGM è molto vicina al mondo dello sport. L’azienda è infatti partner principale dell’Olympique Marsiglia, formazione che milita nella Ligue 1, il massimo campionato di calcio transalpino. 

CMA CGM è dal 2023 un sostenitore del Tour Internazionale della Guadalupa. Nel 2024, il Gruppo è stato anche Partner Ufficiale dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi 2024, a riprova del suo profondo impegno nello sport.

Valori condivisi

Javier López, Chief Executive Officer di Decathlon, ha tenuto a sottolineare come siano tanti i valori condivisi con CMA CGM: «Questa partnership con CMA CGM incarna i nostri valori umani condivisi e la nostra dedizione alle persone. Insieme, ci impegniamo a portare la squadra al più alto livello del ciclismo, non solo raggiungendo l’eccellenza sportiva ma anche coltivando i campioni di domani. Guidati dallo spirito di miglioramento personale, dal lavoro di squadra e da una profonda convinzione nello sport come forza positiva, continuiamo a sviluppare non solo una squadra, ma un progetto vincente. Un progetto che riflette la nostra visione di progresso collettivo e contribuisce in modo significativo al futuro del ciclismo. Non vediamo l’ora di scrivere questo nuovo capitolo con CMA CGM, con passione, umiltà e ambizione».

La crescita del nuovo team WorldTour avverrà puntando sui giovani, tra loro ci sarà sicuramente Paul Seixas (foto Pauline Ballet)
La crescita del nuovo team WorldTour avverrà puntando sui giovani, tra loro ci sarà sicuramente Paul Seixas (foto Pauline Ballet)

Un progetto a lungo respiro

L’aver annunciato fin da subito il nuovo nome per il 2026 conferma che in casa Decathlon CMA CGM le idee siano ben chiare: l’obiettivo futuro è arrivare a competere con le migliori squadre del circuito WorldTour costruendo al contempo un progetto a lungo termine partendo dai giovani. La formazione Development (12 corridori di 7 nazionalità) e quella Juniores (14 corridori di 7 nazionalità) saranno elementi centrali in questa strategia. Entrambe le formazioni riflettono il desiderio della squadra di crescere dall’interno, preparare i campioni di domani e plasmare il futuro del ciclismo con determinazione e passione.

Decathlon

Ufficializzato il “rebranding” Sidi: si guarda dritti al futuro

04.07.2025
3 min
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Sidi, nome iconico nel panorama delle calzature per ciclismo e motociclismo, ha recentemente inaugurato una nuova era svelando il proprio, significativo “rebranding” ufficiale in occasione del Gran Premio di MotoGP del Mugello. Questo importante aggiornamento visivo segna una pietra miliare nella storia dell’azienda veneta, proiettando il marchio verso il futuro senza tradire il suo inconfondibile DNA. Il nuovo logo Sidi, e la rinnovata estetica dei prodotti, riflettono adesso perfettamente la filosofia “Made to Progress”, sottolineando l’impegno costante dell’azienda nell’innovazione e nelle alte prestazioni.

Il cuore di questo rinnovamento è appunto rappresentato dal nuovo logo, un simbolo che incarna l’essenza dinamica e contemporanea del marchio. L’identità grafica, attentamente studiata, si propone di dialogare con le nuove generazioni di ciclisti e motociclisti, pur mantenendo salda la ricca tradizione e la forza simbolica che hanno reso Sidi un punto di riferimento globale.

La lettera iniziale del logo, una ‘S’ stilizzata, racchiude la duplice anima di Sidi. Da un lato, una linea vorticosa e articolata evoca l’heritage offroad, grintoso e istintivo, che ha forgiato il carattere del marchio sui sentieri più impegnativi. Dall’altro, un tratto pulito e minimalista simboleggia la vocazione road, precisa, tecnologica ed essenziale, rappresentando la ricerca della perfezione sulle strade asfaltate. Questa fusione di identità in un unico, distintivo segno grafico trasmette perfettamente il DNA di Sidi. Un equilibrio tra performance e stile, tra tradizione e innovazione, che da sempre contraddistingue le calzature dell’azienda.

Il nuovo logo Sidi ha fatto il suo esordio allo scorso Gran Premio del Mugello
Il nuovo logo Sidi ha fatto il suo esordio allo scorso Gran Premio del Mugello

Design rinnovato per i nuovi prodotti

Ma il processo di rinnovamento non si limita al logo, ma si estende all’estetica complessiva dei prodotti Sidi. A partire dalla prossima stagione, le collezioni dedicate al ciclismo e al motociclismo presenteranno difatti un design aggiornato, caratterizzato da nuove combinazioni di colori, materiali all’avanguardia e dettagli raffinati. L’obiettivo è rendere l’evoluzione del marchio tangibile e visibile sulle strade e sui circuiti di tutto il mondo, offrendo ai rider non solo prestazioni eccezionali, ma anche uno stile inconfondibile.

«Questo rebranding – ha sottolineato Davide Rossetti, CEO di Sidi Sport – è frutto di un’esigenza di coerenza tra ciò che siamo stati e ciò che vogliamo continuare a essere. Sidi è un’azienda in costante movimento, che mette l’innovazione al servizio degli sportivi di oggi e di domani. Siamo partiti da una storia solida e riconoscibile, per proiettarla nel futuro con energia, stile e un’identità visiva che rifletta la nostra visione».

Il logo precedente presente nell’archivio storico dell’azienda
Il logo precedente presente nell’archivio storico dell’azienda

Impegno costante tra innovazione e sostenibilità

Fondata nel 1960 a Maser (Treviso), Sidi è rinomata per la propria dedizione alla qualità e all’innovazione tecnica e tecnologica. Presente in oltre 70 Paesi, l’azienda continua a supportare atleti professionisti e appassionati nel progresso delle proprie potenzialità, offrendo prodotti che trascendono il tempo, combinando performance, comfort e design all’avanguardia. La filosofia aziendale è riassunta dal credo “Made to Progress”, un principio guida che ispira ogni fase della progettazione e produzione.

Nel 2022, Sidi è stata acquisita da Italmobiliare, holding di investimento quotata alla Borsa di Milano, che ha dato nuovo impulso allo sviluppo dell’azienda. Un pilastro fondamentale della strategia di Sidi è la sostenibilità. L’azienda aderisce all’UN Global Compact, è firmataria dei Women Empowerment Principles e dal 2024 partecipa alla Science Based Targets initiative, impegnandosi a stabilire una riduzione delle emissioni di gas serra a livello aziendale a breve e a lungo termine. Attraverso questa visione integrata di innovazione, performance e responsabilità, Sidi continua a definire nuovi standard nel settore, promuovendo il progresso aziendale e la passione per lo sport.

Sidi

Teosport: tagliato il traguardo della certificazione OEKO-TEX STeP

19.03.2025
3 min
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Teosport ha recentemente partecipato a Performance Days, evento di riferimento per la fornitura sostenibile di tessuti funzionali e accessori, svoltosi a Monaco il 5 e 6 marzo scorsi. Questa fiera rappresenta un’importante occasione per presentare nuovi prodotti, condividere progetti in corso e anticipare le innovazioni del settore.

I fondelli Teosport hanno di recente ottenuto la certificazione OEKO-TEX STeP
I fondelli Teosport hanno di recente ottenuto la certificazione OEKO-TEX STeP

In questa edizione, Teosport ha introdotto un materiale innovativo attualmente in fase di test finale, con l’obiettivo di integrarlo presto nella propria offerta. Inoltre, l’azienda ha presentato in anteprima un nuovo sviluppo di fondello, suscitando grande interesse tra i visitatori. Tuttavia, la vera novità di quest’anno è stata l’ottenimento della certificazione OEKO-TEX STeP: un riconoscimento che sancisce ufficialmente l’impegno di Teosport verso la sostenibilità e la qualità dei processi produttivi.

La certificazione OEKO-TEX STeP rappresenta un passo significativo per l’azienda, che ha lavorato con determinazione per raggiungere questo obiettivo. Questo attestato garantisce che Teosport opera secondo i più elevati standard ambientali e sociali nella produzione tessile, assicurando trasparenza e tracciabilità lungo l’intera filiera produttiva. A livello globale, oltre 35.000 aziende sono certificate OEKO-TEX STeP, contribuendo a una rete di fornitori di materiali, prodotti chimici e partner commerciali impegnati in pratiche responsabili e sostenibili.

Alle spalle dei prodotti firmati Teosport ci sono una ricerca meticolosa e tanto sviluppo
Alle spalle dei prodotti firmati Teosport ci sono una ricerca meticolosa e tanto sviluppo

Sostenibilità e responsabilità ambientale

«E’ stato un percorso impegnativo, ma fortemente voluto – ha dichiarato Romano Tesser, Sales Manager di Teosport – non a caso non ci siamo mai limitati a fornire solamente un prodotto eccellente, ma ci siamo sempre chiesti quale fosse la nostra responsabilità nei confronti dei clienti, dei collaboratori e dell’ambiente. Per questo, abbiamo investito tempo ed energie per ottenere la certificazione OEKO-TEX STeP, consapevoli che la dedizione e la costanza sono fondamentali per raggiungere traguardi significativi. La tracciabilità, la qualità e la professionalità sono principi che ci guidano ogni giorno, e oggi possiamo affermare con orgoglio che questi valori sono ancora più solidi e concreti».

L’ottenimento di questa certificazione testimonia la volontà di Teosport di perseguire una crescita sostenibile, mantenendo alta l’attenzione sulla qualità dei propri prodotti e sulla responsabilità nei confronti dell’ambiente e delle persone. Con questo nuovo traguardo, l’azienda si prepara a scrivere un nuovo capitolo della sua storia, continuando a sviluppare soluzioni innovative per il ciclismo e lo sport, in linea con i principi di etica e sostenibilità che da sempre ne caratterizzano la produzione.

Teosport

Zamperini e i primi approcci al ciclismo d’oltralpe

13.03.2025
5 min
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LAIGUEGLIA – Il campione italiano under 23, Edoardo Zamperini, ha iniziato da qualche mese la sua nuova avventura nella formazione di sviluppo dell’Arkea B&B Hotels. Per questa prima parte di stagione il veneto ha disputato dieci giorni di gara, tutti con la formazione WolrdTour. L’ultimo appuntamento di questa breve serie è stato il Trofeo Laigueglia, nel quale si è messo a disposizione dei compagni. Dopo tanti anni in Italia anche Zamperini ha deciso di tentare la strada dell’estero, rispondendo alla chiamata del team francese (in apertura foto GettyImages). 

«La prima gara con la formazione continental – racconta Zamperini a pochi minuti dal via – sarà il Circuit des Ardennes. Quest’anno lo sto vivendo come un periodo di transizione, la stagione scorsa è stata tosta sotto tanti aspetti. Ero partito con molte aspettative e carico di responsabilità fin dall’inverno, volevo far bene a tutti i costi. Non ero disposto a fare un eventuale quarto anno da under 23 in Italia e quindi già da gennaio mi sono messo sotto pressione. La caduta di maggio poi mi ha causato un altro periodo di tensione ed è stato tutto un inseguire. Non ho raggiunto l’obiettivo di passare professionista ma ho fatto un bel passo in questo senso. Quindi il 2025 vuole essere un anno in cui fare le cose al 100 per cento ma con meno stress. Voglio accumulare esperienza».

Per il momento Zamperini ha corso con la formazione dei professionisti (foto GettyImages)
Per il momento Zamperini ha corso con la formazione dei professionisti (foto GettyImages)
Stai trovando un modo diverso di correre, in appoggio ai compagni…

Negli anni passati ho spesso indossato i panni del capitano però ero sempre pronto a mettermi a disposizione. Anche nella scorsa stagione qualche volta ho dato supporto ai miei compagni, sapevo che arrivando in una formazione più grande questo sarebbe stato il mio “destino”. 

Come ti stai trovando in queste nuove vesti?

Bene. Ad esempio alla Classic Var gran parte del lavoro era riuscire a imboccare l’ultimo strappo nelle prime posizioni. Io avevo il compito di portare Vauquelin in testa e ci sono riuscito. Fa parte dell’esperienza che voglio fare, perché un giorno se e quando sarò il capitano so cosa chiedere ai compagni.

La gara di esordio in Francia per il veneto è stato il Tour de la Provence (foto DirectVelo/Xavier Pereyron)
La gara di esordio in Francia per il veneto è stato il Tour de la Provence (foto DirectVelo/Xavier Pereyron)
Sei già entrato in certe dinamiche?

Sì, anche perché in una realtà così grande come una squadra WorldTour, nonostante io sia nel devo team, le cose non le spiegano mille volte. Tutto è organizzato e si lavora al meglio, ma una volta detto come funziona una cosa è meglio capirla subito. Fuori c’è la fila di corridori che vogliono prendere il tuo posto.

Tu come ti senti?

Sono uno che capisce subito come muoversi in gruppo e tatticamente mi ritengo bravo. La squadra mi ha già dato dei compiti delicati (come scortare il capitano fino all’ultimo strappo, ndr) e ho mostrato le mie capacità. 

Per raggiungere la miglior condizione cosa manca?

Un po’ di ritmo. Per questa stagione mi sono messo l’obiettivo di entrare nel target, non sto pensando ai risultati ma a far vedere che posso stare con i grandi. Poi dove non si arriva con le gambe lo si può fare con la tattica. In alcune occasioni sono arrivato a prendere le salite finali davanti e poi non ho avuto le gambe per tenere il passo dei più forti. E’ un fattore che da un lato mi rende tranquillo, perché in questo ciclismo è importante essere astuti e sapersi muovere. La condizione poi arriva. 

Nelle dinamiche di squadra Zamperini ha già svolto compiti importanti a servizio dei compagni (foto GettyImages)
Nelle dinamiche di squadra Zamperini ha già svolto compiti importanti a servizio dei compagni (foto GettyImages)
Stai imparando il francese?

Ho iniziato a capire e padroneggiare i termini riferiti alla bici e alla corsa, però voglio impararlo bene, sia per socializzare con i compagni sia per parlare con i tecnici. Sono una persona estroversa, quindi mi piacerebbe entrare maggiormente in certe dinamiche del gruppo. 

Raccontaci anche di questa parte, del rapporto con lo staff.

Mi sto ambientando anche in questo senso. Anche se sono nel devo team stiamo lavorando in modalità WorldTour, ovvero a blocchi: allenamento, corse, riposo. E’ un nuovo modo di fare e devo prenderci la mano. Fino a qualche mese fa ero abituato a correre tutte le domeniche, quindi il modo di lavorare era diverso. Piano piano troviamo il modo corretto di fare tutto e anche io capisco cosa è meglio fare. 

Per essere competitivo tra i professionisti serve migliorare ancora, ma la strada è quella giusta (foto GettyImages)
Per essere competitivo tra i professionisti serve migliorare ancora, ma la strada è quella giusta (foto GettyImages)
Con il preparatore ti trovi bene?

Anche questo è un punto sul quale sto lavorando. Negli anni scorsi ho sempre lavorato con Rocchetti ed ero abituato a un rapporto molto stretto. Mi conosceva bene e almeno una volta a settimana mi seguiva durante gli allenamenti. Ora questo non è più possibile, si lavora a distanza e con i file. Però è così che si fa nelle grandi squadre, quindi sto imparando a gestire la cosa. 

Rispetto a una formazione continental italiana cosa è cambiato nell’organizzazione?

E’ tutto da paura e molto più internazionale. La squadra mi aiuta tanto ma allo stesso modo entra in gioco la responsabilità personale. Fino all’anno scorso gli spostamenti e le trasferte venivano organizzati dal team che poi mi passava a prendere a casa o lì vicino. Ora mi mandano i biglietti aerei e il trasporto all’aeroporto o il pranzo lo devo gestire io. Anche da queste cose si impara a essere dei ciclisti professionisti. 

Garzelli: «Valencia rialza la testa grazie al ciclismo»

10.02.2025
5 min
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La Volta a la Comunitat Valenciana è riuscita ad andare avanti, meglio: a ripartire. Dopo i danni provocati dalla DANA (l’alluvione che ha colpito la Regione di Valencia a fine ottobre) in pochi pensavano che gli abitanti di quella zona sarebbero ripartiti. Invece la comunità, unita, ha messo insieme le forze e radunato quel poco che era rimasto per rialzarsi. Ne avevamo parlato con Stefano Garzelli, il quale aveva raccontato e riportato storie e foto di un popolo colpito duramente. Pochi mesi dopo, esattamente tre, i danni si contano ancora ma la strada sembra meno in salita.

Riprendere

Stefano Garzelli, che a Valencia vive da anni ha costruito legami forti con questa terra. In questi giorni è stato in gara, ha visto e riassaporato il ciclismo prima di iniziare un’altra stagione ai microfoni della RAI come commentatore tecnico. Ma in questi giorni la corsa è stata un contorno, bello ed entusiasmante, ma i protagonisti sono stati altri

«Nei giorni di oggi (venerdì per chi legge, ndr) e domenica – spiega Stefano Garzelli appena rientrato a casa dopo la vittoria di Ivan Romeo ad Alpuente – le sedi di partenza di tappa sono due città colpite pesantemente dalla DANA. In totale sono quattro o cinque i Comuni colpiti che la corsa ha attraversato. Solitamente quando le città ospitano la partenza o l’arrivo di una tappa pagano, in questo caso la partenza alle due cittadine colpite (Algemesì e Alfafar, ndr) è stata lasciata gratuitamente. Tra l’altro due magazzini che contenevano materiale della corsa erano proprio in questi comuni. Casero, l’organizzatore della Volta a la Comunitat Valenciana, ha subito preso la situazione in mano con la voglia di ripartire».

Toccare con mano

Il ciclismo è uno sport che permette di valorizzare il territorio, questo lo si dice da anni quando si parla dei Grandi Giri, ma può anche essere un modo per non essere invisibili agli occhi del mondo. Lo si era fatto con il terremoto dell’Aquila, anche se poi questa iniziativa non aveva scosso le istituzioni nell’accelerare i tempi di ricostruzione. Tuttavia la Regione di Valencia ha un legame profondo con il ciclismo.

«Le immagini – prosegue Garzelli – mostrano che la gente non si è arresa, si è rialzata e ha lavorato ancora più duramente per ripartire. Far vedere certe immagini in televisione serve anche per far capire l’entità dei danni subiti e le perdite materiali. Ma una cosa del genere se non la si vede dal vivo si fa fatica a comprenderla. La vita qui continua, però si capisce che la gente ha vissuto qualcosa che si porterà dentro per sempre. Durante tutte le tappe si sono visti tanti bambini sulle strade, le scuole hanno voluto salutare il passaggio della corsa. E’ stato un modo per dare loro qualcosa di bello dopo mesi difficili.

«Dall’altro lato – dice ancora Garzelli – a Valencia il ciclismo lo si vive intensamente, soprattutto in questo periodo. Tra dicembre e gennaio sono venuti ad allenarsi su queste strade tutti i team WorldTour. Sia loro che gli staff hanno avuto modo di vedere e capire cos’è successo».

Le cicatrici

I danni si vedono ancora, basta guardare attraverso lo schermo e si vedono i segni della distruzione. Le strade sono risultate libere e pronte ad accogliere la sfida tra gli atleti, ma bastava spostare gli occhi sulle città per capire come il fango segnasse ancora muri e case. 

«L’altro giorno – conclude Garzelli – le telecamere hanno inquadrato una pila di duecento o trecento auto distrutte. Quelle sono tutte persone che hanno perso qualcosa, anche solo un mezzo per andare al lavoro. I segni sono ancora evidenti, il fango segna fin dove l’acqua è arrivata spazzando via tutto. Tanti negozi hanno ancora la serranda giù, oppure funzionano ma vedi le conseguenze di quanto successo. Il concessionario che fornisce le auto all’organizzazione ha perso trecento auto nuove in una notte, pensate al danno economico. Tanti ponti sono ancora impraticabili, con l’esercito che ha costruito vie alternative. La Volta a la Comunitat Valenciana è ripartita e ha fatto in modo che questa parte di Spagna non fosse invisibile, sta a noi non chiudere gli occhi».