Su pista, su strada, a crono e in Mtb: come li mettono in sella?

24.11.2021
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Le posizioni in bici sono sempre state un elemento fondamentale e non trascurabile del ciclismo. Misure azzeccate o sbagliate hanno fatto vincere o perdere grandi Giri. Non solo, un posizionamento scorretto può portare anche a infortuni o problemi che possono compromettere stagioni o nel peggiore dei casi carriere. Della messa in sella vi abbiamo parlato in più occasioni affrontando i temi specifici. 

Casadei con un ospite d’eccezione nel suo studio: Fabian Cancellara
Casadei con un ospite d’eccezione nel suo studio: Fabian Cancellara

Riferimento per i pro’

Con questo approfondimento facciamo un focus su uno degli aspetti che spesso viene trascurato. La posizione durante il periodo invernale su altre discipline come: gravel, mountain bike, ciclocross e pista. Per farlo, ci siamo affidati a Massimo Casadei che vive il ciclismo a 360 gradi. A partire dall’aspetto tecnico con le sue competenze biomeccaniche (in apertura Michele Scartezzini durante una crono). Passando per quelle da responsabile del centro studi dell’Emilia Romagna nonché docente e formatore per direttori sportivi. Lui in primis lo è ricoprendo il ruolo di diesse nell’Arvedi Cycling. Nel suo studio tra i clienti fissi ci sono i suoi atleti ma anche Matteo Malucelli, Filippo Baroncini, Manuele Tarozzi oltre a qualche atleta del Team Colpack a supporto dell’amico Ivan Quaranta.

La multidisciplina fa parte della preparazione invernale. E’ un dato di fatto…

Si. Sopratutto a livello giovanile si spinge molto in questa direzione. E’ uno degli obiettivi della Federazione portare a praticare più discipline possibili. Si è visto che avere un bagaglio tecnico più ampio favorisce la crescita dell’atleta in tutto e per tutto. Un esempio sono gli atleti di alto livello che praticano discipline diverse, come può essere il ciclocross, pista, Mtb e gravel.

Va bene qualsiasi specialità?

Dipende dalle situazioni, nella mia squadra (la Arvedi Cycling, ndr), l’indirizzo è pista e strada. Per cui alcuni di loro, come Francesco Lamon o Michele Scartezzini proseguono la stagione dedicandosi alla pista tra Champions League e sei giorni. Chi invece non ha l’impegno invernale alterna le discipline fuoristrada.

Per Lamon, atleta Fiamme Azzurre, la doppia attività è pista con la nazionale e strada con la Arvedi
Per Lamon, atleta Fiamme Azzurre, la doppia attività è pista con la nazionale e strada con la Arvedi
Sei tu che li segui anche nel posizionamento in sella?

Sì, io li seguo sia nella posizione in bici sia per la preparazione, visto che ricopro il ruolo di diesse.

Lamon e Scartezzini hanno avuto una lunga stagione?

Lamon come ben si sa, ha dovuto mantenere un livello di forma altissimo per molti mesi e i due ori gli hanno dato ragione. Lui domani parte e va con la nazionale alle Canarie due settimane. Invece Scartezzini sta facendo la Champions Legue e sta mantenendo un ottimo stato di forma, anche lui viene da ottimi risultati con l’argento mondiale nella madison. Entrambi hanno staccato finito il mondiale e sono andati in vacanza, per un totale di 15-20 giorni di riposo.

La vostra squadra, si può dire sia un satellite della nazionale di pista. Per questo lavorate in sinergia con la maglia azzurra. Ci sono discordanze tra strada e pista, per quanto riguarda le misure?

Come altezza sella non cambia più di tanto anzi si cerca di mantenere lo stesso assetto. Quello che varia è la posizione sull’avantreno. Le differenze più grosse ci sono nelle bici per l’inseguimento. Infatti gli appoggi sono stati progettati da zero con uno scanner per la produzione del manubrio, molto costoso. Si parla di manubri fatti su misura da più di diecimila euro. Lo stesso concetto vale per la crono, va fatto uno studio di base che va poi a modificare alcune altezze ma non le stravolge.

Prendendo sempre come esempio i pistard pensi che abbiano difficoltà a passare da un mezzo all’altro?

No, anche perché alternano spesso l’utilizzo, non fanno stacchi troppo dilatati. Il segreto sta li. É chiaro che fanno dei periodi dove l’utilizzo si concentra su un tipo di disciplina. Tanto è vero che il pre gara lo fanno con la bici normale senza problemi. A volte quando i tempi sono brevi mettono direttamente la bici da pista sui rulli per avere una confidenza totale. Ma di base non ci sono problemi nell’alternanza.

Ci sono posizioni esasperate anche nell’offroad?

Globalmente, direi che le posizioni esasperate come dicono molti, non esistono. Per esempio anche gli amatori che vengono nel mio studio ci tengono a dire che non vogliono posizioni estreme. E’ chiaro che un atleta professionista ha una posizione in sella diversa, più rivolta alla performance. Io parto sempre dal concetto di comfort. Uno in bicicletta deve starci bene. Il pro’ va in bici tutti i giorni per svariate ore. Stare comodi in sella aiuta il recupero e non affatica ulteriormente.

Pidcock Mtb Tokyo 2021
Serve grande versatilità per passare dalla bici da strada alla Mtb. Qui Pidcock, oro a Tokyo
Pidcock Mtb Tokyo 2021
Serve grande versatilità per passare dalla bici da strada alla Mtb. Qui Pidcock, oro a Tokyo
Cosa pensi degli amatori che prendono i pro’ come riferimento?

L’atleta agonista, fondamentalmente è magro. Ma sopratutto è giovane salvo casi particolari. Le articolazioni hanno più elasticità così come l’adattamento dei muscoli e il recupero sono al massimo del loro rendimento. 

Non c’è una grossa differenza tra una bici e l’altra?

Chiaro che su Mtb o su gravel si ha un assetto diverso, si va alla ricerca di una posizione che dia una certa sicurezza anche nella guida. Sono attività che vanno affrontate in modo adeguato. Un adattamento ci deve essere sempre. L’altezza sella si cerca di mantenerla uguale, così come l’arretramento. L’obiettivo rimane conservare i parametri originali in modo tale che gli angoli siano il più simili possibile. Così facendo si rende meno traumatico il passaggio tra una disciplina e l’altra.

La corsa a piedi può dare fastidio alla risalita in sella?

C’è chi scende anche dalle due ruote. Ci sono atleti a cui piace andare a correre nei mesi invernali. Ma anche in questo caso bisogna avere un approccio cauto. Dal punto di vista organico non si hanno problemi a correre per un’ora. I problemi nascono dal punto di vista articolare e tendineo. Come per tutte le cose, la gradualità è un aspetto fondamentale da non trascurare.