Tra WorldTour e abbandoni, un quadro d’insieme sui giovani azzurri

10.12.2024
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Le statistiche dicono molto, a proposito dello stato di salute di un movimento sportivo. Si parla tanto della crisi del ciclismo italiano, proviamo ad andare a fondo al discorso affrontando il tema della produzione di talenti a livello giovanile. Per capirlo abbiamo bisogno di uno specchio, costituito in questo caso dalle convocazioni degli azzurri per europei e mondiali fra juniores e under 23, tenendo in considerazione anche i risultati.

Dainese primo agli europei 2019, inizio di una carriera ancora in piena ascesa
Dainese primo agli europei 2019, inizio di una carriera ancora in piena ascesa

Armata azzurra: 73 in 5 anni

Che fine hanno fatto tutti quei ragazzi? Perché parliamo di un numero imponente, considerando che abbiamo preso in esame solo un quadriennio, quello tra il 2019 e il 2023 (non la stagione appena conclusa perché con presenze di juniores ancora al primo anno, in fase di formazione anche puntando al salto diretto della categoria successiva). Ebbene, nei 4 anni in questione (il che significa 5 manifestazioni europee e 4 mondiali visto che nel 2020 si organizzò in extremis solo la rassegna per gli elite) sono stati ben 73 i ragazzi che hanno vestito l’azzurro.

Partiamo dai risultati. Che si tratti di una generazione ricca di talento lo si desume da quanto è stato portato a casa dagli azzurri. In sede mondiale possiamo vantare 5 medaglie di cui ben 4 d’oro: i titoli mondiali di Tiberi (crono junior 2019), Battistella (strada U23 2019), Baroncini (strada U23 2021) e Lorenzo Milesi (crono U23 2023) più l’argento di Alessio Martinelli da junior nel 2019. A ciò vanno aggiunte 15 presenze complessive in Top 10.

Mondiali 2019, Tiberi vince la crono junior e si rivela al mondo. Ora è leader alla Bahrain Victorious
Mondiali 2019, Tiberi vince la crono junior e si rivela al mondo. Ora è leader alla Bahrain Victorious

I 20 ragazzi italiani nel WT

Agli europei ci sono 2 titoli (con Andrea Piccolo nella crono juniores e Alberto Dainese su strada U23 entrambi nel 2019), 4 medaglie e ben 26 presenze fra i primi 10. Numeri che dicono di una qualità molto alta.

Ma che fine hanno fatto tutti questi ragazzi? Il primo dato che emerge è che su 73 nomi presi in esame, ce ne sono ben 20 che sono approdati in squadre WorldTour, pari al 27,4 per cento. Significa che i principali team hanno investito su quei talenti, trovando risposte concrete. Parliamo di giovani che si sono già affermati come leader e elementi di punta anche al massimo livello, basti pensare a Jonathan Milan per le volate o a Andrea Tiberi come uomo da classifica nei grandi giri. Ma anche di gente in via di costruzione, come lo stesso Baroncini frenato da troppi infortuni ma che ormai sta imboccando la luce in fondo al tunnel.Oppure pensiamo a Pellizzari che trova spazio in una corazzata come la Red Bull – Bora Hansgrohe.

Matteo Scalco, uno dei tanti giovani che Reverberi ha preso sotto la sua ala protettrice
Matteo Scalco, uno dei tanti giovani che Reverberi ha preso sotto la sua ala protettrice

Non tutti possono essere campioni…

Ci sono poi quelli che in proiezione dovrebbero seguire la stessa strada, visto che sono ben 10 i corridori dal passato fra gli azzurri e dal presente nei devo team delle squadre WT. Un tragitto preferenziale verso il grande ciclismo che va allargandosi sempre più e che lascia ben sperare, soprattutto unendo questo numero a un altro, gli 11 neoprofessionisti che approdano al mondo principale fra WorldTour e Professional. Con tutti i suoi problemi, il ciclismo italiano continua a produrre talenti, poi starà a ognuno di loro ritagliarsi lo spazio giusto.

E’ forse quello il cammino più difficile: convincere i direttori sportivi delle proprie capacità, delle proprie ambizioni corroborandole con prestazioni e risultati. Non tutti ci riescono, c’è anche chi legittimamente si ritaglia un posto come gregario e si specializza, ma fa sempre parte di quel percorso di maturazione ciclistica che segue ogni corridore. Non sono certo tutti Pogacar.

Lorenzo Balestra, quel 5° posto agli europei 2020 sembrava l’inizio di qualcosa di grande
Lorenzo Balestra, quel 5° posto agli europei 2020 sembrava l’inizio di qualcosa di grande

Ritirati: numero elevato

C’è però un rovescio della medaglia. Abbiamo parlato di chi ce l’ha fatta, poi abbiamo tanti corridori che militano nelle nostre squadre Professional (e per fortuna che ci sono) con la VF Group – Bardiani che sembra la strada preferenziale, visto che nelle sue fila transitano ben 6 nomi. Ma anche Polti – Kometa, Toscana Factory Team e la purtroppo dismessa Zalf hanno dato un forte contributo. Ma c’è anche chi non ce l’ha fatta…

Considerando che facciamo riferimento a un lasso di tempo molto recente e a corridori molto giovani, nel pieno della loro attività, colpisce il fatto che ben 11 di essi dopo aver vestito i panni azzurri abbiano già mollato, si siano ritirati anzitempo. Corridori anche promettenti, come Lorenzo Balestra, quinto agli europei 2020 e già fuori dal giro due anni dopo, oppure Andrea Debiasi, in nazionale agli europei 2023 e ritiratosi dopo appena un anno. Impressionante il dato relativo agli europei juniores 2019: in nazionale c’erano Andrea Piccolo che chiuse 5°, Edoardo Zambanini anche lui in Top 10, poi Yuri Brioni, Davide Cattelan, Francesco Della Lunga e Tomas Trainini. Di loro troviamo in attività solamente Zambanini e Della Lunga, sempreché quest’ultimo trovi un approdo dopo la chiusura della Hopplà Petroli.

Una parabola brevissima quella di Andrea Debiasi, azzurro nel 2023 e ritirato quest’anno
Una parabola brevissima quella di Andrea Debiasi, azzurro nel 2023 e ritirato quest’anno

Dati su cui ragionare

Che cosa significa tutto ciò? Che le strade per approdare al ciclismo professionistico sono sempre più strette, a maggior ragione per i nostri che non hanno un team WT di riferimento e che si trovano a navigare in acque sempre più agitate dove i team vanno diradandosi. Sono dati sui quali sarebbero in primis Federazione e Lega a dover ragionare, perché vedere tanti ragazzi che avevano un talento tale da meritarsi l’azzurro e che poi mollano così presto non trovando sostegni è un brutto segnale.

Da pro’ a pro’, Tiberi fa lezioni di Mtb

18.11.2020
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Visto che più facciamo interviste e più scopriamo che i pro’ stanno tornando ad usare la Mtb, abbiamo pensato di chiamare in causa un altro pro’… Andrea Tiberi. Abbiamo coinvolto l’ex tricolore di cross country per dare qualche consiglio ai colleghi dell’asfalto, affinché possano godersi al meglio le loro scorribande sulla “ruote grasse”. E trarne vantaggio.

Spesso succede il contrario, cioè che è Andrea (nella foto di apertura) ad uscire con gli stradisti per allenarsi. Uno di questi è Fabio Aru quando è al Sestriere visto che Tiberi è di Oulx. La prima volta che si sono rivisti è stato il sardo a dirgli che si ricordava di lui quando erano nelle categorie giovanili. 

Fabio Aru, sugli sterrati del Sestriere
Fabio Aru, sugli sterrati del Sestriere

Percorsi nervosi

Una buona uscita in mountain bike parte dalla scelta del percorso.

«Prima di tutto – dice Tiberi – visto che per gli stradisti è un momento di stacco non andrebbe mai dimenticata la parte ludica dell’uscire in Mtb. Non è il loro mezzo di lavoro e quindi il senso di libertà non dovrebbe mancare. E’ un po’ quello che provo io quando inforco la gravel. Detto ciò dovrebbero preferire percorsi che non prevedano salite lunghe e regolari, come di solito incontrano su strada, ma tracciati più dinamici, più nervosi. In questo modo non solo l’uscita sarà più divertente, ma anche più efficace da un punto di vista delle qualità fisiche che si vanno a stimolare. C’è più lavoro neuromuscolare».

Sensibilità di guida

E’ poi importante riuscire a trovare una buona impostazione di guida: peso indietro in discesa, lavorare con il corpo per riuscire a copiare il più possibile il terreno. L’imperativo è: non essere rigidi.

«In mountain non bisogna essere sempre un tutt’uno con la bici come su strada. Nell’offroad ci sono cambi di direzione più rapidi e fondi irregolari. Per questo sarebbe meglio non iniziare con pendenze troppo ripide. Devi giocare con la distribuzione del peso e con il mezzo.

«C’è poi la sensibilità di guida, che serve anche per la strada. Per lo stradista non è tanto importante mollare i freni su una sassaiola, quanto piuttosto affrontare bene terreni viscidi o con poca aderenza. Prenderci il feeling, perché un fondo umido o del brecciolino improvviso li puoi trovare anche su strada. E saperli affrontare toglie un po’ di paura».

Sulla pump track, si può andare sia con la Mtb che con la Bmx
Sulla pump track, si può andare sia con la Mtb che con la Bmx

Pump palestra

Il discorso di giocare con la distribuzione del peso e con il mezzo è molto importante. Dà una mobilità non indifferente. Saper girare le spalle in una curva stretta e mettere l’anteriore dove, come e quando si vuole non è sempre scontato.

«Il gioco di spalle – riprende l’ex tricolore piemontese – in parte dovrebbero ereditarlo dalla strada, solo che in Mtb è esasperato, perché ci sono cambi di direzione più stretti e più repentini. Rispettare i tempi di curva (ingresso, percorrenza e uscita) è più difficile, in quanto tutto è più veloce. La prima regola perciò è quella di essere più sciolti possibile. In tal senso una cosa che può aiutare moltissimo e farli divertire è la pump track. Su questo particolare anello la posizione che si assume va di pari passo con la velocità. E se non segui la bici con il corpo esci di pista. Certo, valla a trovare una pump!».