Ivan Basso, Alberto Contador, Giro di Sicilia, Rcs, 2019

Basso apre lo scrigno della Eolo-Kometa

31.10.2020
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«I soldi in giro ci sono – dice Basso parlando della nuova Eolo – solo che in Italia si continuano a rincorrere sempre gli stessi sponsor, che vedi passare di anno in anno da una squadra all’altra. E’ proprio brutto. Nel mio territorio ci sono aziende che non sono mai state coinvolte nel ciclismo. Devi andare da chi non sei mai andato. Ci vuole più tempo. Devi far conoscere il ciclismo, perché il ciclismo ha dei valori da raccontare».

Basso è un abile raccontatore, ma questa volta è più ispirato del solito. Il suo sogno e quello di Contador è realtà. Dalla Kometa-Xstra continental nascerà la EoloKometa professional e non è stato un viaggio breve.

Ci provò subito Ivan, incontrando sulla sua strada qualche furbacchione e tanti rifiuti. Una sorta di Piccolo Principe, con la sua rosa da difendere. Solo che in questo caso, perdonate il gioco di parole, le rose erano quattro, più due maglie gialle del Tour e tre rosse della Vuelta. E se due campioni come Basso e Contador si mettono in testa di raggiungere un obiettivo, dati i loro palmares, hanno quel che serve per arrivarci. Si trattava solo di capire dove agganciare i piedi e poi rimettersi a pedalare.

Bicicletta Aurum Magma, Alberto Contador, eolo Kometa
Aurum Magma, progetto Contador: la bici del team Eolo-Kometa
Bicicletta Aurum Magma, Alberto Contador, eolo Kometa
Aurum Magma, progetto Contador
E’ tutto pronto, Ivan?

Direi di sì, ormai. Siamo arrivati abbastanza lunghi a causa del lockdown, ma allo stesso tempo proprio in quel periodo abbiamo avuto le ultime certezze. I corridori buoni nel frattempo avevano già firmato. Avrei preso volentieri Aleotti, per fare un esempio. Ma abbiamo comunque una bella rosa di 20 uomini.

Perché quest’anno è andata in porto?

Probabilmente è stato premiato il lavoro a lungo termine. Abbiamo iniziato tre anni fa con Kometa che voleva crescere, ma da sola non bastava. Il progetto è sempre lo stesso, non abbiamo cambiato la linea in base a quello che avevamo di fronte. E l’idea prevede un vivaio, un centro di allenamento e una sede come per le squadre di calcio.

Quando è arrivato Eolo?

Un paio di anni fa. La sede è a 3 chilometri da casa mia. Conobbi Luca Spada tramite amici comuni alla Gran Fondo Tre Valli Varesine. Non conosceva il ciclismo e io non gli parlai della squadra, anche se lui sapeva chi fossi e cosa facessi. C’era voglia prima di creare un rapporto che prescindesse dalle convenienze.

Ed è nato?

Decisamente sì. Da parte mia ho provato a trasmettere i valori del ciclismo. Il primo punto secondo me è proprio questo: raccontare e far vivere lo sport. In un secondo tempo devi capire se per quell’azienda il ciclismo sia interessante. Non può essere solo un fatto di passione, deve esserci un ritorno per entrambi.

E funziona?

Lo abbiamo scoperto con Kometa. Aver investito non ha giovato solo alle vendite, ma ha fatto crescere l’azienda e favorito la nascita di relazioni. Alla fine di questo percorso, devi aspettare che la persona si convinca. Non devi andare a chiedere soldi, ma far nascere il desiderio.

Paolo Zani, Elia Viviani, Tour de San Luis 2012
Paolo Zani, manager di Liquigas, con Elia Viviani nel 2012
Paolo Zani, Elia Viviani, Tour de San Luis 2012
Paolo Zani, manager Liquigas, con Viviani
Quale filosofia c’è dietro la squadra?

La Eolo-Kometa rispecchierà i valori migliori delle squadre in cui sono stato. Ricordate lo Slogan della Liquigas che portava il gas dove gli altri non arrivavano? Curiosamente è lo stesso di Eolo, che porta internet dove gli altri non arrivano. Un messaggio semplice per la gente. Parlo quotidianamente con Pedranzini (titolare di Kometa, ndr) e Spada, come Amadio parlava con Zani. Sanno tutti come viene impiegato il budget, saremo parte delle loro aziende.

Un progetto che si espanderà?

Esatto, non è già finito, vogliamo crescere. Volevamo una casa per il team e ne avremo una in Valtellina e anche un quartier generale super innovativo dentro la sede di Eolo. E’ fondamentale per costruire cose importanti. Un luogo in cui nascano idee e progetti.

Un team italiano?

Sì, ma con un’unica anima. Il progetto della Fundacion ne fa parte, con Fran Contador in un ruolo chiave, ma io e Alberto facciamo fatica a definirci italiano o spagnolo. Abbiamo la bandiera comune del ciclismo. La maggioranza dei corridori sarà italiana ed è un bel segnale in un anno in cui tanti vanno indietro.

Quale è stato il criterio di scelta dei corridori?

Ho puntato sui ragazzi attratti dal progetto. Non quelli che sono venuti con una richiesta di soldi, ma quelli che piuttosto chiedevano informazioni su struttura e programmi. Ho trovato giovani fantastici che si sono messi a disposizione. Ho Andriotto che ci farà da talent scout. Vorrei essere come la Liquigas, ricordi?

La squadra di Basso e Sagan, Oss e Sabatini, Viviani e Nibali, Caruso e Capecchi…

Era un team stellare. Ho preso da Ferretti la serietà nel fare le cose e da Riis la programmazione tecnica, da tutti si deve imparare.

Quale sarà il tuo ruolo?

Sarò Basso e Alberto sarà Contador. Scherzi a parte, lui è più concentrato sull’aspetto tecnico-tattico. Io sono più sulle relazioni e i colloqui con gli sponsor e i dirigenti delle aziende.

Biciclette Aurum?

Esatto, Aurum, il nuovo marchio sviluppato da Alberto.

Quindi si chiudono i rapporti con Trek?

Resta un’ottima relazione. E’ stata una scelta che ha fatto Contador e che io ho seguito. Alberto è un cavallo di razza e ha voglia di gestire le sfide in cui si impegna.

Alberto Contador, Mauro Vegni, Ivan Basso, Giro di Sicilia 2019
Contador e Basso con Mauro Vegni al Giro di Sicilia del 2019
Alberto Contador, Mauro Vegni, Ivan Basso, Giro di Sicilia 2019
Contador e Basso con Vegni: Giro di Sicilia 2019
Quali saranno i prossimi passi?

A novembre ci sarà una serie di annunci e diremo quali sono i corridori. Ci sarà un ritiro di tre, quattro giorni a Varese, che però è legato alla situazione attuale. E poi abbiamo programmato due ritiri di 10-12 giorni a Oliva (in Spagna) che è la nostra base invernale.

Obiettivo Giro d’Italia?

Non voglio entrare nel terreno minato delle wild card. I criteri di selezione ci sono e ognuno deve pensare a fare bene il proprio dovere. Facciamo da tre anni una continental con risultati onorevoli. Siamo una squadra italiana. Abbiamo un contratto di tre anni con tre aziende sulla maglia, tre anni di progetto. Metteremo il numero sulla schiena dal primo gennaio per correre il più possibile, però mi tolgo da certi discorsi. Uno non deve pretendere niente, sono cose che ti devono essere date. Se hai i requisiti, vai avanti. Non abbiamo ancora dimostrato niente in questa categoria, dobbiamo andare forte in bicicletta.

Tre nomi soltanto, un’eccezione.

Ne sono orgoglioso. Fare una professional. Mantenere 15 corridori under 23. Aiutare il vivaio della Bustese in Italia che fa junior, esordienti e allievi. Quindi creare due scuole di ciclismo, una in Spagna e una in Italia. Mantenere tutta la struttura e fare il passo avanti è motivo di orgoglio. Ora c’è da lavorare sodo e con serietà per fare bene.

Alessandro Fancellu, Kometa Xstra

Fancellu e quell’incontro sul web con Pantani

21.10.2020
3 min
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Se con Basso parli di Fancellu, vedi che a Ivan si illuminano gli occhi. Il varesino ha una predilezione per i corridori italiani della sua Kometa Xstra, ma per il ragazzino di Binago ha probabilmente un debole. Perché Fancellu va davvero forte in salita e di lui si è accorta anche la Trek-Segafredo. Alessandro sarebbe dovuto passare con loro già nel 2021, ma dopo il complicato 2020, farà ancora un anno nella professional di Basso e Contador, poi salirà al WorldTour

La storia di Fancellu in bicicletta è di quelle che fanno emozionare e inizia ad Aprica, località in cui la famiglia trascorreva le vacanze. Nell’estate dei suoi 13 anni, infatti, il ragazzino si accorge delle indicazioni per il Mortirolo e con la sua mountain bike inizia a pedalare. Dio solo sa quanto tempo impiega, ma arriva in cima. E la sera, mentre lo racconta orgoglioso in famiglia, il padre Salvatore molla lì una battuta: «Dovevi vedere cosa ha fatto Pantani sul Mortirolo!».

E’ la scintilla. Alessandro si attacca a Youtube e inizia a scoprire la storia di un ragazzo con pochi capelli che in bicicletta sapeva volare.

«Pantani è il mio idolo – dice – anche se non l’ho mai visto né conosciuto. Cominciai a vedere quei video e mi resi conto che oltre a saper vincere, Marco era capace di farti innamorare. E fu per questo che decisi di fare il corridore».

Alessandro Fancellu, terzo mondiali juniores, Innsbruck 2018
Fancellu, bronzo ai mondiali juniores di Innsbruck 2018
Alessandro Fancellu, terzo mondiali juniores, Innsbruck 2018
Fancellu, bronzo ai mondiali juniores 2018

Adesso che per trascorsi personali gli occhi brillano anche a chi scrive, il nostro incontro con Fancellu assume un altro sapore.

Sei forte come dice Basso?

Mi fa piacere che parli bene di me. Ritengo di andare bene in salita, ma non sono Evenepoel. Sono un ragazzo di vent’anni con tanta strada da fare.

Soddisfatto del 2020?

Non troppo. Il Giro d’Italia U23 era un obiettivo, ma è andato male. Alla vigilia stavo bene. Poi siamo partiti e devo aver preso un’infezione, perché dopo la quarta tappa, ho cominciato a sentirmi debole. Ad Aprica sono stato malissimo. E dopo il campionato italiano, ho fatto due settimane di antibiotici.

Come l’hanno presa in squadra?

Molto bene, è un grande gruppo. L’anno è stato difficile per tutti e mi sono stati vicini anche dopo il Giro per cercare la causa di questa infezione. All’inizio non conoscevo bene tutti i compagni, perché alcuni erano già nella continental, ma si è formato un bel gruppo.

Le parole di Basso, l’amore per Pantani… Che cos’è per te la salita?

E’ fatica, per tutti. Ma quando sto bene, la salita è anche divertimento. Mi dà soddisfazioni, anche prima dell’arrivo, quando capisci di essere andato.

Quando ti sei sentito super Fancellu?

Quest’anno forse al Tour of Antalya, a inizio stagione. C’erano anche squadre WorldTour e una tappa con l’arrivo in salita, non durissima ma pur sempre in salita. Dovevo tirare per i compagni, ma quando mi sono girato, ho scoperto di essere solo e ho tirato dritto. Ha vinto Zoidl e io sono arrivato quarto.

Che cosa ti manca per fare bene tra i pro’?

Tanto, ma so di poterlo fare e di avere margini. Quest’anno la squadra ci ha permesso di fare parecchia attività tra i pro’. Alla Vuelta Burgos vedere andare forte uno come Valverde è stato illuminante. Vanno davvero tanto, non solo in salita. E io ad esempio dovrò migliorare anche in pianura, per arrivare bene alle salite, che sono il mio ambiente.

E la crono?

Devo lavorarci. Vanno forte ovunque, anche quelli che vanno piano.

Che cosa hai imparato da quest’anno?

Tanto, soprattutto a gestire le situazioni difficili. Quando va tutto bene, non si impara. Quando va male, devi fare conto su di te.

Che effetto fa sentire che Basso ha tanta considerazione di te?

Ivan ci sta molto vicino. Se un consiglio lo dà una persona qualunque, lo ascolti. Ma se te lo dà uno che ha vinto così tanto, lo ascolti due volte. E’ stato bello averlo accanto al Giro, anche se le cose non andavano bene.

Perché non sei come Remco?

Perché è un fenomeno, uno che nasce ogni tanto, come Pantani. E poi è un grande professionista, si vede dal lavoro che ha fatto dopo l’infortunio.

E ora che per un po’ potrai riposare?

Starò a casa e con gli amici. Con le mie sorelle Giulia e Sofia, con mia madre Monia e mio padre Salvatore. Ora sto bene, non vedo l’ora di ricominciare.