Bike fitting e i segreti dei pro’? Risponde idmatch

15.04.2023
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Se la nostra posizione in sella non è ottimale e costruita sul modo di pedalare, si perde di efficienza e insorgono dei problemi. Abbiamo chiesto ad idmatch e Selle Italia, nelle persone di Matteo Paganelli e Alberto Curtolo di poter approfondire l’argomento.

Le messa in sella, una corretta posizione sulla bicicletta è un argomento sempre attuale. Entriamo nell’argomento.

Legato a Selle Italia, idmatch è uno strumento che crea un database importante anche per le aziende (foto Ridley)
Legato a Selle Italia, idmatch è uno strumento che crea un database importante anche per le aziende (foto Ridley)

Cos’è idmatch

idmatch è un sistema all’avanguardia che si basa su dati scientifici e sull’oggettività della raccolta dei dati stessi. idmatch è un sistema attivo che evolve grazie alla raccolta di migliaia di informazioni che arrivano dalle rilevazioni ed è in grado di entrare nelle specificità delle diverse strutture fisiche.

Ad oggi idmatch ha analizzato oltre 55.000 persone, con un trend in costante crescita di oltre 2.000 persone al mese. Sono 205 i centri attivi nel mondo. Il mercato principale rimane quello europeo, ma quello asiatico è in forte espansione, con un’ottima prospettiva negli USA. A questi numeri vanno aggiunti anche i footbed, ovvero i plantari che arricchiscono la banca-dati, con le oltre 90.000 misurazioni effettuate.

Il corpo viene scansionato giù dalla bici e una volta in sella (foto Ridley)
Il corpo viene scansionato giù dalla bici e una volta in sella (foto Ridley)
Cosa fornisce idmatch?

Fornisce un’indicazione ideale all’utente, ma anche al bikefitter. Non solo, perché grazie all’enormità dei dati scientifici ed oggettivi raccolti fino ad oggi e grazie all’interazione continua con le aziende, siamo in grado di fornire delle informazioni ai produttori di bici e componenti.

I dati che avete a disposizione hanno messo in luce delle differenze con i ciclisti del passato?

Sì e le differenze sono importanti. Abbiamo notato che, soprattutto nell’era post Covid c’è un aumento dell’elasticità delle persone. Questo è dovuto all’incremento delle attività di yoga e core-stability.

Matteo Paganelli ci spiega alcuni dettagli anche per la scelta dei componenti (foto Ridley)
Matteo Paganelli ci spiega alcuni dettagli anche per la scelta dei componenti (foto Ridley)
Entrando nello specifico di idmatch. Che gioco ha una corretta impostazione in sella?

E’ fondamentale, perché ai fini della performance, ha un ruolo ancor più importante della geometria della bici. Il sistema idmatch, grazie alla scansione completa del corpo, legge e riporta le reali esigenze del ciclista. Grazie a questa analisi e alla banca dati che prende in considerazione i vari componenti delle diverse aziende, idmatch identifica le scelte ottimali per tutto quello che riguarda la bici.

La sella, primo punto di appoggio e componente importante per la prestazione (foto Ridley)
La sella, primo punto di appoggio e componente importante per la prestazione (foto Ridley)
Informazioni a 360° a prescindere dal marchio?

Sì, esattamente. Idmatch fa parte del portfolio di Selle Italia, ma il nostro obiettivo è quello di mettere il bikefitter ed ovviamente l’utente finale nelle condizioni di avere il miglior risultato possibile. Non diamo informazioni solo ed esclusivamente su Selle Italia, ma su tutti i soggetti della categoria.

Alberto Curtolo ci spiega l’importanza di la sella in modo adeguato (foto Ridley)
Alberto Curtolo ci spiega l’importanza di la sella in modo adeguato (foto Ridley)
Come deve essere scelta la sella ideale?

La sella influisce per l’80% sulla stabilità del ciclista e di conseguenza sulla prestazione. Le ossa ischiatiche dovrebbero sempre appoggiare in modo corretto, per scaricare in maniera ottimale le pressioni e per non influire in modo negativo sulla rotazione del bacino.

Questo porta anche vantaggi in termini di salute?

Sfruttare a pieno l’appoggio delle ossa ischiatiche limita i rischi di schiacciare le parti molli. Il corpo si adatta e si abitua, ma bisogna metterlo nelle condizioni migliori.

Il sistema durante la rilevazione della pedalata (foto Ridley)
Il sistema durante la rilevazione della pedalata (foto Ridley)
E quando si utilizza una sella con una larghezza sbagliata?

I problemi maggiori si presentano quando viene usata una sella troppo stretta. Le ossa dell’ischio non appoggiano nel modo corretto, il ciclista continua a muoversi sulla sella e si vanno a schiacciare zone delicate. C’è il rischio di avere formicolii continui, così come un canale dell’uretra soggetto a continue compressioni.

Se invece la sella è troppo larga?

Di norma non si presentano problemi. Le nostre analisi hanno fatto emergere un altro dato molto importante, ovvero che solo il 18% degli individui potrebbe utilizzare le selle sprovviste di canale di scarico prostatico.

I footbed sviluppati da idmatch (foto Ridley)
I footbed sviluppati da idmatch (foto Ridley)
Cosa succede quando la sella non è nella posizione corretta?

Se troppo arretrata porta il ciclista a scivolare continuamente in avanti. Una sella troppo avanzata porta ad un sovraccarico del quadricipite, delle ginocchia e di tutta la fascia che si estende sopra la rotula. La sella dovrebbe essere sempre in bolla.

Passando invece ai plantari, qual’è il loro ruolo principale?

I plantari contribuiscono a risolvere i problemi legati al secondo punto di appoggio, il primo la sella. Un plantare non deve essere troppo spesso nella parte frontale, ma al tempo stesso deve generare un sostegno adeguato nella zona dell’arco plantare e del tallone.

Paganelli spiega come funziona lo strumento Cleatfit (foto Ridley)
Paganelli spiega come funziona lo strumento Cleatfit (foto Ridley)
E invece per quanto concerne la tacchetta?

La tacchetta governa il movimento del piede, del ginocchio e dell’anca. Il punto anatomico della tacchetta deve sempre prendere come riferimento il primo ed il quinto metatarso. Nelle ultime stagioni siamo testimoni di un arretramento eccessivo delle tacchette. Questa tendenza viene mutuata dalla mtb, dove si cerca la stabilità anche grazie alla guida in piedi sui pedali.

Il dolore alla zona lombare da cosa può essere generato?

Il dolore alla zona lombare nasce per svariate cause, viene classificato come un dolore da sovraccarico funzionale, ovvero un carico eccessivo sulla fascia muscolare in una scorretta posizione che genera un movimento altrettanto scorretto.

La customizzazione avviene anche in base alla disciplina (foto Ridley)
Il sistema durante la rilevazione della pedalata (foto Ridley)
La bicicletta e i suoi componenti possono esserne causa diretta o indiretta?

Da recenti studi effettuati incrociando i dati di idmatch, abbiamo notato che il dolore lombare può nascere anche dall’accessorio non adatto alle proprie caratteristiche. Abbiamo notato una correlazione tra utilizzo di sella “scorretta”, non adatta alle proprie forme e capacità di flessibilità.

Invece per quanto concerne l’allineamento della calzatura, c’è una posizione ideale, in linea, con le punte della scarpa all’interno, oppure all’esterno?

Considerando le svariate forme e accessori che modificano la forma della scarpa da ciclismo, non è corretto partire analizzando l’esterno della calzatura. Ecco perché abbiamo sviluppato il cleatfit che tiene conto della forma interna della calzatura.

Grazie ad alcune analisi idmatch, Van Der poel ha arretrato la sella dopo l’incidente in mtb
Grazie ad alcune analisi idmatch, Van Der poel ha arretrato la sella dopo l’incidente in mtb
Puoi spiegarci meglio?

In base a come il piede calza la scarpa, suggeriamo di applicare la tacchetta sul punto di spinta, rilevato tramite lo strumento. Qui è necessario considerare dove è posizionato il punto di spinta, che è soggettivo ed è tra il 1° e 5° metatarso.

C’è un team di primissimo piano che utilizza il sistema idmatch nella sua completezza?

Il Team Alpecin-Deceuninck utilizza idmatch ed una bike a disposizione, anche se il sistema è utilizzato da molti atleti del gruppo.

Nei segreti del bike fitting di Quetri, biomeccanico dei campioni

25.08.2022
6 min
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Quando si mette in sella un corridore non ci sono solo numeri da rispettare, ma una vera e propria filosofia. Come quella di Niklas Quetri, il biomeccanico che segue molti campioni, tra cui Marta Cavalli. E’ stata lei ad indirizzarci sul tecnico di Rosà, nel vicentino.

Quetri ha un centro, il Niklas Bike Fitting, appunto a Rosà, il cui concetto di bike fitting nasce dalla sua formazione. Niklas è laureato in Scienze Motorie. Sono 13 anni che svolge questo mestiere: numeri, esperienza e ricerca (come vedremo) s’intrecciano sempre di più. L’esperienza conta: «Ma il bike fitting – dice – deve fondarsi su basi scientifiche». 

La Cavalli con i sensori Retul per individuare gli angoli. Mentre quelli esterni (Leomo) misurano la stabilità e la sostenibilità della posizione
La Cavalli con i sensori Retul per individuare gli angoli. Quelli esterni (Leomo) misurano la stabilità e la sostenibilità della posizione
Niklas, di biomeccanici ce ne sono molti. C’è chi si affida solo agli strumenti, chi all’esperienza: quale è la tua filosofia e di conseguenza il tuo metodo?

Avere una certa formazione ritengo sia fondamentale. Aver studiato Scienze Motorie mi ha permesso di conoscere l’importanza dell’anatomia, della fisiologia, della biomeccanica… e di conseguenza a imparare ad utilizzare in modo corretto gli strumenti del bike fitting che sono tantissimi. 

Da dove parti per mettere in sella un ragazzo o una ragazza?

Faccio una valutazione della persona, che sia l’ultimo degli amatori o il primo dei professionisti. E’ il punto da cui partire: serve a me per capire le sue esigenze. Poi sostanzialmente utilizzo un sistema di analisi cinematica in tre dimensioni. Questa mi consente di valutare l’allineamento, anche in tempo reale, a diverse intensità di sforzo.

Perché la posizione cambia a seconda della fatica…

Esatto. Con Marta (Cavalli, ndr) per esempio, ho utilizzato un sistema che mi permette di valutare la sua posizione su strada e registra fino a cinque ore di attività. Cinque ore nelle quali posso vedere come cambia la posizione all’aumentare della fatica, in base ai cambi di intensità, di pendenza…  In questo modo ho una sua posizione “solida”, concreta. Questo metodo si utilizza anche in pista se per esempio si fanno dei test per dei caschi. Tu provi cinque modelli differenti e il cx (coefficiente di penetrazione dell’aria) cambia, ma magari ti sei spostato anche tu con il busto. Metti un sensore sul casco e uno sul busto, così capisci se il cx è cambiato per via del casco o perché ti sei spostato.

Interessante…

Con Vittoria Bussi, con la quale stiamo lavorando per il record dell’Ora, abbiamo fatto dei test in pista e abbiamo notato che dopo 30′ di sforzo cambiava la sua posizione in bici. In questo modo hai dei feedback diretti.

Come funziona tecnicamente questo metodo? Come sono fatti questi sensori?

Si tratta di accelerometri che si collegano a delle unità tipo i Garmin e grazie ai quali si possono visualizzare in tempo reale o scaricando poi il file tutti i movimenti dell’atleta. Solitamente se ne applicano cinque: due sui piedi, uno sulla coscia, uno sul bacino e uno sul busto. Ma volendo si può decidere di posizionarli anche altrove, sul casco per esempio. Per vedere così se e quando si modifica la posizione della testa con il passare delle ore. Una volta per fare un test sull’idratazione e vedere veramente quanto quell’atleta bevesse in allenamento, ho messo un accelerometro su una borraccia.

Andiamo avanti.

C’è poi un altro strumento basilare per quel che riguarda il mio bike fitting che misura la pressione che si fa sulla sella. Uno strumento che tra l’altro sto sviluppando con un’azienda tedesca e che evidenzia la pressione sui punti critici. Perché una sella sul momento, quando si è freschi, magari va bene, ma con il passare delle ore cambiando la posizione cambia anche il punto di appoggio e quindi di pressione. Una volta si badava solo alle ossa ischiatiche e alla loro larghezza. Adesso non è più così. Adesso si sta uscendo da quei luoghi comuni che un pro’ dovesse usare per forza una sella piatta e messa in bolla. Poi ci sono altri test, ma sono davvero più di nicchia. Di base si parte appunto da un’analisi del soggetto, dal test degli accelerometri e dallo studio delle pressioni nei punti critici.

Un metodo davvero innovativo e dinamico, Niklas…

Il tema dell’analisi attiva e dinamica è sempre più diffuso. Una volta si faceva tutto in laboratorio con conseguenti grandi errori. Molti ciclisti, anche pro’, vengono da me per correggere errori divenuti molto importanti con il tempo (persino patologie, ndr). E con il diffondersi del ciclismo c’è più volume di questi servizi, ma anche una minor qualità generale. La cosa però che mi piace di questa evoluzione generale è che stanno saltando tanti falsi miti.

Tipo?

Come abbiamo detto prima per esempio la sella in bolla. O il ginocchio più avanti dell’asse del pedale. L’idea che per essere aerodinamici bisogna per forza essere schiacciati… E questo è merito delle nuove generazioni che accettano i cambiamenti. Anche alcuni pro’ di lungo corso se ne accorgono, ma cambiare non è facile. Per cambiare la posizione di un pro’ ci vogliono anni.

Perché?

Un professionista pedala minimo da 10 anni. Prendiamo un Nibali, per esempio. Sono almeno 20 anni che percorre 30.000 chilometri all’anno. Non puoi cambiargli la posizione adesso. Vincenzo stesso è consapevole che la sua posizione è sempre quella, ma cambiarla a 37 anni all’improvviso sarebbe un errore. E ha ragione. Se si vogliono ottenere risultati (salute e/o prestazione) a medio e lungo termine bisogna aggiornare il fitting regolarmente e non tenere le stesse misure per anni

Marta Cavalli durante i test della sella prototipo di Prologo, messa a punto anche con Niklas Quetri (foto Facebook)
Marta Cavalli durante i test della sella prototipo di Prologo, messa a punto anche con Niklas Quetri (foto Facebook)
E’ un’evoluzione lunga. Uno scoglio psicologico e culturale se vogliamo?

Esatto. Ci sono tre fasi: la ricerca scientifica, l’applicazione e l’accettazione da parte degli utenti finali. Altro esempio: le pedivelle corte. Il primo studio sull’efficacia di queste pedivelle risale al 2001, ma solo adesso inizia ad essere accettato. Quando lo proponevo mi prendevano per matto. Idem l’arretramento delle tacchette. Anche i produttori di scarpe, chiaramente entro certi limiti, iniziano a posizionare gli attacchi un po’ più dietro. Ma anche in questo caso gli studi risalgono a 15 anni fa.

Cosa chiedono i corridori quando vengono da te?

La prima cosa è: «Fammi stare comodo». Questo è fondamentale per loro. Stare comodi vuol dire rispettare anatomia del corpo. E se conosci l’anatomia, riesci a collegare i numeri degli strumenti ai componenti e ad individuare la posizione migliore e performante. Per questo è fondamentale conoscere l’anatomia del corpo umano, i componenti presenti sul mercato, la fisiologia.

Per loro comodità significa anche prestazione…

Chiaro che per loro la comodità è funzionale alla prestazione. Poi ci sono aspetti minori e individuali come gli accorgimenti per lo scalatore, per il velocista. Per esempio lo scalatore sacrificherà qualcosina per rendere in pianura per essere più performante in salita. E il velocista per essere al top nei 200 metri finali. Ma per questo si lavora sui dettagli.